venerdì 27 luglio 2012

IO SONO DI LEGNO - Giulia Carcasi

Una madre e una figlia. La figlia tiene un diario e la madre lo legge. Alla storia di anaffettività, di sentimenti negati o traditi della giovane Mia, Giulia risponde con la propria storia segnata da quell'"essere di legno" che sembra la malattia, il tormento di entrambe. È come se madre e figlia si scrutassero da lontano, o si spiassero, immobilizzate da una troppo severa autocoscienza. Bisogna tornare indietro. E Giulia lo fa. Torna a riflettere sulla giovinezza ferita dall'egoismo e dalla prepotenza di una sorella falsamente perbenista, sul culto delle apparenze della madre e sul conforto che le viene da una giovane monaca peruviana, Sofia. Torna a rivivere i primi passi da medico, fra corsie e sale operatorie, il matrimonio con un primario, la lunga attesa di una maternità sofferta e desiderata. Più la storia di Giulia si snoda nel buio del passato, più affiorano misteri che chiedono di essere sciolti. E il legno si ammorbidisce. Ma per madre e figlia l'incontro può solo avvenire a costo di pagare il prezzo di una verità difficile, fuori da ogni finzione. 

Non so bene perché ma adoro leggere quei romanzi che hanno ottenuto critiche contrastanti. Se aprite la scheda di Io sono di legno su aNobii troverete sia commenti a 5 stelle sia veri e propri massacri da 1 stellina. La cosa buffa è che in realtà, quando ho preso il libro, non lo sapevo. Ad attirarmi è stata la copertina, che trovo bellissima, e anche la trama, che preannuncia un dialogo scritto, onesto e sincero, tra madre e figlia. Poi, arrivata a casa, ho scoperto appunto che questo romanzo è stato accolto in modo a volte diametralmente opposto dai vari lettori.

La prima cosa che fa un certo effetto è il fatto che Giulia Carcasi ha scritto questo romanzo a soli 23 anni, senza che la sua giovane età traspaia troppo nel suo stile narrativo. Certo, parla del rapporto tra una madre e la figlia adolescente, un argomento difficile da trattare se non sei (o sei stata da poco) o l'una o l'altra. Tuttavia, l'autrice riesce a farlo senza eccessiva ingenuità, senza perdersi in infantilismi e con uno stile che rimane comunque sempre di un certo livello durante tutto l'arco della narrazione.
E la trama anche non è poi così male. Una madre, Giulia,  viste le difficoltà a comunicare con la figlia Mia, decide, pur sapendo quanto sia sbagliato, di leggerne il diario e di scrivere a sua volta la sua storia, per spiegare alla figlia alcune cose che a voce non sarebbe in grado di dirle.
I capitoli si alternano tra il diario di Mia, liceale irrequieta che ancora non ha capito cosa vuole dalla sua vita, che ha paura di innamorarsi e di lasciarsi andare per non dover soffrire, che passa da un letto all'altro e si rifiuta di provare ogni sentimento. 
Negli altri capitoli è la madre a raccontare la sua storia. Terza figlia, vissuta sempre nell'ombra della (stronzissima!) sorella maggiore, ha sempre  raccattato gli avanzi dell'affetto che i genitori, i ragazzi e gli uomini hanno dedicato ad altri. Solo con due persone ha potuto essere davvero se stessa: suor Sofia e Miguel, entrambi peruviani, entrambi innamorati della donna (amicizia e amore sanno essere sentimenti fortissimi).
Giulia racconterà alla figlia tutto il suo passato, anche i ricordi più dolorosi o imbarazzanti, per spronarla a vivere e a lasciarsi andare a tutto quello che la vita le mette davanti.

Eppure, nonostante queste premesse, qualcosa non ha funzionato. Sarà che non sono ancora madre, sarò che non sono mai stata (perché non ho potuto o non ho voluto) una liceale tanto complicata e ribelle. Sarà anche che non mi sognerei mai di condividere niente di simile con mia madre sulla sua o sulla mia vita. Fatto sta che ho trovaot il libro un po' artificioso e costruito. 
La Carcasi cerca di infilare ovunque troppe frasi ad effetto per attirare l'attenzione del lettore, frasi fatte, costruite a tavolino che tolgono molta della naturalezza della narrazione (alla fine si tratta di due diari, uno di un'adolescente, uno di una donna che fa il medico e ha sofferto molto... non sono due filosofe!). E a mio avviso risultano molto più belle quelle frasi non costruite, che capitano quasi per caso e che sono talmente tanto spontanee che bisogna leggerle due volte per rendersi conto di quanto sono belle.

Non lo so. Sicuramente la Carcasi ha tantissimo potenziale, scrive bene e il libro si legge in poche ore perché riesce a catturarti. Però forse dovrebbe cercare meno l'effetto e concentrarsi di più sulla vera sostanza di quello che racconta.
Ancora una volta quindi mi colloco nel mezzo delle critiche. Un senza infamia e senza lode, che si legge bene, che offre qualche spunto di riflessione ma che trasmette anche un po' di irritazione.
Insomma, decidete voi se leggerlo o no.


Titolo:Io sono di legno
Autore:Giulia Carcasi
Pagine:140
Prezzo di copertina: 7,00€
Editore: Feltrinelli
Acquista su Amazon:
formato brossura: Io sono di legno (Universale economica)>


Liebster blog Award

Sebbene mi faccia un piacere immenso ricevere questi premi, ammetto di non aver mai fatto nulla di quello che viene richiesto di fare quando ne viene assegnato uno. Non ho mai risposto a domande, non ho mai selezionato altri blog... insomma, me ne sono sempre tenuta lontana. Ma non perché non li trovi un'iniziativa originale e bella. Semplicemente, sono pigra e non amo molto parlare di me o rispondere a domande troppo personali che, a volte, esulano troppo dal mondo dei libri.
Questa volta però ho deciso di partecipare anche io. Un po' per provarci, almeno una volta, un po' perché comunque le domande poste sono tutte belle letterarie.

Ringrazio quindi Peek-a booK! per avermi assegnato questo premio:


Con il "Liebster blog Award" vengono premiati i nuovi bloggers che hanno meno di 200 follower. Le regole sono le seguenti:
  1. Ogni persona deve raccontare 11 cose di sè.
  2. Deve rispondere ad 11 domande che gli ha fatto chi gli ha dato l'award e inventarne altre 11 da sottoporre ai blogger che vorrà premiare a sua volta.
  3.  Scegli 11 blogger da premiare ed elencali nel tuo post.
  4.  Dì loro che li hai premiati.
  5.  Ricorda, non puoi ridare l'award a chi te l'ha dato.

Iniziamo con le 11 cose su di me:

  1. Preferisco scrivere anziché parlare. Ma perché sono estremamente timida e so che quando guardo in faccia qualcuno non riuscirò mai ad esprimere perfettamente quello che vorrei. Un problema che per iscritto invece non ho.
  2. Sono estremamente romantica, credo nell'amore a prima vista, nel vissero per sempre felici e contenti, nel "sole cuore amore" e in tutte queste smancerie qui.
  3. Fino a 11 anni il mio sogno era di fare l'astronauta. Dagli 11 ai 16 di vincere il Nobel per la letteratura
  4. Sei anni fa sono stata operata alla mandibola per via di una forte asimmetria che mi stava portando al blocco totale. Ora sono dritta, ma quando  la apro si sente un "click" a 50 metri di distanza
  5. Adoro le caramelle gommose. E il tiramisu della mia mamma.
  6. Canto spesso a squarciagola in auto con i finestrini aperti. Anche se sono stonatissima.
  7. Adoro i Peanuts di Charles M. Schulz e sono convinta che il mondo sarebbe migliore se tutti li leggessero
  8. Lo so che non si dovrebbe, ma c'è una persona che odio con tutto il cuore perché ha cercato di rovinare in ogni modo la cosa più bella che ho. E perché so che ci riproverà.
  9. Non sopporto chi in pizzeria ordina sempre e solo la pizza Margherita.
  10. Sono goffa, estremamente goffa. E mi sbrodolo sempre quando mangio.
  11. Amo il mare e detesto la montagna (un po' meno ora da quando sto imparando ad andare sullo snowboard)


Ora rispondo alle 11 domande che mi ha posto Peek-a-booK!:


La stagione delle vacanze ormai alle porte in che modo influisce sulle vostre letture? Avete più o meno tempo per leggere in estate?
Tendo a scegliere libri un po' più leggeri d'estate, ma perché sono spesso al mare e non riuscirei a concentrarmi su romanzi più impegnativi. Leggo più o meno la stessa quantità di libri degli altri mesi dell'anno, tantissimi quindi.

