mercoledì 31 luglio 2013

Due titoli, un solo libro: ma perché? #44

Ormai sto facendo il conto alla rovescia per l'arrivo delle ferie: manca una settimana e mezza e davvero non ce la faccio più. La meta sarà la Spagna, in un bel paese di mare vicino a Castellón de la Plana.
L'altro giorno ho iniziato a guardare qualche possibile titolo di libri scritti da autori spagnoli da poter comprare una volta là (giusto per avere un'idea, assolutamente non vincolante... perché tanto poi vado a ispirazione del momento) e mi sono imbattuta in un romanzo perfetto per questa rubrica. Ed è anche più in tema di quanto si possa pensare, perché l'autore in questione è originario proprio di Castellón de la Plana.

Punto questo romanzo già da quando è uscito, ma poi per un motivo o per l'altro non sono ancora riuscita né a comprarlo né a leggerlo. Sto parlando di Eloy Moreno e del suo EL BOLÍGRAFO DE GEL VERDE, tradotto in italiano con il titolo RICOMINCIO DA TE:


Il libro in lingua originale è stato in principio autopubblicato dell'autore: ha preso un po' di copie e ha girato di libreria in libreria, arrivando a venderne più di tremila. E' stato quindi notato dalla casa editrice Espasa che ha ripubblicato l'opera all'inizio del 2011. La traduzione in italiano arriva circa un anno dopo, ad opera di S. Bogliolo, per la casa editrice Corbaccio.

Il romanzo racconta la storia di un uomo, della sua vita piatta, mediocre e senza grandi exploit, e del suo desiderio di rivalsa: vuole riconquistare l'amore di sua moglie, l'affetto del figlio e l'amore per la vita in generale, cercando di realizzare tutti i suoi sogni.

Il cambiamento di titolo è evidente. La traduzione letterale di "El bolígrafo de gel verde" avrebbe dovuto essere "La penna gel verde" (o semplicemente "La penna verde"). Non avendo ancora letto il libro non so bene a cosa si possa riferire, ma leggendo qualche commento qua e là ho trovato una recensione che dice che "la parte sulla penna verde è un po' lunga e noiosa". Quindi direi che il titolo originale, come era immaginabile, fa riferimento a qualcosa di specifico presente all'interno del libro. E' un titolo sicuramente curioso e particolare, anche se forse in italiano perde un po' del suo potere evocativo. Certo è che la scelta italiana, a mio avviso, banalizza molto il libro, facendolo passare per una semplice e banale storia d'amore, cosa che, almeno da quanto riportato sulla quarta di copertina, non sembra essere.

Da segnalare però che la versione italiana ha mantenuto la stessa copertina dell'originale, un'abitudine questa che si sta diffondendo e che devo ammettere mi piace molto.

Che dite?

martedì 30 luglio 2013

TETANO - Alessio Torino

La prima cosa a cui ho pensato leggendo Tetano di Alessio Torino è stata la mia infanzia: il mio gruppetto di amici, le nostre avventure pomeridiane, i nostri giochi a volte un po' incoscienti e quello che ne è rimasto ora, di quella grande amicizia. Sì, insomma, saranno passati quindici anni da quando ci siamo arrampicati su un melo in mezzo a dei rovi per legare un'altalena, da quando siamo andati in gita in bicicletta a un fiume a qualche km da casa, con un salvagente enorme già gonfiato per non doverlo gonfiare poi a bocca una volta là. Da quando passavamo interi pomeriggi a inventarci giochi e avventure e a struggerci se il tempo brutto non ci permetteva di uscire. Eppure qualcuno di loro, a distanza di tutti questi anni, c'è ancora.

Per questo non è stato poi così difficile ritrovarsi nei personaggi bambini di questo libro: Achille Spada, Giorgio e Corsi, ragazzo romano che come ogni anno trascorre l'estate a casa della nonna e che funge da voce narrante di tutta la vicenda. Oh sì, e poi c'è Tetano, il cui padre è morto in un incidente sul lavoro, rimasto folgorato dalla corrente elettrica, sebbene al bambino la madre e tutti gli abitanti del paese abbiano fatto credere che sia semplicemente in viaggio e che prima o poi tornerà. E' un bambino solitario, Tetano, con qualche problema e una verità che forse sa e finge di non sapere. Ma tutto cambia quando scopre che Achille Spada, Giorgio e Corsi stanno cercando di costruire una zattera e di metterla sul fiume: il primo tentativo non ha funzionato e a momenti uno annega, il secondo nemmeno, ma il terzo, con l'aiuto di Tetano, sembra invece quasi essere perfetto. E lui forse può così raggiungere quel padre che di tornare sembra non volerne sapere. Ma anche questa volta, qualcosa non va come dovrebbe e di colpo tutti e quattro i ragazzini devono fare i conti con la realtà.
Alle vicende narrate nel passato si alternano poi quelle nel presente, con i quattro bambini ormai cresciuti: qualcuno è rimasto in paese, qualcuno se n'è andato e non è mai più tornato, ma nessuno ha mai dimenticato quell'estate e tutto quello che ha significato.

Lo stile di Alessio Torino è molto particolare e ci va un attimo per abituarsi al suo modo di scrivere, molto classico direi, e all'utilizzo che fa delle parole e delle frasi. La prima parte sembra quasi una preparazione alla storia che verrà: ci presenta i tre bambini, ci presenta la vita del paese, con i suoi scheletri nell'armadio e i suoi mille personaggi, per poi lasciare spazio a lui, Tetano, vero motore non tanto della vicenda quanto della crescita di chiunque gli stia attorno. Non si può non provare tenerezza per questo bambino e rabbia nei confronti di chi, per debolezza o per paura, ha scelto di non raccontargli la verità, pur avendone tutti, sempre, la possibilità. Accanto a lui c'è la storia di Corsi, delle sue estati a casa di sua nonna,di quando ha smesso di andarci e della scelta dolorosa e difficile che deve compiere adesso, da adulto.

Man mano che procedevo nella lettura nella mia mente si è creato un parallelo con Stand by me, film del 1986 di Rob Reiner, tratto dal racconto di Stephen King The Body, che parla di altri quattro ragazzi e della loro avventura, leggermente diversa ma pur sempre formativa, e che ha cambiato loro la vita (oltre ad aver compromesso per sempre il mio rapporto con le torte di mirtilli). Non so se la similitudine fosse voluta o meno, ma è sicuramente inevitabile.

Dolcezza e amarezza si alternano nelle varie pagine e in un fiato ti portano fino alla fine, fino all'età adulta di ognuno dei personaggi. Un libro che mi ha sorpresa, un po' ostico all'inizio ma poi davvero piacevole da leggere, e in grado di far rifiorire un sacco di ricordi della propria vita. Consigliato!

Titolo: Tetano
Autore: Alessio Torino
Pagine: 240
Anno di pubblicazione: 2011
Editore: minimumfax
ISBN: 978-8875213244
Prezzo di copertina: 14,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura:Tetano
formato ebook:Tetano (Nichel)

lunedì 29 luglio 2013

DIECI GIORNI DA BEATLE- Sergio Algozzino

Sto scrivendo questa recensione con in sottofondo in loop I want to hold your hand, una delle canzoni dei Beatles, insieme a Yellow Submarine e Hey Jude,  che preferisco.
Aprire youtube o mettere su un cd dei Fab Four viene quasi spontaneo, una volta terminata la lettura di questa graphic novel di Sergio Algozzino.

Sebbene preferisca i fumetti in formato striscia o tavola, perché tendo a perdermi tra le vignette di quelli più lunghi, ho accolto con molto entusiasmo la proposta di lettura di questa graphic novel arrivatami dalla Tunué, la casa editrice che l'ha pubblicata. Perché parla dei Beatles, miei compagni nei viaggi in auto quando ero bambina con i miei genitori, e perché racconta una storia che non conoscevo, quella di Jimmy Nicol, batterista per i primi dieci giorni del tour mondiale dei Fab Four del 1964, in sostituzione di Ringo Starr colpito da una violenta tonsillite. Dieci giorni che, nel bene o nel male, gli hanno cambiato la vita.

