venerdì 28 settembre 2012

IL GUSTO PROIBITO DELLO ZENZERO - Jamie Ford

Seattle. Nella cantina dell'hotel Panama il tempo pare essersi fermato: sono passati quarant'anni, ma tutto è rimasto come allora. Nonostante sia coperto di polvere, l'ombrellino di bambù brilla ancora, rosso e bianco, con il disegno di un pesce arancione. A Henry Lee basta vederlo aperto per ritrovarsi di nuovo nei primi anni Quaranta. L'America è in guerra ed è attraversata da un razzismo strisciante. Henry, giovane cinese, è solo un ragazzino ma conosce già da tempo l'odio e la violenza. Essere picchiato e insultato a scuola è la regola ormai, a parte quei pochi momenti fortunati in cui semplicemente viene ignorato. Ma un giorno Henry incontra due occhi simili ai suoi: lei è Keiko, capelli neri e frangetta sbarazzina, l'aria timida e smarrita. È giapponese e come lui ha conosciuto il peso di avere una pelle diversa. All'inizio la loro è una tenera amicizia, fatta di passeggiate nel parco, fughe da scuola, serate ad ascoltare jazz nei locali dove di nascosto si beve lo zenzero giamaicano. Ma, giorno dopo giorno, il loro legame si trasforma in qualcosa di molto più profondo. Un amore innocente e spensierato. Un amore impossibile. Perché l'ordine del governo è chiaro: i giapponesi dovranno essere internati e a Henry, come alle comunità cinesi e, del resto, agli americani, è assolutamente vietato avere rapporti con loro. Eppure i due ragazzini sono disposti a tutto, anche a sfidare i pregiudizi e le dure leggi del conflitto.

Se avete letto la recensione che ho scritto poco tempo fa su "Leggere Lolita a Teheran", saprete già che ci sono dei libri che hanno l'incredibile capacità di farmi sentire ignorante. Mi succede quando trattano, in forma più o meno romanzata, di situazioni o periodi storici di cui si parla troppo poco, di cui quasi si è persa la memoria, più o meno volutamente. E ogni volta che mi ritrovo a leggerne uno, una parte di me prova una profonda vergogna per quante poche cose davvero sa della vita e del mondo.
Ma i libri servono anche a questo, a portarci in in un mondo che non conosciamo e a farcelo a poco a poco scoprire, per quanto triste e doloroso possa essere.

"Il gusto proibito dello zenzero" di Jamie Ford rientra per me in questa categoria. Un romanzo molto dolce, delicato che racconta uno degli episodi della storia americana tra i più vergognosi che però, con il tempo, è caduto nel dimenticatoio, ovvero la vita dei giapponesi negli USA ai tempi di Pearl Harbor e della seconda guerra mondiale.
E per raccontarcelo sceglie lo sguardo neutro di due tredicenni, così da eliminare ogni giudizio politico diretto.  Henry Lee ha 13 anni, frequenta a Seattle una scuola per bianchi dove riceve un'educazione americana ed è costretto dal padre ad andare in giro con un distintivo che recita "Io sono cinese", perché possa essere distinto dai giapponesi. Questo non lo metterà al riparo dalle cattiverie e dalle umiliazioni che certi compagni gli infliggono. Un giorno, nella sua stessa scuola, comparirà una ragazza, Keiko. Lei è giapponese, solo d'origine in realtà perché nata in america, ma questo è sufficiente perché sia vittima anche lei di discriminazioni e umiliazioni. Tra i due nasce una forte amicizia, di quelle amicizie belle, intense e profonde che possono nascere solo a quell'età e che sono il preludio di un grande amore. La guerra però continua a imperversare e nella città vengono presi dei provvedimenti di "evacuazione" verso i giapponesi: sulla carta è un modo per proteggerli, in realtà vengono rinchiusi in dei campi di prigionia, sorvegliati da soldati. Anche Keiko e la sua famiglia saranno costretti ad andarsene, senza poter portare con loro quasi nulla. Abbandoneranno la maggior parte dei loro averi nello scantinato dell'hotel Panama. Henry però non riesce a lasciarla andare e, in contrasto aperto con in suoi genitori, decide prima di andarla a trovare e poi di instaurare con lei una corrispondenza infinita. Insomma, decide di aspettarla, perché la guerra prima o poi dovrà finire. Ma le regole e le tradizioni a volte possono essere più forti di un'amore.

La narrazione si divide in due periodi temporali diversi. Inizia con un Henry in pensione, che ha appena perso la moglie di cancro e che fatica a relazionarsi con il figlio. Un giorno, passando davanti all'hotel Panama, scoprirà che le cose nascoste tanti anni fa dai giapponesi in fuga sono ancora lì. Il secondo piano di narrazione è ambientato nel passato, negli anni della guerra, e racconta di quanto sia stata difficile per l'uomo la vita in famiglia, con un padre troppo legato alla tradizione, convinto di figlio,  racconta dell'amicizia di Henry con un saxofonista di colore e, soprattutto, racconta del suo incontro con Keiko e di tutto quello che è stato.

E' un libro molto dolce e molto toccante, che ti tiene incollato alle pagine e ti fa aprire gli occhi su una parte di storia di cui non si parla quasi mai. Una storia d'amore, certo, ma che nasconde molto di più e che non cade mai nella banalità (ok, forse solo un pochino alla fine). Mi ha commosso, tantissimo, al punto da avere le lacrime agli occhi, come non mi succedeva da un po'.
 E mi ha anche obbligato a pormi delle domande, più o meno profonde: sul senso di appartenenza a una nazione e a una cultura, su come si possa (ANCORA OGGI) classificare come straniere persone che hanno si origini lontane ma che sono nate e hanno vissuto sempre nello stesso posto. Ma anche su quanto profondo possa davvero essere un amore e su quanto sia difficile per chi ci circonda e ci ama accettarlo.

Ve lo consiglio caldamente!

Nota alla traduzione: ci sono parecchi calchi e qualche problema di editing. Da rivedere.

Titolo: Il gusto proibito dello zenzero
Autore: Jamie Ford
Traduttore: Laura Noulian
Pagine: 372
Anno di pubblicazione: 2010
Editore: Garzanti
ISBN:978-8811682356
Prezzo di copertina: 9,90 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Il gusto proibito dello zenzero

mercoledì 26 settembre 2012

DUE TITOLI, UN SOLO LIBRO: ma perché? #2

Protagonista della puntata di oggi della rubrica "Due titoli, un solo libro: ma perché?" è un'autrice che io amo molto e di cui ho letto quasi tutto: Joanne Harris.
Dopo essersi fatta una buona fama in Italia e all'estero grazie a "Chocolat" (che se per qualche bizzarro motivo non avete ancora letto, vi consiglio assolutamente) e alla trasposizione cinematografica che ne è stata tratta, Joanne Harris è poi diventata un'autrice molto amata, di cui si attendono sempre con ansia i nuovi romanzi.

Ho letto nel corso degli anni diverse sue opere, che a volte mi hanno entusiasmato altre convinto di meno. Ma rimane comunque a mio avviso un'autrice molto dotata, in grado di creare trame e situazioni molto ben caratterizzate.

Non serve fare però una ricerca troppo accurata per scoprire che praticamente tutti i titoli originali dei suoi romanzi, editi in Italia dalla Garzanti, sono stati spesso totalmente stravolti in traduzione. E la domanda, la solita, è: perché?
Come esempio, vi porterò tre delle sue opere che ho letto: due mi erano piaciute molto, una per niente.

BLACKBERRY WINE ovvero VINO PATATE E MELE ROSSE


Uscito nel Regno Unito nel 2000 e pubblicato lo stesso anno in Italia da Garzanti, con traduzione di Laura Grandi, il romanzo è ambientato in parte in Inghilterra, a Pog Hill nei pressi di una vecchia stazione, ed in parte nella campagna francese, a Lansquenet, un paesino ricco di frutteti e vigne vicino a Marsiglia. Le due ambientazioni hanno come filo conduttore il protagonista Jay, bambino in Inghilterra e poi adulto nelle pagine ambientate nella campagna provenzale.

In questo caso, la differenza di titolo non è troppo marcata. Certo, la traduzione letterale "Vino di more", avrebbe potuto avere, a mio avviso, un certo effetto anche in italiano e si sarebbe adattata altrettanto bene a quanto descritto nel libro. Nella versione italiana si sceglie di dare un titolo più lungo, forse più evocativo mettendo insieme tanti piccoli elementi (a tratti insignificanti, tipo le mele) che compaiono nel libro, invece che puntare solo su quello principale.

