lunedì 29 agosto 2011

IL PROFUMO DEL PANE ALLA LAVANDA- Sarah Addison Allen

Claire è una Waverley e conosce bene le magiche proprietà di frutti e fiori che crescono nel suo giardino. Dalla nonna, Claire ha ereditato la grande casa in cui vive sola e ricette preziose che possono cambiare il destino delle persone. I nasturzi inducono a mantenere i segreti, le bocche di leone spengono la passione e la lavanda... Tuttavia, la sua è una vita tranquilla. Almeno fino al giorno in cui la sorella Sidney, scappata di casa dieci anni prima, bussa inaspettatamente alla porta e fa vacillare il muro che Claire ha costruito attorno al proprio cuore.

Sì lo so, ultimamente i libri sui poteri "magici" del cibo, delle piante, dei fiori e dei doni delle persone vanno un po' troppo di moda, al punto che non ci si ricorda nemmeno più quale è stato scritto prima e quale dopo. (un po' come quando è uscito "Il Cacciatore di Aquiloni" e da' lì è partita la "moda" dei libri ambientati in medio oriente). Si sfrutta l'onda del successo di uno, e ci sono allocchi che ci cascano sempre. E io ovviamente sono una di quelle. Almeno per quel che riguarda i romanzi sul cibo e sul suo potere di influenzare la gente. Li adoro proprio. Per quanto siano magari un po' banali e scontati, per quanto si capisce quasi fin da subito cosa succederà e come andrà finire. Ma mi piacciono. E tanto anche.
E questo è un libro goloso, leggero e dolcissimo, fatto apposta per chi ama sognare e per chi ha voglia, almeno ogni tanto, di un bel lieto fine. Per chi a volte non si è sentito integrato nel suo mondo, perché "diverso". Per chi dal suo mondo voleva proprio fuggire. Per chi ha paura di innamorarsi e per chi non vorrebbe altro.
La forza di questo libro, che lo rende un pochino meno banale di molti romanzi dello stesso filone, sono i suoi personaggi. Non solo le due protagoniste, le sorelle Waverley, da sempre etichettate come strane e "magiche" e per questo spesso isolate dalla società, ma anche tutti i personaggi di contorno, a partire dalla zia Evanelle, il cui dono è quello di avere l'impulso di regalare cose, anche insignificanti, alle persone, senza che queste inizialmente capiscano perchè. Ma ogni volta questo regalo ritornerà utile. E poi c'è Fred, la piccola Bay, Harry e suo nonno Lester, la famiglia Clarck le cui donne sono bravissime nell'arte del sesso, fino all'albero di mele del giardino di casa Waverley, che ti lancia le mele se non lo rendi partecipe alla vita di famiglia.
E' un libro leggero, divertente e dolcissimo, senza pretese di grande capolavoro, ma che ti tiene incollato alle sue pagine. Da leggere!

Nota alla traduzione: niente da dire!

domenica 28 agosto 2011

PERSI IN UN BUON LIBRO- Jasper Fforde

Thursday Next, coraggiosa detective letteraria, è diventata famosa: ha sconfitto Acheron Hades, il terzo uomo più ricercato del pianeta; ha salvato "Jane Eyre" dalla distruzione, migliorandone persino il finale. Anche nella vita privata attraversa un momento di grande felicità. È appena andata a vivere con Landen, aspettano un bambino... Ma l'orizzonte è carico di guai. La sorella di Acheron Hades reclama vendetta, la potente e malefica Goliath Corporation pretende a tutti i costi la liberazione del proprio scagnozzo, Jack Shitt, che Thursday ha imprigionato nella poesia "Il corvo", di Edgar Allan Poe. Juris Fiction, la grande macchina della giustizia letteraria, l'accusa di "infrazione della finzione narrativa". La pressione sulla povera Thursday raggiunge il culmine quando la Goliath, con la complicità di una Crono-Guardia corrotta, riesce a "sradicare" dalla realtà suo marito, Landen Parke-Laine, ricostruendo il mondo come se Landen non fosse mai esistito. Le resta una sola via di fuga: rifugiarsi nel magico universo della parola scritta, un universo parallelo con proprie leggi e propri abitanti. Lotterà contro i grammassiti, capaci di divorare metà degli aggettivi di un romanzo, di far sparire in un istante tutta la punteggiatura di un capitolo. Incontrerà personaggi delusi, cancellati prima dell'ultima stesura, condannati a vivere in eterno in un limbo desolato. O gli avventurosi PageRunner, personaggi in fuga dal libro per cui sono stati concepiti.

