martedì 25 giugno 2013

Esperimenti letterari a puntate: IL DECLINO - Fabio De Masi (#1)

19:00 – 20:00

La luce inizia a mostrare la sua resa, inizia a inchinarsi al buio, e mentre lei si ritira, le ombre si srotolano sulla strada.
«Non credi sia meglio parlarle chiaramente?»
«Finché non ne sono sicuro non posso».
«Non sarai mai sicuro» gli risponde Matteo poco prima di appoggiarsi sulle labbra il bicchiere di bianco.
Settembre è ancora mite, riesce a portare in giro gente svestita; alcune donne sanno di crema solare, distribuiscono aria di vacanza.
«Il giorno che sarai sicuro, sarà già successo qualcosa» aggiunge Matteo, «e non potrai più tornare indietro».
Lorenzo guarda la tovaglia e il posacenere dove si sta consumando la sigaretta. Il bicchiere fa acqua lasciando un piccolo segno sul tessuto assetato. Guarda le gocce materializzate dal nulla, dalla semplice unione di qualcosa che si vede con qualcosa che solamente si percepisce. Non prende niente dal piatto, non ha fame, ma finisce il suo bicchiere con un solo gesto. Senza aspettare, chiama il cameriere e ne ordina un altro.

Anna posa le buste della spesa sul tavolo. La luce filtra orizzontale illuminando la polvere sospesa e quella ferma sulle cose. Prova a immaginare quanto sarebbe alta se in tre anni non l’avesse mai tolta: gli oggetti sarebbero sommersi come dentro schiuma. Apre le ante, tira su completamente la tapparella della cucina ed esce sul balcone. 
Guarda le piante disposte vicino alla ringhiera. Con le dita preme sulla terra per sentirne l’umidità. Alcune foglie secche si sono staccate e sono sul pavimento, foglie prosciugate dalla vita per dar posto a vita nuova, o forse, semplicemente, staccate perché stufe dei legami. Un gruppo di ragazzi è radunato nel giardino di fronte godendosi gli ultimi pomeriggi d’estate; un paio di loro si baciano sulla panchina. Anna sorride immaginando l’erezione di quell'adolescente alle prime esperienze. Ricorda il suo imbarazzo quando anche lei, per la prima volta, la sentì premere sul suo pube. Avevano entrambi quattordici anni. Cercava di stare lontana inarcando indietro il sedere. Ricorda che le volte successive, per evitare lo stesso imbarazzo, anche lui la imitò (per lo meno, le prime volte).
Rientra in casa e per un attimo tutto è più buio. È sempre così dopo che stai all'aperto, dopo che la luce ti ha invaso il cristallino.

Caffè di notte - Vincent Van Gogh


20:00 – 21:00

Lorenzo è quasi sotto casa, ci vuole mezz'ora a piedi da dove lavora: ha bisogno di passi. Le macchine intorno a lui scalpitano, trasmettono frenesia, nonostante siano tutte praticamente ferme. E’ quella frenesia dettata dall'impazienza, dall'incapacità di attendere e adattarsi a una situazione. Tutti i giorni si ripete la stessa scena, e tutti i giorni le stesse persone imprecano per essere immerse nella staticità della propria vita.
Tira dalla sigaretta che tiene tra l’indice e il pollice, il fumo finisce giù nei polmoni e ne riesce un po’ dal naso e un po’ dalla bocca socchiusa. Guarda per un secondo il mozzicone che ha tra le dita, un gesto automatico. Non sa nemmeno più perché fuma, per quale assurdo motivo abbia iniziato. Adesso non ne avrebbe nemmeno più voglia: avere le dita e la bocca che sanno di tabacco a volte lo disturba, così come pensare che da vecchio avrà i baffi ingialliti. Ormai è un automatismo, non è nemmeno più lui a scegliere, ma è il suo corpo che decide quando fumare. Si chiede cos’abbia scelto lui, veramente, nella sua vita.
L’asfalto del marciapiede rilascia ancora calore. Le giornate si stanno accorciando velocemente. Il prossimo mese le lancette torneranno un’ora indietro: uno scambio impari, dove ci viene regalata un’ora di sonno per privarci di cinque mesi di luce.
Si ferma davanti al portone. Guarda il palazzo dal basso verso l’alto, poi si gira intorno guardando tutti gli altri che si affacciano sul corso, e pensa a tutte queste vite che si ripetono all'infinito: dove dietro ad ogni finestra, bene o male, succedono sempre le stesse cose.

