lunedì 23 agosto 2010

INES DEL ALMA MIA -Isabel Allende

lnés de Suàrez nasce all'inizio del Cinquecento in Spagna, figlia di un modesto artigiano di Plasencia. Dotata di un forte temperamento che male si addice alla condizione femminile sottomessa all'autorità del clero e del maschio, lnés sposa contro la volontà della famiglia Juan de Malaga, che presto la abbandona per cercare fortuna in America. La giovane non si dà per vinta e, con i soldi guadagnati ricamando e cucinando, si imbarca anche lei per il Nuovo Mondo. lnés affronta le durissime condizioni di viaggio e si difende dai marinai libidinosi. Giunta in Perù, cerca invano il marito; senza più risorse, riprende a lavorare come sarta fin quando incontra Pedro Valvidia, un seducente hidalgo, fuggito dalle frustrazioni di un matrimonio deludente e venuto a combattere per la Corona spagnola. La passione infiamma lnés e Pedro che si mettono alla guida di pochi volontari attraverso un deserto infernale, combattono indigeni incattiviti e giungono infine nella valle paradisiaca dove fondano la città di Santiago. Le tribù autoctone difendono però il loro territorio e si accaniscono contro gli spagnoli, i cui feriti sono curati da Inés e da un'indigena a lei fedele: si rinforza così la fama di strega che la donna si era fatta scovando fonti d'acqua con una bacchetta (arte ereditata dalla madre). Non senza il malcontento di alcuni coloni, cresce la sua autorità a fianco di Pedro, divenuto governatore...

Veramente un gran bel libro. Sarà che a me piacciono un sacco gli autori sudamericani e il loro modo di narrare. Sarà che questo romanzo parla dei Conquistadores spagnoli nel Nuovo Mondo, altro argomento che sempre mi ha interessato. E sarà che lo fa tramite la voce non di un uomo ma di una donna, come è tipico nei romanzi dell'Allende. Insomma, mi è proprio piaciuto.
Certo, la fedeltà storica forse non è del tutto rispettata e ci sono molte parti romanzate, fatte soprattutto di amore e passione, che hanno sicuramente aiutato il libro a vendere (non a tutti può interessare la storia della conquista, nuda e cruda).
E il romanzare la storia non è certo servito a non farmi provare un bel po' di rabbia verso i conquistadores spagnoli (ma perchè sono loro quelli che sono andati in sud america, la rabbia è anche verso gli altri che sono andati da altre parti) e il loro sentirsi padroni di tutto, il loro desiderio proprio di invadere, convertire e conquistare, con metodi violenti e barbari, come se tutto fosse dovuto.
Ma non credo che lo scopo del romanzo della Allende fosse quello di far cominciare l'ennesima diatriba sui conquistadores. Quindi non inizio nemmeno io.
Da leggere comunque!

LEtto in originale, niente nota alla traduzione


giovedì 19 agosto 2010

QUEEN OF DREAMS (La Regina dei Sogni)- Chitra Divakaruni

La madre di Rakhi ha un dono: sa interpretare i sogni delle persone e leggere il loro destino. Rakhi invece, nata e cresciuta in America, si sente esclusa da tutto ciò che è indiano. Combatte ogni giorno con l'ex marito per l'affetto della figlioletta Jona, combatte per far sopravvivere il ristorante che ha aperto con l'amica Belle. Ma le sue battaglie sembrano di colpo superate di fronte agli eventi tragici della Storia, che la guidano verso una comprensione più profonda di sé e del proprio destino.

Un libro che rientra perfettamente nella definizione di "libro da spiaggia" (e non solo perchè l'ho letto in spiaggia, eh). Un romanzo senza infamia e senza lode, su cui non bisogna riflettere troppo perchè troppe sono le cose che l'autrice lascia in sospeso e che se mi mettessi ad analizzare rischierebbero di massacrare il romanzo.
Bello l'incontro di culture, tipico dei romanzi di Chitra Banejeree, bello il mondo del cibo e il rapporto tra padre e figlia. Un po' meno bello tutto il misticismo, molto forzato a volte, che accompagna tutto il romanzo e che a tratti sarebbe veramente evitabile (avevo provato la stessa sensazione anche con La Maga delle Spezie). Insomma, se cercate un capolavoro o grandi verità, puntate decisamente su altro. Ma se siete al mare sotto l'ombrellone e non sapete cosa leggere, questo va benissimo.