Ho delle serie difficoltà a scrivere un commento a questo libro. Ho scritto e appallottolato almeno 4 diverse recensioni mentre ero in nave perché nessuna mi soddisfaceva. Non saprei dirvi bene perché. Forse semplicemente non riesco a dire se il romanzo mi è piaciuto oppure no.
Certo, per l'ennesima volta non ho rispettato la regola di non leggere i seguiti di romanzi che ho adorato, perché il rischio di rimanere delusi è veramente tanto alto (penso di non averla mai rispettata questa regola, sebbene sia convinta di seguirla). E' che ho adorato tantissimo "Il Caso Jane Eire", con il suo mondo letterario, i suoi personaggi "reali" che interagiscono con i personaggi dei romanzi più famosi, con quella corsa contro il tempo per salvare il classico dei classici, che non ho resistito alla tentazione di leggere anche il seguito (e so già che leggerò anche il terzo), sperando di ritrovare le stesse identiche cose che mi ha dato il primo.
Ovviamente questo non è successo. "Persi in un Buon Libro" non è neanche lontanamente all'altezza del primo. Intendiamoci, non è un brutto libro. E' bella l'idea di questo mondo parallelo dei romanzi, a cui si accede tramite una biblioteca che ha un guardiano d'eccezione, e dove i personaggi dei romanzi, famosi e non, posso interagire tra loro e risolvere i problemi che affliggono il mondo dei libri. Fantastici sono i personaggi di questo mondo (tra cui un'incredibile miss Havisham di Grandi Speranze di Dickens, che passa da fidanzata abbandonata davanti all'altare ad amante della velocità alla guida di spider.E' stupenda l'idea che l'unico modo per accedere a questo mondo è quello di leggere, leggere e ancora leggere (ed è forse qui che si raccoglie l'essenza della lettura e della passione per i libri che io e che molti altri nel mondo hanno).
Il problema di questo libro è a mio avviso il mondo "esterno", o meglio le avventure di Thursday Next quando non è "persa in un buon libro". La trama è a tratti molto confusa e difficile da seguire (ok, si tratta di un libro in parte surreale che richiede una buona dose di sospensione dell'incredulità, ma a volte non si capisce a cosa dovrei credere) e questo rischia di far passare in secondo piano (a volte ci riesce in realtà) la parte geniale del romanzo.
Se avete amato e adorato "Il Caso Jane Eire" (un vero piccolo capolavoro, a mio avviso), resterete temo un pochino delusi da questo suo seguito che, per quanto si legga bene e catturi, si è fatto forse prendere un po' la mano nel tentativo di bissare il successo del primo.

Leggerò sicuramente anche il terzo, "Il Pozzo delle Trame Perdute", non appena l'avrò sottomano. Anche se ho già il vago sospetto che il commento sarà molto simile a questo.

Nota alla traduzione: qualche termine strano compare qua e là, non si capisce se per via del traduttore o del testo originale.

LA PARTE PIU' TENERA- Ruth Reichl

Ruth Reichl è la critica culinaria più famosa d'America. In questo libro ci parla della sua infanzia, di sua madre che nel giorno libero della bambinaia paga lei, una bambina spaventata, per farsi da babysitter da sola. Racconta i suoi primi passi in cucina con la signora Pavey, la domestica dal passato aristocratico, e con Alice, la cuoca caraibica che nei momenti difficili cucina le sue fantastiche mele al forno con salsa dura. Ma è a casa di un ricco buongustaio francese, fra un intingolo che pare "l'autunno distillato in un cucchiaio" e una chartreuse di pernice imponente come una cattedrale, che Ruth capisce per la prima volta cosa significhi veramente mangiare.

Scrivere un commento su un romanzo autobiografico è sempre parecchio difficile. Se giudico quello che c'è scritto, inevitabilmente giudico anche la vita di chi l'ha scritto/vissuto e non mi sembra una cosa poi così carina.
Certo è che se l'autore (autrice in questo caso) non voleva essere in qualche modo "giudicato", poteva anche non raccontarci la storia della sua vita. Anche perché, Ruth Reichl, scusa se te lo dico ma sei una critica gastronomica, non un premio Nobel o una scrittice famosa (oltre al fatto che ci parli della tua vita prima di diventare critica).
Ok, credo che da questa premessa si sia capito che il romanzo non mi ha entusiasmato più di tanto (una serie di anedotti staccati l'uno dall'altro e senza una logica temporale) e soprattutto che la protagonista mi sta particolarmente antipatica.
Ancora ancora si salvava da bambina, grazie ai racconti ambientati nella cucina di zia Birdie prima e della sua governante dopo. Ma quando cresce e va al college, per me Ruth diventa troppo pretenziosa ed egoista, abbandona completamente sua madre maniaco depressiva a suo padre per poi lamentarsi se la deve sopportare una settimana all'anno.
A salvare questo romanzo autobiografico, per quel che mi riguarda, è solo la cucina e, soprattutto, le ricette che accompagnano ogni capitolo. Alcune ti verrebbe voglia di provarle immediatamente.
Temo però che a chi non piace cucinare questo libro risulterà noioso e a tratti irritante (oltre che a tratti poco credibile). Non dico che ho avuto la tentazione di abbandonarlo, perché comunque è rapido da leggere e non richiede particolari sforzi mentali. Ma se non l'avessi letto, a parte le ricette, non mi sarei persa assolutamente nulla.