Esce dalla doccia, indossa l’accappatoio e mette su l’acqua per la pasta. Stasera, dopo la cena, vedrà Irene. E’ un appuntamento che si danno almeno una volta al mese: difficilmente saltano. S’infila gli slip, il reggiseno e torna in bagno per spalmarsi la crema.
Si guarda nello specchio notando come non sia più quella di qualche anno fa. Gli uomini sono attenti ai corpi così come le donne alle bugie. Però non ha voglia di perdere tempo in stupide palestre, a fare esercizi privi di funzioni celebrali, con gente convinta che un muscolo abbia più valore di un pensiero.
La radio accesa si sposa perfettamente con il silenzio. Si ricorda di non aver salato l’acqua. Tira fuori dal frigo una bottiglia di vino bianco e la apre. Se ne versa un bicchiere e frettolosamente ne beve un sorso. Poi va in camera da letto, apre l’armadio, prende un pantalone e una maglia, lo deposita sul letto e ritorna in bagno per iniziare a truccarsi.
Dalle finestre ancora aperte si sente il rumore delle stoviglie: dei piatti, delle posate, prese a gruppi e messe sulle tavole. E’ un suono tipico dell’estate. Ricorda quando era bambina e la sera scendeva in cortile con le amiche appena finito l’ultimo boccone. Da lì sotto si sentiva molto di ciò che c’era dentro le case degli altri, si percepivano i tempi e le abitudini. Lei ricorda i rumori. Pensa che tra un po’ l’inverno porterà via anche quelli.
E’ in casa da un’ora, e solo adesso si rende conto di non aver pensato a Lorenzo nemmeno per un secondo.


... to be continued

6 commenti:

  1. Secondo me (perché sempre di opinioni personali parliamo) spezzare il racconto a puntate non è stata una scelta azzeccata. Mi rendo conto che tu abbia dovuto farlo (proprio per questioni di lunghezza immagino) ma essendo appunto un racconto e non un romanzo tutta la narrazione si consuma nell'arco di poche scene, com'è giusto che sia, e sarebbe fin troppo prematuro buttare giù un commento adesso. Quindi mi riservo di dare un'opinione più completa in seguito. Lo stile in generale mi piace. La parte relativa a Lorenzo è quella che mi ha attirato di più (quella 20:00 – 21:00 per intenderci). Il brano di Anna invece mi è piaciuto meno. Come ti dicevo però non sappiamo ancora nulla dei personaggi quindi può darsi che quel pezzo sia stato scritto in quel modo proprio perché propedeutico ad una scena successiva.
    ... to be continued anche per me! ;)

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  2. uhm...non male...si riconosce il tuo tratto :)
    L'unica cosa che non mi convince molto è l'ultima parte: nelle altre viene citato il nome dei due personaggi (Lorenzo torna nella prima e nella seconda parte), mentre nell'ultima, no. Cioè, immagino si tratti di Anna. Ma, almeno a me, non è chiaro fin da subito (l'ho riletto tre volte e l'ho capito ora mentre scrivevo), ma magari è solo un problema mio :)
    Attendo comunque la seconda parte fiduciosa :)

    Barbara

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  3. Mi unisco al primo commento, ho bisogno anch'io di...to be continued ^_^
    Troppo poco per dire qualcosa.

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  4. LO scopo era esattamente questo... suscitare curiosità :)

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  5. Lo trovo un testo scorrevole, ma sinceramente toglierei parole qua e là per farla diventare una prosa più rapida, più secca.Io scriverei:alcune donne sanno ancora di crema solare. Quell'ancora mi fa sentire che le vacanze se ne stanno andando(toglierei..distribuiscono aria di vacanza)E'settembre, la vacanza per la maggior parte delle persone è un ricordo, con la testa si torna al lavoro. Toglierei l'aggettivo assetato al tessuto, non mi viene spontaneo pensare che un tessuto sia assetato,perchè assetato? è di stoffa? assorbe?per essere assetato, deve assorbire,perciò deve essere di stoffa, ma una tovaglia può anche essere di plastica... trovo che sia un aggettivo di troppo!mi piace invece l'immagine del piccolo segno che ognuno si immagina come vuole, perché è un'esperienza comune. Toglierei "é un suono tipico dell'estate" perché io lettore so che é ancorta estate e le finestre sono aperte e si sentono i rumori non voglio che qualcuno sottolinei che è il rumore dell'estate, è una considerazione che si può evitare benissimo...una considerazione che non mi dà emozioni. Io però non sono un critico, sono solo una lettrice, perciò... Tanti auguri! Marianna

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    1. Grazie per il commento. Hai detto bene per l'aggettivo assetato, mi è sembrato ideale per indicare il tipo di tovaglia. Il solo segno d'acqua avrebbe lasciato spazio al lettore d'immaginarsi la tovaglia a proprio piacimento; con quell'aggettivo ho voluto dire: no, la tovaglia è di stoffa (ha poi anche altri significati, ma non voglio annoiare nessuno).
      Comunque grazie mille! :)

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