Avete mai riletto un libro? Avete dei libri preferiti che vi piace leggere e rileggere?
Un sacco di volte. "Cent'anni di solitudine" e "L'amore ai tempi del colera" di Garcia Marquez: letti più volte sia in italiano sia in lingua originale

Fai parte di un gruppo di lettura?
Nu

I libri preferite comprarli o prenderli in prestito in biblioteca?
Comprarli, decisamente (e ancor meglio, farmeli regalare :P)

Cosa utilizzate per segnare il punto in cui siete arrivati a leggere un libro? Usate segnalibri, foglietti di carta, fate le orecchie alla pagina?
Segnalibri di solito. Se non ne ho a portata di mano, qualunque altra cosa (tessere, fogli di carta, cartoline, anche la carta igienica è capitato...)

Quale è il tuo genere di libri preferito?

Mah, leggo un po' di tutto, tranne i fantasy e i thriller

Preferisci libri che compongono una serie o libri singoli?

Dipende dalla trama e dalla bravura dell'autore. Ho adorato gli Harry Potter (che mi vanto di aver iniziato a leggere ancor prima che uscissero i film) così come la saga di Jasper Ford. Diciamo che non so se reggerei per più di 7 libri.

Hai mai pianto leggendo un libro?
Eccome! con "Io & Marley" ero una fontana, ma anche con tantissimi altri.

Perchè hai deciso di aprire un blog?
Ho sempre amato commentare i libri che leggo. E il blog è uno strumento efficace per raggiungere più persone, che potranno pensarla come me ma anche esattamente l'opposto.

Parli più di una lingua?
Yep! Ho studiato Lingue all'università e parlo inglese e spagnolo

Cosa ne pensi degli e-books e degli e-book readers?
Sto cercando di resistere il più possibile perché l'idea che i libri di carta possano sparire mi riempie di una tristezza profonda.  "Mettere un fiorellino a essiccarsi tra le pagine che ti sono piaciute di più? Prova a farlo con un e-book" (cit.)

Le mie 11 domande, tutte a tema letterario, a cui dovranno rispondere i blogger che ho selezionato:

  1. Ti ricordi qual è stato il primo libro che hai letto?
  2. Scoppia un incendio nella tua libreria. Puoi salvare solo 3 libri. Quali salvi e perché?
  3. Con quale scrittore/scrittrice (vivente o defunto) ti piacerebbe andare a cena fuori?
  4. Qual è il libro che ti piacerebbe aver scritto?
  5. Quale è il libro più brutto che hai letto?
  6. Hai mai usufruito del book crossing?
  7. Dove acquisti generalmente i tuoi libri?
  8. Leggi gialli? se sì, chi è il tuo investigatore/investigatrice preferito/a?
  9. Ti capita mai di giudicare le persone da quello che leggono?
  10. Qual è la tua copertina preferita?
  11. Qual è l'ultimo libro che hai acquistato?

Ed ecco i vincitori!
Blog novel: il romanzo 
Vite di carta 
Bibliomania
Bulimia letteraria
Letterando con Marty
Life with me
Librangolo acuto
Inchiostro Bianco

e mi fermo qua, tanto 8 o 11 è uguale, no?

Mamma mia che fatica ragazzi scrivere questi post!
A breve arriverà anche la recensione di "Io sono di legno" di Giulia Carcasi

mercoledì 25 luglio 2012

LA MANO CHE TENEVA LA MIA - Maggie O'Farrel

Nella vitale Londra del secondo dopoguerra, la giovane Lexie Sinclair, appena arrivata dalle campagne del Devon, sente che tutto è possibile. Mentre cerca di realizzare il sogno di diventare giornalista, viene in contatto con un mondo pervaso da uno straordinario fermento culturale: la Soho degli anni Cinquanta. Quartiere bohème di locali rumorosi, prostitute, immigrati, e di artisti e intellettuali, come Francis Bacon, Lucien Freud o John Deakin. Qui Lexie trova anche l'amore in un uomo più grande di lei, un importante editore. Nella Londra di oggi, Elina, una giovane artista finlandese, ha in comune con la sua coetanea di cinquant'anni prima la grande attrazione per questa città e la voglia di affermarsi nel proprio lavoro. Ma Elina è diventata mamma da poco e fatica a superare le difficoltà delle prime settimane a casa con un neonato. Ted, il padre del bambino, le sta accanto in questo momento delicato e anche lui fa i conti con la paternità. Guardando il figlio, la mente di Ted corre alla propria infanzia, ma riaffiorano immagini, ricordi, pensieri che non coincidono con quello che lui sa del proprio passato... Un romanzo cinematografico e insieme poetico che avvicina sino a fonderle due storie unite da un legame segreto. 

Ammetto che mi ci è voluto più tempo del solito per finire questo romanzo. Forse perché non gli stavo dedicando la giusta attenzione, leggendolo solo in ritagli di tempo non sufficienti per farmici appassionare. Forse perché all'inizio effettivamente la trama non è poi così coinvolgente da costringerti a leggere in ogni momento. E ammetto anche che dopo un centinaio di pagine ho iniziato ad avere persino qualche dubbio, non al punto da decidere di non finirlo, certo, ma di trovarmi davanti a un libro senza nulla da dire (e senza quindi riuscire a giustificarmi tutti i commenti entusiastici su aNobii).
Beh, mi sbagliavo. Perché non appena ho iniziato a leggere "seriamente" il romanzo, ne sono stata letteralmente travolta.

La narrazione si divide in due piani distinti: il primo è ambientato negli anni cinquanta e racconta di Lexie, una ragazza che abbandona la campagna per andare a vivere a Londra con il sogno di diventare giornalista. Lì incontrerà l'amore della sua vita, a cui dovrà rinunciare troppo presto, e imparerà a cavarsela da sola in tutte le situazioni che la vita le metterà di fronte.
Il secondo piano è invece ambientato ai giorni nostri  e racconta di Elina, sopravvissuta a un parto difficilissimo, che affronta i primi giorni di maternità. Accanto a lei c'è il marito Ted che, grazie al figlio, piano piano inizerà a ricordare cose del suo passato che aveva dimenticato: dapprima ricordi confusi, che diventeranno a poco a poco sempre più netti e lo porteranno a scoprire un'incredibile verità. A un certo punto ovviamente i due piani si interesecheranno in modo inaspettato e sconvolgente.

Maggie O'Farrell riesce a descrivere molto bene e a rendere molto appassionanti, una volta che sono decollate, le due storie parallele che formano il libro. Io ho fatto più fatica con quella ambientata ai giorni nostri, ma forse perché non riuscivo a capire tanto bene dove volesse arrivare. Non appena però le due trame si intersecano, dapprima con semplici espedienti, poi in modo più profondo, entrambe le storie assumono un significato e un aspetto più profondo. Ci sono due storie d'amore, nel passato e nel presente, ci sono due donne che devono fare i conti con la maternità, c'è la difficoltà ad ambientarsi e la voglia di riuscirci.
Tutti i personaggi sono ben caratterizzati, anche se dal mio punto di vista i migliori sono quelli femminili: Lexie ed Elina, due donne lontane nel tempo eppure molto simili, con le stesse passioni, con lo stesso amore, profondo e viscerale, per i figli e le stesse paure. Ma anche Margot, altra protagonista fondamentale della vicenda, ha un carattere molto ben descritto, al punto che ti viene più volte voglia di darle un pugno. Gli uomini appaiono invece un po' più deboli, incerti, ma probabilmente è una scelta voluta dall'autrice.

E poi c'è questo titolo semplicemente meraviglioso, rimasto per fortuna molto simile all'originale, che ha avuto un ruolo decisivo nella scelta di farmi leggere il romanzo. E, grazie al cielo, non è stato un abbaglio.
Decisamente consigliato!

Titolo: La mano che teneva la mia
Autore: Maggie O'Farrell
Traduttore: Valeria Bastia
Pagine:379
Prezzo di copertina: 18,50 €
Editore: Guanda
Acquista su Amazon:


venerdì 20 luglio 2012

IO SONO IL LIBANESE - Giancarlo De Cataldo

Roma, 1976. Un anno prima che tutto accada. Il Libanese freme. Il Libanese ha tre amici, Dandi, il Bufalo, Scrocchiazeppi. Passa con loro da un colpetto all'altro, tiene le armi delle altre bande. Il Terribile, che aspira a diventare il capo dei capi, tratta lui e gli altri pischelli come miserabili. Ma il Libanese non è uno dei tanti. Il Libanese ha un sogno. Un sogno ancora troppo grande per lui. Poi, una sera, il Libanese incontra Giada. Lei è bella, ricca, inquieta. Lei vuole cambiare le cose. Lei vuole fare la rivoluzione. Giada appartiene a un altro mondo. Il Libanese ne è stregato. E nello stesso tempo comincia a intuire che proprio da quel mondo potrà venire l'idea che gli permetterà di rendere il suo sogno una realtà. È grazie a lei, inconsapevole guida, che il Libanese penetra nel mondo dei ricchi, prima come pusher di un grande artista schiavo dell'eroina, e poi organizzando, con i suoi compari, un primo sequestro di persona (preludio di quello che segnerà, appena pochi mesi dopo, la nascita della Banda): il sequestro di un ricchissimo palazzinaro, padre di Sandro, l'amico del cuore di Giada... 

