lunedì 29 febbraio 2016

COME ACCADDE CHE THOMAS LECLERC 10 ANNI 3 MESI E 4 GIORNI DIVENNE FULMINE TOM E SALVO' IL MONDO - Paul Vacca

E lui, Thomas Leclerc, ragazzino dal ciuffo ribelle e dalle lenti spesse, capace di risolvere problemi di matematica in un lampo e di viaggiare nelle galassie più remote con la forza del pensiero, sarà Fulmine Tom?
Se sua madre è disperata per la sua incapacità di trasmettere le proprie emozioni, le sua inattitudine a sorridere o a piangere, la sua impossibilità a comunicare con gli altri umani che nessun medico riesce a curare, adesso, da quel famoso settembre 1968, lui sa che è perché è un supereroe.
Non è forse, come tutti quei supereroi, un essere gettato in un mondo che non sembra fatto per lui?

Credo che tutti, almeno una volta, quando eravamo bambini abbiamo sognato di essere dei supereroi e salvare il mondo. Quando ero piccola io, l'universo dei fumetti con protagonisti supereroi per i non appassionati si limita ai film di Superman e ai film e al cartone di Batman (É l'uomo pipistrelloooo, è Batmaaaan, si avvolge nel mantello, è proprio Batmaaaan, è rapidissimo, è fortissimo, è giustissimo...). Poi con gli anni 2000 sono arrivati i film di Spiderman e di più o meno tutti i supereroi della Marvel, rendendo ancora più facile per un bambino di oggi questa identificazione.
Ad accomunare quasi tutti questi supereroi è il fatto che, una volta tolto il costume, sono persone normalissime. Addirittura un po' sfigate, a volte, e, soprattutto, con un grande dolore alle spalle.

Negli anni '60 i film non c'erano ancora e questo processo di identificazione arrivava tramite i fumetti. Ed è così che il piccolo Thomas Leclerc, protagonista di questo libro dal titolo lunghissimo e bellissimo di Paul Vacca, pubblicato in Italia da edizioni Clichy con la traduzione di Tania Spagnoli e Federico Zaniboni, li ha conosciuti e amati.

Oggi il piccolo Tom verrebbe definito un bambino un po' speciale, allora, nella periferia di Parigi degli anni '60 in cui il romanzo è ambientato, veniva chiamato diverso, non normale. Thomas Leclerc è infatti un bambino autistico, con la grande passione per i fumetti con i supereroi e una grande difficoltà a lasciarsi andare e a relazionarsi con gli altri. Vorrebbe, ma non ci riesce. Finché non capisce che la sua diversità non è poi così diversa da quella degli eroi di carta che tanto ama e scopre così di essere anche lui un supereroe: Fulmine Tom, pronto a eliminare i cattivi e salvare il mondo. Da quel momento la sua vita cambia, anche se forse lui stesso non si rende conto quanto, e inizia ad aprirsi agli altri e a cercare di aiutare come può chi gli sta attorno: da quel cane legato alla catena che non la smette di abbaiare, alla nonna un po' distratta, da quel bambino come lui che non riesce a smettere di fissare le aiuto, a Palma, quella ragazzina che sogna un giorno di diventare una diva del cinema, fino ai suoi genitori, forse il suo lavoro più difficile. Riuscirà Fulmine Tom a salvare la sua famiglia? Riuscirà a sconfiggere i cattivi che hanno fatto del male ai suoi amici? E se sì, a quale prezzo?

Come accadde che Thomas Leclerc 10 anni 3 mesi e 4 giorni divenne fulmine Tom e salvò il mondo è un libro dolcissimo, che affronta in modo intelligente e diverso dal solito il tema dell'autismo e di come ci si può rapportare a questa malattia. Thomas è un bambino speciale davvero, un supereroe, che nella sua ingenuità e nel suo candore capisce del mondo, anche delle parti più brutte e dolorose di esso, molto più di quanto non riescano a capire gli altri e cerca in ogni modo e con ogni suo mezzo disponibile di migliorarlo. 
É un romanzo sicuramente buonista, che però non nasconde le difficoltà che ci possono essere in una famiglia quando si trova a dover crescere un bambino con questo problema. Una famiglia che, per quanto ami con tutta se stessa quel bambino, vorrebbe solo un po' di normalità, per poi sentirsi in colpa ad averlo pensato. E non nasconde nemmeno quanto brutto possa essere il mondo là fuori, quando si è troppo piccoli e indifesi (oh, piccola Palma...). Thomas lo sa, perché il mondo, prima che diventasse un supereroe, per lui era brutto anche dentro.

Un supereroe deve affrontare il mondo.
E Tom deve superare il suo muro di silenzio per andare a vedere cosa succede dall'altra parte.

Come accadde che Thomas Leclerc 10 anni 3 mesi e 4 giorni divenne fulmine Tom e salvò il mondo è un libro che fa sorridere, che fa commuovere e che fa anche tanto pensare. Un libro da leggere.


Titolo: Come accadde che Thomas Leclerc 10 anni 3 mesi e 4 giorni divenne fulmine Tom e salvò il mondo
Autore: Paul Vacca
Traduttore: Tania Spagnoli e Federico Zaniboni
Pagine: 300
Editore: Edizioni Clichy
Acquista su amazon:
formato brossura:Come accadde che Thomas Leclerc 10 anni 3 mesi e 4 giorni divenne Fulmine Tom e salvò il mondo

giovedì 25 febbraio 2016

LA TRAMA DEL MATRIMONIO - Jeffrey Eugenides

Ogni lettera è una lettera d'amore


“Ah, l’amore, questo folle sentimento che”… che ti fa innamorare della persona sbagliata, che poi forse sbagliata non è. Che ti confonde le idee e, a volte, ti obbliga a un sacrificio che non sempre sei sicuro valga la pena compiere. Che a volte ti porta lontano, sperando così di dimenticare, ma sapendo benissimo che non succederà. Che ti fa fare scelte per il bene di qualcun altro e non per il tuo, anche se non sempre quell'altro, almeno subito, è in grado di capirlo. Che ti fa fare un sacco di cose stupide e ti fa spesso ben sperare. Che ti fa provare qualcosa per più persone contemporaneamente, soprattutto quando così distanti tra loro, anche se dentro di te la scelta l’hai già fatta, e che ti fa capire che le favole sono solo quello, favole. E che spesso ti insegna anche a lasciar andare.