SLEEP, PALE SISTER ovvero IL FANTE DI CUORI E LA DAMA DI PICCHE

Uscito nel 1993 sia nel Regno Unito sia in Italia, e poi per anni caduto nel dimenticatoio (io l'ho letto,ed effettivamente c'è un motivo se non ha avuto tanto successo), è secondo me uno dei casi più efficaci di come troppo spesso i titoli italiani possano essere fuorvianti e ingannare in qualche modo il lettore. E' da quando ho scoperto quale fosse il titolo originale che mi sto chiedendo come abbia fatto "Sleep, pale sister" ("Dormi, pallida sorella") a diventare "Il fante di cuori e la dama di picche". Ok, la traduzione letterale avrebbe forse fatto pensare a un libro con protagonisti dei pellerossa, ma quello italiano si allontana troppo dal senso del libro. Certo, la magia è una componente essenziale della trama e ogni tanto si fa affidamento alle carte per predire il futuro e il destino, ma il fulcro della vicenda è una donna, chiusa in sé stessa e depressa, malata e rancorosa. Non siamo mica al luna park.


GENTLEMEN & PLAYERS ovvero LA SCUOLA DEI DESIDERI

Quest'ultimo esempio è quello che mi ha sconvolto di più. Anche in questo caso, il libro e la sua traduzione in italiano, sempre per Garzanti e sempre con traduzione di Laura Grandi, sono usciti lo stesso anno, nel 2005.
Innanzitutto ci tengo a dire che questo è un romanzo meraviglioso, forse il migliore della Harris (sì, anche di Chocolat), per la sua bravura nell'articolare la trama, nel creare la giusta suspance e per quell'incredibile colpo di scena che mi aveva completamente spiazzata.
Cosa sia successo però al titolo non riesco proprio a capirlo. Certo, il romanzo è ambientato in una scuola. Certo, i protagonisti, uno in particolare, nascondono e desiderano qualcosa. Però dai! Il titolo così ("Gentiluomi e giocatori") è stato completamente stravolto e banalizzato, e lascia intendere qualcosa di completamente diverso.

Questi sono solo tre esempi, quelli che mi hanno colpito di più, dei cambiamenti di titolo che i romanzi della Harris subiscono spesso (si potrebbero citare anche "The Lollipop shoes" diventato "Le scarpe rosse", o "Coastliners" ovvero "La spiaggia rubata") senza che si possa trovare una vera giustificazione.


Prima di scrivere questo post ho inviato un'email alla Garzanti per chiedere chiarimenti sulla loro politica di scelta dei titoli. Sono convinta, infatti, che gli editori non scelgano a caso e che, anche dietro a quei titoli che a me (ma penso anche a molti altri di voi) risultano completamente privi di senso, ci sia una riflessione lunga e ponderata. Vuoi che sia la moda, vuoi che siano strategie di marketing ben precise, vuoi che sia semplicemente un'emozione diversa che il libro ha lasciato in chi l'ha letto per primo per decidere di pubblicarlo. Fatto sta che ci deve essere un motivo. E chi meglio di chi ha assegnato il titolo può spiegarcelo?
Per ora non ho ricevuto risposta, ma confido che arriverà presto.

martedì 25 settembre 2012

IL SENSO DELL'ELEFANTE - Marco Missiroli


La devozione verso tutti i figli, al di là dei legami di sangue: è il senso dell'elefante, codice inscritto in uno dei mammiferi più controversi, e amuleto di una storia che comincia in un condominio di Milano. Pietro è il nuovo portinaio, ha lasciato all'improvviso la sua Rimini per affrontare un destino chiuso tra le mura del palazzo su cui sta vegliando. Era prete fino a poco tempo prima, ora è custode taciturno di chiavi e appartamenti, segnato da un rapporto enigmatico con uno dei condomini, il dottor Martini, un giovane medico che vive con moglie e figlia al secondo piano. Perché Pietro entra in casa di Martini quando non c'è? Perché lo segue fino a condividere con lui una verità inconfessabile? Il segreto che li unisce scava nel significato dei rapporti affettivi, veri protagonisti di un intreccio che si svela a poco a poco, arrivando all'origine di tutto: una ragazza conosciuta da Pietro quando era un sacerdote senza Dio, in una Rimini dura e poetica, a tratti felliniana. Qui inizia questa storia che accompagna i suoi personaggi nella ricerca di un antidoto alla solitudine dei nostri tempi, verso una libertà di scelta, e di sacrificio. In questo romanzo Marco Missiroli va al cuore della sua narrativa, raccontando il sottile confine tra l'amore e il tradimento, il conflitto con la fede e la dedizione verso l'altro. A partire da una semplice, terribile domanda: a che cosa siamo disposti a rinunciare per proteggere i nostri legami?


E poi ci sono quelle recensioni che sono difficili da scrivere perché sai  già che a parole non riuscirai mai ad esprimere tutto quello che un libro ti ha fatto provare e ti ha lasciato. Quelle recensioni in cui ti verrebbe da scrivere solo "Leggetelo, leggetelo e basta", perché solo così potrete capire anche voi.
"Il senso dell'elefante" di Marco Missiroli è uno di quei libri che si possono recensire solo così. Uno di quei libri in cui ti immergi e da cui puoi uscire solo quando lo hai finito. Uno di quei libri che ti entra dentro, a fondo, sempre più a fondo, e che probabilmente non se ne andrà più.

Tutta la storia ruota attorno a un condominio di Milano, di cui Pietro, ex prete di Rimini, è da poco diventato portinaio. L'interesse dell'uomo è rivolto principalmente verso una famiglia di condomini: i Martini. Oncologo pediatrico lui, organizzatrice di eventi lei, una bambina di pochi anni a completare il quadretto. E' evidente fin da subito che qualcosa lega Pietro con il dottor Martini, ed è proprio su questo misterioso legame che si basa la storia. Entrambi nascondono un segreto, grande e schiacciante, di cui a poco a poco anche il lettore viene a conoscenza, tramite flashback del passato e dolorose finestre sul presente.
La storia però non sarebbe così bella e intensa se non ci fossero anche gli altri condomini. L'avvocato Poppi, artefice dell'arrivo di Pietro, omosessuale che vive nel ricordo e nel dolore della perdita del compagno. Paola e il figlio "strambo" Fernando, che hanno da poco perso marito e padre, e che cercano di andare avanti come possono. Pietro, in un modo o nell'altro, aiuterà tutti, riparando così quello sgarbo che in passato ha fatto a Dio e sé stesso.

Il romanzo tratta tanti temi importanti: il rapporto con Dio e con la fede, la malattia e l'impotenza che ne deriva, l'eutanasia e il tradimento, e l'amore... l'amore tra due persone, indipendentemente dal sesso: uomo e donna, uomo e uomo, madre e figlio, padre e figlio. Amori grandi, amori immensi che sopravvivono a tutti e che danno una ragione per vivere. O per morire.

Dovete leggere questo libro anche se lo stile di Missiroli a volte potrà risultare un po' ostico (all'inizio ho fatto un po' di fatica ad abituarmi al costrutto di certe frasi). Dovete leggere questo libro anche se è un libro triste e voi non li amate molto, perché parla di vita, di vita vera e di quei piccoli momenti di felicità che anche nella tristezza si possono trovare.
Insomma, dovete leggere questo libro!

Titolo: Il senso dell'elefante
Autore: Marco Missiroli
Pagine: 235
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: Guanda
ISBN:978-8860887559
Prezzo di copertina: 16,50€
Acquista su Amazon:
formato brossura: Il senso dell'elefante

lunedì 24 settembre 2012

L'ETA' DEI MIRACOLI- Karen Thompson Walker

È un sabato mattina quando gli esperti comunicano al mondo la notizia: la Terra ha iniziato a girare più lentamente. I giorni e le notti si allungano, prima di pochi minuti, poi di ore. Nessuno sa perché, nessuno sa come comportarsi. E nessuno intuisce quale catastrofe si sta preparando dietro questo inspiegabile mutamento. Julia è appena una ragazzina quando questo succede. Intorno a lei tutto cambia rapidamente: le leggi della gravità non sono più le stesse, gli uccelli smettono di volare, le balene spiaggiano, bruciano i raccolti. Compare una nuova malattia chiamata "sindrome da rallentamento". Ma alla catastrofe che sta colpendo il pianeta si aggiungono in lei i turbamenti dell'adolescenza. Mentre il mondo impaurito si divide tra coloro che continuano a seguire l'ora dell'orologio e quelli che si regolano con la luce del sole, Julia cerca la sua strada, il suo futuro, se stessa, vuole la sua vita, nonostante tutto: nonostante la migliore amica che decide di non vederla più, nonostante le crepe nel matrimonio dei genitori, nonostante la solitudine, e il primo amore. Intanto il rallentamento, inesorabile, continua...