"Romanzo Criminale" è uno di quei libri a cui mi sono avvicinata  con estrema titubanza. Avete presente, no, quei romanzi di cui avete una vaga idea dell'argomento che trattano e che pensate non siano adatti a voi? Ecco, per me, "Romanzo Criminale" rientrava in questa categoria.  Insomma, parla di un'organizzazione criminale, la banda della Magliana, che ha operato in giri di prostituzione, traffico di droga, furti e gioco d'azzardo nella Roma degli anni '70 e '80.
Eppure, nonostante la violenza, nonostante la crudezza e nonostante il forte accento romano nella scrittura (è un mio grandissimo limite, ho delle serie difficoltà a leggere romanzi scritti in dialetto), l'ho trovato un libro bellissimo, di quelli che ti aprono gli occhi, di quelli che inizi e non vorresti finire più. Ho visto e amato molto anche il film che ne è stato tratto, diretto da Michele Placido con i migliori (e sicuramente anche i più belli) attori italiani di questo periodo: Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Stefano Accorsi, Elio Germano, per citarne alcuni (non ho invece seguito la serie tv, sebbene tutti mi dicano che è ancor meglio del film).
Comunque, viste queste premesse, quando ho notato sullo scaffale di una libreria questo nuovo romanzo di Giancarlo De Cataldo con protagonista il Libanese la reazione è stata entusiastica.
Un entusiasmo che però già si è un pochino smorzato vedendo lo spessore del libro: troppo sottile per poter racchiudere tutti gli intrecci che avevano tanto ben caratterizzato il precedente!
E, purtroppo, avevo ragione.

"Io sono il Libanese" è una sorta di prequel di "Romanzo criminale". Ci presenta un "Libano" alle prime armi, che sogna di diventare re di Roma ma che ancora non sa bene come fare. Traffico di droga? Traffico di armi? Combutta con la camorra? Rapine? Rapimenti?
Il Libanese le prova un po' tutte, tutte con scarso successo, al punto che, se non fosse per l'incredibile determinazione del personaggio, si stenterebbe a credere che questo teppistello di strada diventerà il capo della banda della Magliana.
Accanto a lui ci sono già alcuni dei personaggi che lo affiancheranno in futuro: ci sono il Dandi e il Bufalo, suoi amici d'infanzia e di strada. C'è il primo incontro con il Freddo e con Nembokid, i primi scontri con il Terribile. Manca invece la polizia, un aspetto molto imporante e significativo di "Romanzo criminale", perché il Libanese non è ancora abbastanza influente e pericoloso perché qualcuno debba indagare su di lui.
E poi, ovviamente, c'è una ragazza. Giada, una giovane figlia di papà in lotta con la società (una figura forse un po' stereotipata degli anni '70 e '80), per la quale il Libano perde la testa. Inizialmente la vede come una possibile macchina per fare soldi, visto il suo giro di amicizie e il consumo di droga che ne deriva, poi se ne innamora, poi le differenze diventano inconciliabili, fino all'abbastanza prevedibile epilogo.

Non sto dicendo che il romanzo non mi sia piaciuto eh. Lo stile di De Cataldo è sempre molto particolare e molto piacevole da leggere, e dimostra ancora una volta la sua capacità e la sua bravura nell'offrire un ritratto di una parte di società italiana del passato.
Dico solo che mi aspettavo di più. Molto di più. Una trama più approfondita, più episodi del passato del Libanese che aiutassero a capire come ha fatto a diventare quel che è diventato. Invece, è come se non succedesse quasi niente, al punto che si arriva a pensare che la storia principale che voleva narrarci l'autore era quella d'amore.

Temo che chi, come me, ha amato "Romanzo criminale" non potrà che rimanere deluso. Chi invece si avvicina per la prima volta a De Cataldo apprezzerà sicuramente lo stile, proverà anche una certa simpatia per i personaggi, senza che però rimanga molto altro.


Titolo: Io sono il libanese
Autore: Giancarlo De Cataldo
Pagine: 131
Prezzo di copertina: 13 €
Editore: Einaudi
Acquista su Amazon:

giovedì 19 luglio 2012

Sul comodino - speciale compleanno (ultimo capitolo)

E siamo arrivati all'ultimo capitolo dei regali di compleanno letterari di quest'anno (a meno che non riceva qualcosa di inaspettato da qualcuno che non conosco, ma dubito...).
Per fortuna, ci sono anche mille altre occasioni in cui ricevo (o semplicemente, mi compro) libri... anche se con tutti quelli che ho accumulato sul comodino in questi giorni direi che posso arrivare tranquillamente fino a ottobre.
Ecco gli ultimi due arrivati, uno per il compleanno e uno per il "mesiversario":


"La mano che teneva la mia" di Maggie O'Farrell: ultimo regalo di compleanno, specificatamente richiesto a una mia amica che mi aveva chiesto tempo fa che libro poteva regalarmi (dal momento che abbiamo dei gusti moooooolto diversi). Di questo libro, ancor prima della trama, mi ha attirato molto il titolo, che trovo dolcissimo. Ho letto diversi commenti positivi e spero non si sbaglino.

"New York" di Edward Rutherford: ero un po' combattuta quando ho visto questo romanzo e il mio ragazzo ha deciso che me lo avrebbe regalato per i nostri 15 mesi. Ne sono stata sempre attratta, nonostante la mole notevole (più di 900 pagine), ma ho sempre avuto qualche titubanza perché in passato hanno tentato di farmi leggere un altro libro di questo autore, "I principi d'Irlanda", e mi ero arenata credo a pagina 100. Però effettivamente la storia di New York non va troppo indietro nel passato ed è una storia diversa. Quindi alla fine la mia attrazione ha vinto.


Ringrazio tantissimo Barbara (oltre che per il libro, per la bellissima dedica) e, ancora una volta, ringrazio anche il mio lettore rampante.

mercoledì 18 luglio 2012

UNA SPOSA CONVENIENTE - Elsa Chabrol

In uno sperduto paesino di montagna nella Francia del sud i pochi abitanti rimasti sono tutti più vicini ai novanta che ai settanta. I giovani se ne sono andati da tempo, a eccezione di Pierrot, un "ragazzo" di quarantasette anni che per quei vecchietti brontoloni rappresenta la salvezza. Pierrot è infatti munito di una macchina ed è generoso: è lui che sbriga tutte le commissioni, fa la spesa per il gruppetto, distribuisce la posta, ripara quel che si rompe. Ma un giorno Pierrot annuncia che vuole andarsene per cercare moglie. Dopo il panico iniziale, gli anziani accantonano i loro reciproci rancori per far fronte all'emergenza e mettono in atto un diabolico piano per trovare a Pierrot la moglie giusta... su Internet! Costringendolo così a restare nei paraggi. 

C'è un piccolo paese, un gruppo di case più che altro, sulle colline alessandrine proprio ai confini con la Liguria, che porta il mio cognome. Non so quanti abitanti vi risiedano adesso, ma già pochi anni fa bastavano le dita di due mani per poterli contare. Certo, non è sempre stato così: quando ci vivevano i miei nonni e mio padre di gente ce n'era tanta (o comunque, tanta rispetto ad adesso). Poi però è passato il tempo: i più anziani sono morti a poco a poco, i più giovani se ne sono andati, vuoi per lavoro, vuoi per amore, vuoi semplicemente per comodità, e in quelle quattro case non ci è rimasto praticamente nessuno.
E' una storia comune a molte piccole frazioni di campagna, che sono rimaste in qualche modo ancorate al passato e che, con l'avvento del progresso, hanno più o meno consapevolmente deciso di rimanere indietro.

Ed è proprio quello che succede a Poulipeac, la piccola frazione nel sud della Francia, in cui è ambientato il romanzo "Una sposa conveniente". In quel gruppo di case sono rimaste meno di quindici persone: la più anziana, Juliette, è una centounenne molto in gamba che passa le sue giornate ad allenarsi a fare espressioni da morta, a pronunciare ogni sua parola come se fosse l'ultima e a tenere d'occhio tutto il paese dalla sua finestra. Il più giovane è Pierrot, un omone di quarantesette anni, rimasto in paese per accudire l'anzia madre e che svolge per tutti gli abitanti del luogo il ruolo di fattorino (in quanto è l'unico ad avere l'automobile) e tutto fare.
Quando la madre di Pierrot muore improvvisamente, tutta la popolazione di Poulipeac cade nello sconforto: non solo perché il loro già esiguo numero si è ridotto ancora di più, ma soprattutto perché Pierrot decide che è ora di andarsene, di cercare di costruirsi una vita e una famiglia, cosa che difficilmente potrà avvenire in paese vista la scaristà di popolazione femminile aldisotto dei cinquant'anni.
Gli altri abitanti vanno nel panico: se Pierrot se ne va, loro rimarranno ancora più isolate e abbandonati a loro stessi. Nessuno farà più la spesa per loro, nessuno li aiuterà più nei lavori di casa. Rimarranno ancora più soli.
Per risolvere il problema decidono allora di cercare loro una moglie per l'uomo, una donna disposta ad andare a vivere in un paesino sperduto, in cui ancora salta la corrente in caso di maltempo e che ancora rimane isolato quando nevica. Come fare a trovarla? Ma tramite internet, naturalmente!
Basterà andare su un sito per single,  creare un falso profilo di Pierrot, scegliere una donna, preferibilmente straniera, corteggiarla un po' e raccontarle la verità solo quando sarà il momento, magari dopo il matrimonio.
Il tutto ovviamente di nascosto da Pierrot, che non accetterebbe mai questa interferenza nella sua vita da parte di dieci vecchini ficcanaso.
Inutile dire che l'idea si rivelerà un esilarantissimo disastro.

