giovedì 4 giugno 2015

La mia GRANDE INVASIONE 2015

Ed eccomi qui, a due giorni dalla sua conclusione, a cercare di raccontarvi la mia Grande Invasione, il festival della lettura che ha popolato Ivrea dal 30 maggio al 2 giugno. Dico cercare, perché sono talmente tante le cose che ho fatto, le belle cose che ho fatto, che sicuramente mi perderò qualcosa per strada.
Scriverò un post unico che racchiude tutti gli eventi a cui ho partecipato perché credo sia il modo migliore per trasmettere quanto intensa è stata. Quanti begli incontri, quante belle persone, quante belle sensazioni si sono accumulate in quei quattro giorni.

Il container di La Grande Invasione in piazza Ottinetti a Ivrea

Il programma di quest’anno era parecchio ricco, ma per fortuna sono riuscita a seguire più o meno tutto quello che mi ero prefissata. A partire da sabato 30, con il primo incontro con Alessandro Baricco e Fabio Geda che hanno parlato dei libri della loro vita. Il cortile del museo Garda dove si è svolto l’evento era stracolmo. Ed è stato davvero bello vedere tutta quella gente per due scrittori. Ammetto di non aver segnato quali fossero i libri, anche se ne hanno indicati ben tre a testa (ma se cercate su twitter l’hashtag #invasione15 troverete tutto). Ho preferito ascoltare, ridere e applaudire come non mai. Ho rivalutato un po’ Baricco, di cui ho letto solo Novecento e che da sempre considero uno scrittore un po’ altezzoso, e mi sono metaforicamente innamorata di Fabio Geda, della sua umiltà e della sua simpatia (ha fatto un pellegrinaggio in America nella casa in cui hanno girato il film I Goonies, vi dico solo questo), al punto da farmi prestare uno dei suoi libri dall'amica che era con me). È bello vedere scrittori che parlano di altri scrittori e di altri libri. È bello vedere la loro passione, il loro entusiasmo e il loro rispetto per questi autori del passato che tanto hanno influenzato la loro vita. Mi piacerebbe essere in grado di parlare in quel modo degli autori che amo.

Alessandro Baricco e Fabio Geda

La sera di sabato siamo poi andati a sentire il reading di Francesco Piccolo Momenti di trascurabile (in)felicità, tratto dai suoi due libri dall'omonimo titolo pubblicati da Einaudi. Era una vita che volevo assistere a un evento con lui, dopo averlo incrociato spesso al Salone del Libro o per strada a Ivrea (e questo è uno dei motivi per cui più amo i festival letterari e le fiere, tu sei lì che ti fai i fatti tuoi e di colpo ti trovi davanti uno scrittore che si sta facendo altrettanto i fatti suoi, indisturbato) ma senza aver mai avuto il coraggio di fermarlo. È un personaggio e un uomo incredibile, almeno da quello che è apparso sul palco (per dirvi, prima di incominciare, oltre ad avvisarci personalmente che lo spettacolo avrebbe ritardato un po’, si è anche scusato per i ruttini che molto probabilmente avrebbe fatto, visto che stava bevendo una birra) e dal momento delle firme dopo. Ho riso tantissimo. Anche perché sono grande sostenitrice della felicità che le piccole cose ci posso lasciare, ma anche dello sconforto che ci possono provocare.

Francesco Piccolo

La domenica mattina, il 31 maggio, ho invece assistito al workshop di narrativa Tre tigri contro tre tigri: a tenerlo è stato Alessio Torino che ha analizzato insieme a noi il racconto Campo indiano di Ernest Hemingway. E di nuovo, si è vista la passione di Alessio Torino per questo autore e questo racconto. Una passione che è riuscito a trasmettere anche a noi, al di là dell’analisi del testo vera e propria, perché, come ha detto lui, “Hemingway può solo insegnare qualcosa, a tutti noi”.