Non avete capito niente, vero? Beh, è l’amore, miei cari. Forse un aiuto per farvi capire quello che intendo, anziché pensare che io sia completamente impazzita, ve lo può dare La trama di un matrimonio di Jeffrey Eugenides, pubblicato da Mondadori con la traduzione di Katia Bagnoli.

Sì, Jeffrey Eugenides, quello che ha vinto il premio Pulitzer con Middlesex. Ecco, scordatevi un momento di Middlesex e dell’inevitabile paragone che viene fuori quando leggete un altro libro di uno scrittore che vi è piaciuto, e lasciatevi catturare dalla storia di Madeleine Hanna, che ama i libri all'inverosimile e quando è in pena d’amore si trascina dietro come un amuleto Frammenti di un discorso amoroso di Barthes; da quella di Leonard Bankhead, quel ragazzo carismatico e molto popolare, che con Madeleine stringe una strana relazione, fatta di amore, sicuramente, ma anche di profonda depressione; e da quella di Mitchell Grammaticus, con una passione per le religioni, e per la bella Madeleine, ovviamente. 

All'apparenza La trama del matrimonio potrebbe sembrare un classico triangolo amoroso: due pretendenti completamente diversi tra loro, lei un po’ indecisa, e la scelta ricade inevitabilmente su quello che sembra più stronzo e che la farà soffrire di più. Ma ovviamente è molto, molto di più. Un po’ grazie allo stile di Jeffrey Eugenides, che attribuisce a questi suoi personaggi, tutti poco più che ventenni, grandi riflessioni personali e sul mondo che li circonda. Un po’ grazie ai temi trattati: la malattia e la depressione, la difficoltà di stare vicino a qualcuno che ne soffre e il senso di colpa per arrivare quasi a odiarlo; la ricerca di se stessi, che forse a volte è un po’ una fuga dagli altri; il diventare grandi e le nuove responsabilità che ne conseguono. E poi beh, l’amore, certo, che già di per sé, come dicevamo prima, può essere folle… figuriamoci se tra un terzetto come questo.

La trama del matrimonio mi è piaciuto un sacco (sì, pensandoci forse anche di più di Middlesex, se proprio lo volete sapere). E anche se a volte forse Jeffrey Eugenides sproloquia un po’ e un pochino ci si perde, l’ho trovato un libro appassionante e coinvolgente, che parla d’amore in modo onesto, lasciando perdere le smancerie e i lieti fine da favola.
E poi ha un’ultima pagina semplicemente bellissima. Forse vale la pena di leggerlo solo per arrivare lì e dire “wow!”.


Titolo: La trama del matrimonio
Autore: Jeffrey Eugenides
Traduttore: Katia Bagnoli
Pagine: 479
Editore: Mondadori
Acquista su amazon:
formato brossura: La trama del matrimonio

lunedì 22 febbraio 2016

UNA VALIGIA DI LIBRI - resoconto di un VIAGGIO IN EUROPA

Sabato 20 febbraio si è tenuto il secondo appuntamento di Una valigia di libri, che, per chi ancora non lo sapesse, è un ciclo di incontri organizzato da me, da Claudia di Il giro del mondo attraverso i libri e da Stefania libraia della Libreria sulla parola di Caluso, in cui tutti i partecipanti possono presentare il loro libro preferito di un determinato continente.
Questo secondo appuntamento era dedicato agli scrittori e ai libri europei.


Se dovessi riassumere l'incontro in due parole, direi molto semplicemente e molto elegantemente che è stato una figata pazzesca!
Eravamo in tanti questa volta (è stato emozionante sentire la gente che entrava dicendo "sono qui per l'incontro!") ed è stato davvero bello stare tutti seduti uno accanto all'altro a presentare libri, a discutere di letteratura... e a mangiare biscotti!
Certo, c'era ancora un po' di timidezza e a volte parlando ci impappiniamo ancora un po' tutti, ma c'era un clima talmente allegro,talmente caldo e famigliare, che è riuscito ad abbattere ogni titubanza e a farti sentire a casa anche in mezzo a sconosciuti che alla fine, anche se siamo stati insieme solo un paio d'ore, sconosciuti non lo erano nemmeno più... un altro magico potere dei libri, insomma.

© Il giro del mondo attraverso i libri
Come avevo già fatto nel resoconto del Viaggio in Italia, voglio quindi prima di tutti ringraziare tutti coloro che hanno partecipato e hanno reso così coinvolgente e speciale quel pomeriggio. Grazie, davvero, per aver scelto di passare un sabato pomeriggio un po' diverso a parlare di libri. (Alla faccia di chi dice che la gente non legge!)

Ma veniamo ai libri consigliati! Sicuramente l'Europa è molto ampia, e sarebbe necessario ben più di un incontro per riuscire a citare tutti i libri che se lo meriterebbero. Ma anche in un solo pomeriggio sono arrivati molti suggerimenti interessanti.

Ecco qui l'elenco (cliccando sul titolo si rimanda alla recensione di chi ha letto il libro, se è stato consigliato da un blogger, alla scheda del libro sul sito della casa editrice o a wikipedia. Nel caso di più libri di uno stesso autore, viene linkata la pagina dell'autore):

ISLANDA
Luce d'estate ed è subito notte - Jón Kalman Stefánsson, edito da Iperborea
La donna è un'isola , L'eccezione - Auður Ava Ólafsdóttir, edito da Einaudi

FINLANDIA
Kalevala, il grande poema epico finlandese
Scompartimento n. 6 - Rosa Liksom, edito da Iperborea

SVEZIA
Uomini che odiano le donne - Stieg Larsson, edito da Marsilio

ALBANIA
Breve diario di frontiera - Gazmend Kapllani, edito da Del Vecchio editore

ESTONIA
Il pazzo dello zar - Jaan Kross, edito da Iperborea

SPAGNA
Rimas y leyendas - Gustavo Adolfo Becquer
Capodanno da mia madre - Alejandro Palomas, edito da Neri Pozza

