martedì 24 maggio 2011

NON AVEVO CAPITO NIENTE- Diego De Silva

Vincenzo Malinconico è un avvocato napoletano che finge di lavorare per riempire le sue giornate. Divide con altri finti-occupati come lui uno studio arredato con mobili Ikea, chiamati affettuosamente per nome, come fossero persone di famiglia. È stato appena lasciato dalla moglie, ma cerca con ogni mezzo di mantenere un legame con lei e i due figli adolescenti. Un giorno viene improvvisamente nominato difensore d'ufficio di un becchino di camorra detto "Mimmo 'o burzone" e, arrugginito com'è, deve ripassarsi il Bignami di diritto. Ma ce la fa, e questo è solo il primo dei piccoli miracoli che gli capitano. Il secondo si chiama Alessandra: la pm più bella del tribunale, che si innamora di lui e prende a riempirgli la vita e il frigorifero. E intanto Vincenzo riflette sull'amore, la vita, la delinquenza, la musica: su tutto quello che attraversa la sua esistenza e la sua memoria, di deriva in deriva.

Sono qui davanti allo schermo del pc da una decina di minuti cercando disperatamente di scrivere un commento che renda il giusto merito a questo strepitoso romanzo. E non ci riesco. Mi verrebbe quasi da dire "stavolta non ve lo recensisco, leggetelo e basta, fidatevi di me" (ma forse sarebbe un po' presuntuoso da parte mia). Diego De Silva in questo romanzo riesce a descrivere uno spaccato incredibile della società italiana: parla di avvocati e parla di camorra, parla di uomini divorziati che vivono da soli in case arredate completamente con mobili Ikea, parla di figli adolescenti che stanno cercando di scoprire sè stessi, parla di sesso e parla di amore, parla della nostra società in generale, delle persone comuni che di colpo si rendono conto di non stare capendo più niente e di lasciarsi semplicemente trascinare dagli eventi. E lo fa con uno stile e un linguaggio semplicemente geniali: ironia dall'inizio alla fine, anche quando di ironico non ci sarebbe niente. Ma alla fine anche le scene più tragiche hanno necessariamente un aspetto buffo.
E fenomenali sono anche i personaggi, a partire dal protagonista e, soprattutto, dalla sua fantastica bodyguard camorrista (descritti così sono quasi simpatici), così come tutti i personaggi di contorno, che con loro interagiscono.
Un romanzo che si divora, che ti fa sorridere (tanto) e che ti fa riflettere (ancora di più) e che riesce a ritrarre al meglio la nostra società. Perché alla fine, nessuno di noi ha mai veramente capito niente...

LEGGETELO!

Decidi con chi vuoi stare, cazzo. Decidila tu una cosa: agisci, invece di aiutare gli altri a prendere decisioni che non ti riguardano, fra l'altro. Ti rendi conto di che mestiere assurdo fai?Eh? Voltati da questa parte, idiota: ce l'hai già qualcuno che sa farti felice, che vuole solo che resti. E resta, santo Dio, tanto che ti costa restare?

Mi debilitano, i faccia a faccia con me stesso. Specie quando ha ragione quell'altro.

E vaffanculo.
E' questa la parola che viene istintiva quando ti capita di sentirti inaspettatamente felice, tutt'a un tratto.

Il problema è che spesso la gente non ha le emozioni chiare. Altro che le idee.

E' tipico dell'amore rendere inesistenti le persone amate e obbligare le persone che le amano a dimostrare continuamente che esistono. Perché quando uno si innamora non è mica tanto convinto che quello che gli sta succedendo sia vero.

giovedì 19 maggio 2011

LA SETTIMA ONDA- Daniel Glattauer

Emmi e Leo: per chi ancora non li conosce, sono i protagonisti di un amore virtuale appassionante, che ha vissuto ogni sorta di emozione, a parte quella dell'incontro vero. Sì, perché dopo quasi due anni, Leo ha deciso di tagliare definitivamente i ponti con Emmi e partire per Boston, per ricominciare una nuova vita. Emmi non si dà però per vinta, e riesce nell'impresa di riallacciare i rapporti con Leo. Mentre lei è ancora felicemente sposata con Bernhard, per Leo in nove mesi le cose sono cambiate, eccome: in America ha conosciuto Pamela e finalmente ha iniziato la storia d'amore che ha sempre sognato. Si sa, però, l'apparenza inganna. Ritornano le schermaglie via e-mail che hanno tenuto col fiato sospeso i lettori di "Le ho mai raccontato del vento del Nord", e anche stavolta promettono scintille.

