domenica 16 aprile 2023

UN GIORNO DI FESTA - Joyce Maynard

(Queste considerazioni sono state pubblicate sulla pagina Facebook del blog, ma ho deciso di riportare piano piano tutte le recensioni anche qui, così da non perderle e ritrovarle più facilmente nel tempo)


Ho terminato da qualche giorno la lettura di Un giorno di festa di Joyce Maynard, tradotto da Federica Merani per NN Editore.

È la storia del tredicenne Henry e di sua madre Adele, una donna che dopo un doloroso divorzio si è come chiusa in se stessa, incapace di reggere ancora tutto il dolore della sua vita. Si prende cura del figlio come può, andando a far la spesa solo quando la scorta di zuppa in barattolo sta ormai finendo o a Henry serve qualcosa che non si può rimandare. Eppure una volta Adele era una donna felice, che amava ballare in soggiorno e lasciarsi trasportare dalla musica.

Proprio durante una di queste rare uscite con la madre, nel fine settimana del Labour Day, Henry viene avvicinato da un uomo sanguinante che gli chiede aiuto. Si chiama Frank ed è appena evaso dall'infermeria del penitenziario. Senza esitare, Henry e Adele decidono di aiutarlo e di accoglierlo in casa loro. Una decisione quasi impulsiva che riporta però improvvisamente un po' di luce e colore nella vita da troppo tempo grigia di madre e figlio. Una parentesi di pochi giorni, che cambia radicalmente le vite di entrambi.

Un giorno di festa è un inno alla speranza dopo il dolore e la sofferenza. È un invito ad aprirsi agli altri, a cogliere al volo le occasioni inaspettate anche quando sembrano completamente assurde, a darsi seconde possibilità e a non smettere di credere in un futuro migliore.

La storia di Adele e del suo profondo dolore mi ha commossa, grazie anche alla bravura di Joyce Maynard a raccontare tutto con estrema delicatezza. E mi ha stretto un po' il cuore anche Henry, nel suo desiderio di stare vicino alla madre nonostante tutto e alla sua paura di non far parte della sua felicità.

Di Joyce Maynard avevo già apprezzato molto L'albero della nostra vita (pubblicato sempre da NN editore con la traduzione di Silvia Castoldi), ma Un giorno di festa mi è piaciuto ancora di più, per il messaggio che trasmette, per l'idea folle e poetica che chiunque possa davvero cambiare la nostra vita e aiutarci a superare il dolore e ricominciare a vivere, amare e ballare.

mercoledì 12 aprile 2023

CIRCE - Madeline Miller

 (Queste considerazioni sono state pubblicate sulla pagina Facebook del blog, ma ho deciso di riportare piano piano tutte le recensione fatte di là anche qui, così da non perderle e ritrovarle più facilmente nel tempo)

Sono finalmente riuscita a terminare la lettura di Circe di Madeline Miller (tradotto da Marinella Magrì per Marsilio).
Dico finalmente perché da un certo punto in poi ho davvero arrancato con la lettura, complici anche due settimane lavorative piuttosto pesanti che non mi hanno permesso di dedicargli l'attenzione che si meritava. E credo che con un romanzo come questo sia fondamentale avere il tempo e la testa per mettersi lì e leggere e basta.

Il romanzo racconta la vita della maga Circe, dall'infanzia con il padre Elios, la madre ninfa Perseide e fratelli e sorelle divine, fino all'esilio sull'isola di Eea e poi all'arrivo di Odisseo che cambierà per sempre la sua vita.

La mia conoscenza della mitologia greca è molto limitata e deriva perlopiù dal cartone animato Pollon, uno dei miei preferiti quando ero bambina, e allo studio dell'Eneide alle superiori. Sapevo poco o nulla di Circe, a parte che è stata l'amante di Odisseo: non sapevo della sua vendetta verso Scilla, del suo ruolo nella nascita del Minotauro né del suo rapporto con Dedalo, del fatto che avesse avuto un figlio né dell'incontro con Penelope e Telemaco.

Madeline Miller è sicuramente molto brava nel narrare il tutto, nel tendere un filo immaginario che consente al lettore di non perdersi tra i vari racconti della mitologia classica. Ed è brava anche nel descrivere Circe non solo come la maga ma anche come la donna, così appassionata e così attratta dagli esseri umani.

Eppure qualcosa, almeno per me, non ha funzionato del tutto e ho faticato molto ad arrivare alla fine. Forse per la stanchezza mentale di queste settimane, forse perché se non ho mai approfondito la mitologia classica dopo aver visto Pollon c'è un motivo, arrivavo alla sera con la prospettiva di leggere Circe e venivo colta da un po' di sconforto. Riconosco che sia un problema mio e che di tratta di un buon romanzo, ma per me non è riuscito a esserlo come mi sarei aspettata.

martedì 11 aprile 2023

SPARE - Prince Harry

(Queste considerazioni sono state pubblicate sulla pagina Facebook del blog, ma ho deciso di riportare piano piano tutte le recensione fatte di là anche qui, così da non perderle e ritrovarle più facilmente nel tempo)


Ho terminato Spare di Prince Harry (che poi chissà perché in italiano hanno lasciato Prince, anziché tradurre come è stato fatto in altre lingue), tradotto da Sara Crimi, Manuela Faimali, Valeria Gorla e Laura Tasso per Mondadori.

