giovedì 30 giugno 2016

LAST DAYS OF CALIFORNIA - Mary Miller

Me ne starò sempre in disparte, a preoccuparmi delle espressioni che fa la mia faccia, di cosa pensa la gente di me. A osservare le debolezze e i difetti degli altri, le cosce grosse, i denti storti e l’acne, la loro mancanza di sicurezza, le loro paure. Penserò sempre il peggio delle persone e questo mi impedirà di avvicinarmi a loro, perché non sono in grado di accettare me stessa.



Avere quattordici anni non è per niente semplice. Soprattutto se sei una ragazzina e assisti impotente agli strani e incontrollabili cambiamenti del tuo corpo. I brufoli, l’acne, il seno che a volte non cresce a volte cresce troppo,  il sentirsi sgraziati in ogni cosa che si fa. 
Ancor più difficile se hai una sorella di poco più grande di te, che la tua età l’ha già passata e non ha avuto nessuno dei tuoi problemi. Lei era bella e tu ti senti brutta. Lei era magra e tu non riesci a smettere di mangiare. Lei aveva (e ha ancora tanti amici) e tu invece non riesci a essere amica nemmeno con te stessa.
Certo, se poi fai parte di una famiglia estremamente religiosa che crede alla Seconda Venuta e al Paradiso, quanto detto sopra si complica ancora di più.

Immaginatevi allora la vita di Jess, una ragazzina quattordicenne un po’ grassottella, che un giorno viene caricata in auto dai genitori insieme alla sua bellissima sorella maggiore, Elise, per partire alle volte della California, per assistere in prima fila al Giorno del Giudizio.
Questa è la trama di Last Days of California di Mary Miller, pubblicato in Italia da edizioni Clichy nella collana Black Coffee e tradotto da Sara Reggiani.

Un viaggio on the road su un'auto sgangherata, tra motel fatiscenti, Starbuck’s , Burger King, Waffle House e volantini per convertire le persone, prima che sia troppo tardi. 
Jess non ha forse ben chiaro davvero lo scopo del viaggio. È partita perché i suoi le hanno detto di partire, così come è sempre andata in chiesa per quello e, soprattutto, ha sempre creduto perché le è stato detto di doverlo fare. Piano piano, con il passare dei chlometri e con questa vicinanza forzata, Jess prenderà coscienza di sé, delle debolezze dei suoi genitori e di tutto quello in cui hanno sempre creduto. Un viaggio verso la fine del mondo, che però le permetterà di fare i conti anche con se stessa e con quello che effettivamente vuole.
Voglio che Dio, se esiste davvero, resti dov’è, dov’è sempre stato. Sì, vorrei che la mia vita fosse diversa, migliore, ma voglio essere io la responsabile di questo cambiamento.

Last days of California è un libro di fini. Di fine del mondo, certo, ma soprattutto di fine di illusioni e di fine di innocenza.
Un libro che ti porta a spasso per gli Stati Uniti, tra la desolazione dei paesini sperduti in mezzo al nulla e il bagliore delle grandi città.

Quanta tenerezza che mi ha fatto Jess. Con le sue insicurezze, con la sua incapacità di accettarsi, con il suo quasi odiare la sorella maggiore per la sua perfezione ma al tempo stesso amarla e preoccuparsi per lei come solo una sorella può fare, con la sua difficoltà ad approcciarsi agli altri e a capire quanto vale. A tratti mi ha un po’ ricordato la Nomi di Un complicato atto d’amore di Miriam Toews. Per il discorso religioso (anche se nel libro della Toews la comunità era mennonita, e non aspettava alcuna fine del mondo), ma soprattutto per questa lotta interiore che la piccola protagonista deve vivere.

Mi è piaciuta molto la scrittura di Mary Miller, il suo modo di raccontare il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, il suo modo di farci stare lì, in auto con Jess e la sua famiglia, a chiederci cosa davvero ci riserverà questo viaggio.


Titolo: Last days of California
Autore: Mary Miller
Traduttore: Sara Reggiani
Pagine: 267
Editore: Edizioni Clichy
Prezzo di copertina: 15€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Last days of California

martedì 28 giugno 2016

LA FIGLIA SBAGLIATA - Raffaella Romagnolo

Se tra una passata e l’altra si fermasse a guardare in volto Pietro Polizzi, cosa che Ines fa di rado, si accorgerebbe dell’incipiente pallore e di una lieve impressione di secchezza della pelle, causata dal blocco del flusso sanguigno… Pietro aveva un bel fascino, pensa Ines. Ma di certo non era bello come il loro primogenito. Vittorio è molto più alto, e poi il taglio degli occhi, le ciglia, le spalle… Anni di nuoto gli hanno modellato il corpo. Avrebbe potuto diventare un campione dice… È sempre stato giudizioso, d’altronde, anche da bambino. Un amore di bambino… Bambini così ce n’è uno su un milione, pensa. È stata fortunata, molto fortunata. Due sarebbe chiedere troppo.



(Questa mia recensione è stata pubblicata su Ultima pagina il 21 giugno)


Un sabato sera qualunque in una casa di una coppia sposata da quarantatré anni. Lui seduto al tavolo, con la Settimana Enigmistica davanti, lei alle sue spalle a rassettare la cucina dopo la cena. Di sottofondo, la tv accesa su un noto programma di ballo. Una serata normalissima, di una coppia come ce ne sono tante. Se non fosse che l’uomo seduto al tavolo, Pietro Polizzi, proprio in quel momento sta morendo d’infarto, e la moglie, Ines Banchero, sembra non accorgersene, talmente presa dalle sue abitudini, dal qual risentimento che si porta dietro fin dal giorno in cui si è sposata e, soprattutto, talmente poco i due sono abituati a guardarsi in faccia. Lei gli parla e lui non le risponde. Lei si arrabbia e lui ancora niente. Finché capisce che è morto, e se ne va a dormire.