Jimmy Nicol è un bravo batterista, che suona con diverse band e che subito non ha accolto di buon grado la nascita di questo "gruppo con un nome assurdo", convinto che sarà una semplice meteora del panorama musicale inglese. Ma i successi continuano e finalmente Jimmy assiste a un loro concerto, rimanendo stupito da tutto quello che questi quattro ragazzi riescono a fare: canzoni scritte da loro, un successo dopo l'altro e la beatlemania che si diffonde a macchia d'olio. Jimmy decide quindi di incidere con la sua band un disco di cover.  E sarà proprio grazie a questo album, che il produttore George Martin e il manager Brian Epsteir penseranno a lui, per sostituire Ringo Starr nei primi giorni del tour mondiale. 
Un taglio di capelli e via, sul palco insieme a Paul, John e George. Dieci giorni in giro per il mondo, tra concerti, lunghissimi viaggi aerei e fan scalmanati e fuori controllo, che forse nemmeno si sono accorti del cambio del batterista. Un sogno che si avvera quello di Jimmy, ma anche un sogno a scadenza, dal risveglio per lui traumatico che lo porterà, dopo diversi tentativi di sfruttare il più possibile quei dieci giorni di celebrità, a compiere una scelta drastica nella sua vita.

Come dicevo all'inizio, non sono mai stata una grande amante delle graphic novel, eppure questa l'ho letta d'un fiato e senza alcuna difficoltà. Forse perché disegnata e strutturata bene, forse perché racconta una storia curiosa e interessante, dando spazio e voce a un uomo dai più dimenticato. Fatto sta che l'ho divorata e apprezzata molto: Sergio Algozzino è stato molto bravo nel descrivere, in disegni e in parole, tutti gli stati d'animo di Jimmy, prima, durante e dopo i suoi giorni da Beatles; così come ha reso perfettamente l'idea del fenomeno Beatles, dai suoi esordi fino alla fine, senza però mai perdere di vista il vero protagonista della storia.

Credo che anche chi non è un grande amante dei Beatles e ne conosce solo le canzoni più famose riesca ad apprezzare quest'opera. Alcuni riferimenti forse non verranno colti, ma fornisce un ottimo spunto per indagare e scoprire qualcosa di più sui mitici Fab Four, in formazione originaria e in formazione temporanea.
Insomma, una lettura curiosa, scorrevole, piacevole ben disegnata e, quindi,  assolutamente consigliata!

Titolo: Dieci giorni da Beatle
Autore: Sergio Algozzino
Pagine: 96
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Tunué
ISBN: 978-88-97165-64-4
Prezzo di copertina: 13,70€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Dieci giorni da Beatle

sabato 27 luglio 2013

ALTA DEFINIZIONE - Adam Wilson

Credo che una delle sensazioni più brutte per un lettore sia quella che si verifica quando si rende conto che il libro che sta leggendo non lo sto convincendo del tutto. Soprattutto se su quel libro aveva riposto aspettative molto alte, complici le recensioni e le opinioni positive che ha letto un po' ovunque. 

Alta definizione di Adam Wilson purtroppo rientra per me in questa categoria. Eppure in realtà avrei dovuto immaginarlo. Perché è vero che due dei blog che seguo di più e di cui mi fido quasi ciecamente ne hanno parlato con toni decisamente entusiasti, ma è anche vero che all'amica che me l'ha prestato invece non è poi piaciuto così tanto. Quindi sì, insomma, avrei dovuto andarci più cauta con le mie aspettative.

Il protagonista di questo libro si chiama quasi come me, Eli, anche se lui è ovviamente un uomo. Classe 1986 (un anno più giovane di me), ebreo che vive negli Stati Uniti, genitori separati che non lo considerano più molto, un fratello all'apparenza semplicemente perfetto, amante della cucina e di film porno, sempre sotto l'effetto di qualche sostanza stupefacente. Passa la sua vita così, senza fare assolutamente niente, in una sorta di limbo dal quale nemmeno più di tanto cerca di uscire, in cui è finito una volta ottenuto il diploma. Ha pochi amici, qualche ragazza (o madre di qualche ragazza) con cui sfogare i suoi ancora inesperti impulsi sessuali. Finché nella sua vita non entra il signor Kahn, un ex attore con molte partecipazioni ma mai una parte principale, in sedia a rotelle e con una dipendenza dal viagra, che ha comprato la casa in cui Eli viveva fino a poco tempo prima con la madre. E grazie a lui a poco a poco Eli inizierà a prendere coscienza di sé stesso e del baratro post-adolescenziale in cui è caduto.

Gli elementi perché il romanzo mi potesse piacere ci sono tutti. Un personaggio ben costruito, situazioni ironiche, quasi grottesche e spesso esilaranti, momenti quasi commoventi e riflessioni molto più profonde di quanto potrebbe sembrare a prima vista. Eppure qualcosa non ha funzionato. 
Avrei voluto prendere a sberle il personaggio di Eli fin dalle prime pagine. Il suo gettare via la sua vita, la sua inedia, il suo rapporto con i genitori e con tutte le persone che lo circondano mi hanno irritata e quasi infastidita. Forse perché non riesco a immaginare che si possa essere così a quell'età, forse perché è tutto davvero troppo esagerato. Non lo so. So solo che sono andata avanti quasi a forza, nonostante il libro scorresse comunque molto bene e lo stile di Adam Wilson sia sicuramente geniale e diverso dal solito.

Credo che in libri come questo l'empatia con il protagonista sia fondamentale per riuscire ad apprezzarlo. E se questa non si crea, e con me non si è creata, il rischio è appunto quello che le alte aspettative disattese ti lascino addosso un senso di delusione e di fastidio.

Con questo non voglio assolutamente sconsigliarvi la lettura di questo libro. Semplicemente partite preparati, perché Eli è un personaggio sicuramente ben costruito ma anche sicuramente molto controverso, così come lo sono tutti quelli che lo circondano e l'impatto con il loro mondo per qualcuno potrebbe non essere dei più piacevoli.

Titolo: Alta definizione
Autore: Adam Wilson
Traduttore: L. Bertolucci
Pagine: 426
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: ISBN
ISBN: 978-8876384172
Prezzo di copertina: 17,90€
Acquista su Amazon:
formato brossura:Alta definizione

mercoledì 24 luglio 2013

Due titoli, un solo libro: ma perché?#43

Nella puntata di oggi del confronto tra titolo originale e traduzione ho deciso di parlare di un autore con cui ho da sempre un rapporto tremendamente conflittuale: Ian McEwan.
Sono pochi gli autori che sono riusciti a traumatizzarmi nella mia carriera di lettrice, e McEwan è sicuramente in cima alla lista.

Avevo conosciuto questo autore grazie al famosissimo e bellissimo Espiazione, ho poi proseguito con Sabato e L'amore fatale, che avevo apprezzato parecchio. E poi è arrivato lui, quel maledetto Cortesie per gli ospiti, un libricino sottile sottile che mi ha sconvolta, turbata e traumatizzata a tal punto da portarmi a decidere di non leggere mai più nulla di suo (anche se poi effettivamente qualche tempo dopo ho letto anche Solar, senza che mi facesse poi così impazzire).
Eppure mi rendo conto dell'incredibile bravura e genialità di questo autore e del suo stile, però non riesco più ad avvicinarmi a un suo libro senza provare angoscia e ansia ancor prima di leggere la prima pagina. Quindi ci ho rinunciato.