E' un libro davvero carino, questo della Chabrol, in grado di offrire un ritratto molto, molto fedele della vita in queste piccole frazioni quasi deserte, che alla fin fine tendono ad assomigliarsi un po' tutte. La forza di questo romanzo non sta tanto nella trama, sebbene sia molto buffa e divertente nella sua banalità, ma nella caratterizzazione dei personaggi del paese: dalla già citata Juliette, con la sua bella lapide già pronta che al momento tiene in salotto per quando sarà ora di usarla e che mostra a tutti con orgoglio, a tutti gli altri abitanti. C'è "La Talpa", ad esempio, una ottantottenne che ha come ultimo desiderio quello di non morire vergine e che cerca quindi di adescare qualunque uomo le si avvicini; c'è "la Vispetta", che vive in funzione dei programmi in tv e che odia tutti gli uomini dopo essere stata abbandonata dal marito, un odio che ha trasmesso anche alla figlia Aurelie, anch'essa abbandonata, impedendole di vivere le sue passioni. C'è Ginette, che nutre un amore immenso che sfocia nell'idolatria verso il figlio cialtrone e che si occupa del marito un po' fuori di testa, convinto che la bottega del paese che gestiva da giovane sia ancora aperta. E poi ci sono "i Crucchi", i forestieri trasferitisi in paese da poco per cercare di fuggire dal dolore della perdita del figlio.
Insomma, Elsa Chabrol è riuscita a creare una galleria di personaggi incredibilmente ben caratterizzata, che interpretano al meglio la vita nei piccoli paesini, dove vecchi ranconti, antipatie, prese in giro, pettegolezzi e ricordi del passato alimentano la vita di tutti i giorni, rendendola stabile e sicura e nascondendo quell'affetto e quella solidarietà che in realtà tutti provano nei momenti più tristi.

E' un libro leggero, che si legge in fretta, a tratti molti divertente, a tratti un po' malinconico. Sicuramente non è un capolavoro della letteratura mondiale, ma, a mio avviso, merita di essere letto.

Nota alla traduzione: pessima scelta del titolo italiano che si discosta troppo sia dall'originale ("L'heure de Juliette"), sia dal significato del libro.
Ci sono poi diverse note, alcune dell'autrice altre del traduttore, non sempre indispensabili.


Titolo: Una sposa conveniente
Autore: Elsa Chabrol
Traduttore: Francesco Bruno
Pagine:303
Prezzo di copertina: 9,50 €
Editore: Sperling Paperback
Acquista su Amazon:

sabato 14 luglio 2012

ACQUA AGLI ELEFANTI - Sara Gruen

In un giorno degli anni Trenta a Norwich, una piccola città del Connecticut, passa il treno che trasporta "Il Più Strabiliante Spettacolo del Mondo dei Fratelli Benzini", uno di quei circhi itineranti che attraversano in lungo e in largo l'America stremata dalla Grande Depressione col loro strabiliante carico di donne-cannone, nani, mostri e animali esotici. Jacob Jankowski, giovane studente di veterinaria di Norwich, accetta di buon grado la proposta, avanzatagli da Zio Al, il megalomane proprietario del circo dei Fratelli Benzini, di curare gli animali del circo. In quel mondo, sottoposto ai capricci e agli umori del volubile direttore e domatore August Rosenbluth, Jacob viene profondamente turbato da due seducenti figure: Marlena, la bella moglie di Rosenbluth, la ragazza che lascia ogni sera stupefatti gli spettatori coi suoi numeri acrobatici ed equestri, e Rosie, l'immensa, pacifica elefantessa che brama limonate e sembra incapace di obbedire al più semplice dei comandi. Un turbamento pericoloso, visto che sia Marlena che Rosie sono in balìa di Rosenbluth, prime vittime della sua gelosia, dei suoi instabili umori e della sua inarrestabile violenza.

Non amo molto il circo. Ci sono andata solo una volta in vita mia, ma ero troppo piccola per ricordarmi. E' un mondo che non mi ha mai affascinato. I clown mi incutono un certo timore, credo per via del trauma infantile della mia generazione, ovvero il film "IT" tratto dal celebre romanzo di Stephen King. E, pur essendo una grande estimatrice dei lungometraggi della Disney, Dumbo non rientra tra i miei preferiti. E' troppo triste dai, "gli muore la mamma e tutti lo prendono per il culo per via delle orecchie" (cit.).
Per cui direi che non è difficile immaginare quanto sia stato difficile per me decidere di leggere questo romanzo: ai commenti entusiastici letti in giro si sovrapponeva la mia avversione per il mondo circense. Però alla fine mi sono detta che o il mondo è pieno di lettori che sono amanti del circo oppure in questo romanzo ci deve essere qualcosa di più.

Il problema è che, pur avendolo finito qualche ora fa, non sono ancora riuscita a decidere se questo qualcosa in più c'è davvero oppure no.
Il romanzo racconta di Jacob Jankowsky, che perde i genitori in un incidente stradale pochi giorni prima degli esami finali per diventare veterinario. Il ragazzo rimane sconvolto, anche perché scopre che tutte le proprietà dei genitori, studio veterinario del padre compreso, andranno alla banca, per pagare il debito che hanno contratto per pagare gli studi al figlio. Jacob fugge proprio durante l'esame, e, confuso e disperato, salta su un treno. Ma non è un treno qualsiasi. E' quello che trasporta "Il più strabiliante spettacolo del mondo dei fratelli Benzini". Dopo un po' di diffidenza iniziale, Jacob verrà accolto come veterinario e preso sotto l'ala protettiva di August Rosenbluth, direttore e domatore, sposato con la bellissima Marlena. Un rapporto strano quello tra i tre, reso ancora più difficile dal carattere volubile, lunatico e violento di August e dalla passione che inevitabilmente nascerà tra Jacob e Marlena. 
Nel loro rapporto si inserisce poi anche Rose, un'elefantessa buffa e pacioccosa che esegue ordini solo se dati in polacco, e su cui August sfogherà spesso la sua violenza. Fino ad arrivare a un punto di non ritorno.

Il romanzo si sviluppa su due fronti, entrambi con Jacob come narratore. C'è lui da anziano, chiuso dai figli in una casa di riposo, che, dopo l'arrivo di un circo in città, ricorda la sua storia, un po' sognando e un po' raccontandola all'unica infermiera che con il tempo è diventata sua amica. L'altra narrazione è proprio quella di Jacob da giovane, della sua vita nel circo e del suo amore per Marlena e per gli animali di cui si occupa.
Il problema è che io ho trovato questa narrazione un po' superficiale. Come se gli eventi andassero avanti perché devo andare avanti ma senza che ci sia una vera motivazione come motore dell'azione. Questo si nota soprattutto nel rapporto con August, nel rapporto con Walter, il clown nano con cui Jacob condivide il vagone e che all'inizio maltratta il ragazzo per poi cambiare idea quasi di colpo (sì, Jacob da' un suggerimento per far stare meglio il suo cane, ma questo non giustifica il passaggio da "ti odio" a "sei il mio migliore amico" nel giro di poche pagine) e anche nel rapporto con gli animali. E' come se l'autrice a un certo punto si fosse ricordata che lui è veterinario e ha iniziato a piazzare frasi e scene che mostrano il suo amore per questi animali.
Per carità, l'autrice ci offre un bellissimo ritratto della vita circense dell'epoca, di come funzionavano le cose in America in quegli anni: i circhi intineranti su rotaie, oggi completamente spariti, la differenza di trattamento tra operai e artisti, il rapporto con la folla che assiste agli spettacoli. E presenta anche un significativo affresco della vita degli anziani in certe case di riposo (per fortuna non sono tutte così) e di quanto, troppe volte, questi vengano visti come un peso dai figli o da chi si deve occupare di loro, pur non essendo certo questo il tema principale.

