Ed eccomi qui, a due giorni dalla
sua conclusione, a cercare di raccontarvi la mia Grande Invasione, il festival della lettura che ha popolato Ivrea dal 30 maggio al 2 giugno. Dico
cercare, perché sono talmente tante le cose che ho fatto, le belle cose che ho
fatto, che sicuramente mi perderò qualcosa per strada.
Scriverò un post unico che
racchiude tutti gli eventi a cui ho partecipato perché credo sia il modo
migliore per trasmettere quanto intensa è stata. Quanti begli incontri, quante
belle persone, quante belle sensazioni si sono accumulate in quei quattro giorni.
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Il container di La Grande Invasione in piazza Ottinetti a Ivrea |
Il programma di quest’anno era
parecchio ricco, ma per fortuna sono riuscita a seguire più o meno tutto quello
che mi ero prefissata. A partire da sabato 30, con il primo incontro con Alessandro
Baricco e Fabio Geda che hanno parlato dei libri della loro vita. Il cortile
del museo Garda dove si è svolto l’evento era stracolmo. Ed è stato davvero
bello vedere tutta quella gente per due scrittori. Ammetto di non aver segnato
quali fossero i libri, anche se ne hanno indicati ben tre a testa (ma se
cercate su twitter l’hashtag #invasione15 troverete tutto). Ho preferito
ascoltare, ridere e applaudire come non mai. Ho rivalutato un po’ Baricco, di cui
ho letto solo Novecento e che da sempre considero uno scrittore un po’
altezzoso, e mi sono metaforicamente innamorata di Fabio Geda, della sua umiltà
e della sua simpatia (ha fatto un pellegrinaggio in America nella casa in cui
hanno girato il film I Goonies, vi dico solo questo), al punto da farmi
prestare uno dei suoi libri dall'amica che era con me). È bello vedere
scrittori che parlano di altri scrittori e di altri libri. È bello vedere la
loro passione, il loro entusiasmo e il loro rispetto per questi autori del
passato che tanto hanno influenzato la loro vita. Mi piacerebbe essere in grado
di parlare in quel modo degli autori che amo.
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Alessandro Baricco e Fabio Geda |
La sera di sabato siamo poi
andati a sentire il reading di Francesco Piccolo Momenti di trascurabile
(in)felicità, tratto dai suoi due libri dall'omonimo titolo pubblicati da Einaudi. Era una vita che
volevo assistere a un evento con lui, dopo averlo incrociato spesso al Salone
del Libro o per strada a Ivrea (e questo è uno dei motivi per cui più amo i
festival letterari e le fiere, tu sei lì che ti fai i fatti tuoi e di colpo ti
trovi davanti uno scrittore che si sta facendo altrettanto i fatti suoi,
indisturbato) ma senza aver mai avuto il coraggio di fermarlo. È un
personaggio e un uomo incredibile, almeno da quello che è apparso sul palco
(per dirvi, prima di incominciare, oltre ad avvisarci personalmente che lo
spettacolo avrebbe ritardato un po’, si è anche scusato per i ruttini che molto
probabilmente avrebbe fatto, visto che stava bevendo una birra) e dal momento
delle firme dopo. Ho riso tantissimo. Anche perché sono grande sostenitrice
della felicità che le piccole cose ci posso lasciare, ma anche dello sconforto
che ci possono provocare.
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Francesco Piccolo |
La domenica mattina, il 31
maggio, ho invece assistito al workshop di narrativa Tre tigri contro tre
tigri: a tenerlo è stato Alessio Torino che ha analizzato insieme a noi il racconto
Campo indiano di Ernest Hemingway. E di nuovo, si è vista la passione di
Alessio Torino per questo autore e questo racconto. Una passione che è riuscito
a trasmettere anche a noi, al di là dell’analisi del testo vera e propria, perché,
come ha detto lui, “Hemingway può solo insegnare qualcosa, a tutti noi”.
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I miei appunti del worshop su Campo indiano |
Doppio incontro al pomeriggio. Il
primo con Björn Larsson in conversazione in un perfetto italiano con Emilia
Lodigiani di Iperborea, la casa editrice che lo pubblica in Italia. Di questo
autore io non ho mai letto niente, ma ho in casa La vera storia del pirata Long
John Silver, che il mio compagno ha letto. Beh, uscita dall'incontro, grazie
alla sua simpatia (essere simpatici in una lingua che non è la propria,
imparata “per poter parlare con voi lettori”, non è per niente semplice), le
sue risposte intelligenti, il bello scambio con Emilia Lodigiani, con cui ripubblicherebbe
mille volte, pur essendo un piccolo editore, mi hanno fatto venire voglia di
recuperare tutti i suoi libri.
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Björn Larsonn, Emilia Lodigiani e Marco Cassini |
Subito dopo è stato il turno di
Nickolas Butler, autore di
Shotgun Lovesongs, in dialogo con la sua traduttrice
Claudia Durastanti (e con un interprete molto brava, di cui purtroppo non
ricordo il nome). A me il libro, lo confesso candidamente, non aveva fatto
impazzire. Carino, sì, ma non era minimamente all'altezza delle mie
aspettative. Sentendolo parlare, però, dell’importanza degli amici di infanzia,
della propria terra di origine, del lasciarsi andare ai sentimenti senza aver
paura di raccontarli o di viverli, mi ha fatto un po’ ridimensionare il
giudizio sul libro. Effettivamente in
Shotgun lovesongs tutto questo c’è. Anche
lui è stato simpatico (“un mio amico ha detto che non ha voglia di leggere il
libro, che aspetterà poi il film”) e molto carino, nel comprensibile e naturale impaccio della
sua prima presentazione in Italia.