Ed ecco un po' di considerazioni, DEL TUTTO PERSONALI:

- è una lettura scorrevolissima, io ho potuto dedicargli un po' di tempo, ma anche se lo avessi letto solo nei ritagli non credo che ci avrei messo molto di più. Ed è scritto molto bene, in ogni sua parte, con una certa attenzione ai dettagli e una certa cura nelle descrizioni. Ribadisco che Moehringer sa il fatto suo e bravo Harry a scegliere (ok, ovviamente potendosi permettere economicamente di farlo) di affidarsi nella scrittura a qualcuno che sa cosa sta facendo e lo sa fare bene.

- l'autobiografia si compone di tre parti, più un epilogo immagino aggiunto all'ultimo momento dedicato alla morte della regina. La prima parte percorre gli anni dell'adolescenza di Harry, da un attimo prima della morte di Diana fino alla scelta ormai ventenne di entrare nell'esercito, dopo una carriera scolastica non poi così brillante. Nella seconda ci sono gli anni dell'esercito, la carriera militare, i fidanzamenti con Chelsy e Cressida, il matrimonio di William e Kate, tutto ciò, insomma, che c'è stato prima di Meghan. E la terza ovviamente è dedicata agli ultimi anni, dall'arrivo di Meghan fino alla decisione di mollare tutto.
La parte più interessante, per quanto mi riguarda, è stata la prima, che ho trovato in alcuni punti davvero molto curiosa, e in altri davvero molto toccante. Nella seconda è dove si concentrano il maggior numero di cavolate fatte da Harry (sei un po' un salame, perdonami se te lo dico) ma anche tutto il racconto del suo impegno con i reduci di guerra e la sua frustrazione nel non riuscire a trovare davvero la sua strada. Nella terza ovviamente c'è Meghan, ovunque.

- non ho trovato i grandi attacchi alla corona che il lancio del libro aveva fatto presagire. Se la prende perlopiù con Camilla, per cavalcare a distanza di anni la rivalità con Diana, e con William, da cui si dichiara più e più volte non capito, senza che però si interroghi mai se per William non sia reciproco. Ho trovato imbarazzanti le pagine sul matrimonio tra William e Kate, onestamente (*******SPOILER: perché con tutto quello che aveva da raccontare ribadire così tanto di aver avuto il pene congelato mi sembra una cosa più da adolescenti che da adulti, quasi un dispetto verso il fratello. FINE SPOILER*******), così anche come quelle delle discussioni tra fratelli, che tendono a risolversi sempre con Harry che liquida il tutto con "William è geloso di me e si mette in competizione".

Carlo da questa autobiografia mi sta ancor più simpatico (lo avevo rivalutato molto scoprendo la sua infanzia e la sua adolescenza in The Crown, a dir la verità), perché ha cercato a modo suo di fare il padre pur non essendone particolarmente portato e pur senza aver mai ricevuto particolare affetto dal suo, di padre. Harry stesso con lui è molto indulgente, e anzi alcuni degli aneddoti del loro rapporto sono tra i più belli del libro.

La critica a Kate è invece piuttosto blanda, in realtà, e si riduce a uno scontro di culture tra lei e Meghan: la fredda inglese contro l'espansiva e solare americana. Ancora non si è capito chi abbia fatto piangere chi al matrimonio di Meghan, ma devo dire che trovo l'accusa, da un lato o dall'altro, abbastanza ridicola a prescindere (io mi lagnavo di chi mi faceva piangere all'asilo e alle elementari, credo, poi basta).

Comunque tutte le rivelazioni "scabrose" sono cose già emerse in passato nelle varie interviste, documentari, etc etc... sempre e solo da Harry e Meghan, quindi il legittimo dubbio sulla loro veridicità rimane, e soprattutto sono sempre accompagnate dalla solita tendenza alla lagna di Harry, che pervade tutto il libro.

- a uscirne male sono sicuramente la stampa inglese e i paparazzi, con la loro ricerca ossessiva dello scoop, anche a costo di inventarselo di sana pianta, e della foto, anche nei momenti meno opportuni, fomentando incomprensioni e fornendo una visione un po' distorta della realtà. Al tempo stesso però traspare anche l'ossessione stessa di Harry nei loro confronti, che a volte si risolve in modi un pochino ridicoli (nei soprannomi che gli dà, nel commentare che scrivono male, etc etc...) e anche un pochino ingenui.

- Ma per quanto mi riguarda, chi ne esce peggio di tutti è Harry stesso. Sembra assurdo, visto che il libro racconta la sua vita dal suo punto di vista, eppure questa tendenza alla lagna, a dichiararsi incompreso da tutti, a non capire che è normale il rapporto tra fratelli a dieci anni sia diverso rispetto che a trenta (le pagine in cui dice che William e Kate non lo invitano mai a cena e quindi lui si sente messo da parte sono quasi patetiche), che si debba evolvere per forza di cose, è a tratti imbarazzante. Ho detto più e più volte che secondo me avrebbe bisogno di andare da uno psicologo bravo che lo aiuti a rielaborare il lutto della madre, perché dopo tanti anni si deve imparare a gestire quel dolore (lo so che non si supera, ma avanti si deve andare), e poi scopro che dallo psicologo ci va, prima da uno consigliato di William (ma ovviamente non ci si trovava) e poi finalmente da uno consigliato da Meghan che, guarda caso, finalmente lo sblocca. Lo sblocca a tal punto da scrivere un'autobiografia di 520 pagine in cui la madre viene nominata praticamente in tutte, anche quando non c'entra nulla. Ed è un peccato, perché sembra non rendersi conto di avere anche tante cose interessanti e belle da raccontare, e non solo recriminazioni.