GRAN BRETAGNA
Un giorno - David Nichols, edito da Neri Pozza
La casa del sonno - Jonathan Coe, edito da Feltrinelli
La sovrana lettrice - Alan Bennet, edito da Adelphi
Nel cuore della foresta, Un anno a Walnut Tree, Diario d'acqua - Roger Deakin, edito da EDT

RUSSIA
Lolita - Vladimir Nabokov, edito da Adelhi

ITALIA
Siberiana - Luciana Castellina, edito da Nottetempo
Quando ci batteva forte il cuore - Stefano Zecchi, edito da Mondadori

FRANCIA
Ciclo di Maulaussène - Daniel Pennac, edito da Feltrinelli
La nemica - Irene Nemirovsky

PORTOGALLO
Cecità - José Saramago, edito da Feltrinelli


Come potete vedere, i consigli arrivati, sia durante l'evento fisico in libreria sia online, sono stati davvero tanti e hanno toccato diversi paesi e diversi editori, tra cui molti indipendenti.

E ora non vedo l'ora che arrivi il 19 marzo, quando si terrà il terzo incontro, con un bel Viaggio in Sud America! Che fate, venite?

venerdì 19 febbraio 2016

IL PORTO DEI SOGNI INCROCIATI - Björn Larsson

Non piangeva più, tanto a cosa serviva? Si versa qualche lacrima e poi si deve comunque continuare a vivere. Ma come ci si libera da quello che manca? Come si fa a smettere di sognare per non provare più quella terribile nostalgia? Era questo che voleva le dicessero, ma nei suoi libri non c'era. Dove sono scritte le cose importanti, quelle che bisogna sapere per essere felici nella vita?



Pur vivendo da sempre a meno di 50 km dalle montagne, ho sempre amato di più il mare. In qualunque stagione e con qualunque tempo atmosferico. Il mare mi rilassa, mi calma o mi distrae quando è agitato. Per questo una volta al mese, massimo ogni due, cerco di andarci. 
Viaggiare in nave, poi, mi diverte tantissimo. E ho sempre trovato molto romantica l’idea dell’arrivo in porto, soprattutto dopo un lungo viaggio, con la gente che ti aspetta per salutarti e accoglierti dopo magari mesi di distanza. Forse oggi questo spirito romantico un po’ si è perso rispetto ai primi lunghi viaggi in mare. Però quando partono e quando arrivano in porto, sia che siano navi da crociera, sia che siano mercantili, la sirena la suonano sempre. Un saluto, forse (o magari un qualche segnale di riconoscimento per gli addetti portuali, ma non toglietemi la poesia).

Il porto dei sogni incrociati di  Björn  Larsson, pubblicato in Italia da Iperborea con la traduzione di Katia De Marco, unisce un po’ tutti questi elementi. I viaggi in mare, l’arrivo in porto, la gente che aspetta sperando che da quella nave scenda qualcosa o qualcuno che cambierà loro la vita.

Marcel è il capitano di una nave mercatile, anche se lui si definisce “un venditore ambulante di sogni”. Una nave che trasporta fertilizzanti e che ha la strana abitudine di toccare i porti dei paesini più sperduti del nord Europa, anziché quelli più frequentati e battuti. È così che conosce Rosa Moreno, una giovane barista che vive in Galizia e che non ha mai avuto il coraggio di muoversi; è così che conosce madame Le Grand, Mama per gli amici, una vedova che accoglie i marinai quando arrivano in un piccolo porto bretone e ne archivia i sogni e le speranze; è così che conosce anche Peter Sympson, un gioielliere irlandese un po’ solitario che ama le pietre più di se stesso; o ancora Jacob Nielsen, un ex ingegnere informatico, che si è rifugiato in un paesino danese per cambiare vita ma che proprio non riesce a sopportare l’idea di venire dimenticato. In un modo o nell’altro Marcel tocca e cambia la vita di queste quattro persone, proprio come sembra essere da sempre abituato a fare. Mai avrebbe pensato, però, che queste quattro persone sarebbero poi venute a cercarlo per cercare di cambiare la sua. Ma si può cambiare la vita di un uomo abituato a viaggiare e stare in mare?

La prima cosa che traspare dalla lettura di Il porto dei sogni incrociati è l’incredibile amore che Bjorn Larsson ha per il mare. Praticamente tutti i suoi romanzi, a partire dal celebre La vera storia del pirata Long John Silver, sono ambientati in mare o vicino a esso, come un tributo o un segno di riconoscenza che questo autore svedese vuole rivolgere a quell’enorme distesa blu.
Questo libro è ambientato sul finire degli anni ’90, si sta aspettando l’euro e internet sta piano piano iniziando a prendere piede, eppure, vuoi per i paesini che tocca, vuoi per le vite dei personaggi o per questa figura misteriosa di Marcel, potrebbe essere tranquillamente un romanzo del passato, talmente bene è ricreata l'atmosfera.

Il porto dei sogni incrociati è un libro che, anche se all'apparenza forse un po' banale, ti mette in pace con te stesso. Che ti fa voglia di andare in porto e aspettare l'arrivo di una nave, ma soprattutto che ti fa pensare che, anche nei momenti più difficili, anche nei ricordi più dolorosi da superare, potrebbe sempre arrivare qualcuno o qualcosa a cambiare le cose, a farti svegliare dal torpore e ricominciare a sognare.

Titolo: Il porto dei sogni incrociati
Autore: Björn Larsson
Traduttore: Katia De Marco
Pagine: 312
Editore: Iperborea
Acquista su amazon:

martedì 16 febbraio 2016

I GATTI NON HANNO NOME - Rita Indiana

Mi chiese se andava tutto bene e io avrei voluto dirle che aveva un nipote che si chiama Uriel, che in clinica c’era un cane figlioccio del papà di Zia Clelia, che Zio Fin era buddhista e che forse io ero gay, ma preferirei non rovinarle il viaggio e le dissi che tutto andava a gonfie vele, che è come dice mia mamma quando va tutto bene.