Eppure, qualcosa non mi ha convinto del tutto. Forse ho trovato la storia un pochino prevedibile, con un finale abbastanza scontato (sia quello della storia nel passato sia quello ambientato nel presente) e una trama che poteva forse essere approfondita un po' di più.
Comunque però una volta iniziato non sono più riuscita a staccarmene, sa prenderti e catturarti come non molti libri sanno fare (per dirvi, ieri sera sono tornata a casa dopo mezzanotte e sono andata a dormire almeno un'ora dopo per poterlo leggere e stamattina mi sono svegliata alle 8 e alzata dal letto alle 10 per lo stesso motivo).
 Insomma, una lettura veloce, piacevole, un pochino banale, ma che comunque non mi sento assolutamente di sconsigliare.
E poi l'elenfatessa Rosie è simpaticissima!

Nota alla traduzione: a parte quel "vedere rosso" che non mi convince tanto ma che potrebbe essere così anche in lingua originale, per il resto direi nulla da dire!

Titolo:Acqua agli elefanti
Autore: Sara Gruen
Traduttore: Ada Arduini
Pagine:363
Prezzo di copertina 9 €
Editore: Beat
Acquista su Amazon: Acqua agli elefanti (BEAT)

giovedì 12 luglio 2012

LA SOVRANA LETTRICE - Alan Bennett

A una cena ufficiale, circostanza che generalmente non si presta a un disinvolto scambio di idee, la regina d'Inghilterra chiede al presidente francese se ha mai letto Jean Genet. Ora, se il personaggio pubblico noto per avere emesso, nella sua carriera, il minor numero di parole arrischia una domanda del genere, qualcosa deve essere successo. Qualcosa in effetti è successo, qualcosa di semplice, ma dalle conseguenze incalcolabili: per un puro accidente, la sovrana ha scoperto la lettura di quegli oggetti strani che sono i libri, non può più farne a meno e cerca di trasmettere il virus a chiunque incontri sul suo cammino. Con quali effetti sul suo entourage, sui suoi sudditi, sui servizi di security e soprattutto sui suoi lettori lo scoprirà solo chi arriverà all'ultima pagina, anzi all'ultima riga.


Ho scoperto questo libro per caso, navigando da una libreria all'altra su aNobii e ne sono rimasta parecchio incuriosita. Il merito è anche della copertina, al cui centro spicca la regina Elisabetta II. Nulla di particolarmente originale, per carità,  ma unita al titolo (che in realtà non è lo stesso della versione inglese) ha fatto nascere in me la voglia di saperne di più.
Siamo infatti soliti vedere l'immagine dei reali di qualunque nazione associata ad altri contesti: matrimoni sfarzosi, celebrazioni, riviste di gossip o comunque eventi in generale. Mai, e ripeto mai, avrei associato la regina Elisabetta (così nessun altro reale che mi venga in mente) al mondo dei libri.

Per rendere la cosa possibile ci voleva Alan Bennett, uno scrittore e sceneggiatore britannico, famoso sopratuttto in patria per le sue opere ricche di humor inglese. E che ammetto prima di questo libro non avevo mai sentito nominare.
Alan Bennett si immagina una regina Elisabetta che casualmente una mattina scopre che anche il suo palazzo è visitato settimanalmente da una biblioteca ambulante: si parcheggia di solito vicino alle cucine, per non dare nell'occhio, ma soprattutto perché il suo unico frequentatore è Norma, un lavapiatti pel di carota troppo brutto per aspirare a una carriera di valletto. La regina sale sul furgone per cortesia e altrettanto per cortesia prende in prestito un libro. Di Ivy Compton-Burnett. Di una noia mortale e di una difficoltà di lettura incredibile anche per i lettori più allenati.
Ma le andrà meglio la seconda volta, quando torna per restituire il libro preso a prestito. Su consiglio di Norman riesce questa volta a prendere un romanzo che la farà appassionare al punto da non riuscire più a smettere di leggere.
La donna scoprirà un mondo, quello dei libri, che per troppo tempo, anche a causa del suo ruolo, aveva sempre ignorato. Questa sua nuova passione sarà però mal vista a corte: la regina inizierà ad essere distratta, a non riuscire a fare altro che leggere e parlare di quello che ha letto o sta leggendo, nell'imbarazzo generale di sudditi, politici e corte. Fino a che nemmeno la lettura le basterà più.

Ho trovato questo libro un piccolo gioiello, per quanto fittizia e incredibile sia ovviamente la sua trama. L'umorismo di Bennett, sottile e tipicamente inglese, è molto piacevole e mai banale e in questo è aiutato dal fatto che il romanzo non supera le cento pagine, facendo si che che non diventi mai troppo pesante, come invece spesso succede con questo tipo di comicità in altri contesti.
Quello che ne esce è un ritratto buffo e adorabile della regina: i suoi battibecchi in carrozza con il povero Filippo, il suo cercare di far conversazione letteraria con valletti, sudditi e primi ministri, la rendono molto simpatica e molto umana.
E poi ci sono i libri e il loro incredibile potere, un potere a cui nemmeno le persone più influenti e potenti della terra sono immuni: il potere di cambiare il lettore, il potere di fare aprire gli occhi e di scoprire aspetti che troppe volte, volenti o nolenti, ignoriamo. E di pari passo, c'è la paura di chi non capisce o non vuole accettare i cambiamenti.

Leggere questo libro vi porterà via poche ore del vostro tempo, che saranno assolutamente spese bene. E chissà che magari vi farà lo stesso effetto che altri libri hanno fatto sulla regina: ovvero di non riuscire più a smettere di leggere. 

Consigliatissimo!

"Stava anche scoprendo che un libro tira l'altro; ovunque si voltava si aprivano nuove porte e le giornate erano sempre troppo corte per leggere quanto avrebbe voluto"

Nota alla traduzione:  la Adelphi tende a mangiarsi i congiuntivi. O forse la mia insofferenza per questa casa editrice mi porta a volte a vedere cose che non ci sono (i congiuntivi, appunto).
Accettabile invece in questo caso la scelta di cambiare il titolo, da "The uncommon reader" a "La sovrana lettrice", per il significato doppio che "common" ha in inglese (usato per indicare le persone non nobili) in italiano si sarebbe perso sicuramente.

Titolo: La sovrana lettrice
Autore: Alan Bennet
Traduttore: Monica Pavani
Pagine: 95
Prezzo di copertina 8 €
Editore Adelphi

Sul comodino - speciale compleanno (3)

Sì lo so, avrei dovuto ottimizzare gli spazi e scrivere un post solo... ma quando mi arrivano libri nuovi provo sempre un entusiasmo smisurato, un entusiasmo che devo assolutamente e immediatamente condividere con qualcuno.
Quindi vi beccate due post di fila sui miei regali di compleanno e non vi lamentate.

Ieri sera ho visto due mie carissime amiche, che avevo conosciuto all'università e che, nonostante gli anni stiano iniziando a passare (sono già passati quasi tre anni dalla laurea!!!), non ho perso per strada. Certo, non ci vediamo tanto spesso quanto prima, ma almeno una volta al mese riusciamo ad incontrarci. E i compleanni e a Natale sono sempre un'ottima occasione.

Avevo dato loro una wish list, che conteneva diversi titoli, di cui solo uno imprescindibile. Ed ecco cosa mi è arrivato:

"Acqua agli elefanti" di Sara Gruen: un libro che volevo leggere già da un po', di cui ho sentito parlare solo bene, anche da chi, come me, non ha una grande passione per il circo e tutto il suo mondo. Peccato solo la copertina "cinematrografica", che è una cosa che un po' mi irrita sempre.

"Le scarpe rosse" di Joanne Harris: "Chocolat" è uno dei libri che ho riletto più volte sempre con lo stesso entusiasmo. Amo molto anche il film, sebbene sia completamente diverso dal libro. Questo è il suo seguito, da cui per diversi anni mi sono tenuta alla larga ma che ora mi è venuta voglia di leggere.

Grazie Laura e grazie Thais!


I regali di compleanno dovrebbero essere quasi finiti... ne manca ancora uno che spero mi arrivi a breve, a cui si aggiunge anche quello che il mio ragazzo ha detto di avermi preso per il mesiversario (sì, siamo ancora in quella fase in cui festeggiamo tutte le ricorrenze possibili e immaginabili... ogni scusa è buona per scambiarsi regali che ci piacciono!)

mercoledì 11 luglio 2012

Sul comodino - speciale compleanno (2)

A una settimana esatta, ecco che arrivano altri regali di compleanno "letterari"!

Questa volta i meriti vanno a mio "suocero" che, sebbene il regalo principale fosse un altro (veramente veramente bello!),  da accanito lettore come me non è riuscito a evitare di comprarmi un libro  (al suo compleanno gli avevo regalato "Avventure della ragazza cattiva" di Vargas Llosa che ha adorato), e a mia sorella e al suo bel buono di amazon (ha confessato che è stata tentata di regalarmi il kindle, ma poi ha temuto che l'avrei insultata).