Nota alla traduzione: troppe note inutili per spiegare giochi di parole (che tanto si perdono) e tipi di cibo.

sabato 27 agosto 2011

MIA SUOCERA BEVE- Diego De Silva

Vincenzo Malinconico è un avvocato semi disoccupato, semi divorziato, semi felice. Ma soprattutto è un grandioso filosofo autodidatta, uno che mentre vive pensa, si distrae, insegue un'idea da niente facendola lievitare. Al centro del romanzo questa volta c'è un sequestro di persona ripreso in diretta dalle telecamere di un supermercato. Ad averlo studiato ed eseguito è il mite ingegnere informatico che ha progettato il sistema di videosorveglianza. Il sequestrato è un boss della camorra che l'ingegnere considera responsabile della morte accidentale del suo unico figlio. Il piano è d'impressionante efficacia: all'arrivo della televisione, l'ingegnere intende raccontare il suo dramma e processare in diretta il boss. La scena del sequestro diventa così il set di un tragicomico reality, con la folla e le forze dell'ordine che assistono impotenti allo "spettacolo". La sola speranza d'impedire la tragedia è affidata, manco a dirlo, all'avvocato Vincenzo Malinconico, che l'ingegnere incontra casualmente nel supermercato e "nomina" difensore d'ufficio. Malinconico, con la sua proverbiale irresolutezza, il suo naturale senso del ridicolo, la sua insopprimibile tendenza a rimuginare, uscire fuori tema, trovare il comico nel tragico, il suo riepilogare e riscrivere gli eventi recenti della sua vita privata, riuscirà a sabotare il piano dell'ingegnere e forse anche quel gran pasticcio che è la sua vita.

Non immaginate neanche quanto sia difficile scrivere il commento di questo libro quando si è sdraiati in spiaggia, con il richiamo delle onde sullo sfondo che sembra continui a ripetere "tuffati, tuffati" (e un ragazzo accanto che si diverte a pungerti con gli aghi di pino).
Però devo concentrarmi e scrivere assolutamente il commento a questo romanzo. Lo devo al suo autore Diego de Silva, e soprattutto lo devo a Vincenzo Malinconico, questo avvocato un po' sfigato, per nulla di successo, che è riuscito ancora una volta con una sua avventura a farmi ridere e al contempo riflettere.
E forse questa volta gli argomenti di riflessione sono ancora più importanti e profondi rispetto a "Non Avevo Capito Niente". La lentezza dela giustizia, l'assurdità della burocrazia nei processi che spingono un padre, ormai esasperato, a prendere in ostaggio un capo camorrista responsabile della morte del figlio a seguito di uno scambio di persona, mentre passeggia indisturbato in un supermercato, e a mandare in onda, come un vero reality, il sequestro.
Una critica pesante, diretta alla società attuale. Dove l'univo modo per essere ascoltati è quello di mandare tutto in onda, di finire in TV ed entrare nelle case della gente, morbosa di queste vicende. E una critica alla lentezza della giustizia che troppo spesso porta all'esasperazione e al farsi giustizia da soli.
Certo, non ci fosse di mezzo il nostro avvocato Malinconico il romanzo sarebbe molto più difficile da digerire. Ma per fortuna c'è lui, il nostro eroe per caso da supermercato, che si ritrova invischiato in questo rapimento. Come se non ne avesse già abbastanza di problemi, tra la sua storia che sta finendo, la sua ex moglie che guadagna più di lui ma vuole comunque gli alimenti, due figli adolescenti che gli fanno ramanzine quotidiane e sua suocera, che ha appena scoperto di abere un cancro e ha deciso che è giunto il momento di comportarsi da stronza con il mondo.
Ma Vincenzo Malinconico riuscirà ancora una volta ad affrontare tutto quello che la vita gli mette davanti. E lo fa con la sua solita ironia, con le sue riflessioni su come gira il mondo e la vita, senza arrendersi mai più di tanto a tutte le sfighe che gli piovono addosso.