Quando penso alla letteratura sudamericana, mi capita spesso di chiedermi se esistono scrittori e scrittrici contemporanei. Di solito si parla di Allende o di Sepúlveda, che effettivamente sono ancora vivi e attivi oggi, anche se il loro stile di nuovo per me non ha quasi niente; di Márquez, che dopo aver vinto il Nobel ha un po’ abbandonato il suo vero realismo magico per adattarlo ai gusti europei; oppure di tutti quei grandi autori del passato che stanno piano piano venendo riscoperti ora (Eloy Martinez, Robert Arlt, Carpentier, Cortázar) o che verranno riscoperti in futuro (sogno il giorno in cui tutti leggeranno Manuel Puig).
Sì, ma i contemporanei? I giovani scrittori sudamericani di oggi ci sono o no?

Qualche risposta a questa domanda in realtà era già arrivata (Luis Ruffato, per esempio, o Claudia Piñiero, se vi piace il genere, o Juan Pablo Villalobos, ma anche altri sicuramente), ma una bella conferma, per quanto mi riguarda, mi arriva da Santo Domingo e da I gatti non hanno nome di Rita Indiana, tradotto da Vittoria Martinetto e in uscita per NN editore giovedì 18 febbraio.

Come l’editore stesso riporta nella descrizione, è praticamente impossibile fare un riassunto della trama del libro senza averlo letto. Si potrebbe semplicemente dire che è la storia di un’adolescente che sta scoprendo se stessa e nel mentre lavora nella clinica veterinaria di suo zio Fin. Già, detta così sembra molto banale, no?
Però non dimenticatevi che siamo in Sud America, la patria del realismo magico e in cui realtà, tradizione popolare e finzione riescono a mescolarsi così bene che tutto sembra davvero possibile. È possibile che una zia esprima le sue frustrazioni con insegne al neon sulla fronte e che uno zio diventi buddhista tutto d'un tratto. È possibile che personaggi del passato compaiano all'improvviso e senza alcuna spiegazione in una clinica veterinaria, in cerca di un padre o di una toelettatura per un bastardino. È possibile avere dei doni speciali che curano le malattie o che un gatto risponda prima a un nome, poi a un altro, poi a nessuno.

In questo scenario, in queste atmosfere bizzarre eppure così reali, c’è questa ragazzina che sta scoprendo se stessa, sta formando la sua identità, tra l’illusione e la fantasia di una bambina e lo scontro con l’arrivo dell’età adulta e la perdita dell'incanto.

I gatti non hanno nome è una storia che si legge tutta d’un fiato. È come se la si ascoltasse, in realtà. Come se, leggendo, la protagonista fosse nella mente del lettore e gli rivelasse senza alcun filtro i suoi sentimenti e i suoi pensieri. La forza di questo libro, secondo me, sta tutta lì, nella voce della protagonista (e, ovviamente, nella bravura di Rita Indiana che è riuscita a renderla credibile… e di Vittoria Martinetto a non perdere questa voce nella traduzione).

Se ci si fermasse troppo a riflettere e analizzare le parole, il romanzo sicuramente perderebbe un po’. Si arriverebbe alla fine con la sensazione che manchi qualcosa, una qualche spiegazione. Quindi leggetelo senza rifletterci troppo, come quando qualcuno su un treno o su un bus vi racconta qualcosa di buffo e incredibile che gli è capitato e voi, anche se avete il sospetto che non sia vero, non potete fare a meno di sorridere e di lasciarvi coinvolgere, lasciando da parte ogni scetticismo.

I gatti non hanno nome di Rita Indiana, quindi, mi è piaciuto molto: per l'atmosfera, per il ritmo, per lo stile, per i personaggi che ruotano attorno a questa protagonista. Ma ancor di più perché mi ha riportato là, in quelle atmosfere tipiche sudamericane, a cui però ha aggiunto un tocco moderno, contemporaneo. Perché gli scrittori sudamericani contemporanei ci sono, ci sono eccome. Bisogna solo sperare che gli editori li scoprano, come ha fatto NN Editore, e li portino fino a noi.


Titolo: I gatti non hanno nome
Autore: Rita Indiana
Traduttore: Vittoria Martinetto
Pagine: 173
Editore: NN Editore
Prezzo di copertina: 16,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura: I gatti non hanno nome

venerdì 12 febbraio 2016

UN COMPLICATO ATTO D'AMORE - Miriam Toews

Mi hai insegnato che certe persone se ne vanno e altre no e quelle che se ne vanno sono sempre più fiche di quelle che rimangono e io sono una di quelle che rimangono perché tu sei una di quelle che se ne sono andate e c'è un vecchio seduto in una casa vuota in giacca e cravatta che non ha più nessuno tranne me, grazie tante eh, grazie davvero.



Quando arrivi alla fine di libri come Un complicato atto d'amore di Miriam Toews, pubblicato in italiano da Adelphi edizioni con la traduzione di Monica Pareschi, non puoi fare altro che fermarti un attimo, stringere forte il libro tra le mani e riprendere fiato.
Credevo davvero che il suo apice questa scrittrice canadese lo avesse raggiunto con In fuga con la zia, libro che avevo letto e amato qualche anno fa. Tutti gli altri suoi romanzi che ho letto erano sì belli (e quando dico tutti, intendo proprio tutti), ma mai come quello.
In molti mi avevano detto di aspettare a dare il mio giudizio. Di aspettare a consacrare quel libro come il mio preferito perché me ne mancava ancora uno. Questo che consideravo un outsider, perché pubblicato da un editore differente dalle colorate copertine marcos y marcos a cui questa autrice mi aveva abituata.
E ora che l’ho finito, che l’ho stretto forte e ho ripreso fiato, ne capisco perfettamente il motivo.