No, non si esaurisce così la trama di La figlia sbagliata, l’ultimo romanzo di Raffaella Romagnolo pubblicato da Frassinelli che ha da poco conquistato un posto tra i dodici finalisti del Premio Strega di quest’anno. Tutto questo succede solo nel primo, folgorante capitolo, che dà poi il via a tutta la storia, a tanti piccoli salti nel passato che fanno capire che questa coppia, all'apparenza così perfetta, così normale, in realtà non lo è mai stata.

Oltre a Ines e Pietro, la famiglia Polizzi-Banchero si compone anche di due figli: Vittorio, il primogenito, bravissimo, bellissimo, sempre obbediente, che non ha mai dato una preoccupazione a sua madre; e Riccarda, che invece per Ines è un po’ una pecora nera, che con i suoi capricci, la sua testardaggine, la sua incapacità di obbedirle, le ha sempre causato dei problemi. Inutile dire chi sia la figlia sbagliata del titolo. Ma siamo proprio sicuri che Vittorio sia felice? Che sia quel figlio bravissimo, bellissimo, obbediente, perfetto… che Ines crede che sia?

La figlia sbagliata ruota tutto intorno ai legami di questa famiglia, che il lettore scopre con i salti temporali che l’autrice fa da quella sera davanti alla tv in cui Pietro muore fino al passato, da sempre caratterizzato da quella contrapposizione che Ines ha creato tra Vittorio e Riccarda. Lui è perfetto, lei è ribelle. Lui la ascolta, lei fa sempre il contrario. Lui non se ne va in giro per il mondo inseguendo sogni impossibili, lei chissà cosa fa davvero per vivere. Lui, lui, lui… e lei invece no.

In questo libro, triste e tragico, Raffaella Romagnolo si interroga sulla complessità dei rapporti tra madri e figli,  concentrandosi soprattutto su quelli che sembrano belli ma invece sono quasi morbosi, anche se forse inconsapevolmente, e da cui sembra impossibile poter fuggire, e su quelli che all’apparenza sembrano brutti, ma sono solo una semplice e natura voglia di affermare se stessi, di inseguire i propri sogni e di diventare grandi.

Perché tutto finisce, Vittorio lo sa. La visita a casa dell’amica di mamma (Ines vuole che lui faccia amicizia con il figlio. Anche questa cosa, se l’è messa in testa), la porzione di nasello al vapore, il controllo dei compiti prima di cena (da cui dipende la presenza del dessert), e persino i tuffi dallo scoglio più alto. Il tempo che passa è suo amico. Il suo migliore amico.

I personaggi del libro sono tutti caratterizzati alla perfezione e riescono a trasmettere quel senso di tristezza, di infelicità, di delusione e disillusione che forse sono le uniche cose che davvero li unisce. Il marito Pietro usa il suo lavoro di camionista come via di fuga, lasciando la moglie e i figli con la scusa di una consegna lontana quando la situazione in casa diventa davvero insostenibile, anche se si rende presto conto che dai pensieri e dai tormenti è difficile fuggire. Li ama, tutti e tre, ma fatica a capire quale sia il suo posto, se accanto a quella donna così piena di carattere e di risentimenti verso il mondo, o accanto ai suoi figli, che a volte sembrano così indifesi. Vittorio e Riccarda, il figlio giusto e la figlia sbagliata, sono due fratelli che si vogliono un bene incredibile e che sanno perfettamente che cosa stanno vivendo l’uno e l’altra, che cosa li fa star male, con la differenza che uno non reagisce mentre l’altra cerca di farlo per tutti e due, senza successo.

E poi c’è Ines, che si fatica a non detestare per buona parte del libro (soprattutto se figli non se ne hanno ancora o se si è stati figli di madri così, amati o sbagliati… perché ce ne sono eccome), per via del suo risentimento nei confronti del marito, del suo egoismo, del suo eccessivo amore per Vittorio e per il suo quasi odio verso Riccarda, colpevole di cercare di seguire quella strada che lei da giovane non ha potuto seguire.. Man mano che si scopre la sua storia, però, si inizia a provare anche un po’ di pena per lei. Soprattutto quando si è nel presente, quando lascia il marito lì, seduto al tavolo nonostante sia morto, e svela a poco a poco ciò che negli anni ha dovuto affrontare, le cose che per convenzione o per necessità ha dovuto mettere da parte e che hanno inevitabilmente condizionato il suo rapporto con gli altri: con il marito, colpevole di non essere abbastanza, con la figlia, colpevole di ricordarle ogni giorno quello che lei non ha avuto, e anche con Vittorio, verso cui ha riversato tutto la sua energia.

La figlia sbagliata di Raffaella Romagnolo è un libro difficile da leggere ma che fa riflettere, perché analizza a fondo, senza alcuna remora o pudore, quei legami che uniscono, e a volte vincolano e schiacciano, genitori e figli. Legami che anche nelle famiglie felici a volte sono complicati, ma che in quelle infelici possono davvero rovinare la vita di chi li subisce e non è in grado di reagire. Quello che ne viene fuori alla fine è un ritratto triste, doloroso, tragico, ma anche potente e indimenticabile, di una famiglia che così rara poi non è.


Titolo: La figlia sbagliata
Autore: Raffaella Romagnolo
Pagine: 170
Anno: 2015
Editore: Frassinelli
Prezzo: 15€
Acquista su Amazon:
formato brossura:La figlia sbagliata
formato ebook: La figlia sbagliata

lunedì 27 giugno 2016

PANZEROTTA E CROCCHETTO - Ana Oncina



Non conoscevo il fumetto Panzerotta e Crocchetto della disegnatrice spagnola Ana Oncina, fino a che Bao publishing non ha annunciato che lo avrebbe pubblicato. 
Ho visto l’immagine della copertina originale, ho visto questi due buffi protagonisti, Croqueta y Empanadilla, sono andata a informarmi di che cosa trattasse ed è stato amore.
Avrei potuto comprare i fumetti direttamente in lingua originale, ma ero talmente sicura della loro coccolosità e della loro dolcezza che volevo potesse leggerli poi anche il mio compagno.