Appena ho chiuso questo libro ieri sera, sapevo già che avrei avuto delle serie difficoltà a scriverne un commento. E anche quando sono arrivata a lavoro stamattina e ho restituito il volume al mio collega che me lo aveva prestato, alla sua domanda "ti è piaciuto?" ho dovuto rispondere che ci devo pensare ancora un po' su. E mi consola sapere che anche lui, che lo ha finito quattro o cinque giorni fa, ancora non è in grado di stabilire se si tratta di un bel libro oppure no.
Premetto che da sola probabilmente a questo romanzo non mi sarei nemmeno avvicinata. Ne ho letto su diversi blog ma non aveva attirato più di tanto la mia attenzione. Poi questo mio collega ha iniziato a leggerlo, a parlarmene e alla fine me l'ha passato.

Il genere catastrofico è un genere che amo molto a livello cinematografico: mi esalto un sacco quando il ghiaccio insegue i ragazzi che scappano a nascondersi in biblioteca in The Day After Tomorrow, quando l'astronave aliena si posiziona proprio sulla Casa Bianca in Indipendence Day o quando l'arca va a sbattare contro l'Everest in 2012. Tanto arriveranno Will Smith, Bruce Willis od Optimus Prime a salvare la terra.
Con lo stesso genere  nei libri ho invece qualche difficoltà in più. Sarà che i libri mi hanno sempre influenzato di più e quindi riescono anche a trasmettermi molta più ansia. Sarà che ne ho letti veramente pochi ascrivibili a questo genere ("The road" di McCarthy è l'unico che mi viene in mente). Fatto sta che non sono in grado di dire se questo mi sia piaciuto oppure no.

Un giorno, senza un motivo apparente, la Terra inizia a girare più lentamente. Aumentano le ore di sole, così come quelle di buio, con conseguenze catastrofiche per ogni forma di vita. I primi a risentirne sono gli uccelli: la forza di gravità sta cambiando e non riescono più a volare. Poi l'agricoltura, perché troppe ore di luce alternate a troppe ore di buio impediscono a qualunque cosa di crescere. E poi l'uomo, che patisce di rimando tutti questi cambiamenti e che rimane sballottato dalla lunghezza di queste giornate, dall'alternarsi di caldo cocente, durante le ore di sole, e di freddo pungente in quelle di buio. Il mondo si divide tra chi decide di seguire comunque l'ora dell'orologio e chi invece si regola con quella del sole: due scelte entrambe difficili da seguire. Le persone iniziano ad ammalarsi, di una sindrome inspiegabile legata a questo dilatarsi del tempo.
 A raccontarci tutto ciò è Julia, una ragazzina dodicenne alle prese con i cambiamenti e i turbamenti tipici di quell'età. Quella solitudine, quell'insicurezza, quel senso di inadeguatezza che sono il corpo che sta cambiando è in grado di dare trasformano Julia in un essere solitario, in balia della cattiveria degli altri adolescenti più forti e sicuri di sé. Non aiuta la situazione della sua famiglia, con la madre presa da un'ansia incontenibile e il padre che a poco a poco si sta allontanando. Per un pochino, sarà l'amore, quello semplice e puro che solo a dodici anni si può provare, a tenerla a galla. Fino a quando il rallentamento non si porterà via anche quello.
Ma il tempo continua a dilatarsi, le persone ad ammalarsi, il mondo a crollare a poco a poco su se stesso. E nessuno riesce a trovare la soluzione.

Il libro riesce effettivamente a trasmettere un'ansia incredibile. A tratti però ho trovato lo stile dell'autrice un pochino irritante: frasi asciutte e dirette, anticipazioni del futuro che però poi vengono lasciate a sé stesse. Pensandoci bene però sono abbastanza convinta che anche questa irritazione sia qualcosa di voluto e di funzionale al senso di frustrazione che la storia infonde, sia nei personaggi che la stanno vivendo, sia di rimando in chi la legge: nessuno sa spiegarsi cosa sta succedendo alla terra, nessuno sa quanto durerà, nessuno sa quanto si potrà resistere.
Raccontare quello che succede tramite lo sguardo di una ragazzina adolescente è stata forse una scelta un po' azzardata: al mondo che sta andando a rotoli, si sommano i turbamenti tipici di quell'età, in cui capire perché si è così impopolari è quasi più importante che capire perché il mondo sta finendo. L'autrice riesce però a gestire abbastanza bene questa sua scelta, sebbene abbia fatto di Julia un personaggio un po' troppo problematico, un po' troppo solo e isolato dal mondo, anche per essere un adolescente (e ve lo dice una che non è mai stata poi tanto popolare...)

Comunque, stamattina, quando mi sono alzata e ho visto che fuori era tutto grigio, ammetto che un po' di angoscia mi sia venuta.

Nota alla traduzione: una nota del traduttore per spiegare cosa sia l'area 51 mi sembra quasi un insulto all'intelligenza del lettore. Per il resto, nulla da dire.


Titolo: L'etàà dei miracoli
Autore: Karen Thompson Walker
Traduttore: S. Stramenga
Pagine: 272
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: Mondadori
ISBN:978-8804615088
Prezzo di copertina: 18,50€
Acquista su Amazon:
formato brossuraL'età dei miracoli

domenica 23 settembre 2012

Sul comodino #6

Un po' di nuovi libri sono approdati sul mio "comodino" in questa settimana. Due mi sono stati prestati, due li ho acquistati io approfittando di una megaofferta presso un supermercato locale (ne avrei presi molti di più se solo ci fossero stati titoli che mi ispirassero!)
Su quattro libri, solo uno era davvero presente nella mia wish list... che quindi di questo passo non si sfoltirà mai.

Ecco i nuovi arrivi:


"L'età dei miracoli" di Karen Thompson Walker: ne avevo sentito parlare in qualche blog, poi un mio collega giovedì è arrivato e mi ha detto "tieni, ti presto un libro". Lui non è stato bene in grado di stabilire se gli sia piaciuto oppure no. Parla di adolescenti in un mondo che sta per finire. Io l'ho già iniziato (sono quasi alla fine in realtà) e trovo che lo stile sia un tantino irritante, ma forse volutamente...

"Il senso dell'elefante" di Marco Missiroli: arrivato in prestito da una mia amica, questo è l'unico dei quattro che avevo in wish list. Mi ispirano molto il titolo e la copertina e spero che la trama sia all'altezza di entrambi.

"Il gusto proibito dello zenzero" di Jamie Ford: questo romanzo era nella mia wish list qualche tempo fa. Poi, visto che ogni tanto faccio pulizia senza averne acquistati (ci sono libri che finiscono in wish list per la foga del momento e poi dopo un po', ripensandoci, li tolgo). Ieri però l'ho visto, scontato del 40%, e ho deciso di acquistarlo. Vedremo!

"Nessuno si salva da solo" di Margaret Mazzantini: io con questa donna ho un rapporto strano. Nel senso che ogni volta che esce un suo nuovo romanzo ne vengo attratta come una calamita. Poi però mi ricordo dello shock che mi aveva provocato "Non ti muovere". Forse l'ho letto che ero troppo piccola, fatto sta che mi aveva traumatizzato. Questa volta ho deciso di rischiare, perché il titolo di questo mi piace davvero tantissimo ed è giunta l'ora (e l'età giusta anche) di dare alla Mazzantini una seconda possibilità.

Alla prossima! 

venerdì 21 settembre 2012

LEGGERE LOLITA A TEHERAN- Azar Nafisi

Nei due decenni successivi alla rivoluzione di Khomeini, mentre le strade e i campus di Teheran erano teatro di violenze barbare, Azar Nafisi ha dovuto cimentarsi nell'impresa di spiegare a ragazzi e ragazze, esposti in misura crescente alla catechesi islamica, una delle più temibili incarnazioni del Satana occidentale: la letteratura. È stata così costretta ad aggirare qualsiasi idea ricevuta e a inventarsi un intero sistema di accostamenti e immagini che suonassero efficaci per gli studenti e, al tempo stesso, innocui per i loro occhiuti sorveglianti. Il risultato è un libro che, oltre a essere un atto d'amore per la letteratura, è anche una beffa giocata a chiunque tenti di proibirla.