Un complicato atto d’amore è la storia di una famiglia mennonita, i Nickel. Un marito e una moglie, diversissimi tra loro ma che si amano da impazzire, e due figlie, Tash e Nomi, educate secondo i rigidi principi che quella strana setta religiosa e quello strano paesino sperduto in mezzo al niente, ma circondato d’America, richiede loro. 
Ma Tash a un certo punto si ribella, riportando in luce anche i dubbi che anche la madre ha sempre avuto ma ha messo a tacere per amore. Solo Nomi, la sorella più piccola, sembra resistere alle tentazioni, un po’ perché subito non capisce, poi per amore di quel padre, burbero e sempre in giacca e cravatta anche mentre svolge i lavori più umili, che non può rimanere solo. Ma poi anche lei cresce e inizia a opporsi a questa strana vita, a questa comunità pronta ad allontanarti non appena compi qualcosa di “diverso”, qualcosa contro il volere di Dio, non appena mostri un barlume di felicità. Si ribella, ma non si muove, sa di non poterlo fare. Fino a quell’ultimo, complicato, disperato e potentissimo atto d’amore che qualcuno mette in atto per salvarla.

Se avete già letto altri romanzi di Miriam Toews, qui ritroverete il suo stile incredibile, che a tratti potrebbe sembrare troppo colloquiale e confuso ma che, in realtà, è perfetto per le vicende che racconta, perché va dritto al punto e colpisce dove deve, come un pugno. Ritroverete i suoi temi: quello della famiglia, dell’amore tra sorelle, del bisogno di fuggire, di ribellarsi a un destino che sembra segnato e a quella strana setta religiosa, i mennoniti, in cui l’autrice è effettivamente cresciuta e da cui poi è fuggita.
Ma ci troverete ancora di più: il coraggio e la disperazione di una ragazzina, combattuta tra quello che le hanno insegnato e quella che scopre essere la vita vera, tra l’amore per la sua famiglia e l’odio per quello che, per salvarsi, le hanno fatto. 
Avere il mal di mare in mare non è la stessa cosa che avere nostalgia di casa a casa

Un complicato atto d’amore è un libro bellissimo. Non saprei come altro definirlo. E Nomi, questa ragazzina ribelle e, nei suoi gesti provocatori a volte un po’ buffi, tenerissima e dolcissima, che in prima persona ci racconta tutta la sua storia è sicuramente un personaggio indimenticabile.

Siamo corsi dritti in Main Street e siamo saliti in cima alla scala antincendio del silos per il foraggio. Era il punto più alto del paese, e lì ci siamo baciati furiosamente sperando che qualche agricoltore al lavoro di primo mattino ci vedesse stagliati contro il sole nascente e si esaltasse all’idea che la felicità era possibile anche in un posto senza bar e senza treni.

Mi è piaciuto questo libro, mi è piaciuto proprio tanto. E ha consolidato Miriam Toews nella posizione di una delle mie scrittrici preferite in assoluto (si litiga il primo posto con Elizabeth Strout, scalzandosi a vicenda ogni volta che leggo un libro dell’una o dell’altra).

E allora, che state aspettando a leggere Un complicato atto d’amore, o uno qualsiasi degli altri romanzi di questa donne, e, soprattutto, a conoscere questa grande, grandissima autrice?


Titolo: Un complicato atto d'amore
Autore: Miriam Toews
Traduttore: Monica Pareschi
Pagine: 276
Editore: Adelphi
Prezzo di copertina: 16,00€
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formato brossura:Un complicato atto d'amore

lunedì 8 febbraio 2016

LA PROPRIETÀ TRANSITIVA - Nelson Martinico Federico Ligotti

Gli uomini sorridono, stanno imparando a conoscere il pregio della lentezza; fra poco torneranno ad amare la poesia.


Ve l'immaginate un'Italia che elegge, quasi con un plebiscito, un trans come Presidente del Consiglio? Un'Italia in cui c'è ancora la Città del Vaticano, ovviamente.
E ve l'immaginate un'Italia che ha come Presidente della Repubblica una donna, in cui sono state abolite le auto diesel e a benzina e la gente viaggia in bus, che ha introdotto una patente per poter votare, perché sì, il voto è un diritto ma anche un dovere e bisogna farlo con cognizione, un'Italia in cui c'è un ministro dell'istruzione che sa cosa sta facendo e la Chiesa non si immischia negli affari di stato?
Oggi sembra non solo impensabile, ma anche inimmaginabile, visto che nemmeno ci si riesce a mettere d'accordo su una cosa tanto semplice e tanto naturale come dare a tutti gli stessi diritti.

Nelson Martinico e Federico Ligotti nel loro La proprietà transitiva, pubblicato da Edizioni Spartaco, immaginano un'Italia così. Un'utopia, certo, ma che nel loro libro prende forma, anche se ci ha messo anni per potersi realizzare, ma che potrebbe davvero funzionare e cambiare le sorti del paese.
Il libro parte più o meno ai giorni, nel 2010, in un piccolo paese del sud Italia, dove c'è una fabbrica che all'apparenza da lavoro a tutto il paese ma in cui avvengono inspiegabilmente molte morti bianche, rigorosamente assicurate, e dove basta avere le conoscenze giuste nei posti giusti, per prendere una laurea. E qui che vive Alessandro Giacobbe, giovane idealista, abbandonato dal padre quando era bambino, e trans dal nome bellissimo, Princesa. Un uomo che crede che il paese si possa ancora salvare, se si riuscirà a dare il potere alle persone giuste. Lo stesso Alessandro Giacobbe, nel 2045 diventa Presidente del Consiglio, grazie anche all'appoggio della Chiesa, e inizia davvero a cambiare il paese, a disfare tutti quei meccanismi che lo hanno portato alla distruzione.
Ma anche quando le utopie sembrano diventare realtà, il passato è davvero troppo difficile da cancellare.

La proprietà transitiva è un affresco fedelissimo della società di oggi quando parla del 2010 e una visione perfetta di quello che invece sarebbe bello diventasse quando si sposta nel 2040. Nelson Martinico e Federico Ligotti non fanno sconti a nessuno quando parlano del mondo di oggi, mettendo in luce, in modo ironico, provocatorio e forse per questo ancor più drammatico, tutte le problematiche e le porcherie che vengono fatte oggi da chi ha il potere e i mezzi per farlo.
È bello sognare insieme ad Alessandro Giacobbe un mondo migliore, è bello immaginare un luogo dove la corruzione, la raccomandazione e gli imbrogli non siano più all'ordine del giorno, un mondo in cui si voti con cognizione di causa e in cui si torni ad amare la poesia.