Se si guardano i titoli dei suoi romanzi in lingua originale e in traduzione italiana, si noterà come in alcuni casi il titolo viene mantenuto molto fedele, in altri ci sono solo piccoli cambiamenti e in altri ancora invece il cambio è davvero drastico. Ed è proprio su questi casi che concentrerò l'attenzione.

Il primo esempio di cambiamento radicale tra i due titoli si ha in THE INNOCENT ovvero LETTERA A BERLINO:


Uscito in lingua originale nel 1990, il romanzo è stato tradotto per Einaudi lo stesso anno da Susanna Basso. Il libro è ambientato a Berlino negli anni della Guerra Fredda e si basa sull'operazione congiunta di CIA e MI6 per costruire un tunnel dal settore americano della città a quello sotto il controllo russo, per intercettare le linee telefoniche del comando sovietico. Al racconto di questa operazione si mischia quello della storia d'amore che nasce tra Leonard, uno dei tecnici che stanno lavorando al progetto, e Maria Eckdorf, una donna trentenne tedesca divorziata.
La traduzione letterale del titolo originale sarebbe "L'innocente", ma non avendo letto il libro non so dire se la scelta italiana, che rende immediato il riferimento all'ambientazione, sia un scelta azzeccata o meno. Sicuramente il cambio è parecchio evidente

Il secondo esempio è quelli di ENDURING LOVE ovvero L'AMORE FATALE




Uscito in lingua originale nel 1997,  il romanzo è stato tradotto lo stesso anno sempre per Einaudi e sempre da Susanna Basso. E' un libro molto particolare, che inizia con un incidente in mongolfiera e prosegue raccontando di un amore che diventa ossessione tra un uomo che ha tentato di tenere ancora a terra la mongolfiera e uno dei soccorritori. Un libro molto inquietante ma che consiglio a tutti.
La traduzione letterale del titolo sarebbe "amore duraturo", "amore paziente"... ma anche in senso negativo, ovvero che sopporta una sofferenza dopo l'altra. La scelta di cambiarlo in "fatale" riesce a mio avviso a rendere perfettamente il senso del libro.

L'ultimo esempio è quello dell'ultimo romanzo scritto da McEwan e pubblicato, sia in lingua originale sia in italiano sempre per Einaudi con la traduzione di Maurizia Balmelli, nel 2012: SWEET TOOTH ovvero MIELE


Anche in questo caso non ho letto il libro, ma so che il titolo originale fa riferimento a un programma segreto del MI5, ovvero i servizi  di controspionaggio  inglesi, a cui partecipa la protagonista e che si chiama proprio "Sweet tooth", un'espressione inglese utilizzata solitamente per indicare una persona "golosa di dolci".
Ovviamente non avrebbe avuto senso una traduzione del genere in italiano, perché chiamare un'operazione dell'intelligence "golosità di dolci" sarebbe stato un po' ridicolo. Si è scelto quindi "Miele", qualcosa che mantenesse il riferimento alla dolcezza ma che potesse avere un senso anche come nome di un programma segreto.

Voi che dite? Qual è il vostro rapporto con McEwan? E dei titoli che ne pensate?

martedì 23 luglio 2013

LA COMMEDIA UMANA - William Saroyan

E' da più di un'ora che mi sto chiedendo come fare a recensire questo libricino. Come fare a trasmettere tutto quello che mi ha lasciato. Come giustificare la sua semplicità quasi disarmante che però nasconde un'intensità che si trova in pochi, pochissimi libri.

Siamo negli anni '40, a Ithaca, una cittadina degli Stati Uniti da cui molti ragazzi sono partiti per fare i soldati senza sapere se mai ritorneranno. E ovviamente c'è chi aspetta, che tornino o che arrivi il telegramma per annunciare che non succederà mai più.
A consegnare i telegrammi è Homer, un ragazzino di quattordici anni, rimasto orfano di padre, con un fratello in guerra e altri a cui badare. La mattina va a scuola, il pomeriggio lavora. Aspettando e sperando, ma continuando comunque a vivere, perché il mondo non si può fermare.
Attorno a lui ruota tutta una serie di personaggi incredibili: dall'adorabile e curioso fratellino Ulysses, un bambinetto di quattro anni che  "era convinto di dover stare dovunque ci fosse qualcosa di interessante da vedere" e che quindi si caccia sempre nelle situazioni più disparate. C'è l'insegnante di storia Mrs Hicks che cerca di insegnare ai suoi ragazzi a essere semplicemente umani, indipendentemente da tutti:
Io mi sforzo di far sì che i miei ragazzi si comportino con onore. Di come appaiono in superficie non me ne importa nulla. Non mi faccio impressionare né dalle buone né dalle cattive maniere, l'importante è quel che c'è dietro. Che sia ricco o povero, brillante o impacciato, genio o semplicione, per me fa lo stesso, quel che conta è la sua umanità.

C'è il signor Spangler, che assume Homer anche se troppo giovane per lavorare perché sa che ne ha bisogno e che si occupa di lui e di chiunque altro venga a chiedergli aiuto. C'è la madre di Homer e Ulysses che cerca di insegnare ai figli a non avere paura, nonostante ce l'abbia anche lei:

"Le scuole servono solo a tenere i ragazzi lontano dalla strada, ma presto o tardi i ragazzi per strada ci devono andare, che lo vogliano o no. E' naturale che le madri e i padri si preoccupino per i loro figli. In realtà, non c'è nulla da temere. Il mondo è pieno di bambini spaventati, che si spaventano a vicenda. Cerca di comprendere," proseguì, "cerca di amare le persone che incontri. Ti aspetterò qui ogni notte. Ma non occorre che tu venga a parlare con me, se non ne hai voglia. CApirò. So che ci saranno momenti in cui non ti sentirai di parlare."
C'è il signor Grogan e ci sono i negozianti, e poi gli altri bambini e gli altri adolescenti. Insomma, tutti i personaggi che animano la vita di una piccola città, e che, nel loro piccolo, hanno sempre qualcosa da insegnare.

Il libro si compone di piccoli episodi, capitoletti che si susseguono e che si leggono d'un fiato, che nel loro insieme delineano la vita di questa città e del suo tentativo di normalità in un periodo che di normale non può avere nulla. Eppure la speranza non manca mai, anche nei momenti più tristi, perché alla fine a casa qualcuno torna sempre o in un modo o nell'altro non se n'è mai andato e mai se ne andrà.

Come dicevo all'inizio è un libro di una semplicità quasi disarmante, che fa sorridere e fa commuovere e che non cerca effetti speciali e colpi di scena che non siano quelli che la vita vera, la vita di ogni giorno, ti può dare. E quando arrivi alla fine, una fine che forse tutto sommato ti aspetti anche un po', ti accorgi di aver imparato parecchio da questo libro e dalla sua semplicità. E non potrai fare a meno di consigliarlo a tutti.


Titolo: La commedia umana
Autore: William Saroyan
Traduttore: Claudia Tarolo e Marco Zapparoli
Pagine: 254
Anno di pubblicazione: 2010
Editore: marcos y marcos
ISBN: 978-8871685458
Prezzo di copertina: 10 €
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formato brossura:La commedia umana

venerdì 19 luglio 2013

L'ULTIMO BALLO DI CHARLOT - Fabio Stassi

E' passato molto tempo dall'ultima volta in cui ho visto un film di Charlie Chaplin. Ero una bambina, allora, e mio padre si ostinava a farci vedere questi film, di cui ero troppo piccola per accorgermi del grande valore. Resistevo per mezz'ora, quando andava bene. Film in bianco nero, film muti, con questo buffo omino con i baffetti e la bombetta che, nonostante la sua comicità, non riusciva a mantenere desta la mia attenzione.
Mi ricordo qualche scena, certo, soprattutto da Il Grande Dittatore, e l'interpretazione di "La titina" in Tempi moderni
Per cui non posso direi di essermi avvicinata a questo libro in quanto fan di Charlie Chaplin: l'ho scoperto in realtà per caso, quando è stato scelto tra i finalisti del Premio Campiello, e poi ho assistito a una presentazione dell'autore, che con le sue parole mi ha molto incuriosita.