Questo è uno di quei romanzi che leggi con la consapevolezza che sarà una delusione, ma che comunque non puoi fare a meno di leggere, talmente appassionante era stato il primo libro "Le Ho Mai Parlato del Vento del Nord". L'ho comprato (me l'han regalato) e l'ho letto, perché sì, volevo sapere come poteva continuare tra Emmi e Leo. Anche se devo ammettere che il finale del primo romanzo per me era stato più che sufficiente, nonché forse l'unico possibile.
Perché qui l'autore si è fatto prendere un po' troppo la mano, rendendo tutto talmente prevedibile e scontato da rendere il lieto fine (scusate lo spoiler, ma ve lo potete immaginare anche da voi) quasi fastidioso. Perché alla fine, dopo 3 anni di relazione epistolare, interrotta tante volte, con scambi di mail allegre, intrigranti, dolci, appassionate, arrabbiate, fastidiose, i nostri due eroi coronano il loro sogno d'amore (e lo scambio di mail delle pagine finali è semplicemente vomitevole, perfino per una romanticona come me). Insomma, un libro scritto per soddisfare quei lettori che volevano a tutti i costi il lieto fine ma che, sono abbastanza sicura, avrà lasciato insoddisfatti tutti gli altri.
Non voglio però stroncare del tutto il romanzo e il suo autore, che ancora una volta è riuscito a farmi stare attaccata a queste pagine in ogni secondo, ad attendere con impazienza di leggere la prossima mail e a sperare che succeda qualcosa di diverso dal prevedibile.
Il primo va letto sicuramente. Questo vedete un po' voi: se volete il lieto fine a tutti i costi, allora leggeteli uno in fila all'altro, senza interruzione. Se del lieto fine non ve ne frega nulla, fermatevi alla fine de "Le Ho Mai Parlato del Vento del Nord" (che ha anche molte più frasi degne di essere ricordate).

Nota alla traduzione: Leo scrive in un modo un po' troppo ricercato e non riesco bene a capire se sia voluto dall'autore oppure no... Per il resto, niente da recriminare!

mercoledì 18 maggio 2011

SABER PERDER (Saper perdere)- David Trueba

Sylvia, diciassette anni appena compiuti, viene investita nel pieno della notte dalla Porsche di un calciatore argentino ventenne del quale finirà per innamorarsi. Lorenzo, il padre di Sylvia, abbandonato dalla moglie, disoccupato, tenta di ricostruirsi una vita assassinando il suo vecchio socio d'affari. Leandro, padre di Lorenzo e nonno di Sylvia, uomo mediocre e pianista mancato, ora pensionato (la moglie Aurora è in ospedale in punto di morte), si gioca pensione e reputazione frequentando un bordello di periferia.Tre protagonisti, una sola famiglia, una sola città. Madrid. Tre vite, tre biografie, tre prospettive.

Chi come me ha adorato i primi due romanzi di David Trueba, Quattro Amici e Aperto Tutta la Notte, prende in mano questo suo terzo romanzo carico di un sacco di aspettative. Riuscirà Trueba a fornirci di nuovo scomode verità nel modo più cinico e comico possibile? Riuscirà di nuovo a farci appassionare ai personaggi e a conquistarci con il suo stile diretto e sarcastico? No. Non ci riesce.
Detta così però potrebbe sembrare una critica alquanto negativa. Cosa che però non è. Questo libro è bellissimo, pur essendo completamente diverso dai precedenti. Ci troviamo di fronte a un Trueba più maturo, che abbandona un po' il suo stile irriverente per raccontarci le vicende di una famiglia di Madrid. Tre vite che si intrecciano continuamente senza che nessuno sappia in realtà nulla dell'altro. Leandro, il nonno, che si ritrova a dover affrontare la malattia della moglie e a fare i conti con un passato deludente e che lo fa nel modo peggiore possibile. Lorenzo, il padre, anche lui con un passato scomodo da superare e un delitto da nascondere, che a poco a poco, dove meno se l'aspetta, cerca di riprendere in mano la sua vita. E poi c'è Sylvia, la figlia-nipote, una diciassettenne che riesce incredibilmente a realizzare uno dei sogni di tutte le adolescenti del mondo: mettersi con un calciatore.
Un romanzo molto bello, di tre vite che devono imparare in fretta a saper perdere e ad affrontare tutto ciò che viene messo loro davanti.
Stenta un pochino a decollare all'inizio, ma forse perché l'ho letto in lingua originale dopo parecchio tempo che non leggevo un libro in spagnolo.
Merita proprio.