Nessuna nota alla traduzione, letto in originale.

mercoledì 11 agosto 2010

I TERRIBILI SEGRETI DI MAXWELL SIM - Jonathan Coe

9 marzo 2009, Maxwell Sim, neo-agente di commercio, viene trovato nudo e in coma etilico nella sua auto in Scozia, durante una bufera di neve. Nel bagagliaio un cartone pieno di spazzolini ecologici. Cos'è accaduto? Com'è arrivato fin lì? Torniamo indietro di qualche mese: Maxwell ha quarantotto anni e sta attraversando un periodo difficile, sembra aver toccato il fondo. Appena divorziato, in cattivi rapporti con il padre, incapace di comunicare con la sua unica figlia, capisce che nonostante i suoi settantaquattro amici su Facebook non ha nessuno al mondo con cui condividere i suoi problemi. Non avendo più niente da perdere, decide di accettare una curiosa opportunità di lavoro: un viaggio da Londra alle isole Shetland per pubblicizzare un'innovativa marca di spazzolini ecocompatibili. Si mette in macchina con mente aperta, le migliori intenzioni e la voce amica del navigatore come compagnia. Ben presto si accorge che il viaggio prende una direzione più seria, che lo porta nei luoghi più remoti delle isole britanniche, ma soprattutto nei più profondi e bui recessi del suo passato. Jonathan Coe reinventa il romanzo picaresco per i nostri tempi.

Aspettavo con ansia un nuovo libro di Coe. E, sebbene abbia letto pareri molto contrastanti riguardo questo nuovo romanzo, non posso dire che non mi sia piaciuto.
Certo, ci troviamo di fronte a un Coe diverso, cambiato rispetto a La Casa del Sonno (il suo capolavoro, secondo me) e rispetto anche alla saga Trotter o alla Famiglia Winshaw. Non è un romanzo corale, non ci sono miliardi di personaggi che si intrecciano e grandi fatti storici a fare da sfondo alla vita del protagonista. (Ma qualcuno sì, e devo ammettere che leggere Facebook in un romanzo mi ha lasciata un po' sconvolta...)

Tutto è incentrato su Maxwell Sim, un uomo sulla soglia deli cinquant'anni che ha visto la sua vita andare a rotoli dopo che la moglie lo ha lasciato e inizia un viaggio, fisico e metaforico, nella sua vita, che lo porta a scoprire segreti del passato rimasti a lungo celati, e a prendere coscienza anche di se stesso.
Certo, alcune parti sono un po' esasperate, troppo assurde per essere considerate come reali e certi incastri sono un po' forzati. Ma è riuscito a tenermi incollata alle sue pagine, a farmi divertire e anche a farmi riflettere parecchio.
E poi certe trovate sono proprio geniali: quella degli spazzolini da denti, quella del passeggero sull'aereo e della ragazza che per vivere crea alibi, e soprattutto quella del protagonista che si innamora del suo navigatore satellitare.
Che dire del finale? Coe vuole regalarci un parte di sè, entrando fisicamente nel suo romanzo. Inquietante? Abbastanza. Di impatto? Anche. Necessario? Onestamente non lo so. Insomma, sto povero protagonista sfigato riesce finalmente a capire cosa vuole dalla sua vita e tutto deve finire così?

A me è piaciuto molto (così come mi era piaciuto anche La Pioggia Prima che Cada), anche se sicuramente Coe non verrà ricordato per questo romanzo.

"Avremmo voluto, avremmo dovuto, avremmo potuto. Le parole piu' dolorose del linguaggio."



Nota alla traduzione: da rivedere, da rivedere e poi da rivedere ancora una volta. Sebbene la lettura scorra senza troppi inghippi, ci sono qua e là degli errorini e delle scelte dubbie che i puristi (o pi gnoli, come me) colgono quasi immediatamente.