Ho ordinato il fumetto prima che uscisse e poi, appena avutolo tra le mie mani, mi sono lanciata a leggere le avventure quotidiane di questa buffa coppia di innamorati. 

Lei è una panzerotta, lui una crocchetta di patate, e si vogliono un bene incredibile. Sì, anche se lei ogni tanto di notte gli dà un morso, perché le crocchette di patate sono il suo piatto preferito, e anche se lui è disordinato e spesso un po’ logorroico. Anche se lei è un po’ troppo soffice e lui a volte un po’ pedante; lei un po' lagnosetta e lui un po' troppo ottimista. A completare il quadretto famigliare, già di per sé molto adorabile, arrivano poi un buffo gatto e un buffo carlino.

In queste tavole, Ana Oncina racconta la quotidianità delle coppie, quella fatta di piccole cose, di piccoli gesti e di abitudini che fanno grande un amore. E lo fa scegliendo una coppia un po’ particolare, diversa tra loro e dagli altri, che riesce a insegnare che l’amore è amore in qualunque forma si manifesti.

Devo ammettere che quando ho chiuso il libro, dopo meno di due ore da quando avevo iniziato a leggerlo, la prima definizione che mi è venuta in mente è stata “un’adorabile e dolcissima fregatura”. Perché il volume si legge davvero troppo in fretta e si arriva alla fine un pochino delusi, non tanto da quello che si è letto fino a quel momento, ma per il fatto che non ce ne sia di più, che finisca davvero così presto.

(Questa è una delle mie tavole preferite in assoluto)

In ogni caso, tutte le aspettative che avevo fin da quando ho scoperto dell'uscita di Panzerotta e Crocchetto sono state rispettate e, in alcuni casi, anche superate (ma quanto sono teneri quando leggono insieme nel letto, quanto?). Perché Panzerotta e Crocchetto siamo proprio tutti noi, con le nostre abitudini, con il nostro carattere, con quei piccoli gesti che a uno sconosciuto non confesseremmo mai ma che con la persona che si ama accanto fanno casa, fanno famiglia.
E ora spero davvero che il secondo volume esca in fretta!


Titolo: Panzerotta e crocchetto
Autore: Ana Oncina
Traduttore: Francesca Della Rocca
Pagine: 128
Anno di pubblicazione: 2016
Editore: Bao publishing
Prezzo di copertina: 15,00 €
Acquista su Amazon
formato brossura:Panzerotta e Crocchetto
formato e-book: Panzerotta e Crocchetto

giovedì 23 giugno 2016

TUMBAS. Tombe di poeti e pensatori - Cees Nooteboom

Perché si va sulla tomba di una persona che non si è mai conosciuta? Perché ci dice ancora qualcosa, perché dice qualcosa a te, qualcosa che ti risuona ancora nelle orecchie, che ti è rimasta in testa e probabilmente non potrai mai dimenticare, qualcosa che conosci a memoria e che di tanto in tanto, a bassa o ad alta voce, ripeti. Con una persona di cui si ricordano le parole si ha una relazione di qualche tipo.

Io sono una di quelle persone che quando è in gita da qualche parte se ci sono cimiteri in cui sono sepolti scrittori e scrittrici, o persone in qualche modo conosciute, va sempre a visitarli.
Non credo sia una forma di turismo macabro, o almeno io non l’ho mai percepita così. La vivo più come un omaggio che faccio a qualcuno che, seppur solo su carta o in qualche altra forma artistica, ha fatto o fa parte della mia vita. (Certo, questo a volte mi ha portato anche a fare figure non proprio eleganti, come quando a Londra sono uscita da Westminster dicendo “Oddio, ho camminato su Dickens”… ma ero davvero emozionata).

Quando ho scoperto dell’esistenza di Tumbas, tombe di poeti e pensatori di Cees Nooteboom, pubblicato in Italia da Iperborea con la traduzione di Fulvio Ferrari, mi sono subito sentita un po’ meno sola e ho deciso che, prima o poi, avrei dovuto leggerlo.
In questo libro, corredato dalle foto di Simone Sassen, Cees Noteboom raccoglie tutte le tombe di scrittori e scrittrici, ma anche altri tipi di personaggi del mondo dell’arte e della cultura, che ha visitato nel corso di trent’anni di viaggi in giro per il mondo. Di fronte a ognuna di essere, l’autore ha ricordato o un testo dell’autore, o un aneddoto vissuto insieme (ovviamente solo nel caso di quelli che ha conosciuto) o del momento della scoperta della tomba, o, in alcuni casi, citazioni di altri.

L’idea generale del libro, ovviamente, mi è piaciuta molto. Da amante dei libri e della letteratura, ho trovato questo pellegrinaggio molto bello e molto poetico, un grande omaggio di uno scrittore a chi lo ha formato. 
Una volta iniziato a leggere il libro, però, devo ammettere che il sentimento predominante è stato quello della noia. Forse ho sbagliato io, che avrei dovuto inframmezzarlo alla lettura di un romanzo vero e proprio, usandolo quasi come testo di consultazione, da leggere qualche pagina per volta. Però non posso fare a meno di pensare che si tratti di una grandissima idea, di un grandissimo progetto che poi messo su carta, in questa forma, perde un po’. Mi sarebbe piaciuto leggere delle emozioni provate da Noteboom di fronte alle tombe, o del momento in cui nella sua vita ha conosciuto questi autori. Le citazioni mi sono sembrate solo un modo per riempire lo spazio, soprattutto nel caso dei personaggi meno famosi di cui forse avrebbe potuto raccontare di più.