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Claudia Durastanti e Nickolas Butler |
Lunedì 1 giugno ho preso parte
invece a soli due incontri, entrambi nel pomeriggio. Il primo è stato Esordire,
in cui sono intervenuti Iacopo Barison, autore di Stalin+ Bianca edito da
Tunué, e Mario Pistacchio e Laura Toffanello, autori di L’estate del cane
bambino edito da 66than2nd, in conversazione con il giornalista di Linkiesta
Andrea Coccia. Si è parlato di etichetta di esordienti e di come questa abbia
più un valore prettamente commerciale che non reale. Si è parlato, di nuovo,
della bellezza di essere pubblicati con piccoli editori (bellissimo il laconico
“rifarei tutto” di Iacopo Barison) che ti considerano importanti e non
semplicemente pescati a caso dal mucchio. E poi di editoria a pagamento e di
autopubblicazione. Molto azzeccata è stata secondo me la scelta di non
focalizzarsi sulla mera presentazione dei libri, ma far parlare gli autori di
tutto ciò che c’è attorno, dal momento della scrittura alla pubblicazione. Il
libro di Barison già l’ho letto, e ora leggerò sicuramente anche quello di
Mario Pistacchio e Laura Toffanello.
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Mario Pistacchio, Laura Toffanello, Andrea Coccia, Iacopo Barison e Marco Cassini |
Nel tardo pomeriggio c’è stato
poi l’incontro “Leggere i classici per reggere i contemporanei”, con Martina
Testa e Matteo Nucci a parlare del rapporto che c’è tra i classici e i
contemporanei e di come i primi abbiano influenzato e ancora influenzino i
secondi. Ed è stato bellissimo, soprattutto gli interventi appassionati di
Matteo Nucci (tra tutti “Non bisogna andare nelle scuole di scrittura, bisogna
leggere Omero”) e l’esaltazione finale di Francesco Totti.
Il 2 giugno è stato l’ultimo
giorno di Festival e io ho seguito due eventi targati marcos y marcos. Il primo
al mattino, con il dialogo tra Davide Ferraris della Libreria Therese di Torino
e Marco Zapparoli, fondatore insieme a Claudia Tarolo della casa editrice.
Allora, quanto io ami la marcos y
marcos credo lo sappiate già. L’ho ribadito più volte e credo continuerò a
farlo in eterno. E sentendo finalmente parlare l’editore ho avuto la conferma
che il mio amore per loro non sia ben più che motivato. La casa editrice è prima di tutto una casa,
in cui bisogna sentirsi a proprio agio, in cui bisogna far famiglia, per poi
portarla fuori. Ed effettivamente, se penso a quelle belle copertine colorate, che
fanno capolino dalla mia libreria, se penso al fatto che io compro i libri
marcos y marcos sulla fiducia e a prescindere, anche quando non li ho mai
sentiti nominare, beh, mi pare che questa idea di famiglia, con me, stia
funzionando.
E poi mi è venuta un po’ di tristezza, per la distanza fisica che c’è tra me e
la libreria Therese (che è Torino, ok, non così lontana, ma non posso ogni
volta fare 60 km per comprare un libro), un posto magico che Davide Ferraris
con le sue parole e il suo entusiasmo rende ancor più magico. Ce ne dovrebbero essere di più di librai che
dicono frasi come “Il problema non è amazon, non è il grande editore. Il
problema sono i non lettori. E per me questo è uno stimolo e non una fonte di
sconforto, perché vuol dire che là fuori è pieno di gente da dover conquistare”.
Insomma, credo che adesso i libri marcos
y marcos li comprerò solo più alla libreria Therese.
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Davide Ferraris e Marco Zapparoli |
Il secondo incontro, al
pomeriggio, è stato invece con Stefano Amato, autore di Bastaddi (nonché del
blog L’apprendista libraio), e con Hakan Günday, autore di A con Zeta. Entrambi
ovviamente pubblicati da marcos y marcos e presentati in quell'incontro da
Claudia Tarolo (con l’aiuto della stessa interprete che aveva lavoro con
Butler). Un siciliano e un turco, entrambi appena pubblicati per la prima volta
dall'editore, hanno parlato sì dei loro libri ma anche e soprattutto della loro
terra, delle difficoltà passate e di
quelle che ancora ci sono. Il libro di Stefano Amato è un remake letterario
ambientato in Sicilia dei Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino (con la
stessa dose di violenza, sebbene lui sia un pacifista, nonché molto mingherlino
quindi non tanto credibile come assatanato di sangue, perché non sarebbe stato
rispettoso edulcorare l’opera originale), mentre quello di Günday una storia di fuga e d'amore.
Ecco, ho finito. Perdonate la
lunghezza del post e perdonate soprattutto se non sono riuscita a far
trasparire tutto lo spirito che si respirava a Ivrea in quei giorni, nelle sale
degli incontri, ma anche fuori, per le vie e le piazze, dove davvero era
possibile incontrare autori e personaggi come se nulla fosse.
È stato bello riconoscere i visi
tra un incontro e l’altro, ma anche scoprirne ogni volta di nuovi. È stato
bello (anche se un po’ faticoso, lo ammetto) twittare in diretta, per
condividere tutta quella passione, tutta quelle letteratura con chi non poteva
essere fisicamente lì.
Quindi bravi a tutti gli organizzatori,
l’editore Sur con un Marco Cassini sempre presente, e la libreria Galleria del
Libro con Gianmario Pilo (è una libreria che io frequento poco, lo ammetto, ma
dovrò rimediare). Bravi al Birrificio del Canavese per la loro Birra Rabel e a
tutti quelli che in un modo o nell’altro hanno contribuito a rendere La grande
invasione un grandissimo evento.