L'ultimo ballo di Charlot racconta la vita del grande Charlie Chaplin, dall'infanzia fino alla morte, tramite le parole stesse dell'uomo, nella lettera che sta scrivendo al figlio Christopher dopo che ha scoperto che quest'anno la morte non gli darà scampo. Già, la morte, quella che per sei anni è andato a trovarlo a ogni vigilia di Natale e con la quale ha stretto un incredibile patto: finché riuscirà a farla ridere, lei non se lo porterà via.
Nella lettera che scrive al figlio, Charlie Chaplin racconta tutta la sua vita, anche i dettagli più insignificanti: la sua infanzia di miserie,il lavoro nel circo, la sua partenza per gli Stati Uniti, il suo passare da un lavoro all'altro fino a che non ha trovato la sua strada, la sua inquietudine e la sua voglia di imparare sempre e non fermarsi mai, il suo grande amore per il cinema e l'incredibile sfacciataggine mista a fortuna che ha avuto sempre accanto a lui. Il tutto per permettere al figlio di conoscerlo realmente, senza passare tramite biografie e parole di altri.
A questa lettera, si alternano i siparietti con la morte, che lo va a trovare a casa sua e che lui si sforza in ogni modo di far ridere, senza successo però. Perché ormai è invecchiato e i trucchetti e le battute di quando erano giovane non funzionano più, sebbene lui riprovi a mettere in scena tutti i momenti più belli dei suoi film (il barbiere, il gioco con il mappamondo gonfiabile...) Eppure, Charlie in modo più o meno volontario riesce sempre a farla ridere, per sei anni di fila, utilizzando come elemento comico la vecchiaia stessa.  Un espediente davvero ben sfruttato, che fa sorridere con un po' di amarezza e spezza comunque la lunga narrazione in prima persona che potrebbe diventare un po' prolissa senza queste interruzioni.

E' un libro davvero strano, L'ultimo ballo di Charlot. Un libro che inizi e che non riesci più a mettere giù: un po' per sapere cosa succederà nella vita di questo vagabondo, un po' per scoprire come farà a salvarsi dalla morte questa volta e per quanto ancora ci riuscirà. E la cosa che mi ha colpito di più è il modo in cui è scritto: Fabio Stassi è sicuramente un grande narratore, in grado di creare una caratterizzazione perfetta dei suoi personaggi. 
Ne parlavo con un amico, l'altra sera, e gli ho detto una cosa strana: "è un libro italiano che sembra un libro americano, quasi come se fosse una traduzione". Non so se abbia senso come frase, né se si riesca a capire cosa intendo: è come se mi dimenticassi chi stesse scrivendo, quale penna ci fosse dietro, e leggessi le parole di Charlie Chaplin, come se le avesse davvero scritte lui e qualcuno si fosse poi preso la briga di tradurle, come se la lettera fosse indirizzata a noi. E non credo che siano molti gli autori in grado di fare una cosa del genere.

Un libro che consiglierei a tutti, anche a chi, come me, non è un grande conoscitore di Charlie Chaplin. Ci si ritroverà immersi nella sua storia e nella sua vita, arrivando a conoscere non l'attore o il regista ma l'uomo. E poi, i siparietti natalizi e i dialoghi con la morte sono semplicemente geniali.

Titolo: L'ultimo ballo di Charlot
Autore: Fabio Stassi
Pagine: 279
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: Sellerio
ISBN:  978-8838927645
Prezzo di copertina: 16,00 €
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formato brossura: L'ultimo ballo di Charlot

mercoledì 17 luglio 2013

SETTANTA ACRILICO TRENTA LANA - Viola Di Grado

Quando ho detto che stavo leggendo Settanta acrilico trenta lana, sono stata sommersa da commenti diametralmente opposti: a me è piaciuto tantissimo, io l'ho abbandonato  metà, è un libro terribile, è un libro incredibile. E solitamente, quando un romanzo genera pareri ed emozioni così contrastanti, nel bene o nel male qualcosa da dire ce l'ha.

La prima sensazione che si prova una volta iniziata la lettura è quella di trovarsi dentro a un vortice, che gira, gira, gira, come i cestelli della lavatrice di cui Camelia, la protagonista di questo romanzo, traduce i manuali di istruzioni. Un vortice che non sai quando si fermerà, che ti tiene in sospeso e non ti lascia cadere e che poi, anche quando finalmente si ferma, ti fa girare la testa ancora per un bel po'.

Al centro di questo vortice c'è proprio lei, Camelia, che vive sotto il cielo perennemente grigio di Leeds e che si aggrappa alla vita e a quello che la circonda come può, nonostante la morte del padre, in un incidente d'auto insieme alla sua amante, nonostante l'assordante silenzio della madre nei giorni, settimane e mesi successivi all'incidente. Cerca di resistere: si trova un lavoro, si occupa della madre, ricomincia a studiare cinese. Poi si innamora, ma qualcosa non va come vorrebbe e questo suo vortice inizia a girare  ancor più velocemente, troppo velocemente, al punto che la ragazza si sente quasi lanciata fuori, espulsa, eliminata. Come se l'oblò della lavatrice fosse rimasto aperto e lei fosse stata buttata fuori dalla sua vita, senza che abbia possibilità di rientrarci, a meno di non compiere qualcosa di estremo.

"Provateci a farmi vedere che è la bellezza che cerco. Come se io fossi così banale. La bellezza c’è già. C’è dappertutto. La bellezza Dio l’ha fatta in sei giorni e da allora non se ne va più, c’è in tutto quello che ti cresce intorno senza permesso. La bruttezza invece ci vuole l’uomo per farla, è una forzatura, una stortura dell’ordine cosmico. Ci vuole l’uomo per sparare il cemento sulle gardenie. "

La cosa che più stupisce e destabilizza di questo romanzo è l'incredibile stile dell'autrice, soprattutto se si considera la sua giovane età. Fin dalla prima pagina  ti ritrovi nella testa di Camelia, in mezzo ai suoi deliri che poi alla fine così assurdi non sono; in mezzo alle sue descrizioni spesso brutali, alle sue angosce, alle sue parole, ai suoi linguaggi fatti di ideogrammi, di sguardi, di silenzi e di gesti sicuramente eclatanti; in mezzo a situazioni grottesche, esasperate, esagerate. Lo stile fa parte della trama, la sostiene, la porta avanti, al punto che diventa quasi la trama stessa.

Eppure riesco a capire benissimo anche chi abbia scelto di abbandonarlo, perché Camelia non è la prima ragazza a cui muore il padre, non è la prima ragazza i cui genitori non andavano d'accordo, non è la prima ragazza la cui madre dà di matto di fronte al dolore, né la prima che riceve una delusione d'amore. Non è la prima che entra in un vortice, insomma, eppure mica tutti finiscono così.  E certi suoi atteggiamenti, certe sue decisioni e reazioni, certi suoi contorti pensieri possono irritare. Però credo che anche queste reazioni siano volutamente provocate.

Sicuramente non consiglierei la lettura di questo libro a chiunque. Perché è un libro che disturba e che ti ferisce e posso capire che non tutti abbiano voglia di stare così dopo una lettura. 
Ma per chi sta cercando un libro scritto con uno stile innovativo, nuovo, che lo trascini, lo sballottoli e gli tolga il fiato, beh, questa è una lettura perfetta e incredibile.