Sicuramente Tumbas tombe di poeti e pensatori racconta di un viaggio affascinante, che per Cees Noteboom deve essere stato grandioso.
Forse però è una di quelle esperienze (e ce ne sono tante!) che in un libro non si possono racchiudere, e hanno senso solo se si vivono.

Titolo: TUMBAS. Tombe di poeti e pensatori
Autore: Cees Nooteboom
Traduttore: Fulvio Ferrari
Pagine: 380
Editore: Iperborea
Prezzo di copertina: 20,00€
Acquista su Amazon:

lunedì 20 giugno 2016

UNA VALIGIA DI LIBRI - resoconto di un viaggio in Africa e Oceania

Sabato scorso, il 17 giugno, si è tenuto l'ultimo appuntamento di Una valigia di libri, il ciclo di incontri organizzato da me e Il giro del mondo attraverso i libri nell'arancionissima e bellissima Libreria Sulla Parola di Stefania, a Caluso.


Questo ultimo viaggio ci ha portato a scoprire libri e autori dell'Africa e dell'Oceania, due continenti che, devo ammettere, a livello letterario conoscevo molto poco. Ma i consigli arrivati come sempre sono tantissimi e ora ho solo l'imbarazzo della scelta.
Ecco qui l'elenco dei libri presentati (come sempre, per quelli che sono stati recensiti su qualche blog, troverete il link alla recensione):

LETTERATURA DELL'AFRICA

La mia Africa - Karen Blixen (Feltrinelli)

CONGO, REPUBBLICA DEL
African pyscho - Alani Maba (66than2nd)

GIBUTI
Gli Stati Uniti d'Africa - A.  Abdourahman Waberi (Morellini editore)

KENYA
La Masai bianca - Corinne Hofmann (SuperBur)
La notte dei leoni - Kyki Gallman (Mondadori)
Un matrimonio benedetto - Ngugi wa Thiong'o (Quarup)

MAROCCO
La terrazza proibita - Fatima Mernissi - (Giunti)
Partire - Tahar Ben Jelloun (Bompiani)

MAURITANIA
Appartenersi - Karim Miské (Fazi)

NAMIBIA
Tippi. La mia vita in Africa - Tippo Degre (WhiteStar)

NIGERIA
I pescatori - Chigozie Obioma  (Bompiani)
Metà di un sole giallo - Chimamanda Ngozi Adichie (Einaudi)
Americanah - Chimamanda Ngozi Adichie (Einaudi)
Il prezzo di Dio - Okey Ndibe (Clichy)

SIERRA LEONE
Memorie di un soldato bambino - Ismael Beah (Neri Pozza)

SUDAFRICA
Amori, crimini e una torta al cioccolato - Sally Andrew (Guanda)
Lungo cammino verso la libertà - Nelson Mandela (Feltrinelli)
Vergogna - J.M Coetzee (Einaudi)

UGANDA
Nero dolce. Storie d'Africa - Maresa Perenchio (Ass. Primalpe Costanzo Martini)


LETTERATURA DELL'OCEANIA

AUSTRALIA
Zia Sass - Pamela Traves  (Sellerio)
Mary Poppins - Pamela Traves (Rizzoli)
La ballata di Ned Kelly - Peter Carey - La ballata di Ned Kelly (Frassinelli)
Oscar e Lucinda  - Peter Carey  (Frassinelli)
La pietra di paragone - Paul Horsfall (Fazi)
Eucaliptus - Murray Bail (Mondadori)
Le Sette Prove - Matthew Reilly (Nord)
Gallipoli - Peter Fitzsimons (Random House Books)
Batavia  -Peter Fitzsimons (Random House Books)
E venne chiamata due cuori - Marlo Morgan - (BUR)
Orme - Robyn Davidson  (Feltrinelli)
In un paese bruciato dal sole - Bill Bryson (TEA)
La mia Australia - Sally Morgan  (Bompiani)
La vita sommersa di Gould- Richard Flanagan  (Bompiani)
La luce sugli oceani - M. L. Stedman  (Garzanti)
Shantaram- Gregory David Roberts  (Neri Pozza)

NUOVA ZELANDA
Un angelo alla mia tavola - Janet Frame (Einaudi)
La balena e la bambina - Witi Ihimaera (Sperling & Kupfer)
I luminari - Eleanor Catton  (Fandango)


Come per tutti gli altri incontri, se volete, qui potete trovare la bellissima carta geografica creata da Claudia per poter localizzare al meglio l'origine dei libri di cui abbiamo parlato (e scoprire insieme a me dove si trova il Gibuti!)
© Claudia

Questa volta mi sono tenuta i ringraziamenti per la fine. Perché ai soliti ringraziamenti per il singolo incontro, si devono aggiungere quelli finali, per il termine di questo bellissimo viaggio che abbiamo fatto tutti insieme in questi mesi, a spasso per i cinque continenti senza mai muoverci da casa.

Per me, è stata un'esperienza incredibile fin dall'inizio. Trovarsi a organizzare le tappe, chiedere ospitalità a quella che ora è diventata la nostra libreria preferita che ci ha fatto sentire a casa fin dal primo momento. Pensare i libri di cui parlare e attendere con ansia ogni volta che passasse un mese per incontrarsi di nuovo.

Un grazie enorme va a tutti coloro che hanno partecipato, virtualmente mandandoci i loro consigli anche se a km di distanza da qui, e fisicamente, per il bellissimo gruppo che si è creato. Grazie per i libri, ma anche per le chiacchierate, le risate, i racconti e le digressioni che hanno reso questi incontri ancor più speciali.
E poi beh, grazie alle mie due bellissime compagne di viaggio, Claudia e Stefania, per tutto quanto.