E quindi, ecco i nuovi libri finiti oggi sul mio comodino:


"Il passato è una terra straniera" di Gianrico Carofiglio: una passione quella per questo autore che condivido con il papà del mio ragazzo. E' stato lui a farmelo scoprire e a prestarmi di volta in volta i suoi romanzi. In questo caso, ovviamente, toccherà a me ricambiare

"Una sposa conveniente" di Elsa Chabrol: ogni tanto (ok, spesso in realtà) mi lascio andare anche io ai romanzi leggeri e colorati di rosa, soprattutto durante l'estate. Certo, non mi vedrete mai leggere la Kinsella o romanzi con tacchi a spillo in copertina, ma ce ne sono altri che con la loro semplicità e leggerezza riescono a mettermi di buon umore.

"Miracolo a Maiorca" di Sebastià Alzamora: io adoro le copertine della Marcos y Marcos e in questo caso è stata la prima cosa ad attrarmi. Seguita poi dall'ambientazione spagnola (un'altra delle mie passioni) e dalla trama. 

"La sovrana lettrice" di Alan Bennet:t ho scoperto per caso questo libro girando su aNobii e sono rimasta parecchio incuriosita. E' sempre difficile immaginarsi le persone famose intente a dilettarsi in attività quotidiane e comuni quali fare la spesa, preparare la cena o, appunto, leggere. E invece, anche le regine leggono! (Unica pecca, credevo fosse un pochino più spesso... ma mai giudicare i libri dal numero di pagine)

"Le correzioni" di Jonathan Franzen: è un libro di cui sento parlare da parecchio tempo ma da cui, per un motivo o per l'altro, mi sono sempre tenuta lontana. Forse non era ancora il momento. Però ho deciso di acquistarlo lo stesso, così quando il suo momento arriverà, ce lo avrò già sottomano.

Ringrazio quindi mio "suocero" e mia sorella, per avermi permesso di arricchire ancora una volta la mia libreria (che tra un po' credo mi cadrà in testa).


E stasera ne arrivano altri due! Ma avevo voglia di scrivere e non sono riuscita ad aspettare fino a domani per fare un post unico.

martedì 10 luglio 2012

AD OCCHI CHIUSI - Gianrico Carofiglio

Nelle giornate dell'avvocato Guerrieri, ogni tanto piomba una pratica, di quelle che non portano né soldi né gloria, ma solo nuovi nemici. Lui non riesce a rifiutarla, una specie di molla gli scatta dentro. La nuova pratica di "Ad occhi chiusi" gli prospetta una giovane donna vittima di maltrattamenti che ha avuto il coraggio di denunciare l'ex compagno suo persecutore: nessun avvocato vuol rappresentarla per timore delle persone potenti implicate. E la molla che gliela fa accettare sembra essere la ragazza con un'aura di inquietudine, che una sera si presenta assieme all'amico ispettore di polizia nel suo studio per chiedergli di assumere la difesa della donna tormentata. 

Sono follemente innamorata di Guido Guerrieri. Aveva già iniziato a piaciucchiarmi nel primo romanzo che ho letto che lo vede come protagonista, "Le perfezioni provvisorie" (che ovviamente non è il primo romanzo in ordine cronologico... ma il primo che mi hanno prestato), e ora posso confermare che non si tratta di un'infatuazione passeggera, di un amore nato per esaurirsi da solo, di una cotta adolescenziale. No. Questo è amore vero e proprio.

E da chi poteva nascere questo fantastico personaggio se non dalla penna di quel grande scrittore che è, a mio avviso, Gianrico Carofiglio. Lo so, lo so, che lo adoro ve l'ho già detto un sacco di volte. Che amo il suo stile, il suo modo di narrare, anche. E' che quando scopro questi autori che mi piacciono, per un periodo divento un po' monotematica, cerco di leggere tutto il possibile, soprattutto se mi rendo conto di quanto mi sono persa finora perché per qualche assurdo motivo non mi ci sono mai voluta avvicinare.
Carofiglio è bravo a scrivere racconti (vedi "Non esiste saggezza"), è bravo a scrivere racconti introspettivi (definirei così "Il silenzio dell'onda") ed è molto, molto bravo a scrivere romanzi pseudo-polizieschi.

Pseudo perché  Guido Guerrieri non è un poliziotto, non è un investigatore privato nè una dolce vecchina. Guido Guerrieri è un avvocato quarantenne di Bari che, per cause che non dipendono dalla sua volontà, si trova spesso immischiato in casi che nessuno accetterebbe. Casi che lo portano ad indagare (come nel caso de "Le perfezioni provvisorie", in cui di avvocatesco non c'è poi moltissimo), o che lo portano, come in questo caso, a scontrarsi contro qualcosa di più grande di lui, con un mondo fatto di protezioni e raccomandazioni. Il suo mondo, quello della giustizia e della magistratura.
Un giorno si presenta da lui un suo amico poliziotto in compagnia di una donna vestita di jeans aderenti e giubotto di pelle, dallo sguardo duro. E' Claudia. O meglio, suor Claudia, che, in compagnia del poliziotto, gli chiede se è disposto a costituirsi come parte civile nel caso di una donna vittima delle violenze fisiche e psicologiche di un uomo. Figlio del presidente della Corte d'Appello. Nessun avvocato sano di mente accetterebbe un caso simile. Ma il senso etico e della morale di Guerrieri va oltre queste cose. E, grazie anche alla curiosità che suscita in lui Suor Claudia e grazie all'aiuto di una coraggiosa pm, decide di aiutare la ragazza. Anche se forse è ormai troppo tardi.

Il romanzo è narrato in prima persona. E' l'avvocato Guerrieri stesso che ci racconta la vicenda, le sue sensazioni, il suo rapportarsi al caso e a tutte le persone implicate. E nel mezzo ci offre degli sprazzi della sua vita personale, della sua storia d'amore con Margherita, dei suoi ricordi e delle sue paure del passato, che a volte vengono a galla e tolgono il respiro. 
In mezzo a questa narrazione, ce n'è inserita un'altra, sempre in prima persona narrata da un altro personaggio principale del romanzo (si capisce subito di chi si tratta, ma non voglio comunque svelarvi nulla) che racconta il suo passato per far capire il suo presente. Un espediente azzeccatissimo, che rende il libro molto intenso.

L'avvocato Guerrieri è un personaggio stupendo. Un eroe vecchio stile che cerca in tutti i modi la verità e si lascia a volte andare a modi un po' bruschi, un quarantenne che tira di boxe per calmarsi, che a volte riflette troppo, che non disdegna lunghe passeggiate nel cuore della notte se non riesce a dormire e che si lascia spesso sommergere da pensieri, ricordi e riflessioni sul passato e sul presente.

Posso solo dirvi di leggere i romanzi di Carofiglio, almeno quelli con protagonista questo personaggio (magari, se riuscite, leggeteli nell'ordine giusto... le trame non sono collegate, ma qualche piccolo riferimento ogni tanto viene fatto), perché meritano davvero.

E ora vedrò di recuperare anche io tutti i romanzi con il mio Guerrieri, perché  ne sento già parecchio la mancanza.


Titolo: Ad occhi chiusi
 Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 253
Prezzo di copertina 12 €
Editore: Sellerio
Acquista su Amazon: Ad occhi chiusi (La memoria)

lunedì 9 luglio 2012

SE TI ABBRACCIO NON AVER PAURA- Fulvio Ervas

Il verdetto di un medico ha ribaltato il mondo. La malattia di Andrea è un uragano, sette tifoni. L'autismo l'ha fatto prigioniero e Franco è diventato un cavaliere che combatte per suo figlio. Un cavaliere che non si arrende e continua a sognare. Per anni hanno viaggiato inseguendo terapie: tradizionali, sperimentali, spirituali. Adesso partono per un viaggio diverso, senza bussola e senza meta. Insieme, padre e figlio, uniti nel tempo sospeso della strada. Tagliano l'America in moto, si perdono nelle foreste del Guatemala. Per tre mesi la normalità è abolita, e non si sa più chi è diverso. Per tre mesi è Andrea a insegnare a suo padre ad abbandonarsi alla vita. Andrea che accarezza coccodrilli, abbraccia cameriere e sciamani. E semina pezzetti di carta lungo il tragitto, tenero Pollicino che prepara il ritorno mentre suo padre vorrebbe rimanere in viaggio per sempre. 


Di solito, almeno per i primi tempi, cerco di tenermi alla larga dai best seller del momento. Quei libri che hanno successo più per la campagna pubblicitaria editoriale che c'è dietro che non per il loro contenuto (vedi le varie sfumature di colore che tanto vanno di moda in questo periodo). Lascio sempre passare un po' di tempo, poi, se il libro mi incuriosisce, prima o poi lo leggo.
Questa volta però è diverso. Inanzitutto perché "Se ti abbraccio non aver paura" è edito da una casa editrice indipendente, che vive più grazie al passaparola che alle campagne di marketing, e che quindi punta molto sulla qualità dei romanzi che pubblica (tutta la serie di Jasper Fforde, che io ho amato molto, è stata pubblicata in Italia da questa casa editrice). A questo si aggiunge il fatto che racconta di una storia vera, di un padre e di un figlio e di una malattia terribile, l'autismo, di cui si sa troppo poco ma che è terribile per chi la vive (sia per chi ne è affetto sia per chi ci interagisce). E poi, il titolo è semplicemente meraviglioso.
E quindi ho voluto leggerlo subito.