Insomma, un degno seguito di "Non Avevo Capito Niente". Forse manca un po' di originalità e le riflessioni del protagonista sono a volte un po' troppo articolate per riuscire ad identificarsi (a differenza del primo). Ma la storia mi è piaciuta molto. E vorrei proprio conoscere Vincenzo Malinconico.

In ambito pubblico vige il comune senso dell'estetica, vale a dire quel potentissimo inibitore sociale rubricato alla vaga ma inconfondibile voce <>.
La caratteristica peculiare del Pare Brutto è che si manifesta all'improvviso sotto forma di dubbio, per cui una cosa (un gesto, un'affermazione, una domanda) anche se non pare ancora brutta ma c'è una minima possibilità che lo diventi, ti fa stenere automaticamente dal farla.
E' un canone estetico estremamente mobile, il Pare Brutto. Non si sa in cosa esattamente consista, ma accidenti se funziona.

PICCOLI LIMONI GIALLI- Kajsa Ingermarsson

Nel giro di poche ore Agnes vede il suo mondo andare in pezzi: il suo capo tenta goffamente di molestarla e, vistosi respinto, la licenzia. Rientrando a casa frustrata e amareggiata viene accolta, anziché dall'abbraccio consolatorio del fidanzato, dalla notizia che lui ha deciso di lasciarla. E un'altra brutta sorpresa è in arrivo dai genitori... Ce n'è di che chiudersi in casa a compiangersi. E invece Agnes non vuole darsi per vinta e, superato l'iniziale sconforto, cerca di riprendere in mano la propria vita accettando la proposta di un amico: aprire insieme un piccolo ristorante che profonda nell'inverno svedese profumi e sapori del Mediterraneo e di quei Piccoli limoni gialli che diventeranno la loro insegna. I due investono tutte le loro energie e i risparmi nella nuova avventura... Ma sarà la scelta giusta? Riuscirà Agnes a riscattarsi e magari a ritrovare l'amore?

Quasi sicuramente se non avessi letto questo romanzo tra un pomeriggio in spiaggia e una traversata alle volte della Corsica questo commento sarevve decisamente più negativo.
Il libro è infatti abbastanza scontato e banale, i personaggi parecchio stereotipati e l'unico colpo di scena del romanzo è in realtà abbastanza prevedibile già a metà libro.
Eppure non me la sento di stroncarlo. Non fosse altro perché mi ha fatto venire voglia, tanta anche, di andare a mangiare al Piccoli Limoni Gialli. Certo, forse preferirei che a servirmi non ci fosse Agnes, la protagonista del romanzo, perché non credo che riuscirei a trattenermi dal dirle quanto è idiota. Il tuo fidanzato ti sfrutta, ti tradisce, ti tratta come una pezza da piedi e tu continui a giustificarlo, perdonarlo e amarlo? Il tuo capo tenta di violentarti e tu lasci cadere la bottiglia di vino più cara del ristorante per terra anzichè rompergliela in testa? Un po' idiota lo sei dai. Ma per fortuna attorno a lei c'è una galleria di personaggi che, per quanto appunto scontati e stereotipati, rendono la storia più godibile e leggibile.
Insomma, è un libro da spiaggia, da traghetto, da tutti i posti in cui non avete voglia di leggere niente di intellettualmente impegnativo. Un libro leggero, senza grosse pretese, che si legge bene e in fretta e che fa venire anche parecchia fame.
Ma nulla di più.

Nota alla traduzione: pessimo utilizzo delle note del traduttore quando non necessarie e pessima scelta di tradurre le sigle.Da rifare.

venerdì 12 agosto 2011

Un'estate al mare...


Uomo libero, amerai sempre il mare! Il mare è il tuo specchio: contempli la tua anima nel volgersi infinito dell'onda che rotola...




Prendo a prestito qualche verso di una poesia di Baudelaire per annunciare che finalmente sono anche io in partenza per le vacanze.
Una decina di giorni al mare, in Corsica, in campeggio con una persona speciale. E ovviamente con un mare di libri a farmi compagnia mentre rosolo sulla spiaggia.
Quest'anno ne porto con me quattro:

  • Piccoli Limoni Gialli di Kajsa Ingermasson
  • La Parte Più Tenera di Ruth Reich
  • Mia Suocera Beve di Diego De Silva
  • Persi in un Buon Libro di Jaspar Fforde
Due libri che parlano di cibo (che io adoro), due "seguiti" (stessi protagonisti ma nuova storia) di due romanzi che ho molto amato quest'anno.