La proprietà transitiva è un libro amaro. Un libro che fa capire ancora di più in che stato si trova il nostro paese (perché, per quanto forse in alcuni punti la situazione venga un po' esasperata, non è poi così lontana dalla realtà) e che fa riflettere a lungo su cosa bisognerebbe cambiare. Sperando che un giorno arrivi una Princesa e ci riesca davvero.


Titolo: La proprietà transitiva
Autore: Nelson Martinico - Federico Ligotti
Pagine: 232
Editore: Edizioni Spartaco
Anno: 2015
Acquista su Amazon:
formato brossura: La proprietà transitiva

venerdì 5 febbraio 2016

Di quella volta in cui ho comprato un Libro Distillato (e poi l'ho confrontato con l'originale)

Se bazzicate un po’ nel mondo dei libri e dell’editoria, anche da semplici appassionati, avrete sicuramente già sentito parlare dei Libri Distillati, la nuova iniziativa editoriale promossa da Centauria editore. 
Nel caso vi fosse sfuggito, comunque, i Distillati sono “un’occasione senza precedenti per goderti i bestseller in meno della metà delle pagine dell’originale ma senza perderti nulla della trama, dei personaggi, delle emozioni”. (per un maggior approfondimento vi rimando al loro sito web)
Esatto sì, prendono due bestseller al mese, li tagliuzzano qua e là, li mandano in stampa con molte meno pagine rispetto al romanzo originale e poi li vendono nelle edicole e nei supermercati alla cifra fissa di 3.90€.
Lo scopo dovrebbe essere quello di far leggere un determinato libro alle persone che hanno poco tempo e poca voglia per leggerlo. Tolgono un bel po’ di pagine, così la lettura vi porta via meno tempo e potete comunque parlarne con gli amici come se lo aveste letto. 
Perché non cercarsi la trama su Wikipedia e farla finita? Ma perché questi non sono riassunti, sottolinea l’editore più volte, sono distillati! Il libro c’è tutto, mancano solo le parti considerate superflue. 
La mia prima reazione è stata,ovviamente, lo sdegno più totale. Come puoi tagliare i pezzi di un libro e ridurlo a meno della metà? Chi è che decide quale parte è superflua e quale no? Ma soprattutto, come è possibile che un autore abbia accettato una cosa del genere?

Devo ammettere però che a un certo punto la curiosità ha preso il sopravvento. E quindi ho aspettato che uscisse un libro che già possedevo in originale, l’ho comprato, e ho passato una giornata a fare un confronto, per cercare di capire qual è il processo che sta dietro alla distillazione di un libro.
Il fortunato è La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano, romanzo del 2008 pubblicato da Mondadori, che ha vinto, tra gli altri, il Premio Strega.
Il libro originale non mi aveva fatta impazzire, ma nemmeno mi era poi così dispiaciuto, quindi questo confronto, lo chiarisco subito, non entrerà minimamente nel merito della qualità letteraria del testo.
Ecco che cosa ne è venuto fuori.


LA VESTE GRAFICA e L’IMPAGINAZIONE
La prima edizione dell’originale è un’edizione cartonata, con sovracoperta. Quella del Distillato è paragonabile a un tascabile direi, un tascabile molto sottile, che viene venduto appiccicato a un cartone promozionale, che spiega cosa sono i Distillati e lancia i prossimi volumi. Se per caso non conoscete il libro e volete leggerne la trama prima di acquistarlo, non potete farlo (o potete, se riuscite a staccarlo e riattacarlo senza farvi vedere dall'edicolante o da un addetto del supermercato). 
Una volta aperto, si notano subito le differenze a livello di impaginazione. Sì, l’originale di Mondadori è impaginato forse in modo un po’ furbo per aumentarne le pagine: margini un po’ larghi, carattere medio-grande, interruzioni di pagina tra un capitolo e l’altro. Ma è un cartonato e sono tutti così. Il distillato ha i margini un po’ meno larghi, è scritto un po’ più piccolo, e non ha interruzioni di pagina tra un capitolo e l’altro, quindi è come se fosse tutto attaccato. Già solo così, almeno una ventina di pagine viene recuperata.



Altre tre vengono recuperate con la scelta di eliminare la dedica, la citazione iniziale e i ringraziamenti dell’autore. Tutte cose evidentemente considerate superflue e poco interessanti per un lettore che non ha tempo da perdere (sarei curiosa di sapere cosa ne pensa l’autore o il destinatario della dedica… ma vabbè).
Per quanto riguarda il numero di pagine, la versione originale ne ha in tutto 307, divise in 7 sezioni e 47 capitoli. Il distillato conta invece 121 pagine (186 in meno!), divise in 7 sezioni e 38 capitoli (9 in meno rispetto all’originale!).
Questa cosa dei capitoli quando l’ho scoperta mi ha un po’ sconvolta. Ho verificato e coincidono fino al capitolo 14 dell’originale. Il distillato nel suo capitolo 14 fa però rientrare anche il 15 e il 16 dell’originale. Poi, il capitolo 16 del distillato è formato dal capitolo 18 e 19 dell’originale, il 22 dal 25 e il 26 dell’originale, il 23 dal 27 e il 28, il 28, dal 33 e 34, il 29 dal 35 e 36, il 36 dal 43 e 44, e il 38, che è il capitolo finale del distillato, dal 46 e 47 dell’originale,  rispettivamente il penultimo e l'ultimo.

LA DISTILLAZIONE
Ma che cos’è esattamente che viene distillato? Ecco qui alcuni esempi (cliccando sulla foto,si apre in versione ingrandita):

Qui sparisce una pagina intera a inizio capitolo

Qui tre pagine sono state riassunte in una decina di righe

Qui sparisce un intero paragrafo a fine capitolo

E qui due pagine intere. Il Distillato parte dall'inizio della terza pagina del capitolo.

Man mano che si procede con la lettura e il confronto si inizia a capire un po’ il meccanismo dei tagli. Le parti considerate superflue sono soprattutto le descrizioni, quelle che non hanno un’influenza diretta sulla trama ma che l’autore ha comunque inserito per delineare meglio i personaggi e, soprattutto, il suo stile. Ecco, forse è questo quello che più risulta evidente alla fine della lettura: lo stile dell’autore viene completamente appiattito. La trama rimane, certo, e ha anche un suo svolgimento logico, ma si riduce quasi a una mera cronaca dei fatti, quei tanti che bastano perché chi legge capisca a grandi linee quello che sta succedendo.