Ho delle serie difficoltà a scrivere una recensione a questo libro. Che forse rispecchiano un po' quelle che ho avuto nel leggerlo e che mi hanno fatto impiegare più tempo del solito per poterlo finire.
La prima cosa che bisogna mettere assolutamente in chiaro, prima di poter dire qualunque altra cosa, è che questo libro è un capolavoro. Non tanto per la qualità della scrittura (che è comunque notevole), quanto per quello che racconta e per quello che rappresenta. La letteratura è una via di fuga, un'ancora di salvezza, un piccolo angolo di paradiso anche quando ci troviamo all'inferno. Lo è per noi, che viviamo in un mondo relativamente sicuro, almeno per quello che riguarda la nostra sopravvivenza. Un mondo in cui la parità tra uomini e donne c'è, magari non in tutti i settori, magari non tutti ci credono, ma c'è. Lo è per noi che siamo potute andare (scusate, mi viene da parlare al femminile) all'università, che possiamo andare in giro truccate e con le gonne corte. Per noi che non verremo mai denunciate se andiamo in giro con un uomo che non è nostro marito/fratello/padre. Per noi che, se non fosse per i soldi, possiamo muoverci liberamente per il mondo.
Immaginate cosa possa essere allora la letteratura per quelle persone, quelle donne soprattutto, che non possono fare quasi nulla di quanto ho descritto sopra. Anzi, che addirittura trovano difficile poter leggere quello che vogliono quando vogliono, perché il loro governo, la loro religione o entrambe le cose proibiscono  o censurano anche le cose più banali, come leggere, basandosi su motivazioni insensate e futili. I libri occidentali sono contro la morale, i libri occidentali istigano a comportamenti impudici e scorretti. Soprattutto se sei una donna, e quindi più facilmente influenzabile.

Azar Nafisi in questo libro ci racconta la sua esperienza personale, di insegnante iraniana che vive nei decenni successivi alla rivoluzione (siamo negli anni 80' circa) e che cerca di vivere secondo i suoi principi in un mondo in cui è sempre più difficile farlo. Insegna letteratura all'università e in aula si trova spesso studenti pronti a denunciarla se qualcosa di quello che insegna non è coerente con i principi della catechesi islamica. Quando sarà poi costretta a lasciare l'università, creerà un piccolo club del libro segreto, invitando a partecipare solo studentesse donne, quelle che nel corso dei suoi anni di insegnate ha considerato più intelligenti, più interessate, più in grado di poter capire il vero potere della letteratura. Durante questo club, si parlerà di Lolita, si parlerà di Jane Austen ma si parlerà anche e soprattutto della difficoltà della vita delle donne in Iran, di mariti violenti, di matrimoni combinati, di violenze fisiche e psicologiche che ogni giorno per motivi futili queste donne sono costrette a vivere. Si parlerà della voglia di riscatto, di fuggire ma anche della paura di farlo. E si parlerà d'amore. 

Come vi ho detto, il libro è davvero un piccolo capolavoro. E da dove sono arrivate allora le mie difficoltà di lettura? Beh, principalmente dalla mia totale ignoranza. Ignoranza in fatto di letteratura (pur avendo letto tre dei quattro romanzi di cui si parla principalmente: "Lolita", "Il grande Gatsby" e "Orgoglio e Pregiudizio"... mi manca "solo" quelli di James) perché non sarei mai in grado di parlare così tanto e così bene di un romanzo e di collegare alla società attuale. E ignoranza soprattutto in fatto di Islam e dei paesi del medio oriente: so quel poco che viene detto ai telegiornali, nulla di più. Certo so a grandi linee qual è la situazione delle donne in quei paesi, quanto è difficile farsi una vita ed essere libere. Ma null'altro. Quindi è stato davvero difficile immergersi in questo libro. Ho dovuto informarmi, cercare di capire per poter poi rielaborare il tutto.
E devo ammettere che ne è valsa la pena.

"Se mi rivolsi ai libri fu perché erano l'unico rifugio che conoscevo, ciò di cui avevo bisogno per sopravvivere, per proteggere una parte di me che sentivo sempre più in pericolo."

Nota alla traduzione: ho un piccolo dilemma linguistico stupidissimo, davvero una cavolata nel mezzo di una traduzione assolutamente ben fatta. Ma "millefoglie" (intesa come la torta) è maschile o femminile? Io ho sempre detto "la millefoglie"... A parte questo, davvero un ottimo lavoro.


Titolo: Leggere Lolita a Teheran
Autore: Azar Nafisi
Traduttore: R. Serrai
Pagine: 379
Anno di pubblicazione: 2007
Editore: Adelphi
ISBN:9788845918810
Prezzo di copertina: 10€
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formato brossura: Leggere Lolita a Teheran

mercoledì 19 settembre 2012

DUE TITOLI, UN SOLO LIBRO: ma perché? #1

Ho deciso di aprire una nuova rubrica nel blog che avrà come argomento una questione a cui tengo molto, perché mi fa sempre arrabbiare: la traduzione dei titoli dei libri.

Avete presente quando acquistate un libro, con un titolo magari bellissimo, e poi, man mano che andate avanti a leggere, vi accorgete che suddetto titolo non c'entra assolutamente niente con quello che state leggendo? Ecco. L'idea di questa nuova rubrica (a cui cercherò di dare una cadenza fissa...) è questa: stanare questi libri, fare un confronto con il titolo originale e provare, se possibile, a cercare di capire perché è stato scelto di cambiare il titolo in traduzione e se la scelta è stata azzeccata oppure no.

Ci tengo però, come traduttrice per ora mancata, a sottolineare che non è assolutamente colpa dei traduttori, che solo in rarissimi casi sono loro a stabilire il titolo. Quindi, non prendetevela con loro.

Ho deciso di iniziare con un classico, così da poter limitare al minimo, in questo primo post, ogni mio giudizio personale troppo concitato.
E quindi parliamo de: Il Giovane Holden di J.D. Salinger, romanzo uscito negli USA nel 1951, con il titolo "The Catcher in the Rye".




Il titolo originale allude a una strofa di una nota poesia scozzese di Robert Burns.  Il protagonista  del romanzo  interrogato dalla sorella Phoebe su cosa voglia veramente fare da grande, risponde, ispirandosi a una scena che viene evocata in questa poesia, "colui che salva i bambini, afferrandoli un attimo prima che cadano nel burrone, mentre giocano in un campo di segale". 
In inglese, l'espressione suona bizzarra per l'immagine che evoca ma è formata da termini comuni: catcher indica anche un ruolo nelle squadre di baseball, mentre rye  indica sia la segale sia un whiskey prodotto con questo cereale.

In questo caso non è difficile immaginare la difficoltà nella traduzione del titolo perché, oltre all'immagine bislacca, anche i termini usati non sono molto di uso comune. Se si fosse tradotto letteralmente sarebbe venuto fuori qualcosa tipo "Colui che prende nella segale", "Il raccoglitore nel campo di segale" o "Il raccoglitore nel whiskey", un'immagine assolutamente priva di senso.
Il libro è comparso per la prima volta in Italia nel 1952 presso la casa editrice Casini con il titolo "Vita da Uomo (Il giovane Holden)".  
Si sceglie di utilizzare il nome del protagonista e di dare una sorta di spiegazione del contenuto.
Nove anni dopo, nel 1961, la casa editrice Einaudi riprende in mano il libro, facendolo anche ritradurre da Adriana Motti, e decide di togliere la prima parte del titolo, lasciando solo "Il giovane Holden". La presenza dell'aggettivo giovane, a mio avviso, è sufficiente a lasciare intendere che si tratti di un romanzo di formazione.

Credo quindi che, in questo caso, la scelta del secondo titolo italiano, oltre che l'unica soluzione possibile e del tutto giustificata, sia anche molto azzeccata.


venerdì 14 settembre 2012

THE BRIGHTEST STAR IN THE SKY - Marian Keyes



In the top floor flat lives music exec Katie. She spends her days fighting off has-been rock stars and wondering how much cheesecake you’d need to eat yourself to death.
Below her, a pair of muscular Poles share with a streetwise cabbie named Lydia who has a sharp tongue, an even sharper brain but some unexpected soft spots.
On the first floor is Fionn – the gardener who prefers the company of parsnips to people. But he looks like a fairy-tale prince and when he’s offered his own television show, he’s suddenly thrust into the limelight.
And at the bottom of the house live Matt and Maeve, who are Very Much In Love and who stave off despair by doing random acts of kindness.
But a mysterious visitor has just landed at 66 Star Street and big changes are on the way. Old secrets are working their way to the surface, bringing love, tragedy and an unexpected optimism. And life will be different for everyone...