Titolo: Settanta acrilico trenta lana
Autore: Viola Di Grado
Pagine: 189
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: e/o tascabili
ISBN:  978-8866320913
Prezzo di copertina: 9,00 €
Acquista su Amazon:

Due titoli, un solo libro: ma perché? #42

Nuova puntata della rubrica di confronto tra titolo originale e sua traduzione. E anche oggi si parla di un libro italiano il cui titolo è stato stravolto in una traduzione all'estero. Si tratta di una segnalazione fresca fresca, giunta da Chiara, una fan del blog che vive in Spagna e che, oltre a invidiare, ovviamente ringrazio tantissimo.

Il libro in questione è VENUTO AL MONDO di Margaret Mazzantini:


Il romanzo, uscito nel 2008  per la casa editrice Mondadori e vincitore del Premio Campiello nel 2009, è una storia d'amore ambientata a Sarajevo. Di recente ne è stato tratto un film, diretto da Sergio Castellitto e intepretato da Penelope Cruz.

Il romanzo è stato tradotto in diversi paesi, tra cui la Spagna, dove è uscito nel 2009 per la casa editrice Lumen Editorial, con il titolo LA PALABRA MÁS HERMOSA:


Un cambio di titolo abbastanza evidente, anche per chi non conosce lo spagnolo, ma non avendo letto il libro, non so dire se questa traduzione, "La parola più bella", abbia un senso rispetto alla trama.
A un certo punto però, in concomitanza dell'uscita del film, al libro a questo titolo succede qualcosa di strano, e da "La palabra más hermosa"  si trasforma in  VOLVER A NACER,  che è il titolo spagnolo della sua trasposizione cinematografica:


Una pratica non poi così inusuale quella di cambiare i titoli dei libri precedentemente usciti per adattarli a quelli dei film (si veda ad esempio il libro di Matthew Quick L'ORLO ARGENTEO DELLE NUVOLE" diventato IL LATO POSITIVO, di cui vi avevo parlato nella puntata 21).
La cosa strana è che anche il nuovo titolo ha qualcosa di diverso rispetto all'originale: la traduzione letterale sarebbe "Nascere di nuovo, Rinascere", che ha una connotazione  diversa rispetto a "Venuto al mondo".

Insomma, pare che questo libro sia stato vittima di un po' di confusione nella scelta del suo titolo spagnolo, soprattutto al momento della sua uscita. Poi si è cercato di aggiustare il tiro, con la scusa del film... il cui titolo a logica avrebbe dovuto essere lo stesso con cui era uscito il libro.

Voi che ne dite?

lunedì 15 luglio 2013

EVELINA E LE FATE - Simona Baldelli

Devo per forza iniziare questa recensione con una piccola considerazione, forse un po' banale. Ogni giorno escono in Italia una cosa come trecento libri. Trecento libri. Al giorno. Nemmeno il lettore più accanito riuscirebbe a stare dietro a tutte queste uscite, anche se eliminasse tutti quelli che per gusto personale non leggerebbe comunque. Il rischio è quindi quello di lasciarsi sfuggire qualcosa che invece meriterebbe tutta la nostra attenzione. 

Evelina e le fate è uno di quei libri che ho quasi rischiato di perdere. Ne avevo sentito parlare, mi ero fermata a contemplare la sua copertina un paio di volte in libreria, ma credo che non l'avrei mai comprato, non nell'immediato futuro almeno. Poi l'autrice mi ha scritto e mi ha chiesto se mi avrebbe fatto piacere leggerlo e darle un parere. Ho accettato, anche se sono sempre un po' titubante di fronte a queste richieste per paura di trovarmi poi a leggere qualcosa che non sia di mio gusto. E invece, adesso sono qui, a parlarvi di un libro che merita sicuramente di non perdersi in mezzo al marasma di tutte le nuove uscite.

Siamo in un paese della provincia di Pesaro, negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Evelina ha cinque anni e si trova ad affrontare qualcosa di molto più grande di lei. Ci sono gli sfollati, che arrivano nel podere di famiglia in cerca di un tetto. Ci sono gli aerei che bombardano. Ci sono i tedeschi che potrebbero arrivare da un momento all'altro, così come gli alleati. Ci sono i partigiani, che spuntano all'improvviso dalla campagna. C'è una principessa nascosta sotto una botola del granaio, che ucciderebbe chiunque la vedesse in faccia e che aspetta arrivi finalmente, anche per lei, il lieto fine. E ci sono anche due le fate, la Nera e la Sciapa, che accompagnano Evelina e la sua famiglia in tutto questo, proteggendola e e cercando di renderle il tutto meno difficile e doloroso. Se mai sia possibile farlo. 
Evelina è una bambina sveglia, per i suoi cinque anni. Capisce che la madre non sta bene, capisce che sta succedendo qualcosa di strano, capisce che il mondo non dovrebbe andare così e che non sempre sono i cattivi a morire. Eppure non perde mai la sua purezza e la sua innocenza, anche di fronte agli episodi più terribili, grazie soprattutto alle due fate. Al punto che alla fine si è quasi convinti della loro esistenza, proprio come lo è la bambina.

Non è semplice riuscire a narrare quel particolare periodo storico attraverso gli occhi di un bambino, eppure l'autrice ci riesce abbastanza bene, soprattutto considerando che questo è il suo esordio narrativo. Lo stile è semplice e diretto, credibile per una bambina di quell'età. A complicare un po' la lettura c'è però l'utilizzo del dialetto nei dialoghi, non sempre facile da comprendere e che alla lunga scoraggia un po', portandoti a volte a saltarli in tronco.
Ma se si riesce a superare questo scoglio, ci si rende conto di quale grande valore abbia questo libro nei confronti di un passato e di una memoria che a poco a poco, per via del tempo che passa, si sta un po' sbiadendo. Simona Baldelli racconta un pezzo della storia d'Italia, che non dovrebbe essere dimenticato, riportando in luce e mettendo per iscritto i ricordi di chi quell'epoca l'ha vissuta, senza che abbia poi grossa importanza in quale schieramento fosse.

Evelina, il suo mondo e le sue fate meritano sicuramente di essere conosciute.

Titolo: Evelina e le fate
Autore: Simona Baldelli
Pagine: 256
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Giunti
ISBN: 978-8809778382
Prezzo di copertina: 12 €
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formato brossura: Evelina e le fate

sabato 13 luglio 2013

ZAZIE NEL METRO' - Raymond Queneau

Ci sono dei libri che quando li leggi ti fanno sentire deficiente. Che ti fanno arrivare alla fine con un grosso punto interrogativo sulla testa, che ti porta a chiederti se il problema sei tu e o se è il libro stesso. Poi però ti ricordi chi è l'autore, ti ritornano in mente le opinioni positive di chi l'ha letto ma anche quelle che hanno riportato il tuo stesso senso di confusione al termine della lettura. E quindi capisci che il libro è volutamente confuso, così come è voluta questa iniziale reazione nel lettore.

In questi casi, io di solito, una volta chiusa l'ultima pagina, lascio alla mia mente un po' di tempo per assimilare, per riflettere e per riposarsi, nella speranza che riesca così a cogliere tutto quello che il libro voleva trasmetterle. 
Con Zazie nel metrò mi sono bastate poche ore. L'ho chiuso ieri sera, con la terribile sensazione di non aver capito niente. L'ho riaperto stamattina, ho sfogliato distrattamente le sue pagine e mi sono accorta di aver invece capito tutto. E di aver davanti un libro sicuramente di difficile lettura ma altrettanto sicuramente geniale.

Zazie è una ragazzina senza peli sulla lingua, maliziosa, provocatrice e dal linguaggio sboccato, che viene lasciata dalla madre per due giorni  a Parigi dallo zio Gabriel, di mestiere ballerina, e dalla sua dolce mogliettina.  La ragazzina scapperà di casa, lo zio per un po' la seguirà, finendo entrambi in situazioni buffe e strampalate che li porteranno a incontrare personaggi altrettanto strampalati, tassisti, calzolai, poliziotti e pappagalli, che renderanno il soggiorno parigino di Zazie semplicemente indimenticabile.