- su Meghan preferisco davvero non commentare.

È valsa la pena leggere questo libro? Sì, devo dire di sì, l'ho trovato ben scritto e con alcuni aneddoti davvero interessanti e curiosi sulla vita di corte e su come funzioni la vita di un membro della famiglia reale. È una visione del tutto parziale, ovviamente, ma in molte parti Harry riesce a non lasciarsi sopraffare dalla voglia di lagnarsi e raccontare un dietro le quinte che mi ha sempre incuriosito.

Ho cambiato la mia opinione su Harry e Meghan? No, anzi mi stanno ancora più antipatici. O meglio, Harry mi fa un po' tenerezza perché mi sembra ancora adesso completamente smarrito, come lo è stato per buona parte della sua vita, e che non sappia bene come si sia ritrovato nella situazione in cui è né come fare a uscirne.

Ho buttato via 25 euro (che era un po' la preoccupazione di molti, nei vari commenti)? No, ho acquistato libri molto ma molto più brutti e inutili di questo, che mi hanno lasciato molto, molto meno.

La Letteratura morirà dopo la pubblicazione di Spare (altra preoccupazione molto comune)? No, sono sicura che la letteratura sia salva e anzi mi fa davvero piacere sapere che nel mondo un sacco di persone, che magari di solito non leggono grazie alla curiosità verso il principe Harry stiano leggendo una storia scritta da un premio Pulitzer, che magari li porterà a leggere altri libri di questo autore (consiglio Open, la biografia di Agassi, ma soprattutto Il bar delle grandi speranze)

venerdì 31 dicembre 2021

IL 2021 IN UN POST

E così, in qualche modo, siamo arrivati anche alla fine di questo 2021. Il secondo anno pandemico che, sebbene io sia rimasta sempre in salute, con un tetto sulla testa e un lavoro che non ha mai subito alcuna interruzione (e per questo sono molto grata e so di essere anche molto, molto fortunata), ho trovato molto più faticoso rispetto al 2020.

Non saprei spiegare davvero il perché di tutta questa fatica nell'affrontare quest'anno: è come se ci avessi arrancato dentro, senza mai vivermi appieno i giorni e le cose, belle e meno belle, che sono successe. Credo si tratti di un risvolto emotivo di quest'epoca di incertezze, di ansie e paure che accomuna chissà quante altre persone e soprattutto che chissà per quanto tempo ci porteremo dietro, anche a pandemia finita. Pandemic Fatigue, viene chiamata. Un senso di sospensione, di giorni che si susseguono uno dietro l'altro senza svolte né cambiamenti, di ansia e di noia perenne e di incapacità di trovare un modo per contrastarla, pur sapendo che i modi ci sono eccome. 

Questa mia apatia costante ha ovviamente avuto ripercussioni anche sul mio rapporto con i libri e la lettura. Da rifugio e oasi felice che sono sempre stati, quest'anno si sono trasformati in un'ulteriore fonte di ansia e fatica. Ho letto poco, solo una quarantina di libri (che per qualcuno non sono pochi, lo so, ma per i miei standard decisamente sì), perché ho sempre faticato a trovare qualcosa che mi ispirasse, che andasse bene per il mio stato d'animo del momento. E per leggere male e leggere a caso, preferisco non leggere (in compenso ho fatto tantissime partite a Candy Crush).

Avevo iniziato il 2021 con tre buoni propositi: annotare le mie letture su un quadernino apposito, aggiornare almeno una volta al mese il blog e regalarmi almeno un libro al mese. Sono riuscita a rispettare solo il primo e il terzo: ho un quadernino bellissimo che aggiorno non appena termino un libro e almeno un regalo al mese sono riuscita a farmelo. 



Per il blog invece no, non c'è stato niente da fare. Non sono riuscita a trovare la costanza di aggiornarlo con continuità e, come dicevo prima per la lettura, per scrivere poco e male e a caso, preferisco non scrivere affatto.

Ma ora basta lagnarsi! Anche perché so di essere stata fortunata e che qualche cosa bella, riguardo ai libri ma soprattutto alla vita di ogni giorno, ovviamente c'è stata. E quindi iniziamo con l'autocompiacimento, ovvero le mie traduzioni uscite quest'anno:


Ho poi lavorato su un quarto libro per ragazzi, divertentissimo, che uscirà nei primi mesi del 2022 per HarperCollins, ma di cui mi riservo di parlare nel post dell'anno prossimo.

E ora passiamo al bilancio delle mie letture. Come già accennato, non ho letto moltissimi libri per puro piacere personale. Ce ne sono stati tanti per lavoro, ma l'approccio alla lettura in quel caso è diverso, quindi non riesco a considerarli nel conteggio totale annuale. Mi sono fermata a quaranta libri che, per i miei standard, non sono tantissimi.
Questo però ha fatto sì che prendessi pochissime cantonate e che il mio elenco di libri brutti del 2021 sia composto solo da un titolo e mezzo: Questa non è una canzone d'amore, che è stato il mio primo approccio molto fallimentare con Alessandro Robecchi a cui non so nemmeno se in futuro darò una seconda possibilità, e Qualcuno che ti ami in tutta la tua gloria devastata di Raphael Bob-Waksberg, che ho acquistato con enorme aspettativa grazie soprattutto al titolo meraviglioso e in cui mi sono incagliata dopo i primi due racconti, tanto da decidere di abbandonarlo: magari era il momento sbagliato, e sicuramente un altro tentativo lo farò, magari non è semplicemente il libro per me.