Innanzitutto scusatemi per la trama in inglese, ma ho letto questo libro in lingua originale e, quando mi sono messa a cercare se esistesse un'eventuale traduzione, mi sono resa conto che questa autrice in Italia è stata tradotta pochissimo. Ancora disponibili si trovano si e no quattro romanzi, sebbene la produzione di Marian Keyes in patria sia molto ma molto più ampia.
E devo ammettere che è davvero un peccato, perché questa autrice irlandese è proprio brava. I suoi libri sono apparentemente leggeli, apparentemente divertenti ma trattano anche, in mezzo alle situazioni buffe, anche temi molti forti.

In questo caso tutta la vicenda ruota intorno a una palazzina, all'indirizzo 66 Star Street di Dublino, e ai suoi abitanti. Ci sono Maeve e Matt, una giovane coppia sposata e innamorata che vive in una routine troppo perfetta e quasi morbosa. Ci sono Lydia, tassista venticinquenne, che divide la casa con due polacchi con i quali ha un rapporto di odio profondo. C'è Katie, pr quarantenne impegnata con Conall, un workaholic che non riesce vivere senza il suo blackberry. E c'è Jemina, un dolce vecchina in grado di far fare quello che vuole a chiunque, che vive con il suo cane e che ospiterà per quache giorno Fionn, il suo figlioccio arrivato in città per girare un programma di giardinaggio.
Di tutti questi personaggi ci viene raccontato qualcosa. Di Matt e Maeve il passato felice: da come si sono conosciuti fino al matrimonio e alla luna di miele. Ma anche le cose più oscure, quelle che li hanno ridotti a un punto di non ritorno. Di Lydia ci viene raccontato parte del suo passato, destinata a diventare tassista fin da bambina vista la sua famiglia, e del suo presente: la madre che non sta bene, i fratelli che lei odia e che negano l'evidenza, le sue storie d'amore tumultuose e le sue grandi passioni. Katie invece ci viene presentata come una quarantenne che teme di essere destinata a rimanere zitella a vita, al punto che nessuno riesce a spiegarsi come mai Conall si sia innamorato di lei. E' una donna che crede nell'amore e che combatte da sempre contro una famiglia che non crede molto in lei. A vegliare su tutti c'è Jemina, vera anima del palazzo: nessuno dei vicini ha mai interagito molto con gli altri, ma lei sa tutto di tutti, sa come consigliarli e cosa sia meglio per loro.
I personaggi, nel corso della storia, si ritrovano a interagire tra di loro. A parte i semplici saluti sulle scale, i pettegolezzi (e dai rumori che si sentono quando le pareti sono troppo sottili), i vari personaggi sanno poco o nulla gli uni degli altri, pur abitando nella stessa palazzina. Sarà una strana presenza, che aleggia tra loro senza mai palesarsi, che li porterà a poco a poco ad avvicinarsi, per poi essere tutti presenti nel momento più difficile.

Come vi dicevo all'inizio, la bravura di Marian Keyes sta nella capacità di raccontare cose drammatiche nel mezzo di situazioni quasi frivole. Come se entrambe le cose facessero necessariamente parte della vita e meritassero quindi la stessa attenzione. E il suo stile è fantastico, riesce a catturarti e a lasciarti in sospeso, al punto che si fa davvero fatica a mettere giù il libro. Ci si ritrova a chiedersi "cosa succederà adesso a questo?", "come risolverà il problema quest'altro?". E soprattutto "che cos'è questa strana presenza che aleggia nell'aria?" (io, quando l'ho scoperto, sono rimasta davvero sorpresa!)
Certo, l'aspetto amoroso forse a volte è un tantino esagerato (si prendono, si mollano, si amano, si odiano) ma è funzionale all'evoluzione che si ha in tutti i personaggi e consente anche di capire meglio certi loro aspetti.
Ho apprezzato molto anche il lieto fine, sia perché comunque non bisogna dimenticarsi che si tratta di una (ok, tante) storie d'amore sia per come è stato scelto si verificasse questo finale.

A me è piaciuto tanto! E se potete, vi consiglio davvero di leggerlo (sperando arrivi un giorno anche la traduzione italiana)


Titolo: The brightest star in the sky
Autore: Marian Keyes
Pagine: 640
Anno di pubblicazione: 2011
Casa editrice: Penguin
Acquista su Amazon:
formato brossura: The Brightest Star in the Sky

lunedì 10 settembre 2012

Libri che vorrei #1

Ho deciso di aprire una nuova rubrica in questo blog, in cui presentarvi i libri che, per un motivo o per l'altro, entrano nella mia wish list (sì, lo so, non è esattamente una rubrica originale...). 
Ovviamente si tratta di libri che a me piacerebbe leggere, e quindi non necessariamente si tratterà di novità o nuove uscite, ma capiterà anche di trovare romanzi un po' più datati.
Come sempre, anche la cadenza sarà casuale.

Il primo post però è comunque completamente dedicato alle novità. Sono riuscita infatti a recuperare una copia del nuovo "Il Libraio" (rivista letteraria che spero tutti conosciate) e ho trovato diversi romanzi interessanti che prima o poi spero di riuscire a procurarmi.

OGNI ISTANTE DI TE E DI ME  di Alex Campus (GARZANTI)
uscita prevista: 13 settembre 2012

Trama: Normandia, 1918. Léon e Louise amano pedalare controvento verso l'oceano. Verso quel piccolo antro tra gli scogli, sferzato dalle correnti, il loro rifugio, il loro nido. Lì, di fronte alla vastità dell'orizzonte, tutto è possibile. È possibile amarsi, con la spensieratezza e l'intensità dei loro sedici anni. È possibile immaginare un futuro insieme, lontano dalla guerra, dalle detonazioni, dalla morte. E sancire la loro unione con una promessa: "Ora e per sempre". Ma per quanto si illudano di tenerla lontana, la guerra è vicina, fin troppo vicina a loro. Sulla strada del ritorno una bomba li divide. Léon crede che lei sia morta e così Louise di lui. Eppure l'eco di quella promessa fatta tra le onde è destinata a durare ancora a lungo. Dieci anni dopo, a Parigi, mentre insorgono i presagi di una nuova guerra, Léon si è rifatto una vita. Ma una sera tutto cambia: il metrò è affollato, eppure nell'istante in cui i due vagoni si sfiorano, Léon la vede, nell'angolo del vetro libero vicino alla porta. Gli stessi occhi verdi, le lentiggini e i folti capelli scuri, l'immancabile sigaretta, come allora. Ne è sicuro: quella è la sua Louise. A separarli solo un metro d'aria e due finestrini. E due vite che hanno ormai preso direzioni diverse: lui ha moglie e famiglia, e lei ha scelto di stare da sola, fiera della propria indipendenza. Ma non importa. Anche se il futuro è pronto a dividerli di nuovo, ci sarà sempre un momento, un giorno, un istante in cui si rincontreranno.
Lo vorrei perché: mi piacciono un sacco sia il titolo sia la copertina. E amo le storie d'amore ambientate in periodi storici passati.


MIRTILLI A COLAZIONE di Meg Mitchell Moore (GARZANTI)
uscita prevista: 20 settembre 2012

TramaBurlington, Vermont. Il tavolo della colazione sembra un campo di battaglia. Uova strapazzate, mirtilli e briciole di pane sulla tovaglia. In salotto giocattoli sparsi a terra e il pianto di un neonato. Ginny e William credevano di aver smesso di fare i genitori. Pensavano di potersi godere in pace gli anni della loro vecchiaia: curare il giardino, scaldarsi alle chiacchiere serene dell'ultimo sole. Ma è bastato un solo weekend perché tutto cambiasse e la loro casa venisse improvvisamente invasa da tutti i loro figli. La prima a presentarsi è Lillian, in fuga da un marito fedifrago, con al seguito la sua bambina di tre anni Olivia e il neonato Philip. Poi Stephen, accompagnato dalla moglie che scopre proprio in quel momento che la sua gravidanza è a rischio ed è costretta all'immobilità immediata. E infine Rachel, la figlia minore, che ha perso il lavoro e non può più permettersi le scarpe costose e l'affitto nel pieno centro di Manhattan. Dovevano fermarsi solo pochi giorni, ma sono diventati ospiti a tempo indeterminato. William e Ginny hanno di fronte a loro una lunga, lunghissima estate in cui, fra piatti rotti, urla selvagge, ma anche la carezza tenera delle dita paffute di un nipotino, devono imparare a conoscere di nuovo i figli e i loro problemi, ormai molto più complessi di una caduta dalla bicicletta e un ginocchio sbucciato. Perché non si smette mai di essere genitori.
Lo vorrei perché: anche in questo caso, titolo e copertina sono state le prime cose ad avermi attirato. E poi i libri che narrano di famiglie incasinate mi hanno sempre affascinato, le trovo molto realistiche ed è molto facile identificarsi.