Ammetto che recensire romanzi che sono anche storie vere mi mette sempre un po' in difficoltà. Non so mai se devo parlare della trama, rischiando di dare inevitabilmente un giudizio sulla vita della persona che l'ha realmente vissuta, o se limitarmi a un commento sullo stile, sul modo in cui questi fatti reali ci vengono raccontati. 

In questo caso l'autore Fulvio Ervas ci racconta la storia di Andrea, ragazzo diciassettenne affetto da autismo, e di suo padre Franco che, un'estate, decide di fare un viaggio, di partire all'avventura per l'America. Non tutti i medici sono d'accordo su questa scelta: i ragazzi autistici tendenzialmente hanno bisogno di schemi e abitudini, di routine sempre uguali da seguire e di stabilità. Basta un niente perché perdano il loro labile equilibrio. Ma Franco decide di provare lo stesso, perché nulla di quello che hanno detto i medici ha funzionato finora.
E quindi partono. Stati Uniti prima e Sud America dopo. Un viaggio all'avventura, in moto, in aereo, in auto, senza mete prestabilite, alla ricerca di un contatto, di un filo per unire Andrea e il suo mondo interiore con quello di Franco e il mondo reale.
Le difficoltà non mancano, non sempre tutti capiscono i problemi di Andrea, non tutti sono felici di farsi abbracciare, baciare o toccare la pancia da uno sconosciuto. Così come non sempre Franco riesce a reggere il peso della responsabilità, ma soprattutto la rabbia e l'impotenza che la situazione del figlio genera in lui. 
Ma a poco a poco, padre e figlio impareranno a conoscersi ancora di più. La condizione di Andrea non sarà più sempre e solo un limite per lui, perché incontreranno persone che lo capiranno, persone che riusciranno a leggere dentro di lui nonostante lui non riesca a esprimersi a parole, persone che non avranno paura quando lui le abbraccerà.
Andrea farà le sue prime esperienze, esperienze da normale diciassettenne, con Franco che a poco a poco imparerà a lasciarlo andare, ad avere meno paura delle reazioni di suo figlio e di quelle degli altri, senza mai però abbandonarlo, senza mai perdere quell'elastico sottile e invisibile che li terrà per sempre legati.

Il libro è il diario di un viaggio. Un viaggio attraverso l'America e un viaggio attraverso una malattia di cui si parla sempre troppo poco. C'è il dolore, certo. C'è l'impotenza e c'è la paura. Ma c'è anche la voglia di crescere e capire, di superare quei limiti che una malattia per forza impone.
E' stato bravo Fulvio Ervas a mettere per iscritto il racconto di Franco, a far trasparire ogni aspetto del rapporto tra padre e figlio e a raccontare i fatti e la realtà così come sono realmente avvenuti, senza pietismi e senza compassione. E anche se lo stile a volte è forse un po' troppo semplicistico, si adatta bene alla struttura del diario,perché riesce a esprimere con il tono giusto i pensieri e le preoccupazioni del padre.
E non era assolutamente un compito facile.

Io di autismo sapevo poco o nulla, quel poco che viene mostrato in qualche film o in qualche libro. E anche ora, la mia conoscenza di questa terribile malattia non è poi aumentata di molto. Ma credo che un libro come questo, così come tutti i libri che narrano di esperienze reali e personali, serva a far acquisire maggiore consapevolezza, a far capire che oltre alla disperazione e al dolore c'è anche qualcos'altro. E che non bisogna avere paura di chi in qualche modo è diverso da noi.

Assolutamente da leggere.

Titolo: Se ti abbraccio non aver paura
Autore:Fulvio Ervas
Pagine: 319
Prezzo di copertina 17 €
Editore: Marcos y Marcos
Acquista su Amazon:Se ti abbraccio non aver paura (Gli alianti)

venerdì 6 luglio 2012

RAGAZZI- Charles M. Schulz

A cavallo tra il 1956 e il 1965, mentre le strisce dei Peanuts si affermavano come fenomeno internazionale, Schulz lavorava in parallelo a una serie di vignette meno nota. I picnic, la dottrina, i commenti sulla Bibbia, Schulz compone un ritratto tenue della gioventù di un'America cristiana alle soglie della contestazione. Gli adolescenti sono protagonisti assoluti, con una grande varietà di tipi ed espressioni catturati in poche linee, con la consueta arte di Schulz e il suo dono per la battuta folgorante. Questi ragazzi sono a pieno titolo i fratelli maggiori di Charlie Brown e compagni.

Mi fa uno strano effetto recensire un fumetto di Schulz che non siano i Peanuts.  In realtà, mi ha fatto anche uno strano effetto leggerli perché si è impadronita di me una forte diffidenza che temevo di non essere in grado di scacciare in nessun modo.
D'altronde per me, come per praticamente tutto il mondo, Schulz è solo i Peanuts. Così come Watterson è solo "Calvin and Hobbes" o Quino è solo "Mafalda" (ok, in quest'ultimo caso non proprio, perché anche altri fumetti di Quino sono arrivati in Italia e hanno riscosso un discreto successo).
A questa diffidenza legata al mio amore per Snoopy, Linus, Lucy e gli altri, si è unita quella legata al fatto che le vignette comprese in questa raccolta sono state create e disegnate per un giornale metodista. Certo, qualche accenno nemmeno troppo velato alla religione e al suo credo, Schulz lo aveva già inserito già nei Peanuts, senza che questo mi turbasse così tanto. Questa volta però il rimando alla religione è molto marcato, è alla base praticamente di tutte le vignette, che hanno proprio lo scopo di mostrare come si rapportavano gli adolescenti degli anni '50 e '60 alla vita di chiesa che a quei tempi era impossibile non avere (in America, ma anche qui in Italia).
Poi però mi sono detta: "Cavolo, questo è comunque quel genio di Schulz", una specie di eroe per me. E si merita una, ma che dico, venti possibilità, senza precocetti e diffidenze.
Quindi ho preso il fumetto, mi sono dimenticata dei Peanuts, ho cercato di non pensare che fosse destinato a giovani adolescenti ultra religiosi e ho letto. E devo ammettere che certe vignette mi hanno davvero fatto ridere.

La forza di Schulz sta nel ritratto che riesce a fare della società che lo circonda, nella capacità di evidenziare in modo bonario e non troppo critico certi suoi punti deboli e certe sue contraddizioni. E lo fa, anche in questo caso, prendendo come protagonisti personaggi nell'età in cui è normale e naturale porsi delle domande. C'erano i dolci e ingenui bambini dei Peanuts, che rappresentavano tutte le caratteristiche degli adulti in un modo candido e naive, e ci sono i liceali adolescenti qui, che hanno superato la fase dell'innocenza e si stanno buttando nella mischia del mondo, cercando di non venire meno al loro credo pur non sempre riuscendo a capirlo (che poi è quello che succede sempre, no?).
Sono adolescenti che si chiedono perché devono passare il sabato sera a casa a studiare il catechismo se tanto poi nessuno glielo chiede, giovani che vanno ai pic nic organizzati dalla parrocchia armati di chitarre ma dimenticandosi il cibo, giovani che si confrontano con i primi amori ("abbiamo messo i soldi nel piatto delle offerte nello stesso momento, è un segno che dobbiamo uscire insieme") e che affrontano i problemi che l'essere adolescenti ha sempre comportato per tutti.
Certo, alcune sono davvero davvero troppo religiose e non riescono a suscitare in me nessuna empatia nè sorriso, forse perché non ho mai fatto parte di quella società, non sono mai stata particolarmente religiosa e non riesco a identificarmi con quello che leggo. Ma alcune invece le ho trovate divertenti e geniali, mi hanno fatto riflettere e divertire.

Se in questo "fumetto bigotto" (come lo abbiamo soprannominato io e il mio ragazzo la sera in cui me l'ha regalato) vi aspettate di ritrovare i Peanuts, beh, lasciate perdere, non apritelo neanche, perché è inevitabile rimanere delusi. Ma se riuscire invece a dimenticarvene per un attimo e a pensare alla società di allora come spesso ci viene rappresentata anche in film e libri, troverete un altro piccolo gioiello di Schulz. Un gioiello che potrà piacere o non piacere, ma che rimane comunque un altro esempio della sua incredibile bravura a rappresentare con semplici tratti di matita il mondo che lo circonda.