Per quanto riguarda i libri belli, ci sono state alcune scoperte (come L'Arminuta di Donatella Di Pietrantonio, che non mi capacito di non aver letto prima; Nomadland di Jessica Bruder, un'inchiesta appassionante sulla vita dei nomadi d'America; e L'acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito, che non ho trovato perfetto, ma sicuramente con una voce che ha qualcosa da dire) e diverse conferme (Swing Low di Miriam Toews, Di luce propria di Raffaella Romagnolo, il buon Lorenzo Marone in cui ormai mi rifugio sempre ogni volta che ho bisogno di qualcosa di leggero e intelligente da leggere, Carmen Korn con la sua nuova saga tedesca, Quando il mondo era giovane, Desy Icardi nella sua Biblioteca dei sussurri, per non dimenticare Tre di Valerie Perrin).

I romanzi più belli in assoluto che ho letto quest'anno, però, sono questi:


Il Selvaggio di Guillermo Arriaga (tradotto da Bruno Arpaia per Bompiani) è stato una delle prime letture del 2021, dopo tre anni di attesa nella mia libreria, e me ne sono completamente innamorata. Ambientato in Messico, segue la vita Juan Guillermo, sopravvissuto alla nascita a suo fratello gemello, che lotta costantemente per non soccombere alle brutture che il mondo sembra mettergli costantemente di fronte. Un libro coinvolgente come pochi, che una volta iniziato si fatica a mettere giù.

Il mondo invisibile di Liz Moore (tradotto da Ada Arduini per NN Editore) ha confermato il mio grande amore per questa scrittrice americana. Amore nato con Il peso tanti anni fa, continuato con I cieli di Philadelphia e ora questo: la storia della piccola Ada che cresce senza madre ma con un padre geniale, che fin dall'infanzia la porta nel suo laboratorio di Boston dove, insieme ad alcuni colleghi, sta lavorando a una macchina per replicare il linguaggio umano. Ma poi la mente del padre inizia a cedere, a dimenticare quelle parole su cui tanto ha lavorato, e Ada deve fare i conti con una nuova realtà, diversa da quella in cui ha sempre vissuto. Un libro semplicemente commovente.

La notte delle farfalle di Aimee Bender (tradotto da Damiano Abeni e Moira Egan per minimum fax) è la storia di Francie e dei suoi ricordi della vita con la madre che, quando lei aveva solo otto anni, è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico. Francie va a vivere con degli zii in un'altra città e cresce in un mondo in cui sua madre fisicamente non c'è, ma le dà segnali per aiutarla a ricordare, a non dimenticare la sua vita di prima. Un libro un po' strano, come lo sono sempre quelli di Aimee Bender, che però colpisce per la sua delicatezza, per il modo in cui gli oggetti del quotidiano da semplici oggetti diventano qualcosa di più, che ci aiuta ad andare avanti.

Anno bisestile di Peter Cameron (tradotto da Giuseppina Oneto per Adelphi) è l'ultimo libro che ho letto quest'anno (e questo mi fa molto sorridere, perché anche il 2020 lo avevo concluso con un libro di questo scrittore americano) e mi sono divertita tantissimo a leggerlo. Il testo era uscito a puntate nella seconda metà degli anni '80 sulla rivista 7days e poi raccolto in un libro giunto in Italia solo ora. Racconta la storia di una serie di personaggi newyorchesi, David e Lauren, Amanda e Heath, Judith e Lilian, le cui vite, colme di insoddisfazioni e di questioni irrisolte, si intrecciano tra loro in situazioni volutamente al limite dell'assurdo che mettono in luce tutte le loro debolezze. È un romanzo molto coinvolgente, che non può non appassionare e divertire il lettore, dandogli però anche molto su cui riflettere (nonostante siano passati più di trent'anni da quando è stato scritto).


E ora è tempo di affrontare il 2022. Mi auguro la salute, ovviamente, per me e per tutte le persone a cui voglio bene, ma anche per voi e tutti i vostri cari.
Mi auguro di continuare a scrivere le mie letture sul mio quadernino e di regalarmi almeno un libro al mese (sull'aggiornare il blog con più costanza ormai ci ho rinunciato).
Mi auguro di continuare a tradurre e a fare (o ritornare a fare) tutto ciò che mi piace.
Mi auguro anche che questo senso di sospensione e di incertezza trovi il modo per diradarsi e che la capacità di godersi ogni piccola cosa bella che ci succede prenda il sopravvento su tutto.
E mi e vi auguro tutto ciò che più desiderate o di cui più avete bisogno.

domenica 28 febbraio 2021

FEBBRAIO

Febbraio è stato un mese lunghissimo. Lo so, ho detto lo stesso anche di gennaio, che dalla sua ha almeno la scusante di avere trentun giorni, eppure anche questo mese, che sulla carta è il più corto dell'anno, sembrava non voler finire più. Credo sia uno dei tanti effetti della pandemia, quello di dilatare il tempo a dismisura e farne perdere un po' la cognizione. È stato un mese faticoso, come lo sembrano essere un po' tutti da un anno a questa parte, che ha raggiunto il suo culmine proprio questa settimana, quando ho finalmente potuto ricevere la prima dose di vaccino antiCovid: un momento emozionante, che spero possano vivere presto tutti quanti, per poter finalmente tornare il più possibile alla normalità.