I miei appunti del worshop su Campo indiano

Doppio incontro al pomeriggio. Il primo con Björn Larsson in conversazione in un perfetto italiano con Emilia Lodigiani di Iperborea, la casa editrice che lo pubblica in Italia. Di questo autore io non ho mai letto niente, ma ho in casa La vera storia del pirata Long John Silver, che il mio compagno ha letto. Beh, uscita dall'incontro, grazie alla sua simpatia (essere simpatici in una lingua che non è la propria, imparata “per poter parlare con voi lettori”, non è per niente semplice), le sue risposte intelligenti, il bello scambio con Emilia Lodigiani, con cui ripubblicherebbe mille volte, pur essendo un piccolo editore, mi hanno fatto venire voglia di recuperare tutti i suoi libri.
Björn Larsonn, Emilia Lodigiani e Marco Cassini

Subito dopo è stato il turno di Nickolas Butler, autore di Shotgun Lovesongs, in dialogo con la sua traduttrice Claudia Durastanti (e con un interprete molto brava, di cui purtroppo non ricordo il nome). A me il libro, lo confesso candidamente, non aveva fatto impazzire. Carino, sì, ma non era minimamente all'altezza delle mie aspettative. Sentendolo parlare, però, dell’importanza degli amici di infanzia, della propria terra di origine, del lasciarsi andare ai sentimenti senza aver paura di raccontarli o di viverli, mi ha fatto un po’ ridimensionare il giudizio sul libro. Effettivamente in Shotgun lovesongs tutto questo c’è. Anche lui è stato simpatico (“un mio amico ha detto che non ha voglia di leggere il libro, che aspetterà poi il film”) e molto carino, nel comprensibile e naturale impaccio della sua prima presentazione in Italia.
Claudia Durastanti e Nickolas Butler

Lunedì 1 giugno ho preso parte invece a soli due incontri, entrambi nel pomeriggio. Il primo è stato Esordire, in cui sono intervenuti Iacopo Barison, autore di Stalin+ Bianca edito da Tunué, e Mario Pistacchio e Laura Toffanello, autori di L’estate del cane bambino edito da 66than2nd, in conversazione con il giornalista di Linkiesta Andrea Coccia. Si è parlato di etichetta di esordienti e di come questa abbia più un valore prettamente commerciale che non reale. Si è parlato, di nuovo, della bellezza di essere pubblicati con piccoli editori (bellissimo il laconico “rifarei tutto” di Iacopo Barison) che ti considerano importanti e non semplicemente pescati a caso dal mucchio. E poi di editoria a pagamento e di autopubblicazione. Molto azzeccata è stata secondo me la scelta di non focalizzarsi sulla mera presentazione dei libri, ma far parlare gli autori di tutto ciò che c’è attorno, dal momento della scrittura alla pubblicazione. Il libro di Barison già l’ho letto, e ora leggerò sicuramente anche quello di Mario Pistacchio e Laura Toffanello.

Mario Pistacchio, Laura Toffanello, Andrea Coccia, Iacopo Barison e Marco Cassini

Nel tardo pomeriggio c’è stato poi l’incontro “Leggere i classici per reggere i contemporanei”, con Martina Testa e Matteo Nucci a parlare del rapporto che c’è tra i classici e i contemporanei e di come i primi abbiano influenzato e ancora influenzino i secondi. Ed è stato bellissimo, soprattutto gli interventi appassionati di Matteo Nucci (tra tutti “Non bisogna andare nelle scuole di scrittura, bisogna leggere Omero”) e l’esaltazione finale di Francesco Totti.