Il processo di tagli diventa più fitto man mano che ci si avvicina al finale. Oltre ad avere molti più capitoli condensati in un solo, è stato spesso difficile trovare la corrispondenza tra originale e distillato. Non so se chi ci ha lavorato si è reso conto che le pagine stavano diventando troppe e quindi ci è andato giù più pesante. Però, ecco, molti, moltissimi dettagli vengono a mancare.


Un capitolo di 4 facciate e mezza nell'originale diventa di una nel Distillato.
Potrei andare avanti a lungo a postarvi esempi come questi, perché i tagli e i collage fatti sono veramente tanti. E sì che La solitudine dei numeri primi non è un libro poi così lungo e se è diventato un bestseller vuol dire che è leggibile anche da un lettore non così abituato.

Sicuramente se non conoscete il romanzo originale e non avete la possibilità di effettuare questo confronto, a livello narrativo anche il Distillato funziona e la sua lettura è sicuramente sufficiente per potersi dare un tono durante le conversazioni con gli amici (così come lo sarebbe leggersi semplicemente la trama del romanzo su wikipedia).

Poter apprezzare (o meno, per carità) lo stile di Paolo Giordano da questo distillato però, francamente, mi sembra impossibile. Così come faccio davvero fatica a capire come un autore possa accettare che qualcosa del suo romanzo venga considerato inutile e tagliato. Ok, probabilmente il fattore economico ha avuto un peso notevole, però non dovrebbe esserci un attaccamento diverso alla propria opera? Mi piacerebbe davvero sapere che cosa si prova a vedere il proprio romanzo ridotto in questo stato.

Alla luce di questo confronto lo sdegno iniziale è confermato e amplificato. Non so se questa iniziativa funzionerà, se davvero c'è qualcuno che li trova un'idea geniale e ora si metterà a leggere tutti i libri più venduti in questo formato per non perdere tempo.
Di sicuro posso dire che non è obbligatorio leggere se non se ne ha tempo o voglia. E piuttosto che leggere un libro snaturato dallo stile dell'autore, forse sarebbe meglio non leggere affatto.
E con gli amici si può sempre parlare di altro.

mercoledì 3 febbraio 2016

I VENERDI' DA ENRICO'S - Don Carpenter

Di nuovo si rese conto che Jaime era una scrittrice e che lui non lo era. Lei aveva la mistica del lavoro. La scrittura aveva davvero la precedenza su tutto. Per Charlie l’aveva avuta soltanto finché non aveva conosciuto proprio Jaime. Dopodiché ad avere la precedenza era stata lei, e Kira. Ma qualcosa, chissà come, aveva distanziato Jaime da quei sentimenti… L’unico modo in cui lei riusciva ad amare i suoi cari era scriverne.



Deve essere strano stare insieme a qualcuno che fa il tuo stesso lavoro. Soprattutto se è un lavoro considerato "artistico", come il pittore, l'attore, il cantante, lo scrittore... dove sì, lo studio e l'applicazione contano, ma conta soprattutto il talento. Bisogna davvero volersi bene e rispettarsi molto perché il successo dell'altro non ti faccia impazzire e provare invidia, di fronte magari a un tuo fallimento (siamo umani, per quanto possiamo essere felici per i successi degli altri, almeno una volta nella vita un po' di invidia si prova).
E vale per i rapporti di coppia, ma anche per le semplici amicizie, conoscenze o per qualunque altro tipo di relazione che si possa creare tra due persone.

Di questo parla principalmente I venerdì da Enrico's di Don Carpenter, romanzo incompiuto dell'autore, riscoperto e portato a termine da Jonathan Lethem, e ora pubblicato in Italia da Frassinelli con la traduzione di Stefano Bortolussi.
Ok, forse qualche esperto di letteratura americana avrà appena fatto un salto dalla sedia. Ma come, di fronte al romanzo incompiuto di quel genio forse un po' incompreso di Carpenter, di fronte al ritratto di un'epoca, gli anni '60, attraverso le abitudini dei suoi scrittori (o aspiranti tali), di fronte ai grandi nomi, alle pubblicazioni dei racconti sulle riviste e all'incredibile atmosfera dei locali, dei circoli di scrittori, che il libro riproduce, lei si sofferma sui problemi a relazionarsi? Beh, sì.

Charlie è un reduce della guerra di Corea con un grande talento per la scrittura. Tutti da lui si aspettano un grande romanzo, a cui lui sembra lavorare ininterrottamente. Anche a Jaime piace scrivere e forse ha addirittura più talento, ma poi le cose cambiano quando i due si sposano e si trasferiscono in Oregon. Qui Charlie inizia a insegnare scrittura creativa in un college e conosce Stan, un ragazzo portato per la scrittura pulp e che di mestiere fa il ladro. I tre iniziano a frequentarsi assiduamente e tra loro arriva anche Dick Dubonet, fresco fresco di pubblicazione di un suo racconto su Playboy (sì, in quei tempi Playboy era una fucina di talenti letterari) e accompagnato da una donna, Linda, che forse ama più il racconto pubblicato che non l'uomo. I destini dei personaggi si intrecciano e poi si allontanano nel corso degli anni. Qualcuno ha successo, ma non quanto vorrebbe. Qualcun altro ha la possibilità di ottenerlo, ma poi qualcosa gli impedisce di concretizzarlo. E tra loro i rapporti cambiano, si incrinano, tra alcool, droghe, speranze e sogni più o meno infranti.

La forza di I venerdì da Enrico's sta proprio lì, nei conflitti, interiori e non, dei suoi protagonisti. Nelle loro sfortune, nella loro incapacità di smettere di sperare quando forse sarebbe il caso farlo, ma anche nella loro tenacia. Sono persone che non riescono ad arrivare, che si scontrano con un sistema che fa di loro un po' quello che vuole (nell'attesa di una risposta da parte di una rivista per una pubblicazione o nella fatidica chiamata di Hollywood).