Nonostante la stanchezza fisica e mentale perenne, questo mese però ho anche letto più di quello scorso: ben quattro libri, tre di autori che già conoscevo e una nuova scoperta.


Ho iniziato il mese con SWING LOW di Miriam Toews, romanzo del 2000 ma pubblicato all'inizio di quest'anno da marcos y marcos con la traduzione di Maurizia Balmelli. Avevo un certo timore ad affrontare questa lettura, perché racconta la storia di Mel, il padre di Miriam, dall'adolescenza fino al momento del suicidio. Temevo che mi avrebbe fatto star male, che avrei sofferto insieme a Miriam e alla sua famiglia, e invece, pur trasmettendo tutta la tragicità dell'evento, quel che viene fuori è un ritratto amorevole, delicato, quasi poetico, di un uomo che ha lottato per anni contro se stesso e la sua psicosi maniaco-depressiva, sconfiggendo finché ha potuto un destino che tutti davano per scontato.

Be', disse mio padre dopo che ebbero viaggiato in silenzio per un po', l'ho fatto.
Hai fatto molte cose, Mel, disse mia mamma. A cosa ti riferisci?
Ho fatto quello che dicevano che non avrei mai fatto, rispose mio padre.

E invece Mel è riuscito a diventare insegnante, è riuscito a sposarsi e a crescere due figlie, trasmettendo loro tutto l'amore di cui era capace. E Miriam Toews si conferma una delle mie scrittrici preferite in assoluto, proprio per questa delicatezza, per questa poesia con cui riesce a raccontare anche la storia più triste, riuscendo, in qualche modo e per un momento, a mostrare anche il bello di tutto quello che c'è stato.

Lasciata Miriam Toews, è stato il turno di ESERCIZI DI FIDUCIA di Susan Choi, tradotto da Isabella Zani per Edizioni Sur, e vincitore del National Book Award del 2019. Un romanzo che mi incuriosiva molto, forse anche perché dal momento dell'uscita ne ho sentito parlare moltissimo e molto bene.
È la storia di due ragazzi, David e Sarah, che frequentano insieme ad altri coetanei una scuola di drammaturgia in una non ben precisata cittadina americana. Ma la loro storia è in realtà solo un pretesto, da cui partono poi altre storie intrecciate, che coinvolgono quasi tutti i ragazzi dell'istituto, che in parte scopriamo sul momento in parte scopriamo tanti anni dopo, quando vediamo che cosa questi ragazzi sono diventati. 
Esercizi di fiducia è un romanzo molto complesso, difficile da riassumere e, per me, anche molto difficile da leggere. Temo di non averlo compreso appieno, di essermi persa qualche passaggio in questo intrico di trame, sottotrame, detti e non detti, verità e illusioni che l'autrice fa vivere ai suoi personaggi. Mi aspettavo qualcosa di diverso, sicuramente, e in parte forse è stato questo a impedirmi di vivere appieno il romanzo e lasciarmici immergere. Ne sono stata invece una sorta di spettatrice esterna, una di quelle che ogni tanto si deve girare verso il suo vicino per chiedere qualche spiegazione. Insomma, non un libro per me.

Dopo un romanzo così, avevo bisogno di qualcosa di leggero e mi sono buttata su MAGARI DOMANI RESTO di Lorenzo Marone (acquistato proprio a inizio mese per prendere la nuova coperta del lettore Feltrinelli).
Ho scoperto Lorenzo Marone quasi per caso l'anno scorso, comprando (sempre per prendere la coperta del lettore) e innamorandomi di Un ragazzo normale. Ero curiosa di leggere altro di suo e, seguendo anche i vari consigli che mi sono stati dati, sono approdata a casa di Luce nei Quartieri Spagnoli. Giovane avvocato, con un rapporto conflittuale con la madre e una strada nella vita ancora da trovare, Luce si arrabatta come può nella sua quotidianità, grazie anche a un anziano vicino che a modo suo le sta facendo scoprire il vero senso della famiglia, a un Cane Superiore che non la lascia mai sola e a Carmen e Kevin, mamma e figlio, su cui teoricamente starebbe lavorando ma che in realtà quasi senza che se ne renda conto si trasformano in una ragione di vita.
È un romanzo leggero, con un lieto fine sicuramente prevedibile e qualche frasetta a effetto, ma che è proprio ciò di cui un lettore ha bisogno quando legge un libro come  questo. Non è bello come Un ragazzo normale, questo no, ma è stata comunque una piacevolissima lettura.

E non smettete mai di essere curiosi, perché 'a curiosità è 'na forma 'e coraggio.