Questa ragazzina è un personaggio fantastico. All'inizio avresti voglia di prenderla a sberle, per la sua totale mancanza di educazione e per il suo modo sboccato di parlare. Poi però, mano a mano che vai avanti nelle pagine, ti affezioni a lei, alla sua impareggiabile furbizia nel rapportarsi con i grandi e al suo modo di vedere il mondo e tutto ciò che la circonda.

Perché vuoi fare la maestra?
- Per rompere le balle alle bambine, - rispose Zazie.- Quelle che avranno la mia età fra dieci, tra vent'anni, tra cinquant'anni, fra cento anni, fra mille anni. Aver sempre da rompere le balle a qualcuno. [...] Voglio esser carogna. Gli farò leccar l'impiantito. Mangiar la cimosa della lavagna. Gli metterò i compassi nel didietro. Pedate nel sedere. Porterò gli stivali. D'inverno. Alti così (gesto). Con gran speroni per scorticar la ciccia delle chiappe.
- Sai, - disse Gabriel con calma, - stando a quel che dicono i giornali non è proprio in codesta direzione che si sta orientando l'educazione moderna [...] E poi, tra vent'anni non ci saranno più maestre [...]
- Allora - dichiarò - farò l'astronauta [...] per andare a rompere le balle ai Marziani.
La difficoltà maggiore nella lettura è data sicuramente dallo stile: colloquiale, ricco di parole inventate e neologismi che richiedono una lettura molto, molto attenta per essere sicuri di coglierne il senso. E credo che la lettura in traduzione, per quanto ben fatta anche se forse un pochino antiquata, penalizzi un po' tutta l'opera e ne faccia perdere alcune sfumature.
Per me è stato un romanzo a scoppio leggermente ritardato, che subito mi ha lasciata confusa ma di cui poi , una volta metabolizzato, mi sono innamorata.

Titolo: Zazie nel metrò
Autore: Raymond Queneau 
Traduttore: Franco Fortini
Pagine: 192
Anno di pubblicazione: 2005
Editore: Einaudi
ISBN: 978-8806173401
Prezzo di copertina: 10,50 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Zazie nel metró

giovedì 11 luglio 2013

STONER - John E. Williams

Stoner, Stoner, Stoner... come faccio a parlare di te? Tu che hai avuto una vita schiva, una vita quasi ai margini, senza exploit, senza grandi colpi di scena, ora dovresti diventare protagonista di questa mia recensione.
Certo, probabilmente se non fossi rimasta sveglia fino a tardi per leggere la tua storia, se non avessi dedicato ogni momento libero della mia giornata a leggere di te, ora avrei la mente più lucida e riuscirei a raccontarti in modo molto più oggettivo, senza coinvolgimenti emotivi, senza giudizi troppo marcati. O forse no, non ci riuscirei nemmeno dopo dodici ore di sonno, perché la tua vita mi ha talmente tanto coinvolta che è impossibile parlarne in altro modo.

Ho seguito la tua vita dall'inizio, da quella fattoria a Boneville dove lavoravi i campi con i tuoi genitori, fino al tuo arrivo all'università. Sono stata felice per te quando hai scoperto i libri e la letteratura, facendoli diventare tua ragione di vita, nonostante i pareri contrastanti di tuo padre. Sono stata contenta quando hai trovato moglie, sperando che tra di voi potesse nascere un grande amore. Ho sofferto con te quando hai capito che non sarebbe mai potuto succedere. Ti ho seguito tra i corridoi dell'Università e durante le tue lezioni, percependo il tuo disagio prima e la tua grande passione poi. Mi sono commossa per l'amore nei confronti di tua figlia e ho odiato chi vi ha fatto allontanare. Ero con te quando hai scoperto cos'è il vero amore e anche quando hai dovuto lasciarlo andare. Quando ti hanno messo i bastoni tra le ruote in ogni modo, quando ti sei preso le tue piccole rivincite, quando la tua mente ha iniziato a vacillare perché i dolori, fisici e del cuore, sono diventati troppo grandi per poterli non combattere, perché non lo hai mai fatto molto nella tua vita, ma sopportare. Ero con te, fino alla fine. 

"Cosa ti aspettavi?", chiedi a te stesso più e più volte nelle ultime pagine. Cosa ti aspettavi dal lavoro, dall'amore, dalla vita. Cosa ti aspettavi di ottenere senza quasi mai combattere, senza ribellarti, accettando convenzioni ed evitando il più possibile problemi. "Cosa ti aspettavi?", lo chiedi anche al lettore, che arriva in fondo alla tua vita insieme a te e si accorge che, effettivamente, non è mai successo niente. 
Perché alla fine, come tu stesso non hai problemi ad ammettere, non sei sei stato altro che un uomo ordinario, un uomo mediocre: pochi amici, un lavoro di insegnante che a tratti ti appassionava e a tratti odiavi, una moglie, lasciamelo dire, parecchio stronza e una figlia che ha sopportato, sopportato e sopportato finché non si è ribellata. Una storia comune la tua, forse anche un po' banale, ambientata in un contesto storico, tra le due guerre, che ti avrebbe permesso di emergere, di diventare qualcosa di più.
Eppure, il lettore rimane conquistato da questa tua vita mediocre. Rimane conquistato dalle tue debolezze, dalle tue non reazioni e dalla tua terribile infelicità che non fai nulla per combattere. Si affeziona a te, fino ad accorgersi che forse, sotto sotto, la tua vita non è poi così distante dalla sua o da quella di mille altre persone, che scelgono di non scegliere, di accettare, di non ribellarsi per non rompere un seppur fragile equilibrio.
"Deve ricordare chi è e chi ha scelto di essere, e il significato di quello che sta facendo. Ci sono guerre, sconfitte e vittorie della razza umana che non sono di natura militare e non vengono registrate negli annali della storia. Se ne ricordi, al momento di fare la sua scelta".

John Williams con la sua penna, il suo stile e le sue parole dette sempre al momento giusto, ti racconta in modo egregio. Un "miracolo letterario" dice Peter Cameron nella postfazione al libro, perché non tutti sono in grado di scrivere un libro straordinario su un personaggio quasi insignificante come il tuo. Lui ci riesce, ci riesce maledettamente bene. E poco importa se sono dovuti passare anni perché i lettori riscoprissero questo libro (uscito per la prima volta nel 1965 e poi dimenticato fino alla sua ripubblicazione nel 2006) e si affezionassero al tuo personaggio. Forse allora non era il tuo momento, forse allora non sei stato capito.
L'importante comunque è che tu, alla fine, sia arrivato. E rimarrai nel mio cuore per parecchio tempo.

Forse mi sono fatta prendere un po' la mano. Mi succede sempre, quando devo parlare di libri così. Quindi, se la mia recensione vi sembra troppo passionale o troppo emotiva, fate una cosa: prendere questo libro, leggetelo e poi ne riparliamo. Sono sicura che non avrete alcuna difficoltà a capire il perché di una recensione così.


Titolo: Stoner
Autore: John E. Williams
Traduttore: Stefano Tummolini
Pagine: 332
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: Fazi
ISBN: 978-8864112367
Prezzo di copertina: 17,50 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Stoner
formato ebook: Stoner (Le strade)

mercoledì 10 luglio 2013

Due titoli, un solo libro: ma perché? #41

Finalmente ho avuto il tempo necessario per fare una ricerca  un po' più approfondita e proporvi, per la puntata di oggi del confronto tra titoli, un caso contrario, ovvero un libro italiano il cui titolo è stato cambiato nelle diverse lingue in cui è stato tradotto. 