Il 2 giugno è stato l’ultimo giorno di Festival e io ho seguito due eventi targati marcos y marcos. Il primo al mattino, con il dialogo tra Davide Ferraris della Libreria Therese di Torino e Marco Zapparoli, fondatore insieme a Claudia Tarolo della casa editrice. 
Allora, quanto io ami la marcos y marcos credo lo sappiate già. L’ho ribadito più volte e credo continuerò a farlo in eterno. E sentendo finalmente parlare l’editore ho avuto la conferma che il mio amore per loro non sia ben più che motivato.  La casa editrice è prima di tutto una casa, in cui bisogna sentirsi a proprio agio, in cui bisogna far famiglia, per poi portarla fuori. Ed effettivamente, se penso a quelle belle copertine colorate, che fanno capolino dalla mia libreria, se penso al fatto che io compro i libri marcos y marcos sulla fiducia e a prescindere, anche quando non li ho mai sentiti nominare, beh, mi pare che questa idea di famiglia, con me, stia funzionando.
E poi mi è venuta un po’ di tristezza, per la distanza fisica che c’è tra me e la libreria Therese (che è Torino, ok, non così lontana, ma non posso ogni volta fare 60 km per comprare un libro), un posto magico che Davide Ferraris con le sue parole e il suo entusiasmo rende ancor più magico.  Ce ne dovrebbero essere di più di librai che dicono frasi come “Il problema non è amazon, non è il grande editore. Il problema sono i non lettori. E per me questo è uno stimolo e non una fonte di sconforto, perché vuol dire che là fuori è pieno di gente da dover conquistare”.
Insomma, credo che adesso i libri marcos y marcos li comprerò solo più alla libreria Therese.

Davide Ferraris e Marco Zapparoli

Il secondo incontro, al pomeriggio, è stato invece con Stefano Amato, autore di Bastaddi (nonché del blog L’apprendista libraio), e con Hakan Günday, autore di A con Zeta. Entrambi ovviamente pubblicati da marcos y marcos e presentati in quell'incontro da Claudia Tarolo (con l’aiuto della stessa interprete che aveva lavoro con Butler). Un siciliano e un turco, entrambi appena pubblicati per la prima volta dall'editore, hanno parlato sì dei loro libri ma anche e soprattutto della loro terra, delle difficoltà passate  e di quelle che ancora ci sono. Il libro di Stefano Amato è un remake letterario ambientato in Sicilia dei Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino (con la stessa dose di violenza, sebbene lui sia un pacifista, nonché molto mingherlino quindi non tanto credibile come assatanato di sangue, perché non sarebbe stato rispettoso edulcorare l’opera originale), mentre quello di  Günday una storia di fuga e d'amore.



Ecco, ho finito. Perdonate la lunghezza del post e perdonate soprattutto se non sono riuscita a far trasparire tutto lo spirito che si respirava a Ivrea in quei giorni, nelle sale degli incontri, ma anche fuori, per le vie e le piazze, dove davvero era possibile incontrare autori e personaggi come se nulla fosse.
È stato bello riconoscere i visi tra un incontro e l’altro, ma anche scoprirne ogni volta di nuovi. È stato bello (anche se un po’ faticoso, lo ammetto) twittare in diretta, per condividere tutta quella passione, tutta quelle letteratura con chi non poteva essere fisicamente lì.

Quindi bravi a tutti gli organizzatori, l’editore Sur con un Marco Cassini sempre presente, e la libreria Galleria del Libro con Gianmario Pilo (è una libreria che io frequento poco, lo ammetto, ma dovrò rimediare). Bravi al Birrificio del Canavese per la loro Birra Rabel e a tutti quelli che in un modo o nell’altro hanno contribuito a rendere La grande invasione un grandissimo evento.

2 commenti:

  1. "tu sei lì che ti fai i fatti tuoi e di colpo ti trovi davanti uno scrittore che si sta facendo altrettanto i fatti suoi, indisturbato"... e se non lo riconosci? :O
    L'evento con Martina Testa deve essere stato interessantissimo.

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    1. Secondo me anche il non riconoscerli fa parte della bellezza dei festival... poi magari lo scopri in futuro e pensi "cavolo, quella volta ce l'avevo accanto e non l'ho riconosciuto". Non so, a me ste cose fanno impazzire :)

      Sì, l'incontro è stato davvero interessante!

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