Febbraio si è concluso con CASA È DOVE FA MALE, il nuovo romanzo di Massimo Cuomo, fresco di stampa per Edizioni E/O.
Chi mi segue da un po' sa cosa significa per me Piccola osteria senza parole, il secondo romanzo di Massimo Cuomo. E quindi credo non sia difficile immaginare con quanta attesa mista ad ansia io aspetti ogni volta l'uscita di un suo nuovo libro.
Casa è dove fa male è la storia di un condominio e delle persone che ne occupano i suoi sette appartamenti. Persone con vizi, manie, strane fissazioni, debolezze, segreti e fragilità che celano nella sicurezza delle mura che li circondano. Pareti che sono però molto sottili e che a poco a poco rivelano tutto quello che succede all'interno.
È un romanzo particolare, spiazzante, con delle note un po' surreali e weird, con qualche nota quasi splatter, completamente diverso dai romanzi precedenti di Massimo Cuomo eppure al tempo stesso simili, nella bravura che dimostra nel rappresentare le debolezze e le fragilità umane. E che ora mi farà guardare gli altri abitanti del mio condominio con occhio sicuramente diverso.

Per quanto riguarda i libri che mi sono regalata questo mese, due sono anche tra le letture: Magari domani resto di Lorenzo Marone e Casa è dove fa male di Massimo Cuomo. A questi si aggiunge poi Io e Mr Wilder, il nuovo romanzo di Jonathan Coe uscito il 18 febbraio per Feltrinelli con la traduzione di Mariagiulia Castagnone, che sarà quasi sicuramente la mia prossima lettura.


Bene, direi che è tutt... Ah no, fermi! Stavo quasi per dimenticarmene... tra i nuovi arrivi in casa di questo mese c'è anche Fuga dalla rete. Letteratura americana e tecnodipendenza di Luca Pantarotto, uscito sempre il 18 febbraio per Milieu.

È un viaggio nella letteratura americana degli ultimi anni alla scoperta dei modi in cui alcuni dei più grandi scrittori statunitensi si sono confrontati con la rivoluzione digitale... e, tra le altre cose, l'ha scritto mio marito!

Direi che adesso per febbraio è tutto davvero. Ci leggiamo tra un mese!

domenica 31 gennaio 2021

GENNAIO

E così siamo arrivati anche alla fine di gennaio. Un mese che ho trovato lunghissimo, nonostante sia iniziato con sei giorni di ferie, a causa di una quantità sovraumana di lavoro scolastico a cui dover star dietro: siamo tornati in presenza, ed è bellissimo ma dopo due mesi a parlare davanti a uno schermo senza doversi preoccupare di mascherine che proprio non ne vogliono sapere di rimanere sul naso, di aeroplanini che volano, di ragazzi che non la smettono più di parlare (e, giusto, questa cosa mi ha commosso... almeno per i primi dieci minuti), riabituarsi alla vita di classe ha richiesto un certo dispendio di energie. Poi ci sono stati gli scrutini, gli stage di tre classi da far partire, i lavori extrascolastici che arrivano sempre tutti insieme... insomma, festeggio il 31 gennaio come se fosse il 31 dicembre.

Ma ora sono qui, a tener fede al mio buon proposito di scrivere almeno un post al mese per parlarvi dei libri che ho letto e delle "cose letterarie" che ho fatto.

Partiamo dalle letture che mi hanno tenuto compagnia in questo primo mese dell'anno. Sono partita con molto slancio nelle prime settimane, ma poi le letture hanno risentito degli impegni della vita vera e quindi alla fine ho concluso solo tre libri (a cui però si aggiungono due inediti letti per lavoro, quindi, insomma, poteva anche andare peggio).


Sono partita con AL CENTRO DEL MONDO di Alessio Torino, pubblicato da Mondadori a settembre del 2020. Di Alessio Torino credo di aver letto tutto, apprezzando sempre il suo stile e il suo modo di raccontare, ma non sempre ritrovandomi del tutto nelle sue trame. E questo suo ultimo romanzo non fa differenza.

È la storia di Damiano Bacciardi, un adolescente che vive con la nonna Adele, il nonno e zio Vince a Villa Croce, una tenuta di campagna famosa per produrre "la manna", un miele miracoloso che favorisce le gravidanze. Ma è anche famosa per la quercia dove si è impiccato il padre di Damiano: era stato lui a trovarlo e da allora qualcosa nella sua testa si è incrinato. Lo zio Vince vorrebbe liberarsi della tenuta, ma Damiano fa di tutto per evitarlo, per difendere quel mondo in rovina che è l'unico che conosce e in cui si sente al sicuro.

Si girò verso il campo. Damiano stava rientrando in casa. Visto di spalle le sembrò soltanto il ragazzino di diciassette anni che era. Rabbrividì al pensiero di quanto poteva essere crudele la vita. E di quanto potevano esserlo, ancora di più, le persone.

Ho fatto un po' di fatica a leggere questo romanzo: non mi sono mai trovata davvero immersa nella storia né sono riuscita a comprendere appieno le dinamiche dei personaggi. È una storia triste, cupa, di sofferenza e ricordi del passato che sembrano impedire di vivere il presente, illuminata a volte da momenti di pura poesia e di tenerezza, che però rimangono, appunto, solo momenti. Il romanzo è scritto bene, ma a volte si ha la sensazione che Alessio Torino si sia concentrato di più sullo stile che non sulla storia e questo lo fa risultate a tratti un po' macchinoso da seguire. Una lettura che sicuramente non sconsiglio, ma nemmeno adatta a tutti e in ogni momento.