La scelta del libro da trattare mi è stata suggerita inconsapevolmente su una pagina Facebook spagnola dedicata al mondo dei libri, che ha parlato proprio ieri di un romanzo di uno dei miei scrittori italiani preferiti (con cui sono ai limiti dello stalking, direi)... un libro che solo dal titolo non avrei riconosciuto!
E quindi, eccomi qui a parlarvi di ODORE DI CHIUSO di Marco Malvaldi:


Un giallo alla Malvaldi, ambientato a fine '800, in cui l'omicidio funge solo da sfondo per permettere a tutta una serie di buffi e geniali personaggi di muoversi e interagire tra loro. Tra questi c'è anche Pellegrino Artrusi, il famoso autore del libro di cucina "La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene". Se volete potete trovare la recensione completa qui.

Dal momento della sua uscita (nel 2011) ad oggi, il romanzo è stato tradotto in diverse lingue, tra cui il francese, lo spagnolo e il tedesco. La cosa buffa è che se non si leggesse la trama sulle quarte di copertina, difficilmente si capirebbe che si tratta sempre dello stesso libro. Vediamo subito perché.

In tedesco, il romanzo è uscito nel marzo del 2012 per la casa editrice  Pendo Verlag GMBH con la traduzione di Luis Ruby e il titolo DAS NAST DE NACHTIGALL 


La traduzione letterale sarebbe "Il nido dell'usignolo", un titolo che non ha nulla a che vedere con l'originale, ma di cui però richiama in qualche modo la copertina (su cui spiccano appunto due usignoli morti).

In francese è uscito a maggio nel 2012 con la casa editrice Christian Burgois, la traduzione di Lise Chapuis e il titolo LE MYSTERE DE ROCCAPENDENTE


Il titolo francese, Il mistero di Roccapendente, punta invece più sul luogo in cui è ambientato il romanzo e cambia anche la copertina, inserendo l'immagine di un maggiordomo (che in questo caso è vittima e non assassino). 

L'uscita spagnola è invece piuttosto recente, a giugno di quest'anno, per la casa editrice Ediciones Destino e la traduzione di Juan Carlos Gentile Vitale, con il titolo EL CASO DEL MAYORDOMO ASESINADO 


Il titolo anche in questo caso cambia (la traduzione letterale sarebbe "Il caso del maggiordomo assassinato") però l'edizione spagnola mantiene la similitudine con la copertina italiana.

Quattro titoli diversi quindi per un solo libro...e  nessuna delle tre traduzioni che si avvicini anche solo lontanamente all'originale. Tra tutte, quella che mi piace meno, sia per titolo sia per copertina, è la versione tedesca, anche se forse è l'unica a non svelare proprio nulla della trama del romanzo (cosa che non fa nemmeno il titolo originale). Il titolo spagnolo e quello francese sono invece un po' più esplicativi...

Che ne pensate?

martedì 9 luglio 2013

UNA COSA PICCOLA CHE STA PER ESPLODERE - Paolo Cognetti

Giusto l'altro giorno, nella recensione di Episodi incendiari assortiti di David Means, vi ho detto che è un periodo che leggo parecchie raccolte di racconti. A questa considerazione ne devo aggiungere necessariamente un'altra, di cui ho preso consapevolezza da poco: il fatto che ultimamente leggo molti, moltissimi autori italiani. 
Ne ho diversi sul comodino (libri, non autori appollaiati), altri in arrivo e se mi venisse chiesto in questo momento un libro che vorrei assolutamente leggere, tutti quelli che mi vengono in mente sono di autori italiani. E' come se avessi scoperto all'improvviso che la letteratura italiana è più forte e viva che mai e che non sempre serve andare all'estero per cercare letture di qualità.

Paolo Cognetti per me è forse uno dei massimi esempi della vitalità della nostra letteratura contemporanea nazionale. Leggi un suo libro e ti sembra che una promessa sia stata mantenuta. Sfogli le pagine dei suoi racconti e ti ritrovi in qualche modo rapita e intrappolata tra le sue parole. Mi ero già accorta di questo suo potere con Sofia si veste sempre di nero: un libro bello, fatto di tanti racconti che creano la storia di Sofia, una ragazza controversa, alternativa, schiva. Uno dei migliori personaggi usciti da una penna italiana negli ultimi anni. Puoi amarla oppure odiarla, ma non puoi non renderti conto che sia un grande personaggio.
Ho avuto la conferma della bravura di Cognetti con questa raccolta, Una cosa piccola che sta per esplodere, che in realtà è precedente all'opera che lo ha fatto conoscere di più.

Cinque racconti che Paolo Cognetti ha scritto nel 2007 e che lasciano già intendere quello che questo autore diventerà. I protagonisti sono tutti giovani, dei bambini che crescono, anagraficamente o mentalmente, nelle pagine dei racconti a loro dedicati.

In apertura alla raccolta c'è la storia di una ragazza anoressica che trascorre l'estate in un istituto di cura di cui conosce tutti i meccanismi e da cui è convinta che non uscirà mai guarita. La seguono le avventure di un giorno di due sedicenni, due vecchi amici d'infanzia che crescendo si sono un po' persi, sono un po' cambiati e non si riconosco più. C'è poi una bambina che viene abbandonata dal padre e che scrive continuamente storie per cercare di giustificare la sua fuga e  un bambino che va con la madre in campeggio, per allontanarsi da un marito che non sa decidere tra la famiglia e la giovane amante, finché non sarà un temporale a decidere per loro. E si conclude con due amiche, Anita e Tania, e dalla loro amicizia che profuma d'amore in un periodo di ribellione e di novità per tutta l'Italia.
Cinque racconti che descrivono cinque realtà, apparentemente diverse tra loro ma accomunate dalla giovane età dei protagonisti e dal loro senso di incomprensione, di non farcela più, di stare per esplodere in un mondo che non sempre riescono a capire.

Sicuramente questi racconti sono un po' più acerbi rispetto a quelli che compongono Sofia si veste sempre di nero. Eppure la bravura narrativa di Cognetti è evidente fin dalle prime pagine, in ogni singola descrizione, in ogni trama che crea e che gestisce in maniera magistrale, sia che i protagonisti siano maschili sia che siano femminili. E non è facile essere così convincenti nel caratterizzare personaggi così diversi. 

Paolo Cognetti riesce a convogliare in sé la mia neonata passione per i racconti (nata come vi avevo già detto da Carver, di cui Cognetti stesso è un grande estimatore) e quella altrettanto recente per la letteratura italiana.
Vi consiglio quindi caldamente di leggere qualcosa di questo autore e di andare a sentire, se ne avete la possibilità, una sua presentazione... rimarrete affascinati!

Titolo: Una cosa piccola che sta per esplodere
Autore: Paolo Cognetti
Pagine: 140
Anno di pubblicazione: 2007 - 2013
Editore: minimumfax
ISBN: 978 887521504
Prezzo di copertina: 9,00€
Acquista su Amazon:

lunedì 8 luglio 2013

ROSA CANDIDA - Audur Ava Olafsdóttir

A voi capita mai di essere perseguitati da un libro? Un libro che magari fino a un attimo prima nemmeno conoscevate e che poi invece di colpo vi spunta da tutte le parti: vedi la copertina sullo scaffale di ogni libreria in cui entri, trovi recensioni e persone che ne parlano ovunque e l'autore spunta persino sul giornale. 

A me è successo con Rosa Candida. Un libro che ho acquistato a scatola chiusa, dietro consiglio di un amico a cui ho chiesto consiglio su un libro da acquistare. Dal momento in cui l'ho ordinato, questo romanzo ha iniziato a seguirmi un po' ovunque. In offerta in ebook due giorni dopo (legge di Murphy: se tu compri qualcosa un giorno, il giorno dopo sarà in offerta), recensione su un blog che seguo molto dopo quattro o cinque giorni (Le mele del silenzio), per arrivare alla notizia dell'uscita del nuovo romanzo (La donna è un'isola) di questa autrice islandese. Insomma, ho avuto come l'impressione che dovessi leggerlo il prima possibile, sebbene la mia idea in principio fosse quella di lasciarlo lì ancora un po'.
Ma bisogna sempre ascoltare i segni che i romanzi ci mandano, perché sono loro a dirci quando dobbiamo leggerli.