sabato 7 agosto 2010

LA BELLEZZA E L'INFERNO- Roberto Saviano

La bellezza e l'inferno": fra questi poli opposti che richiamano il pensiero di Albert Camus si estende il campo di forze frequentato da Roberto Saviano, il luogo che genera la sua visione della vita, dell'impegno e dell'arte. Introdotti da una prefazione dell'autore, gli scritti raccolti in questo volume tracciano un percorso tanto ricco e vario quanto riconoscibile e coerente. Dal ragazzo che muove i primi già maturi passi nell'ambito della letteratura e della militanza antimafia fino allo scrittore affermato che viene invitato all'Accademia dei Nobel di Stoccolma e abbracciato dai terremotati in Abruzzo, Roberto Saviano resta se stesso. Ci racconta di un campione come Lionel Messi, che ha vinto la sfida più grande, quella contro il suo stesso corpo; di Anna Politkovskaja, uccisa perché non c'era altro modo per tapparle la bocca; dei pugili di Marcianise, per cui il sudore del ring odora di rabbia e di riscatto; di Miriam Makeba, venuta a Castel Volturno per portare il suo saluto a sei fratelli africani caduti per mano camorrista; di Enzo Biagi, che lo intervistò nella sua ultima trasmissione; di Felicia, la madre di Peppino Impastato, che per vent'anni ha dovuto guardare in faccia l'assassino di suo figlio prima di ottenere giustizia; e di tanti altri personaggi incontrati nella vita o tra le pagine dei libri, nelle terre sofferenti e inquinate degli uomini o in quelle libere e vaste della letteratura.

Mi capita spesso di piangere per un libro, anche se solitamente mi succede per i romanzi. Eppure alcuni degli scritti inclusi in questa raccolta mi hanno commossa. In particolare quello in cui Saviano racconta il suo incontro con Salman Rushdie a Stoccolma. Mi ha commossa la rabbia che esprime verso la fine, quando la frustrazione per tutto quello che ha passato, per le critiche, le diffamazioni, le accuse e gli insulti emerge all'improvviso. Così come il suo rendersi immediatamente conto di non essere solo.
Ho trovato molto belli anche i due scritti "sportivi": quello su Lionel Messi, la Pulga con un disturbo della crescita che non smette di lottare per diventare quello che vuole, e quello sui due pugili italiani.
E poi gli scritti di denuncia, contro la Camorra sì, ma anche contro chi fa di tutto per non far trapelare verità scomode (uccidendo chi ne è l'autore, come successo con Anna Politkovskaja), così come quello dedicato a Peppino Englaro, a cui le scuse credo ancora non siano state fattoe e quello dedicato alla madre di un altro Peppino, Peppino Impastato, ucciso proprio perchè stava diventanto pericoloso.

Mi piace molto il modo di scrivere di Saviano, la sua voglia di non arrendersi, di denunciare, pur sentendosi a voltre troppo solo, così come la sua voglia di narrare, sempre e comunque. Perchè, come gli dice Salma Rushdie, : "Continua ad avere fiducia nella parola, oltre ogni condanna, oltre ogni accusa. Ti daranno la colpa di essere sopravvissuto e non morto come dovevi. Fregatene. Vivi e scrivi. Le parole vincono."

Sono un po' indecisa se spendere o meno due parole sulle accuse mosse a Saviano di scrivere per soldi ed esibizionismo. Penso solo che chi scrive per soldi, non vive sotto scorta, non è obbligato a cambiare casa ogni settimana, non ha una taglia che pende sulla sua testa. Certo, i soldi arrivano. Ma il lavoro di Saviano, le cose che scrive, vanno ben oltre questo. Lasciano il segno, aprono gli occhi su qualcosa. E forse il modo scelto da lui, è l'unico modo per farlo. Come ribadisce lui stesso, non è colpa sua, "non sono certo io ad aver generato le contraddizioni che racconto". Prendersela con lui, e con chi come lui ha denunciato tutto questo, è solo un modo per non affrontare il vero problema, per nascondere la polvere sotto il tappeto.

giovedì 5 agosto 2010

FIGHT CLUB- Chuck Palahniuk

Tyler Durden è un giovane che si trascina in una vita di bugie e fallimenti, disilluso dalla cultura vacua e consumistica che impera nel mondo occidentale. Sua unica valvola di sfogo sono gli incontri clandestini di boxe nei sotterranei dei bar. Tyler crede di aver trovato una strada per riscattare il vuoto della propria vita, ma nel suo mondo non c'è posto per alcuna regola, freno, o limite.

Ero curiosa di leggere questo libro, pur sapendo benissimo che non fosse per niente il mio genere. Ma sono un po' spinta dalla curiosità, soprattutto dopo aver letto qualche frase qua e là. Ovviamente non ho ancora visto il film. E temo, alla luce del libro, che non lo vedrò mai.