Dopo è toccato a NOMADLAND di Jessica Bruder, pubblicato da Clichy edizioni con la traduzione di Giada Diano. Un racconto d'inchiesta, recita il sottotitolo, e in effetti questo è: l'autrice per mesi ha vissuto in un camper documentando la vita degli americani itineranti, donne e uomini perlopiù pensionati che hanno abbandonato la loro casa e la loro città per spostarsi in giro per l'America, seguendo lavori stagionali. Da qui è stato tratto l'omonimo film con Frances McDormand come protagonista, che ha vinto il Leone d'Oro alla Mostra del Cinema di Venezia 2020.

La prima domanda che potrebbe sorgere spontanea prima di iniziare a leggere questo romanzo è: ma a me esattamente cosa importa di leggere un reportage su un gruppo di pensionati americani che decidono di andare a vivere in un camper o in un furgone? Una domanda che, ammetto, per un momento mi sono posta anche io. Poi però ho iniziato a leggere, ho conosciuto Linda May e tutti i workamper come lei (lavoratori che vivono in camper, furgoni, van, automobili e si spostano per il paese di lavoro stagionale in lavoro stagionale): persone che per problemi economici non sono più riusciti a sostenere i costi di una casa e si sono visti costretti a cambiare radicalmente il loro stile di vita, tra mille difficoltà ma anche tra momenti di assoluto cameratismo e comunione. Ho scoperto i lavori stagionali americani: tra tutti Amazon, ma anche i custodi di campeggi, gli addetti alla raccolta delle barbabietole, i gestori di luna-park... Ho imparato tanto, leggendo questo libro, grazie anche allo stile dell'autrice che riesce a essere coinvolgente fin dalla prima pagina. Lo consiglio caldamente.

 La verità, per come la vedo io, è che le persone sono capaci di lottare e allo stesso tempo di conservare il proprio ottimismo, anche davanti alle sfide più ardue. Non significa negare la realtà. Piuttosto, dimostra la notevole capacità del genere umano di adattarsi, di cercare un significato e un senso di affinità di fronte alle avversità. Come fa notare Rebecca Solnit nel suo "Un paradiso all'inferno. Le straordinarie comunità solidali dei terremoti e di altri disastri", le persone non solo si tirano su nei momenti di crisi, ma lo fanno con "sorprendente, marcata allegria". È possibile subire avversità che mettono a dura prova il nostro desiderio di resistere, ma trovare al tempo stesso la felicità nei momenti di condivisione.

 L'ultima lettura di gennaio è stata una decisione improvvisa. IL SELVAGGIO di Guillermo Arriaga (edito da Bompiani e tradotto da Bruno Arpaia) se ne stava lì nella mia libreria da almeno un paio d'anni, in attesa che io mi decidessi di leggerlo. Era la mole a spaventarmi, devo ammetterlo, perché un libro di più di settecento pagine letto nel momento sbagliato può trasformarsi in una vera tortura.

Ma poi senza pensarci troppo l'ho iniziato e mi sono ritrovata a leggere un romanzo meraviglioso, talmente coinvolgente e ben scritto che la sua lunghezza non mi è mai pesata, anzi, arrivata alla fine avrei voluto averne ancora. Ho conosciuto Juan Guillermo, questo ragazzino messicano che, nel giro di pochi anni, vede la sua famiglia morire, uno dopo l'altro: il fratello è stato ucciso, la nonna non ha retto il dolore, i genitori si sono spenti e lui rimane da solo a lottare per farsi giustizia e per sopravvivere.

Selvaggio. Sarò il selvaggio. Non mi fermeranno. Se deve vendicarmi, mi vendicherò. Se devo perdonare, perdonerò. Se devo amare, amerò. Se devo cedere, cederò. Se devo combattere, combatterò. Mi è chiaro che sarà la vita – non la morte – a guidare le mie decisioni. Darò la vita per la vita, sempre per la vita.

Al di là della trama, che offre uno spaccato molto convincente della vita in Messico negli anni settanta, e dei personaggi, la forza del romanzo sta nella scrittura di Arriaga, in grado di alternare lunghe descrizioni a capitoli più brevi e concisi, di giocare con le parole sfruttandone al massimo tutta la forza e il potere evocativo.   Qui dentro c'è la storia di un paese, c'è la storia di un ragazzo, c'è la letteratura, c'è il dolore, la voglia di riscatto e di vendetta, c'è l'amore. C'è tutto, in questo romanzo.

Un altro mio buon proposito per questo 2021, oltre a quello di aggiornare il blog una volta al mese e di segnare le mie letture su un quadernino apposito (lo sto facendo, giuro!), c'è quello di regalarmi almeno un libro al mese. A gennaio i libri sono stati due e conto di iniziarli entrambi a breve: Esercizi di fiducia di Susan Choi (tradotto da Isabella Zani per edizioni Sur) e Swing Low di Miriam Toews (tradotto da Maurizia Balmelli per marcosymarcos).

 


Poi, mi sono anche regalata un ordine su The UnemployedPhilosphers Guild, perché sono passati alcuni anni dall'ultimo arrivo di Little Thinkers in questa casa ed era giunta l'ora di rimediare. Questa volta però non abbiamo preso pupazzi grandi, ma "solo" magnetic personalities (nello specifico Cthulhu, Garcia Márquez, Joyce e Whiltman), più un burrocacao di Shakespeare e il puzzle da 1000 pezzi con i più famosi incipit della letteratura mondiale.