Rosa candida è un gioiellino. Di quelli piccoli ma brillanti, che la maggior parte delle volte valgono più di quelli più grandi ed evidenti. E' un libro che a prima vista potrebbe passare inosservato, ma che ti fa innamorare perdutamente di lui una volta che ce l'hai tra le mani.
E' una storia semplice, dolce, un po' triste ma anche positiva, che ha come protagonista Lobbi, un ragazzo di ventidue anni, con un padre molto apprensivo, un fratello gemello con dei problemi mentali, che ha da poco perso la madre in un incidente d'auto. Lobbi aveva con la donna un rapporto molto stretto, intenso, grazie alla passione comune per le piante. Ed è proprio in uno dei vivai che erano della madre che il ragazzo, in un quinto di notte d'amore con Anna, una ragazza quasi sconosciuta, concepisce sua figlia.
Per Lobbi tutto questo è troppo da sopportare: la morte della madre, lo smarrimento del padre e le sue aspettative, il fratello da accudire e ora anche una bambina. E quindi molla tutto e se ne va. Prende un aereo e si trasferisce sul continente per andare ad accudire il giardino di un convento, portando con sé alcune piantine di una particolare varietà di rose, quella che solo sua madre sapeva produrre. Un viaggio per fuggire da se stesso, ma anche per ritrovarsi. Finché madre e bambina non lo raggiungeranno e la sua vita cambierà per sempre.

E' un libro che conquista, soprattutto per la sua semplicità e il suo candore, che però racchiudono qualcosa di molto profondo. Lobbi è un normale ventiduenne posto di fronte a problemi più grossi di lui che non sa bene come affrontare. La morte della madre, quel che resta della famiglia e quella nuova vita a cui senza volerlo ha dato origine lo portano a riflettere, a porsi domande difficili sulla morte e sulla vita, che lo portano a poco a poco, anche grazie ai personaggi attorno a lui, a crearsi una nuova consapevolezza. Non si può biasimare la sua fuga e molte volte, durante la lettura, verrebbe quasi voglia di entrare nel libro per abbracciarlo, dirgli che andrà tutto bene, che ce la farà. Proprio come le sue rose e il giardino di cui si prenderà cura, che tornerà in vita.

A lettura conclusa capisco l'entusiasmo di tutti quelli che mi hanno detto di averlo letto. Un libro che fa commuovere, in un passaggio da lacrime di dolore a lacrime di gioia. Una favola, che scalda il cuore ed espande nell'aria il suo profumo. 
Assolutamente da leggere.

Nota alla traduzione: credo sia il primo libro islandese che leggo in vita mia e non riesco nemmeno a immaginare quali possano essere le problematiche traduttive di questa lingua. All'interno del testo si trova qualche nota qua e là, indispensabile per chiarire certe espressioni che altrimenti non si sarebbero colte, ma queste non disturbano assolutamente la lettura. Direi comunque che la traduzione è ben fatta!

Titolo: Rosa candida
Autore: Audur Ava Olafsdóttir
Traduttore: Stefano Rosatti
Pagine: 216
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Einaudi ET
ISBN: 9788806216238
Prezzo di copertina: 11,50 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Rosa candida

venerdì 5 luglio 2013

AGATHA RAISIN E LA QUICHE LETALE - M. C. Beaton

Credo che la vita della maggior parte dei lettori sia scandita da periodi. C'è il periodo dei romanzi rosa, il periodo dei thriller, il periodo dei romanzi impegnati e il periodo dei gialli. Fasi la cui durata cambia da persona a persona, così come cambia il segno che i romanzi letti in quel periodo lasciano.
La mia fase "gialla" (manco fossi Picasso...) ha avuto un picco di sei mesi circa, quando avevo sui tredici quattordici anni. Cercavo qualcosa da leggere nella libreria di casa e ho trovato Dieci piccoli indiani, della grande Agatha Christie. Un giallo meraviglioso, spiazzante, che ogni tanto rileggo ancora pur sapendo benissimo come andrà a finire. Da lì poi ho letto tutto quello che mi capitava tra le mani di questa autrice, con qualche incursione anche in Conand Doyle. 
Poi, dopo una bellissima indigestione la fase gialla è passata e adesso mi capita raramente di leggere romanzi di questo tipo. Forse anche perché non ho mai trovato nulla che si avvicinasse anche solo lontanamente ai fantastici personaggi e alle trame perfette di Agatha Christie. C'è Fred Vargas con il suo commissario Adamsberg, che riesce comunque a farmi emozionare e a tenermi attaccata alla sue pagine. C'è Simenon, di cui però non ho letto moltissimo. Ma nessuno per me è come Agatha Christie.

E poi arriva questa M. C. Beaton, pseudonimo dietro qui si cela la scrittrice Marion Chesney, che porta i gialli di Agatha Christie ai giorni nostri, rendendole un omaggio davvero ben riuscito, e mi fa tornare all'improvviso la voglia di immergermi nella letteratura gialla.

Agatha Raisin è una donna londinese di poco più di cinquant'anni che decide, una volta in pensione dal suo lavoro nelle pubbliche relazioni, di trasferirsi in un paesino di campagna, Carsely,  in cerca di pace e tranquillità. Un paesino di campagna che la accoglie con fredda gentilezza, senza mai andare oltre un cortese buongiorno e un accenno al tempo. Agatha fatica ad ambientarsi e ad entrare a far parte della vita del paese. In un estremo tentativo decide quindi di partecipare alla tradizionale gara annuale di quiche, sicura della sua vittoria. Ma qualcosa va storto e la torta di Agatha non solo non vince ma uccide anche il giudice. La donna all'inizio viene accusata dell'omicidio, che però poi viene liquidato come un semplice incidente e tutto sembra tornare alla normalità. Ma Agatha non ci sta, qualcosa non le torna, e decide, a suo rischio e pericolo, di ficcanas... di indagare nella vita del paese, molto meno tranquilla di quello che a prima vista potrebbe sembrare, per scoprire la verità.

E' un giallo vero. Con l'omicidio, le indagini, i momenti buffi ma anche quelli drammatici, che dà uno spaccato perfetto della vita di paese nelle campagne inglesi. E Agatha Raisin è una donna fenomenale: brusca, burbera,  dai modi non sempre gentili e, per me, davvero adorabile. Sembra quasi un mix tra la dolce Miss Marple e il burbero ma alla fine gentile Poirot. Così come sono fenomenali tutti gli altri personaggi che le fanno da contorno: l'effeminato collega Roy, il poliziotto che indaga in parallelo con le indagini, la vicina di casa spiona e tutti gli altri abitanti di Carsely (nani da giardino compresi).

Non è un capolavoro della letteratura, intendiamoci. Ma è una lettura di intrattenimento piacevole, intelligente e molto ironica che, sono sicura, anche Agatha Christie avrebbe approvato. Non fosse altro per l'amore nei suoi confronti che traspare da ogni pagina.

Leggetelo se ne avete l'occasione. Lo divorerete in poche ore e, una volta arrivati alla fine, vi accorgerete di sentire un po' la mancanza di questa donna e della campagna inglese in cui vive. E, come me, vi ritroverete a voler leggere tutti gli altri della serie.

Nota alla traduzione: la traduzione riesce a ricreare perfettamente il clima inglese, anche se qua e là c'è qualche frase e qualche espressione un pochino stonata. Ma nel complesso direi ben fatta!

Titolo: Agatha Raisin e la quiche letale
Autore: M.C. Beaton
Traduttore: M. Morpurgo
Pagine: 257
Anno di pubblicazione: 2011
Editore: Astoria
ISBN: 978-8896919057
Prezzo di copertina: 16 €
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