Ora ci prendiamo qualche mese di pausa e poi, chi lo sa, magari quest'autunno potremmo partire di nuovo tutti insieme.

venerdì 17 giugno 2016

PIÙ PICCOLO È IL PAESE, PIÙ GRANDI SONO I PECCATI - Davide Bacchilega

Quando si pensa alla Romagna viene in mente gente simpatica che balla il liscio, ragazze ben disposte con la s appesantita e vitelloni abbronzati sulla spiaggia riminese. Ma ci sono anche inverni che non finiscono mai, e nebbie spesse da non vederci.



Per parlarvi di Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati di Davide Bacchilega, da poco pubblicato da Las Vegas edizioni, devo partire dalla fine. Non perché le pagine precedenti siano brutte, sia chiaro, ma perché era da un po’ che un romanzo giallo non mi fregava così. In senso buono, ovviamente, perché sono arrivata al momento cruciale e, una volta letto, ho esclamato “cavolo, non c’ero arrivata!” (ok, in realtà ho usato termini un pochino più coloriti). Poi, poco dopo, quando tutto è stato spiegato e tutto effettivamente funzione, c’è quel meraviglioso capitolo finale, che mi ha fatto commuovere (e non credo di essermi mai commossa con un romanzo così pieno di morti ammazzati). 
Credo che questo sia già sufficiente a farvi capire quanto questo romanzo mi abbia stupita e, soprattutto, mi sia piaciuto.

Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati racconta di una Romagna invernale, quella senza turisti, senza sole e senza stabilimenti balneari, in cui la nebbia ricopre ogni cosa e la noia e la solitudine riguardano un po' tutti. E in questo contesto che lavora Michele, giornalista di cronaca nera per un giornale locale, che cerca sempre e disperatamente lo scoop da prima pagina, arrivando quasi sempre per primo sulle scene dei crimini. Scoop che sembra arrivare, quando tre donne, Giorgia, Barbara e Didi, ricevono ciascuna una lettera minatoria che riporta alla luce il loro passato. Michele si ritrova così a indagare, seguendo le piste che il suo informatore nella polizia gli passa di nascosto, e, con l’aiuto del tenerissimo Mauro, che di mestiere fa il tanatoprattore, che esce sempre con l’ombrello perché "Si sa mai" e sogna di partecipare a Chi vuol essere milionario, arriva piano piano a scoprire tutta la verità, che dovrebbe finalmente riuscire a farlo arrivare di nuovo in prima pagina.

Raccontare la trama di un giallo non è mai semplice. C’è il rischio di svelare troppo della storia, di riportare dettagli che svelino qualcosa di importante e facciano un po’ perdere il gusto della lettura. In più, qui ci sono anche tantissimi personaggi e tantissimi intrecci, che però Davide Bacchilega riesce a incastrare alla perfezione, dando una voce diversa a ogni capitolo e collegando così tutti tra loro (un espediente che, una volta preso il ritmo nella lettura, ho trovato davvero ben riuscito e che un paio di volte mi ha fatto esclamare "Ma dai!").
Ho amato molto lo stile, la caratterizzazione dei personaggi (Arrigosacchi for president!), il legame che li ha uniti e che tiene unito tutto il romanzo, e, soprattutto, le descrizioni di questa Romagna, che è ben distante da quella chi la conosce solo d'estate ha in mente e che è estremamente reale.

Quella di Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati è stata una lettura sorprendente, di quelle che non riesci a mettere giù finché non arrivi alla fine da tanto ti prendono. E pazienza se mi ha fregata, con quel colpo di scena. Anzi, direi meglio così!
Consigliatissimo!

Titolo: Più piccolo è il paese, più grandi sono i peccati
Autore: Davide Bacchilega,
Pagine: 303
Editore: Las vegas edizioni
Acquista su Amazon:

martedì 14 giugno 2016

CREPUSCOLO - Kent Haruf

In ogni caso era importante che tutti ricordassero che un uomo può essere amato profondamente anche se ad amarlo non sono in molti



Caro Kent Haruf,
so che quello che sto facendo non ha alcun senso, perché, anche se tu volessi, purtroppo queste parole non potrai mai leggerle. Però mi capita quasi sempre, quando leggo libri bellissimi o che comunque hanno raggiunto punti dentro di me che non vengono scoperti così spesso, di non sapere come parlarne e di pensare che l’unica cosa che vorrei fare in quel momento è scrivere all'autore, parlargli, ringraziarlo, abbracciarlo. E quindi lo farò anche con te, anche se non sei più qui.

Non immagini neanche quanto io abbia amato la tua Trilogia della Pianura. Quanto abbia amato Holt e (quasi) tutti i suoi abitanti. Sono partita da Benedizione, che sì, tu hai scritto per ultimo ma che qui NN editore, il piccolo grande editore che ti ha riscoperto, ha pubblicato per primo. Sono partita da lì, dicevo, e ho pianto con Dad e per Dad, per la sua vita che stava per finire, per le persone che si lasciava alle spalle e per tutto il dolore e i rimpianti che stava provando. Sono poi passata a Canto della pianura, il primo vero volume della trilogia, e mi sono affezionata ai fratelli McPheron, come era da tanto che non mi affezionavo ai personaggi di un libro. Ho amato loro e la loro dolcezza, la loro goffaggine. Ma ho amato anche Victoria, che ha fatto irruzione nella loro vita stravolgendola completamente, e Tom, i suoi due figli, Maggie. Ancora una volta Holt, insomma. E ho pianto tanto, lo devo ammettere, ma un pianto bello, di quelli che nascono quando le emozioni che provi sono troppo forti per tenerle tutte dentro.