NEL NOME DELLO ZIO di Stefano Piedimonte (Guanda)
Trama:  Lo Zio è uno spietato boss della camorra. Ha però una fatale debolezza: il Grande Fratello. Non si perde una puntata del GF neanche quando è costretto a vivere in latitanza, braccato dall’agente di polizia Woody Alien (così soprannominato per la «bruttezza intellettualoide») che potrebbe incastrarlo grazie a un misterioso informatore. Allora i «guaglioni» dello Zio, scoperta l’identità del traditore, arruolano il pusher Anthony – ventenne incensurato, ma in compenso lampadato e depilato – per mandargli un messaggio dalla Casa. Dopo un estenuante addestramento, Anthony riesce a superare il provino ed entra nel cast. E sarà proprio lui a dare il colpo di… scena. La miscela delle situazioni e dei personaggi è di una comicità esplosiva. Grazie a una scrittura brillante, sottile, incalzante è impossibile staccarsi dalla pagina. Con il suo humour grottesco l’autore ha trovato un modo singolarissimo di raccontare, denunciandola, una realtà drammatica come quella napoletana: restituisce «operai e manager del crimine» alle loro fragilità, ai loro tic, al loro linguaggio, alla loro mostruosa quotidianità, e proprio per questo li tocca nel vivo.
Lo vorrei perché: la Camorra è un tema di cui si parla da sempre e che è stata spesso protagonista di romanzi e libri d'inchiesta. Non so se esistessero invece già romanzi humor che trattano di questo tema. E credo che anche l'ironia, il grottesco e la comicità possano essere dei validissimi strumenti di denuncia, che possono forse arrivare ancor più in profondità.



UN ATTIMO, UN MATTINO di Sarah Rayner (Guanda)
uscita prevista: 27 settembre 2012

TramaUn piovoso e freddo lunedì di febbraio sul treno che porta i pendolari da Brighton a Londra. Nei vagoni, visi assonnati, pensieri, preoccupazioni. All'improvviso, un uomo che sta viaggiando con la moglie si sente male. Inizia così, da un episodio quasi banale nella sua drammaticità, la storia intensa di Anna, Karen e Lou. Tre donne su quel treno, le prime due unite da una profonda amicizia, la terza una sconosciuta che per una serie di eventi fortuiti legati a quel dramma si avvicinerà a loro. Insieme affronteranno la settimana più dura della loro vita e insieme scopriranno che, se è vero che basta un attimo perché tutto vada in frantumi, la vita va avanti e ci chiede di tenere il passo.

Lo vorrei perché: ha una copertina che trovo davvero bellissima! E poi parla di donne, ma di donne normali, che affrontano problemi veri.



IL GHOSTWRITER di Zoran Zivkovic (TEA)
uscita prevista: 20 settembre 2012

TramaUna mattinata nello studio di uno scrittore. Sta per mettersi al lavoro quando riceve una mail da uno sconosciuto Ammiratore che gli chiede se è disposto a scrivere un romanzo che non verrà pubblicato a suo nome. "Ma come?! A me vengono a chiedere di fare il ghostwriter!" Comincia così una storia semplice, e al tempo stesso sempre più misteriosa, in cui Zivkovic si diverte a mostrare tutti i paradossi dello scrivere e del rapporto tra l'autore, il libro e il lettore. Per fortuna nello studio si aggira anche Felix, un saggio gattone, che finirà col portare un po' di buon senso
Lo vorrei perché: sebbene non abbia amato molto "Sei biblioteche", raccolta di racconti di questo autore, la trama di questo nuovo romanzo mi ispira tantissimo. Ha l'aria di essere un altro inno alla letteratura. E poi mi piacciono un sacco i gatti.

Il Libraio di questo mese è molto ricco di spunti, anche se a volte, leggendo le varie trame, si trovano molte similitudini (stanno tornando di moda i romanzi sull'olocausto). Questi sono quelli che hanno catturato maggiormente la mia attenzione: un paio li puntavo già da un po' ("Nel nome dello zio" e "Un attimo, un mattino"), altri sono state delle scoperte. Spero di riuscire presto a recensirli!

Per questo primo appuntamento è tutto! 

SE UNA NOTTE D'INVERNO UN VIAGGIATORE - Italo Calvino

Il libro è formato da dieci capitoli inseriti all'interno di una cornice: i singoli capitoli in realtà sono costituiti da dieci incipit di altrettanti romanzi. La storia della cornice, che si sviluppa parallelamente alla lettura dei diversi incipit, narra invece del Lettore (chiamato esplicitamente Lettore) e Ludmilla (la Lettrice), e della loro storia d'amore, che segue uno schema narrativo tradizionale in cui non manca il lieto fine.

Ho sempre un po' di timore quando devo recensire i classici, ancor più quando si tratta di quelli di autori italiani per i quali nutro una stima infinita. E Italo Calvino appartiene senza ombra di dubbio a questa categoria. E' un autore che più o meno indirettamente mi accompagna da tutta la vita. Da bambina, per farmi addormentare, una delle favole che mio papà mi raccontava più spesso era "L'orco con le penne", tratta dalla raccolta "Fiabe italiane" di Calvino uscita nel 1956. Alle medie ho divorato la trilogia de "I nostri antenati", innamorandomi perdutamente del visconte dimezzato; in seconda liceo ho partecipato a una rappresentazione teatrale in cui interpretavo il cavaliere inesistente, con tanto di elmo ricavato dalla scatola del pandoro. E poi, beh, c'è l'influenza più evidente, ovvero il titolo di questo blog. Volevo qualcosa che richiamasse la letteratura italiana, preferibilmente un libro che ho amato. Ed ecco che "I nostri antenati" mi sono di nuovo venuti in aiuto: e così da "Il Barone Rampante" è nata "La Lettrice Rampante".

Eppure, spesso capita che anche gli autori che amiamo di più, d'improvviso e solo in certi momenti, ci diventino particolarmente ostici e per poter leggere qualcosa di loro ci viene richiesto uno sforzo sovraumano. A me è successo con "Se una notte d'inverno un viaggiatore". Ho tentato di leggere questo "romanzo" tre volte nella mia vita, tutte e tre senza successo. Poi, sono finalmente riuscita ad arrivare alla fine. Anche se, anche in questo caso, devo ammettere che si è trattata di una lettura davvero faticosa.

La genialità di Calvino nel pensare e nello scrivere questo libro (un romanzo? un saggio?) è sicuramente evidente. Un Lettore inizia a leggere il primo capitolo di un romanzo, poi però, a causa di un errore di impaginazione, si ritroverà a leggere sempre la stessa pagina. Si reca allora in libreria per reclamare e gli viene dato il volume sostitutivo, che inizierà a leggere, finché non si renderà conto che anche in questo caso c'è qualcosa che non va. E così via, per altre 10 volte... Attorno a questi 10 romanzi, di cui ci viene solitamente fornito solo il capitolo iniziale, c'è una cornice in cui si narra del Lettore e di Ludmilla (la Lettrice) e della loro storia d'amore, inframmezzata da qualche colpo di scena sui romanzi che l'uomo sta cercando di leggere e a cui la donna è collegata.

Dopo un incipit semplicemente esaltante sulle abitudini di lettura di noi lettori (il romanzo è volutamente scritto in seconda persona singolare), ho faticato parecchio a lasciarmi conquistare da questo gioco di Calvino: la trama della cornice a un certo punto si ingarbuglia troppo, con il Lettore che si ritrova ad indagare su un'assurda organizzazione segreta che falsifica i libri d'autore. E anche dei dieci romanzi inseriti, alcuni sì sono appassionanti, altri invece noiosi.