Non mi è piaciuto. O meglio, temo di non averne capito il senso(complice forse la lettura in lingua originale, anche se mi rendo conto che ammetterlo non mi faccia molto onore). Il protagonista soffre di insonnia, frequenta gruppi di supporto per malati terminali, è frustrato dal suo lavoro e per sfogarsi si "iscrive" a un fight club, un gruppo di cui nessuno può parlare ("the first rule about fight club is you don't talk about fight club"), dove sfogarsi picchiando altre persone che hanno lo stesso bisogno. E poi la cosa degenera e diventa un'associazione terroristica per ripulire il mondo, fino al più o meno prevedibile colpo di scena finale. Un ritratto del livello più alto che può raggiungere la follia umana.
Qualche perla qua e là c'è indubbiamente. E posso anche capire come mai sia diventato un cult, soprattutto in certe cerchie.
Ma non fa per me.

Niente nota, letto in originale.

martedì 3 agosto 2010

PORTAMI A CASA- Jonathan Tropper

Alcune famiglie possono diventare tossiche, se ci si sottopone a prolungata esposizione. E la famiglia Foxman, in particolare, può raggiungere un livello di tossicità letale. Ecco cosa sta pensando il trentenne Judd Foxman mentre, di fronte al suo piatto di salmone e patate, cerca di estraniarsi dalle urla dei nipotini. Il telefono del cognato non smette mai di squillare, la sorella non fa che scoccargli frecciatine acide, in combutta con il fratello minore, mentre la madre, stretta in un vestito troppo provocante, gli rivolge solo sguardi di commiserazione. L'unico desiderio di Judd è scappare lontano e non pensare più a tutti i guai della sua vita. Perché Judd è senza casa, senza moglie, che l'ha appena tradito con il suo capo, e ora anche senza più un padre, morto all'improvviso. Per questo è dovuto tornare a casa e non può fuggire. Le ultime volontà del padre richiedono che venga celebrata la Shiva, il periodo di lutto prescritto dalla religione ebraica: per sette giorni consecutivi tutta la famiglia dovrà riunirsi sotto lo stesso tetto. E sette giorni possono essere un tempo infinito, soprattutto se i componenti della famiglia sono tutti fuori di testa e non riescono a stare per più di ventiquattr'ore insieme senza scannarsi. Ne bastano molte meno perché la casa diventi una polveriera pronta per esplodere a causa di vecchi rancori, passioni mai sopite e segreti inconfessabili.

Dopo "Tutto Può Cambiare" e "Dopo di Lei", Tropper ritorna con un altro bel romanzo, all'altezza dei suoi due precedenti (che io avevo adorato).
Cosa potrebbe succedere di peggio al protagonista Judd, dopo aver scoperto l'adorata moglie a letto con il suo capo, aver lasciato il lavoro (per ovvie ragioni) e essere costretto a dormire in uno scantinato? Ma dover passare 7 interi giorni i suoi fratelli ovviamente. Perchè alla sua morte il padre, come ultimo desiderio, ha chiesto che venisse celebrata la Shiva in suo onore e la madre, un'eccentrica sessantenne con il seno rifatto, è disposta a tutto affinchè i suoi 4 figli soddisfino questo desiderio.
Tra vecchi rancori mai sopiti, situazioni sentimentali a dir poco disastrose, ma anche bei ricordi che poco a poco riaffiorano e legami che si ricreano, Tropper racconta con ironia la vita di una famiglia americana che poi tanto tipica non è ma in cui, almeno a tratti, non è poi così difficile immedesimarsi.
Mi piace molto lo stile di questo scrittore, un linguaggio diretto e molto ironico per descrivere situazioni che ironiche non sono, ma che lo diventano nella loro "tragicità"(qualche eco dell'Hornby dei tempi migliori, per intenderci). Un libro che si legge bene, capace di tenerti incollato alle sue pagine fino a notte fonda per sapere cosa succederà ancora a questi fratelli, che fa ridere ma fa anche riflettere.
Mi ha solo lasciato un po' perplessa il finale. Ma forse qualunque finale mi avrebbe lasciato la stessa sensazione.
Lo consiglio!

Nota alla traduzione: qualche nota del traduttore abbastanza inutile (so che cos'è il ball nel baseball... e anche se non lo sapessi, non è necessario che me lo si spieghi in 4 righe...). E poi la scelta del titolo: l'originale è "This is where I leave you", che in italiano diventa "Portami a Casa". Il problema, oltre ovviamente alla scarsa e ingiustificata infedeltà, è che la frase "portami a casa" compare a un certo punto nel romanzo... dove sicuramente però in originale non potrebbe comparire "this is where I leave you", perchè non avrebbe senso. E queste cose mi fanno arrabbiare.