Ed eccomi arrivata a Crepuscolo. Con tanta paura, devo dir la verità. Perché sapevo che dopo questo probabilmente storie nuove di Holt non le avrei più lette. Perché sapevo, era abbastanza logico e naturale direi, che qualcosa sarebbe finito.  E così è stato, effettivamente, e, di nuovo, ho pianto un sacco. Per le fini, certo, ma anche per i nuovi inizi, per le nuove possibilità che dai ai tuoi personaggi. Ci sono di nuovo i McPheron che vedono la loro vita nuovamente stravolta e non sanno bene come faranno. Ci sono ancora Tom e Maggie, che ritroviamo come li avevamo lasciati nel libro precedente, solo più felici. C’è ancora Victoria, che ora ha con sé la piccola Katie e sta cercando di costruirsi un futuro, senza però mai dimenticare quello che è stato il suo passato. E ci sono personaggi nuovi: ci sono DJ e suo nonno, che cercano di prendersi cura l’uno dell’altro; le loro vicine di casa, Dena ed Emma, che devono fare i conti con una madre che sta vivendo una forte delusione d’amore; Luther e Betty, che vivono in una roulotte, hanno due figli che non sanno bene come proteggere e sono seguiti dagli assistenti sociali, dalla dolce Rose Tyler in particolare; c’è Hoyt, il personaggio più cattivo, più terribile di tutti i tuoi libri. E c’è Holt, ancora e sempre Holt, che incrocia e lega tutti tra loro.

Ho finito il libro qualche giorno fa, caro Kent, in un pomeriggio di pioggia e ha riportato un po’ il sole. Con la sua semplicità, con la sua tenerezza, con il suo sguardo di speranza che non abbandona mai chi se lo merita (chi non se lo merita invece sì, ed è giusto così). Ce l’ho ancora qui, accanto a me, pieno di buffi post-it a segnalare i pezzi per me più importanti, più belli. Ogni tanto lo sfoglio ancora, leggo qualche parola (in realtà mi basta leggere un nome, per sentirmi già meglio), me lo rigiro anche solo tra le mani e poi lo rimetto giù.

Questi tre libri, questa tua bellissima Trilogia della Pianura, che qualcuno forse reputa un po’ sopravvalutata, forse perché parla di cose troppo semplici (eppure così vere, così reali, così piene di vita, porca miseria!), credo che mi accompagnerà tutta la vita.

E so già che a Holt tornerò. Leggendoti e rileggendoti, ma anche da sola, con la mente. Alla fattoria dei McPheron o a ballare un valzer all’Associazione dei veterani. E a salutare tutti questi bellissimi personaggi ancora una volta.
Quindi grazie, Kent, per queste bellissime storie che ci hai saputo raccontare.
Con immenso affetto
Elisa

Titolo: Crepuscolo
Autore: Kent Haruf
Traduttore: Fabio Cremonesi
Pagine: 315
Editore: NN Editore
Prezzo di copertina: 18,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura:Crepuscolo. Trilogia della pianura: 3
formato ebook: Crepuscolo

venerdì 10 giugno 2016

IL RUMORE DELLE COSE CHE INIZIANO - Evita Greco

Per Ada ci sono rumori che meritano più attenzione di altri. Il rumore che fa un’orchestra quando gli strumenti vengono accordati, un attimo prima che il concerto inizi. Quello che fanno le foglie quando si alza il vento. E anche quello che fanno le tazzine quando i baristi le sistemano sopra le macchine del caffè.
Ada sa che ci sono cose che, quando iniziano, fanno rumore. E quando sente quel rumore, si ferma e ascolta. Ascolta il rumore delle cose che iniziano.


Io sono una persona che fa sempre caso agli odori e ai profumi presenti nell’aria nel momento in cui sta vivendo qualcosa di particolare.  Ogni anno, per esempio, quando vado al mare, scelgo una crema solare diversa così da poter dire, anni dopo, “questo è il profumo di Corsica, questo di Spagna, questo di Toscana”. Oppure, non riesco più a usare una particolare marca di deodorante, perché la associo a un momento brutto della mia vita e ogni volta che mi capita di sentirla sto quasi male. Credo sia una cosa abbastanza comune, in realtà, sentire un odore e ricordare qualcosa. 
Con i rumori, invece, non sono così ferrata. Ci ho sempre fatto poco caso. E questo è forse uno dei motivi per cui quando la gentilissima Evita Greco mi ha chiesto se mi sarebbe piaciuto leggere il suo libro ho accettato. Perché Il rumore delle cose che iniziano è un titolo, ma soprattutto un’idea che trovo fantastica.

Il romanzo, uscito qualche mese fa per Rizzoli, racconta la storia di Ada e di sua nonna Teresa, che di lei si è occupata fin da quando era bambina, dopo che la madre ha deciso di non volerla più. Una nonna un po’ speciale, che ama ballare e non esce mai senza rossetto, e che ha insegnato alla sua nipotina ad ascoltare i rumori delle cose che iniziano e a non distrarsi mai, perché possono iniziare nei momenti più inaspettati. Come per esempio la storia di Ada con Matteo, iniziata nel bar dell’ospedale in cui Teresa è ricoverata e da cui tutti sanno, anche se nessuno vuole dirlo, non uscirà più. Ada è una ragazza particolare e la storia con Matteo riflette questa sua particolarità: lei ama in modo un po’ ingenuo, inizialmente senza farsi domande, nemmeno di fronte ai continui viaggi e alla strana distanza che il ragazzo sta piano piano mettendo. Sarà Irene, l’infermiera che segue sua nonna, a farle aprire gli occhi e a farle scoprire, suo malgrado, la verità.