Certo, ammetto di essermi davvero stupita alla fine, quando si svela in qualche modo il legame tra tutti i romanzi che il Lettore sta cercando di leggere, e ho davvero apprezzato il colpo d'ingegno dell'autore. Ma questo non è bastato a farmi piacere come avrei voluto e sperato quest'opera di Calvino, pur essendo senza ombra di dubbio un grande inno in onore dei libri e della lettura.
I tre tentativi falliti e il fatto di aver aspettato così tanto per riprovare, avrebbero forse dovuto farmi capire che questo romanzo non fa per me.


Ma poco male, tornerò ad arrampicarmi sugli alberi.



Titolo: Se una notte d'inverno un viaggiatore
Autore: Italo Calino
Pagine: 304
Anno di pubblicazione: 1979
Casa editrice: Mondadori
Acquista su Amazon:
formato brossura: Se una notte d'inverno un viaggiatore

mercoledì 5 settembre 2012

HI&LOIS - Mort Walker

Disegnata da Dick Browne su testi di Mort Walker, l'autore dei notissimi Beetle Bailey, Hi e Lois è una delle strisce che ha maggior successo in America. Narra le vicende comiche di una tipica famiglia del ceto medio che abita una casetta suburbana. Trae spunto di garbato umorismo dai rapporti ra i componenti della famiglia (padre, madre e quattro figli). Il personaggio più importante è Trixie, la neonata, che gioca e parla con i raggi di sole e i iocchi di neve, ma sa già giudicare con adulta maturità l'operato dei grandi che le stanno intorno. Il mondo di Hi e Lois è un mondo di favola, senza orchi e senza paure ancestrali; una favola sorridente, rassicurante.

Ho scoperto di avere una piccola passione per i mercatini dell'usato. Per le bancarelle che vendono i fumetti in realtà, perché sono rimaste l'unico posto in cui si possono trovare i fumetti vecchi della serie Oscar Mondadori. Sono i fumetti che leggevano i nostri genitori e che non hanno avuto, almeno qui in Italia, abbastanza successo da meritarsi delle ristampe più moderne. E' quello che è successo a Broom Hilda di Russell Meyer o a Blondie&Dagoberto di Chic Young, a Momma di Mell Lazarus e in parte anche al Mago Wiz di Johnny Hart, di cui pochi, pochissimi appassionati hanno sentito parlare.

Una delle mie scoperte più recenti che appartiene a questa categoria è Hi & Lois, fumetto creato da Mort Walker e illustrato da Dik Browne. Pubblicato per la prima volta negli USA il 18 ottobre 1954, questo fumetto nasce come sorta di spin off di Beetle Bailey, il celebre personaggio che ha reso famoso Mort Walker nel mondo. Lois è infatti la sorella di Beetle, presso cui il soldato scansafatiche trascorrerà alcuni dei suoi congedi, insieme al cognato e ai nipoti.

Hi e Lois Flagston rappresentano la tipica coppia della middle class americana degli anni '50 e '60. Casalinga lei, impiegato lui, vivono in una casetta nella periferia di una non ben identificata città insieme ai quattro figli: Chip, teenager pigro e disordinato come solo i teenager sanno essere; Dot e Ditto, i gemelli che frequentano la scuola elementare, e la piccola e morbida Trixie, amica di fiocchi di neve e raggi di sole. A completare il quadro c'è un buffo cagnone, i vicini di casa che incarnano anch'essi un altro esempio della famiglia americana di quell'epoca e due spazzini impiccioni-filosofi di vita che sanno tutto delle famiglie del quartiere grazie alla loro spazzatura.
Le vignette raccontano, in episodi di una o poche pagine, le vicende quotidiane della famiglia: c'è Hi, che al mattino non riesce mai ad alzarsi, che non va a lavoro finché non ha dato un bacio ad ogni membro della famiglia e che non può trascorrere un fine settimana tranquillo sul divano senza che la moglie lo stressi con i lavori in giardino.  C'è Lois, che si barcamena tutto il giorno tra piatti da lavare, bambini da sgridare, torte da sfornare e marito da rimproverare. Ci sono Chip e i gemelli, che incarnano perfettamente tutte le caratteristiche della loro età. E poi c'è la piccola Trixie, eletta dai più come vera protagonista del fumetto, che, come lo Snoopy di Schulz, con i suoi pensieri (non sa ancora parlare) sembra essere l'unica in grado di vedere le cose dalla giusta prospettiva.

Ci troviamo di fronte a un ritratto ben riuscito della famiglia americana della seconda metà del '900, con le prime piccole conquiste (la tv, la villetta a schiera, il frigo, l'automobile) e l'assenza di problemi gravi e irrisolvibili: le famiglie sono unite, tutti si vogliono bene e nessuno si sognerebbe mai di rompere questo idillio. E nemmeno i vizi, incarnati in questo caso dai vicini di casa, i signori Thurston, senza figli e con una pericolosa tendenza al litigio (e al consumo di alcool, tanto che il marito in italiano è diventato "Cicchetto") incrinano questa visione idilliaca, anzi la rendono ancor più completa.
E' davvero un peccato che in Italia, oltre a qualche apparizione sul Corriere dei Piccoli nelle vesti di Pippo e Lalla (ma chi cavolo traduceva i nomi propri?!?!), il fumetto non abbia attecchito. Forse il sogno americano era troppo lontano dalla visione e dalla mentalità italiana dell'epoca e quindi è stato difficile immedesimarsi. Fatto sta che oggi per leggere il fumetto in traduzione bisogna proprio puntare sui mercatini dell'usato (o su ebay) e sperare di trovare i due volumi pubblicati negli Oscar Mondadori, "Il mondo di Hi e Lois: la famiglia è un'avventura" pubblicato nel 1975 e "Hi e Lois: famiglia SpA" nel 1979, entrambi con la traduzione di Beppi Zancon (che per l'epoca ha davvero fatto un bel lavoro).

Se vi piace questo genere di fumetto, che alla fin fine altro non parla che di quotidianità, inserendoci quel pizzico di ironia che è presente nelle vite e nelle famiglie di tutti, cercate Hi e Lois in qualche bancarella (o leggetelo online in inglese). Vi assicuro che ne vale la pena.


IL NULLA QUOTIDIANO - Zoè Valdés

Patria, nata nell'anno primo della Rivoluzione castrista, viene "dall'isola che aveva voluto costruire il paradiso": il grande sogno si mescola alle urgenze del presente, alle difficoltà materiali, agli amori, alla rabbia e all'apatia, in un romanzo di cruda satira e vera passione.

Se avessi recensito questo romanzo a caldo, non appena l'ho finito ieri sera, sono abbastanza sicura che la mia recensione sarebbe stata decisamente negativa. Il primo pensiero che ho avuto chiudendo il libro infatti è stato: "Questa donna è matta". Linguaggio inutilmente sboccato e volgare, a volte troppo confusionario per narrare di un argomento che avrebbe potuto e dovuto essere interessante, la rivoluzione cubana.  D'altronde, che cosa c'entra con Cuba la vita amorosa di Patria, che si barcamena tra un ex marito che l'aveva completamente schiavizzata e un nuovo innamorato che a letto le fa vedere le stelle? Dov'è lo stato? Dov'è la rivoluzione?

Poi, riflettendoci con calma, mi sono resa conto che lo stato e la rivoluzione ci sono eccome. Certo, il libro non parla della rivoluzione castrista vera e propria, quella rivoluzione che nel '59 ha liberato Cuba da una dittatura per gettarla in un'altra. Parla degli anni successivi, di come è cambiata la vita e di come vive la gente, tra razionamenti, corrente che se ne va e non si sa quando torna, arresti ed esili più o meno volontari. A raccontarcelo è appunto Patria, protagonista del romanzo, che tramite un sorta di lungo stream of consciousness ci racconta la sua vita e i suoi legami. Il suo amore giovanile per il "Traditore", di mestiere filosofo un po' bohémien, incapace di convivere con se stesso e il proprio fallimento. Il suo lavoro in una rivista letteraria che non verrà mai pubblicata un po' perché non c'è la corrente elettrica un po' perché nessuno avrebbe i soldi per comprarla. Ci racconta del suo legame con l'amica Gusana, che si è sposata con un uomo brutto e grasso ma ricco e ora si ritrova a vivere in Spagna, nel tentativo e nel sogno di fuggire alla miseria. Ci parla della nostalgia che sente per Lince, poeta e intellettuale costretto a fuggire dopo essere stato più volte perseguitato e che ora, dall'esilio, sente la mancanza di Cuba. E ancora il suo rapporto di vero amore forse stavolta, con il Nichilista, un regista i cui film difficilmente vedranno la luce. E poi, ancora, i genitori, usciti di testa non appena si sono resi conto quali sono state le vere conseguenze della rivoluzione.