Era da un bel po' che non leggevo un romanzo così intenso e coinvolgente. Un romanzone, mi veniva da definirlo mentre lo leggevo, anche se forse questa definizione ha un senso sono nella mia testa. Un romanzo che parla di libri, parla d'America, portandotici proprio dentro, al bancone di un bar, in uno studio di Hollywood, nella casa di due scrittori a cui la scrittura sembra impedire di amarsi ancora. Ti porta dentro alle menti di questi scrittori che non sempre riescono a trovare un equilibrio tra scrittura e vita.

Bello, davvero davvero bello. E sono proprio contenta che Lethem l'abbia riscoperto e lo abbia fatto conoscere anche al pubblico. 


Titolo: I venerdì da Enrico's
Autore: Don Carpenter
Traduttore: Stefano Bortolussi
Pagine: 368
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: Frassinelli
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formato brossura: I venerdì da Enrico's
formato ebook:I venerdì da Enrico's

lunedì 1 febbraio 2016

Un gennaio di libri

Con un giorno di ritardo arriva il post di riepilogo del gennaio rampante. Avevo preso l'abitudine di pubblicarlo l'ultimo giorno del mese, ma per un piccolo contrattempo (che consiste in mare, cibo e passeggiate) arriva solo oggi.

© Gizem
Siamo già al 1° febbraio, porca miseria. Dico porca miseria perché oggi è un anno giusto giusto che ho smesso di ricevere uno stipendio fisso a fine mese (evento che mi avevo raccontato in questo post). Non dico che sono disoccupata, perché in realtà di lavoretti in questo anno ne ho fatti eccome, però, ecco, senza la certezza della cifra fissa e di quei contributi che tra 1500 anni mi avrebbero permesso di andare in pensione. Per festeggiare, questa settimana farò il mio tradizionale invio di cv alle case editrici: lo faccio più o meno ogni due mesi, di scegliere una settimana e mandare cv come se non ci fosse un domani. Per ora i lavori che ho trovato sono arrivati da altri canali, ma non si sa mai! (Case editrici che state leggendo, state pronte insomma!)

A questo proposito, ho finalmente pubblicato qui sul blog una pagina qui sul blog dove offro Servizi editoriali. Ci stavo pensando già da un po', vista anche l'esperienza accumulata in questi anni. E finalmente la pagina ha preso vita e spero porti presto grandi risultati.

Ma veniamo al blog e a come è stato il suo gennaio.

La primissima cosa da segnalare è sicuramente il primo incontro ufficiale del progetto Una valigia di libri, organizzato da me, da Claudia di Il giro del mondo attraverso i libri e da Stefania della Libreria sulla parola. Dopo la presentazione di dicembre, finalmente il 16 gennaio abbiamo dato il via agli incontri veri e propri. Ed è stato bellissimo sedersi a chiacchierare di libri, italiani in questo caso, e del mondo della lettura in generale insieme a persone così partecipi e così interessate. Potete leggere un piccolo resoconto dell'incontro e i libri che sono stati consigliati qui.
Inutile dire che non vedo davvero l'ora che arrivi il 20 febbraio per il secondo incontro (dedicato all'Europa!).

Direi comunque che in questo mese ho principalmente letto. Tra una lunga traduzione da consegnare, qualche gita con il lettore rampante e un paio di visite molto fruttuose al mercatino dell'usato di Chivasso, non c'è stato molto tempo per fare altro. Otto sono stati i libri di questo mese. Alcune belle letture, alcune un po' meno, ma nel complesso mi posso ritenere completamente soddisfatta.


I libri che ho letto a gennaio, meno due che sono in prestito!

Ecco qui un piccolo sunto di che cosa ho letto:

- FLORENCE GORDON di Brian Morton, edito da Sonzogno e tradotto da Maura Parolini e Matteo Curtoni: è stato il primo libro dell'anno e, devo ammettere a malincuore, la prima delusione. Mi aspettavo tanto da questo romanzo e dalla sua protagonista. E in cambio non ho ricevuto molto.

- SULL'ORLO DEL PRECIPIZIO di Antonio Manzini: un libricino piccino picciò, in una bella edizione Sellerio, che racconta in modo molto utopistico cosa potrebbe venir fuori dalla fusione tra Mondadori e Rizzoli. Troppo utopistico, forse.

- BELLA ERA BELLA, MORTA ERA MORTA di Rosa Mogliasso, edito da NN editore: un bel romanzo, che fa ridere e riflettere su una di quelle situazioni in cui personalmente spero di non trovarmi mai, ovvero la scoperta di un cadavere.

- TERAPIA DI COPPIA PER AMANTI di Diego De Silva, edito da Einaudi: il re delle pippe mentali è tornato ed è più in forma che mai. Bello, bello, bello.

- IL NUOVISSIMO GALATEO DEL BORZACCHINI di Giorgio Marchetti, edito da Ponte alle Grazie: mi sono mancate un po' di basi per comprendere appieno tutto quello che viene raccontato in questo libro, ma lo stile di Giorgio Marchetti e la storia del buon vecchio Ambrogio sono più che sufficienti per farmi dire che il libro mi è piaciuto molto.

- COME UNA PIETRA CHE ROTOLA  di Maria Barbal, edito da marcos y marcos e tradotto da Gina Maneri: un libro trovato per caso in un mercatino dell'usato e che, nella sua semplicità, mi è piaciuto tantissimo.

- BENGODI di George Saunders, pubblicato da minimum fax con la traduzione di Cristiana Mennella: anche in questo caso, forse non ho capito proprio tutto. Però lo stile di Saunders (e la bella nota introduttiva) valgono da soli tutto il libro.

- CARO LETTORE IN ERBA... di Gianluca Mercadante, pubblicato da Las Vegas edizioni: una bella  e ironica riflessione sullo stato della lettura e dei lettori di oggi, ma anche una critica diretta a certi atteggiamenti.

Il mio febbraio è iniziato con un bellissimo libro in lettura, I venerdì da Enrico's di Don Carpenter, che mi sta piacendo davvero molto.

E il vostro gennaio com'è stato?