Quando ho detto che stavo leggendo Il rumore delle cose che iniziano, in diversi mi hanno risposto “che strano, non lo facevo un libro per te”. Ed effettivamente, pensandoci, non è assolutamente uno dei libri che leggo di solito e, probabilmente, se lo avessi aperto qualche anno fa lo avrei liquidato dopo poche pagine. Ma l’ho letto adesso e, devo dire, mi è piaciuto tantissimo. Perché è tutta una storia d’amore. Quella dolcissima tra Ada e la nonna Teresa, che ha fatto del suo meglio e che è fiera di avere una nipote così, all'apparenza ingenua ma in realtà in grado di vedere il mondo diverso e di apprezzare, appunto, le piccole cose. Quella complicata, tra Ada e Matteo, con questo non poter fare a meno l’uno dell’altra, nonostante tutto. Quella abitudinaria, tra Irene e il suo compagno. Quella tra Irene e Ada e sua nonna, perché l’affetto che si crea tra infermieri e pazienti a volte è qualcosa di incredibile. Tutto questo romanzo è una storia d’amore.

Leggendo Il rumore delle cose che iniziano mi sono commossa parecchio. Per Ada, soprattutto, per il suo candore, per il suo modo di affrontare la vita e il mondo, che a tratti forse è un po’ esasperato ma che rende bene il suo personaggio e il contrasto con gli altri. 
Mi è piaciuto, mi è piaciuto proprio tanto. Forse perché è un periodo in cui mi piace concentrarmi sulle piccole cose e sono alla ricerca di cose che inizino. Forse perché avevo bisogno di un bel lieto fine, di sapere che se perdi qualcosa poi qualcos'altro arriva e un po’ compensa.

E sì, sicuramente da oggi porrò più attenzione anche ai rumori, oltre che agli odori.


Titolo: Il rumore delle cose che iniziano
Autore: Evita Greco
Pagine: 328
Anno: 2016
Editore: Rizzoli
Acquista su Amazon:
formato brossura: Il rumore delle cose che iniziano

martedì 7 giugno 2016

QUESTA COSA BIZZARRA CHE SI CHIAMA AMORE - Elke Heidenreich, Bernd Schroeder

No, così non si può andare avanti. Semplificherò il giardino e accetterò le profferte di aiuto di Heidi, che intende occuparsene quando noi siamo via. Leggerò di più, per poter avere di nuovo discussioni interessanti con Lore. La mia Lore, che sa parlare in modo così bello del suo mondo letterario. La mia Lore, che non ha mai voluto invecchiare al fianco di un maniaco del giardinaggio. Quando è stata l’ultima volta che le ho detto ti amo? Non ricordo. Temo sia stato un sacco di tempo fa. Eppure la amo ancora.

Io sono una persona estremamente romantica. Di quelle che si innamorano dieci volte al giorno e credono che l’amore possa cambiare il mondo e la vita di chi lo vive. 
Credo nei lieti fini, se non altro come forma di sopravvivenza. E anche se so che l’amore è complicato, che la vita di coppia a volte è faticosa e che perdersi per strada e sbandare è più facile di quanto si voglia ammettere, così come so che a volte lasciar andare sia la cosa migliore, i libri che raccontano di coppie che sono sopravvissute al passare degli anni e a tutti i problemi che con tempo sono nati mi piacciono sempre tantissimo.

È per questo che mi sono avvicinata a Questa cosa bizzarra che si chiama amore di Elke Heidenreich e Bernd Schroeder, pubblicato in Italia da Astoria con la traduzione dal tedesco di Margherita Belardetti.
Per leggere la storia di Lore e Harry, che poi in realtà così anziani non sono, avendo entrambi poco più di sessant'anni. Per leggere del loro matrimonio e di come siano riusciti a farlo durare per quarant'anni. Per capire come hanno superato il passare del tempo e l’inevitabile evolversi dei loro sentimenti.
Perché Lore e Harry sanno benissimo che il loro amore è cambiato rispetto a quando si sono conosciuti. Erano altri tempi, allora. Loro, memori anche dei rigidi insegnamenti ricevuti dai loro genitori, erano più libertini, più spensierati, più lontani dai canoni prestabiliti delle coppie sposate. E hanno cresciuto così anche la loro unica figlia, Gloria, che però, ora che sta per sposarsi per la terza volta con un uomo completamente diverso da loro e dal loro mondo, li sta mettendo seriamente in difficoltà. In più c’è la madre di Lore, una donna che una volta era forte e non le mandava a dire a nessuno e ora invece è bloccata dentro se stessa in un letto d’ospedale. E poi quarant'anni  insieme sono quarant’anni insieme, ed è normale che l’entusiasmo e la passione dei primi tempi si perda un po’ nella routine, che nel corso del tempo si sbandi, che l’insoddisfazione si faccia sentire e che a volte i dubbi prendano il sopravvento. Così come è normale chiedersi, a un certo punto, se continuare o lasciare andare.
"Ieri sono andato sulla sua tomba, volevo fare un po' d'ordine, e ho visto un grosso mazzo di rose bianche. Erano tuoi?"
"Sì."
"Mi commuovi veramente. Le volevi più bene di quanto non ti vada di ammettere, vero?"
"Non so. Forse. Più che altro ho una sensazione di perdita. Uno spiffero d'aria gelida, sempre. Capisci? Una voragine..."
"La riempiremo con un bel vestito di seta."
"Harry..."
"Sì?"
"Ti amo ancora, mi sa."
"Avvertimi quando ne sei certa."
"Vecchio buffone."
Credo sia inutile dire che ho amato tantissimo Questa cosa bizzarra che si chiama amore. Perché parla d’amore, ovviamente. Ma di amore vero, di quello che le persone normali vivono ogni giorno (e per cui ogni giorno lottano, si struggono e fanno cavolate). È la storia di una coppia normale, che affronta tutte le inevitabili difficoltà, delusioni, i momenti tristi o anche solo di noia, che la vita gli mette davanti in quarant'anni insieme. Ed è la storia di una coppia che nonostante tutto si ama ancora e che, per quanto non tutto quello che hanno sognato si sia realizzato, sa di non poter vivere separata.
Questa è un'idea di amore che mi piace tanto. L'idea di poter barcollare ogni tanto, ma comunque sopravvivere. Di perdersi per strada per un po', ma poi ritrovarsi.
Non so se sarà così, ovviamente. Tutti ce lo auguriamo quando guardiamo la persona che si sveglia accanto a noi al mattino, ma la vita è imprevedibile e magari una cosa che fino a un giorno prima ci piaceva il giorno dopo non ci piace più, o qualcosa o qualcuno si mette sulla nostra strada e ci fa venire qualche dubbio.
Però, ecco, sognare un amore che duri tutta una vita non fa mai male.