Sicuramente il libro sarebbe stato più bello e leggibile se fosse stato scritto meglio. La narrazione, oltre che inutilmente volgare, a volte è troppo macchinosa, troppo esplicita e facilmente ti porta lontano dal vero fulcro del racconto. Ho pensato diverse volte di abbandonarlo (e per abbandonare un libro di 140 pagine vuol dire che deve essere proprio brutto). Ma poi qualcosa mi ha trattenuto, quello che sono riuscita a leggere tra le righe, tra l'ansia e la disperazione della donna che alla fine altro non sono che l'ansia e la disperazione di tutta la nazione.
Non sono però riuscita a capire molto bene il senso del primo capitolo. Speravo si comprendesse nel finale, ma non è stato così.

Non consiglierei mai questo libro. Non vi direi mai di andare a comprarlo perché merita di essere letto, perché mentirei. Però, se per caso vi capita tra le mani (o non sapete qualche altro +1 comprare nella fantastica promozione 1+1 Giunti che spero duri ancora un po'), non buttatelo via.

Nota alla traduzione: pessima. La scelta delle parole volgari è completamente fuori tempo e fuori luogo e stona con l'ambientazione del romanzo. Da rivedere assolutamente.

Curiosità: leggendo questo libro ho scoperto una cosa bellissima, che voglio assolutamente condividere con voi. Ovvero questo:

Nei tabacchifici cubani è usanza assumere un lettore per intrattenere gli operai a lavoro con la lettura di romanzi e giornali

Titolo: Il nulla quotidiano
Autore: Zoé Valdés
Traduttore: Barbara Bertoni
Pagine: 168
Anno di pubblicazione: 2006
Editore: Giunti
ISBN:978-8807723773
Prezzo di copertina: 5,90 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Il nulla quotidiano

lunedì 3 settembre 2012

GLI INGREDIENTI SEGRETI DELL'AMORE - Nicolas Barreau

Le coincidenze non esistono. Aurélie Bredin ne è sicura. Giovane e attraente chef, gestisce il ristorante di famiglia, Le Temps des Cerises. È in quel piccolo locale con le tovaglie a quadri bianchi e rossi in rue Princesse, a due passi da boulevard Saint-Germain, che il padre della ragazza ha conquistato il cuore della futura moglie grazie al suo famoso Menu d'amour. Ed è sempre lì, circondata dal profumo di cioccolato e cannella, che Aurélie è cresciuta e ha trovato conforto nei momenti difficili. Ora però, dopo una brutta scottatura d'amore, neanche il suo inguaribile ottimismo e l'accogliente tepore della cucina dell'infanzia riescono più a consolarla. Un pomeriggio, più triste che mai, Aurélie si rifugia in una libreria, dove si imbatte in un romanzo intitolato "Il sorriso delle donne". Incuriosita, inizia a leggerlo e scopre un passaggio del libro in cui viene citato proprio il suo ristorante. Grata di quel regalo inatteso, decide di contattare l'autore per ringraziarlo. Ma l'impresa è tutt'altro che facile. Ogni tentativo di conoscere lo scrittore - un misterioso ed elusivo inglese - viene bloccato da André, l'editor della casa editrice francese che ha pubblicato il romanzo. Aurélie non si lascia scoraggiare e, quando finalmente riuscirà nel suo intento, l'incontro sarà molto diverso da ciò che si era aspettata. Più romantico, e nient'affatto casuale.

Sono arrabbiata. Arrabbiata nera. Perché non è possibile che un libro che inizia con la frase "L'anno scorso, a novembre, un libro mi ha salvato la vita" sia una cosa così insulsa. Davvero, non riesco proprio a capire come sia possibile.
Aspettavo da un sacco di tempo l'edizione economica di questo romanzo, perché è da quando è uscito che lo volevo leggere. Parla di cibo. Parla, seppur in modo indiretto, di libri. E' ambientato a Parigi, una città per cui non ho una particolare predilizione ma che comunque è sempre stata lo sfondo ideale per film, libri e romanticherie varie.

E invece, per me è stata una grandissima fregatura.
Mi aspettavo una storia d'amore leggera e spensierata, nulla di troppo impegnativo, ma che riuscisse a farmi trascorrere qualche ora divertendomi ed emozionandomi. E invece mi sono ritrovata di fronte a due personaggi insulsi e antipaticissimi, a una trama che, seppur originale e con del potenziale, non sta assolutamente in piedi nel modo in cui viene narrata, e alla voglia continua di lanciare il libro fuori dalla finestra.
Aurélie non ha mai letto un libro in vita sua. Poi un giorno, lasciata dal fidanzato e sull'orlo della disperazione, inizia a camminare e si ritrova di fronte a una piccola libreria. Entra e trova "Il sorriso delle donne", un romanzo ambientato a Parigi di un certo Robert Miller, autore inglese di cui si sa poco o nulla. Leggendo il libro si renderà ben presto conto di tutte le somiglianze che ci sono tra lei e la sua protagonista, che lavora in un ristorante che si chiama esattamente come il suo. La ragazza, che non crede nelle coincidenze, decide di voler a tutti i costi conoscere l'autore. D'altronde, con la sua narrazione, l'ha salvata dalla depressione. Si scontrerà però con un recalcitrante editor, André, che sembra voglia fare di tutto per non farli conoscere. 
E il motivo è semplicemente che in realtà Robert Miller non esiste e il romanzo è stato scritto da André stesso, che aveva notato una volta Aurélie nella vetrina del suo ristorante e ne era rimasto folgorato. L'uomo inizierà ad organizzare incontri, a portare avanti la bugia sull'esistenza dell'autore per far innamorare la ragazza di lui, fino a che ovviamente la verità non verrà scoperta.

Mi dispiace dirlo ma è davvero un libro scemo. Ad esempio, no, se André era rimasto tanto folgorato dalla ragazza, perché non è andato lui stesso a cercarla? Alla fin fine lavora in un ristorante, poteva avvicinarsi con una scusa qualsiasi... Poi, perché questa che non ha mai letto un libro in vita sua di colpo si trasforma in una stalker/groupie di un autore di cui non sa assolutamente nulla, al punto da inviargli immediatamente lettere, telefonare in casa editrice e dirsi perdutamente innamorata se nemmeno lo conosce?
E poi, ma perché questi due protagonisti devono essere così tanto antipatici???? Lui è uno spaccone troppo sicuro di sé, che cerca di fare il simpatico senza, a mio avviso, riuscirci  e che di colpo è innamorato perso di una donna che fino a un attimo prima quasi non si ricordava esistesse (ora, non so voi, ma dire "ti amo" a una che si è vista tre volte e subito dopo la prima notte insieme mi sembra un tantino TROPPO romantico) ed è disposto a tutto pur di conquistarla. Lei ha 33 anni e ne dimostra 15 nei suoi modi di fare. E' triste dopo la perdita del padre e depressa per il tradimento del suo compagno e cosa fa? Si innamora di un autore perché nella quarta di copertina la foto è venuta proprio bene.
E poi, in mezzo a tutto questo infiliamoci anche un po' di cibo e di ricette "d'amore" per completare bene il tutto.


Mi è stato detto che questo libro mi avrebbe fatto venire voglia di andare a Parigi. Ma non è successo, anzi, la città è quasi sprecata di sfondo a questa storia insulsa. Mi è stato detto che avrei trovato una storia d'amore leggera e piacevole ma è quasi peggio di quella dei rosa più rosa (che almeno sono consapevoli della loro stucchevolezza).


Ed è davvero un peccato che frasi come quella iniziale o come quella che si trova verso la fine, "La prima frase di un libro è come il primo sguardo tra due persone che non si conoscono", si trovino in un libro così.

Nota alla traduzione: a parte l'espressione "prenderemo la mucca per le corna" che secondo me non esiste, ho avuto di nuovo problemi con le frasi lasciate in francese. Ma questa è ovviamente ignoranza mia.


Titolo: Gli ingredienti segreti dell'amore
Autore: Nicolas Barreau
Traduttore: Monica Pesetti
Pagine: 237
Anno di pubblicazione: 2011
Editore: Feltrinelli
ISBN:978-8807723773
Prezzo di copertina: 8 €
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formato brossura Gli ingredienti segreti dell'amore