Nota alla traduzione: commentare le traduzioni dei fumetti è sempre difficile (vedi la mia tesi di laurea), perché i riferimenti alla società in cui sono inseriti sono sempre molto forti e molto difficili da rendere in un'altra lingua/società. Certo, alcune note presenti sono un pochino pedanti (non credo che fosse necessario spiegare cosa fosse un impianto "alta fedeltà", che io nemmeno avrei tradotto), però nel complesso nulla di grave da segnalare.

Titolo:Ragazzi
Autore:Charles M. Schulz
Traduttore: D. Brolli
Pagine:296
Prezzo di copertina 14 €
Editore: Comma 22
Acquista su Amazon: Ragazzi (Avant-garde)

giovedì 5 luglio 2012

Sul comodino- speciale compleanno (1)

Buongiorno a tutti!

Ieri era il mio compleanno. Sono arrivata ai 27 e devo ammettere che mi fa un po' effetto... mi sembra ieri che ne ho compiuti 18 e ormai invece sono più vicina ai 30! Beh porca miseria! (Non è l'età in sé che mi turba, ma la velocità con cui passa il tempo)
Io adoro il giorno del mio compleanno. Tutti i tuoi amici che ti fanno gli auguri, che ti chiedono se finalmente hai aperto i regali che hanno dato in custodia a tua mamma giorni fa perché sapevano che se no tu li avresti aperti subito. Tutti I dolci e le torte che sei autorizzato a mangiare.
Mi piace pensare che sia un giorno tutto dedicato a me (va beh, nel mio caso anche all'Indipendenza americana, ma sono dettagli), in cui possono succedermi solo cose belle.

E ovviamente, amo il mio compleanno perché è l'occorrenza in cui ricevo più libri in regalo! Per ora in realtà "solo" due, ma so che ne arriveranno altri non appena riuscirò a vedere tutte le mie amiche.

Ecco cosa mi ha regalato il mio ragazzo (insieme a un paio di scarpe bellissimissime e a un bellissimo mazzo di rose):


"Se ti abbraccio non aver paura" di Fulvio Ervas: è uno dei libri del momento, in classifica da settimane e elogiato da critica e lettori. Me ne sono innamorata già solo per il titolo, ma sono sicura che anche la storia lascerà un bel segno.

"Ragazzi" di Charles M. Schulz (ribattezzato da noi ieri sera "il fumetto bigotto"): come già ho detto più volte, io amo molto i Peanuts, mi identifico molto in loro e credo che il mondo sarebbe migliore se tutti li leggessero. Schulz però ha anche ideato e disegnato altri fumetti, che vuoi per il successo del suo capolavoro vuoi per l'argomento trattato, non sono quasi mai arrivati in Italia. Questo ad esempio raccoglie delle vignette scritte e pubblicate per un giornale metodista... e hanno effettivamente una forte impronta religiosa (che mi ha lasciata parecchio perplessa). Vi saprò poi dire bene quando lo avrò finito.

Questo è tutto per ora! Ma spero di riuscire ad aggiornarvi molto presto su altri nuovi arrivi!

mercoledì 4 luglio 2012

LA BIBLIOTECA SUL CAMMELLO - Masha Hamilton

Fiona Sweeney fa la bibliotecaria a New York. Ha un buon lavoro, un fidanzato che le vuole bene, un'esistenza tutto sommato gratificante. Ma a trentasei anni decide di dare una svolta alla sua vita. Quando legge un annuncio in cui si cerca una bibliotecaria per la fondazione della prima biblioteca itinerante in Kenya, non ci pensa due volte e, lasciate le luci scintillanti di New York, parte per l'Africa. L'idea è semplice e geniale: per gli abitanti di quelle regioni, il libro è un oggetto sconosciuto, che suscita diffidenza. Per renderglielo familiare, i libri arriveranno al villaggio sul dorso di un animale assai conosciuto, anzi, un animale indispensabile, il cammello. Nasce così la "Biblioteca sul cammello". Tra le capanne di Mididima la vita segue gli stessi ritmi da millenni. L'arrivo della "Biblioteca sul cammello" è un evento straordinario, che scatena cambiamenti nella rigida organizzazione tribale: la fatica nell'assimilare la novità divide la popolazione. C'è chi pensa che la cultura possa aiutare a costruire un mondo migliore, come il maestro Matani, o la piccola Kanika, che sogna di diventare insegnante, o l'enigmatico Scar Boy, un bambino orribilmente sfigurato da una iena, che nella letteratura finalmente trova il suo mondo. Ma ci sono anche coloro che considerano Fiona una pericolosa minaccia. La "Biblioteca sul cammello" è stata realmente fondata dieci anni fa in Kenya per diffondere la cultura dei libri, ma anche per favorire l'incontro e il dialogo fra culture diverse.

Ho dovuto iniziare questo libro tre volte prima di riuscire a finirlo. Ogni volta mi fermavo dopo poche pagine, perché mi arrivava qualcosa che volevo leggere prima o perché mi distraevo da altro. L'ho lasciato sul comodino (o meglio, sulla sedia che mi funge da comodino) diversi mesi, nella pila dei "da leggere", in attesa che arrivasse il suo momento. I libri che avevo ancora da leggere però si sono esauriti pian piano e quindi, domenica, mi sono ritrovata con questo come unica possibilità (in realtà ho ancora un Vitali che mi sono ripromessa di tenere per le ferie). Quindi l'ho aperto sperando che fosse la volta buona.
E lo è stata.

Il libro racconta in forma romanzata di un progetto reale, quello di portare i libri anche tra le popolazioni più sperdute e isolare dell'Africa. E l'unico mezzo possibile per raggiungerle sono i cammelli. Racconta di uno scontro di culture, della difficoltà che le popolazioni nomadi, che si basano principalmente sulla tradizione orale e che credono nei castighi divini e nella magia, hanno di capire l'utilità dell'istruzione scritta, dei libri e di tutto ciò che rappresentano.Perché vanno a rompere un equilibrio che dura da secoli, mettendo in testa idee nuove.
Fiona è americana e decide di buttarsi in questo progetto di alfabetizzazione per allontanarsi dalla sua vita sempre uguale, da un fidanzato che non sa se ama oppure no, e per fare i conti con il suo passato, con il rapporto con la madre. Vuole fare qualcosa di grande, credere in un progetto. E per farlo ha bisogno dei sui amati libri.
Il suo impatto con la popolazione di Mididima  è duplice: da un lato c'è chi la accoglie calorosamente, una ventata di novità e di speranza, al punto che c'è chi vorrebbe tornare con lei in città, frequentare una scuola e diventare insegnante. Dall'altro c'è lo scontro con i vecchi del villaggio, che trovano lei e la sua biblioteca come un'invasione, non con le armi ma con una cultura diversa, un'invasione che gli dei non approveranno e che comporterà castighi e punizioni. Al punto che, quando Scar Boy, un ragazzino sfigurato da bambino da una iena, non restituirà i libri presi a prestito, gli anziani decideranno di punirlo e faranno di tutto per far si che la biblioteca non torni.

Non è facilissimo raccontare la trama di questo romanzo, perché sono tanti gli aspetti che vengono analizzati e raccontanti: c'è il contrasto di culture ma anche il contrasto all'interno della popolazione stessa, tra gli anziani e il maestro, tra il maestro e sua moglie. C'è l'aspetto amoroso, utile per rendere la storia più godibile e leggibile, c'è la ricerca di sé stessi e la voglia e la paura del cambiamento. C'è il forte rapporto con il passato e con la tradizione ma anche la difficoltà a volte ad adattarsi a quello che è sempre stato.

Ammetto che mi aspettassi un finale diverso, sebbene mi renda conto che quello proposto dall'autrice sia in realtà l'unico possibile. E la trama poteva essere sicuramente approfondita meglio, meglio sviluppata (è una delle poche volte in cui mi ritrovo a dire che 100 pagine in più sarebbero state utili). Anche dei personaggi viene detto lo stretto indispensabile per caratterizzarli, senza che vengano analizzati più nel profondo.
C'è poi qualcosa che non quadra nella contrapposizione tra le lingue: a Medidima a parte il maestro e pochi casi nessuno parla inglese, ma a volte sembra che l'autrice si dimentichi di questo problema e faccia parlare tra loro persone che non dovrebbero avere le capacità per farlo. 
Sicuramente sarebbe un po' tutto da rivedere.
Insomma, un romanzo con del potenziale, una bella occasione a mio avviso un pochino sprecata. 

"Forse i doni dei libri si trovano in ciò che ci permettono di immaginare" (cit.)

Nota alla traduzione: anche il traduttore si perde dove si perde l'autrice, facendo un po' di confusione con il contrasto tra le due lingue. E a volte lascia dei termini in inglese senza che ce ne sia, almeno secondo me, motivo.

Titolo: La biblioteca sul cammello
Autore: Masha Hamilton
Traduttore: S. Caraffini
Pagine:284
Prezzo di copertina 8,90 €
Editore: Garzanti
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