Non so se riuscirò a leggerli tutti. E sono indecisa anche su quale leggere per primo. Ma non riesco a partire senza una buona scorta di libri con me (un anno l'ho fatto, ne ho portati solo due, e mi sono ritrovata a leggere thriller insulsi presi a prestito).

Non pubblicherò quindi nessun post per le prossime due settimane. Ma al mio ritorno vi sommergerò di commenti e recensioni.

BUONE VACANZE A TUTTI!


martedì 9 agosto 2011

LA NOTTE HA CAMBIATO RUMORE- María Dueñas

Sira Quiroga è una giovane sarta nella Madrid degli anni Trenta, sta per sposarsi e avviarsi a un destino senza imprevisti quando perde la testa per un carismatico imprenditore e, prima che scoppi la Guerra Civile, lascia la Spagna per trasferirsi con lui in Marocco. Ma qui si ritrova presto sola, ingannata e piena di debiti. Raggiunto il protettorato spagnolo di Tetuàn, con l'aiuto di alcuni improbabili amici Sira riesce ad aprire un atelier di alta moda che, grazie al suo gusto e alla sua forza di volontà, diventa il punto di riferimento per le signore più ricche e influenti della città. Una clientela all'apparenza insospettabile, ma che nasconde dei segreti. E qui il destino di Sira subisce una svolta imprevedibile, intrecciandosi con quello di un variegato gruppo di personaggi, alcuni dei quali storicamente esistiti. Saranno loro a dare a Sira la possibilità di riscattarsi, di ricostruire pezzo a pezzo il suo destino. La notte ha cambiato rumore può essere letto come un moderno feuilleton, avvolgente e irresistibile nel disegnare le atmosfere e con uno splendido cast di personaggi, trasportandoci sul filo della storia attraverso una mappa di affascinante ampiezza per intrecciare una storia di fedeltà e tradimento, coraggio e dedizione, amore e ideali, in cui i lettori scopriranno l'arte di narrare di una nuova scrittrice che combina sapientemente i generi e immette una linfa nuova nella grande tradizione del romanzo d'appendice.

Le premesse perché questo romanzo mi piacesse c'erano tutte. E' ambientato in Spagna, negli anni della guerra civile (e io adoro i romanzi ambientati nella Spagna di quel periodo). Non è un romanzo storico ma un "inserito" in una realtà storica, con personaggi inventati che si mescolano alla vita reale (altra caratteristica che adoro).
Ma allora, cosa non ha funzionato?
Perché questo libro non mi è piaciuto per niente. E' scritto in modo scorrevole, per carità (ci ho messo tanto a leggerlo solo perché in sto periodo ho avuto meno tempo da dedicare alla lettura), ma il fatto che sia scorrevole non necessariamente vuol dire che sia scritto anche bene. Lo stile dell'autrice è ricco di ripetizioni, di anticipazioni buttate in mezzo al romanzo senza motivo (in quanto poi vengono lasciate cadere). E poi è troppo. Troppe cose succedono alla sua protagonista Sira, troppe coincidenze capitano nella sua vita così come troppe avventure. Inizia a Madrid facendosi fregare come un'idiota dall'uomo che ama (e vabbè, può capitare dai...). Poi si trasferisce in Marocco ricomincia a vivere, apre il suo atelier di moda, vede gente, conosce persone, diventa ricca e snob. Poi ritorna a Madrid in qualità di spia del Regno Unito, perché le ricche signore peppie quale posto migliore per svelare i loro segreti possono scegliere se non lo studio di una sarta? E poi da lì ha anche una missione speciale in Portogallo, la più pericolosa della sua vita ma anche quella che le farà ritrovare la sicurezza in sé stessa e nelle sue capacità.
L'ho trovato irritante, ecco. Soprattutto Sira, antipatica, troppo sicura di sè (sebbene lei ripeta che sia una maschera per nascondere le sue paure), troppo egoista.

E probabilmente fossi uno spagnolo che ha vissuto quel periodo, che ha lottato per difendere il suo paese dalla dittatura e dalla guerra, mi sarei arrabbiato, quasi offeso, a leggere questo romanzo, per il modo semplicistico e ridicolo con cui sono stati trattati certi argomenti.

Peccato, perché le premesse per fare un bel romanzo c'erano tutte. Ma non sono bastate.

Nota alla traduzione: troppe ripetizioni! Che non si capisce se sono dell'autrice o del traduttore. Andrebbe sicuramente rivista.