"Tienes gana de estar sola, de caminar sola. Siente una especie di dolor en el pecho, intenso pero placentero. Es como si hubiera una herida, pero una herida leve, una marca en la piel que quieres acariciar, reconocer, disfrutar por todo lo que significa para ti. Ahora que aún está, porque es posible que, pronto, desaparezca"

mercoledì 4 maggio 2011

TRIOLOGIA DELLA CITTA' DI K. - Agota Kristof

Quando "Il grande quaderno" apparve in Francia a metà degli anni Ottanta, fu una sorpresa. La sconosciuta autrice ungherese rivela un temperamento raro in Occidente: duro, capace di guardare alle tragedie con quieta disperazione. In un Paese occupato dalle armate straniere, due gemelli, Lucas e Klaus, scelgono due destini diversi: Lucas resta in patria, Klaus fugge nel mondo cosiddetto libero. E quando si ritroveranno, dovranno affrontare un Paese di macerie morali. Storia di formazione, la "Trilogia della città di K" ritrae un'epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.


Una raccolta di tre romanzi incredibili. Non so nemmeno cosa scrivere per riuscire a rendere al meglio la bellezza di questa raccolta. Uno stile crudo, diretto, un pugno nello stomaco che a volte ti sconvolge, ti fa riflettere e soprattutto ti incolla alle pagine. E' difficile smettere di leggere questo libro (e ho delle occhiaie in questi giorni che lo dimostrano). Il primo romanzo, "Il Grande Quaderno", presenta due bambini, Claus e Lucas, due gemelli che vengono affidati alla nonna durante la guerra e con lei imparano quanto è duro e difficile stare al mondo e come fare a sopravvivere. Capitoli brevi e incisivi, violenti quasi, che rendono bene l'idea della vita di questi due bambini.
Il secondo, forse quello che ho preferito, è "La prova". I due fratelli sono separati ora e noi seguiamo le vicende di Lucas, rimasto nella sua città natale, costretto a imparare a vivere da solo e a staccarsi dal fratello. In questa parte lo stile è più romanzanto e l'autore riesce a insinuare nel lettore i primi dubbi su quel che sta leggendo.
La triologia si chiude con "La Terza Menzogna", dei tre quello che mi ha entusiasmato meno, troppo delirante a tratti e difficile a volte da seguire.

Bellissimo comunque. Consiglio caldamente a tutti di leggerlo. Vi basterà leggere le prime dieci pagine per non riuscire più a fermarvi. Così poi magari, dopo che lo avete letto, discutiamo un attimo tutti insieme del finale. Perché, devo ammetterlo, io non ho mica capito...

Nota alla traduzione: tre traduttori diversi per i tre romanzi. Ma tutto sommato l'opera risulta abbastanza omogenea. Non male direi.

A forza di ripeterle, le parole a poco a poco perdono il loro significato e il dolore che portano si attenua.

Sono convinto, Lucas, che ogni essere umano è nato per scrivere un libro, e per nient'altro. Un libro geniale o un libro medriocre, non importa, ma colui che non scriverà niente è un essere perduto, non ha fatto altro che passare sulla Terra senza lasciare traccia.

Dimenticherà. La vita è fatta così. Tutto si cancella col tempo. I ricordi si attenuano, il dolore diminuisce [...] Diminuire, attenuare, l'ho detto, sì, ma non svanire.

Ci si imbarca per qualsiasi posto , in quasiasi momento, con chi si vuole, se lo si vuole davvero.