E domani è febbraio. Sicuramente leggerò i due romanzi che mi sono regalata a gennaio e, per quanto riguarda i libri da regalarmi, ci saranno sicuramente Casa è dove fa male di Massimo Cuomo, in uscita il 24 febbraio per edizioni e/o,  e Io e Mr Wilder di Jonathan Coe, in uscita per Feltrinelli il 18 febbraio... ma non escludo altri acquisti d'impulso.

Per ora è tutto, ci rileggiamo qui tra un mese!

lunedì 4 gennaio 2021

Buoni propositi per un 2021 di libri

I buoni propositi non sono mai stati il mio forte. Ci penso sempre, all'inizio dell'anno, a cosa vorrei cambiare della mia vita, a cosa vorrei iniziare a fare o smettere di fare rispetto all'anno precedente, ma è un pensiero fugace, che raramente trova voce. A volte porto avanti i miei buoni propositi senza nemmeno rendermene conto, altre li faccio naufragare miseramente dopo qualche debole tentativo di rispettarli (come nel 2020, quando ho iniziato a mettere da parte ogni giorno qualche moneta per comprarmi l'aspirapolvere Dyson, "perché così dà più soddisfazione", e poi durante il lockdown ho usato quelle stesse monete per pagare la consegna a domicilio del cinese, "perché sono gli unici contanti che abbiamo in casa, l'aspirapolvere capirà"). 

E allora perché sono qui a scrivere un post, nei primi giorni di gennaio di un nuovo anno, sui buoni propositi? Perché ci voglio provare, ancora una volta. Il 2020 è stato un anno difficile per tutti: per alcuni tragico e doloroso, per altri "solo" psicologicamente complicato. Io sto iniziando ad accusare l'impossibilità di muoversi, di uscire, di andare in giro, di vivere la mia quotidianità normalmente e serenamente solo dagli ultimi mesi. Sarà la DaD, sarà l'incertezza di quando tutto questo finirà, ma in queste ultime settimane mi sembra di non avere prospettive e obiettivi concreti da raggiungere. Ho il lavoro, certo, con la scuola e con le traduzioni. Ho un marito, con cui sono riuscita ad andare d'accordo anche stando insieme 24 ore su 24 (e no, non era una cosa così scontata, né per lui, né per me, né per nessuno). Ho la salute, ho i libri, ho Netflix e un sacco di ricette di dolci da provare ogni giorno. Insomma, sono fortunata, ma questo clima di incertezza perenne inizia a farsi sentire, ecco. 

Tra le tante idee che mi sono venute in mente, quelle che riguardano il mondo dei libri sono tre e ho deciso che, oltre ad annunciarle sui social, dovevano essere scritte anche qui, nero su bianco su sfondo a pois, per dare loro una maggiore "ufficialità".


©Toscano

E quindi, in questo 2021 voglio assolutamente:

- Segnare su un quadernino le mie letture. Voglio molto bene ad aNobii e non ho alcuna intenzione di abbandonarlo, ma ho voglia di scrivere a mano, di annotare ciò che leggo in modo un po' più artigianale, senza dover aspettare di accendere il pc o una app per farlo. Ho già iniziato, in realtà, con la mia prima lettura dell'anno, ma ancora devo trovare la forma che più mi convinca (segno solo titolo e autore? Segno la data di inizio e di fine? Segno il numero di pagine? Le mie impressioni? Qualche citazione?). In ogni caso vedere il primo titolo lì in alto sulla prima riga del quadernino di mi ha dato una certa soddisfazione. 


- Scrivere almeno un post al mese sul blog, per raccontare ciò che ho letto e le mie impressioni a riguardo. Non saranno vere e proprie recensioni, perché dubito che troverei il tempo e la forza per scriverle, ma una sorta di riepilogo dei libri che mi hanno tenuto compagnia in quel determinato periodo. È una cosa che sento di dovere al blog, per quello che ha rappresentato e ancora rappresenta nella mia vita, ai libri che leggo e a chi ancora adesso, sebbene non abbia praticamente più scritto né aggiornato i vari social, mi dice che aspetta il mio parere e i miei consigli. E poi anche un po' per me, per tentare di ritrovare il gusto di scrivere che negli ultimi anni si è perso un po' per strada.

- Regalarmi almeno un libro al mese. Questo buon proposito sembra facilissimo da rispettare, ma mi sono resa conto che nel 2020 non mi sono comprata un libro ogni mese (certo, poi ci sono stati mesi in cui ne ho comprati anche quattro, quindi la media è comunque rispettata) e spesso ho rimandato acquisti di romanzi che volevo leggere senza alcun motivo preciso. Quindi per quest'anno, almeno un libro nuovo al mese deve arrivare (quello di gennaio sarà sicuramente Swing Low di Miriam Toews, in uscita il 20 gennaio per marcosymarcos... ma non escludo ne possano arrivare anche altri).


Sono tre buoni propositi molto piccoli, quasi banali e, per questo, spero semplici da portare avanti. A questi se ne sommano poi altri che non riguardano i libri (imparare a cucinare la carne non solo ai ferri o scaloppina; ridurre ulteriormente l'uso della plastica in casa; etc...) e sicuramente ce ne saranno altri ancora, che si formeranno nella mia testa con il passare dei mesi. Tutti insieme spero mi aiutino a sopportare un po' meglio questo periodo privo di certezze.


E voi avete qualche buon proposito per questo 2021?