E poi io sono una romantica, ve l'ho già detto. Se lo siete anche voi, questo libro lo dovete proprio leggere.
(Magari soprassedendo sul fatto che i due autori sono stati sposati e poi si sono separati, ecco... perché un pochino rovina la poesia).

Titolo: Questa cosa bizzarra che si chiama amore
Autore: Elke Heidenreich, Bernd Schroeder
Traduttore: Margherita Belardetti
Pagine: 177
Anno: 2016
Editore: astoria
Acquista su Amazon:

mercoledì 1 giugno 2016

"Era il maggio odoroso e tu solevi così menare il giorno"... tra eventi letterari e tante letture

Come già avevo previsto, e come più o meno succede quasi ogni anno, questo maggio appena conclusosi è stato un mese molto pieno, di eventi ed emozioni. E anche di letture, tante letture, ovviamente.

Andiamo con ordine e partiamo dagli incontri e dagli eventi. Il 9 maggio sono andata in casa NN Editore, all'incontro di presentazione in anteprima di Crepuscolo, ultimo romanzo della Trilogia della Pianura di Kent Haruf. A raccontarcelo c'era Fabio Cremonesi, traduttore italiano di tutti e tre i libri, e credo sia inutile dire che è stato proprio bello.

Il 12, invece, è iniziato il Salone internazionale del libro. Io sono andata il 13 e il 14. Come edizione l'ho trovata un po' più smorta rispetto agli altri anni (si percepiva una strana aria di transizione e cambiamento), ma devo dire che, sebbene abbia partecipato a pochissimi eventi rispetto agli anni passati, stare là dentro mi è piaciuto comunque, grazie a tutte le persone che ho incontrato (e la valanga di libri che ho acquistato).

Il 22 maggio c'è stato il penultimo incontro di Una valigia di libri. Siamo andate in Nord America e Canada, questa volta. Come sempre è stato un bel pomeriggio, ricco di chiacchiere e di tanti bei consigli. Il prossimo appuntamento, il 18 giugno, sarà, ahimè, l'ultimo... e ci porterà in Africa e Oceania.

Il 25 maggio, invece, ho realizzato un piccolo sogno: ho conosciuto dal vivo Elizabeth Strout, una delle mie scrittrici preferite in assoluto. L'incontro si è tenuto al Circolo dei lettori di Torino. C'era tantissima gente e abbiamo dovuto assistere alla conferenza in collegamento video. Però poi al momento degli autografi l'ho vista, le ho parlato e le ho stretto anche la mano. Credo che sia stato uno dei momenti letterari più emozionanti della mia vita.

Poi, è uscita una mia nuova traduzione (Il piccolo ma indispensabile libro sull'arte di chiudere gli affari di Jeffrey Gitomer, edito sempre da Anteprima) e mi sono arrivate un paio di email interessate per progetti futuri di cui però vi parlerò solo se effettivamente andranno in porto. Oh sì, e domani inizia anche La Grande Invasione!

Ora passiamo ai libri. Questo mese ne ho letti otto, più un fumetto (il meraviglioso Kobane Calling di Zerocalcare, che però ancora non ho recensito). Per fortuna, nessuna grossa delusione, anche se con uno ho una piccola rimostranza.



NON ADESSO, PER FAVORE - Annalisa De Simone, edito da Marsilio editore: un libro un po' particolare, che parla del terremoto in Abruzzo e di come questo abbia condizionato la vita della protagonista.

MI CHIAMO LUCY BARTON - Elizabeth Strout, edito da Einaudi: la trama del nuovo romanzo della Strout è molto bella, ma per me c'è qualcosa che non va a livello di revisione, che rovina un po' il tutto. Però ecco, la Strout è tornata.

BLITZ - David Trueba, pubblicato in Italia da Feltrinelli: amo questo scrittore spagnolo, per il suo mix tra comicità e ironia. E poi so cosa ha passato il protagonista e si è creata una notevole empatia.

MANUALE DI SOPRAVVIVENZA AMAZZONICA PER RAGAZZE DI CITTA' - Sara Porro: nuovo volume della collana Allacarta di EDT, che manda scrittori italiani in giro per il mondo a scrivere guide culinarie. Divertentissimo.

LE COSE CHE RESTANO - Jenny Offill, edito da NN editore: il primo romanzo di questa scrittrice americana, anche se il secondo a essere pubblicato in Italia (l'anno scorso era uscito Sembrava una felicità). Due libri completamente diversi, ma entrambi molto, molto belli.

TORINGRAD - Darien Levani, edito da Edizioni Spartaco: per scoprire come funziona il mondo dello spaccio e, soprattutto, quanto sia difficile uscirne.

IL PROFESSORE VA AL CONGRESSO - David Lodge, edito da Bompiani: un'immagine dissacrante (e molto divertente) degli accademici e dei professori che partecipano ai congressi e delle loro reali motivazioni.

L'INONDAZIONE - Adrian N. Bravi, edito da Nottetempo: una fiaba semplicissima e molto poetica, ambientata in un paesino completamente sommerso dall'acqua.

Bene, direi che questo maggio è stato davvero un gran bel mese. E anche se la vedo un po' dura, speriamo che giugno sia altrettanto ricco.
Voi che cosa avete letto di bello?