Vi capita mai di prendere in mano il nuovo libro di un autore di cui avete già letto altri romanzi, convinti di trovarci dentro qualcosa e ritrovarvi invece di fronte a qualcosa d'altro? Ma così tanto diverso da chiedervi se non vi siete confusi o se non si tratta, magari, di un caso di omonimia?
Ecco, la primissima reazione dopo poche pagine di L’assassino non sa scrivere di Stefano Piedimonte è stata questa. Avevo letto e adorato il suo romanzo d’esordio, Nel nome dello zio. Letto e apprezzato un po’ meno il seguito, Voglio solo ammazzarti, pur avendoci trovato tutta l’ironia e la verve del precedente; quindi quando è uscito quest’ultimo romanzo e ne ho letto la quarta, ero sicura che al suo interno avrei ritrovato lo stesso stile ironico e geniale, la stessa critica violenta attraverso l’esasperazione e la presa in giro dei protagonisti (se avete letto i due romanzi precedenti capite di cosa sto parlando), lo stesso ritmo narrativo e lo stesso numero di risate.
Ma non è stato così. Ci ho trovato qualcosa di diverso, qualcosa di meno, ma anche qualcosa di più.
L’assassino non sa scrivere è ambientato a Fancuno, un paesino sperduto popolato da pochi abitanti che si conoscono tutti tra loro. In passato arrivava anche qualche villeggiante, per il gusto di poter dire “quest’estate me ne vado a Fancuno”, ma con gli anni si sono affievoliti. Finché in paese non compare all’improvviso un serial killer che ha due particolarità ben precise: sembra ammazzare quasi a caso, senza metodi e senza logica, e, soprattutto, non sa scrivere, come si evince dai bigliettini che lascia sulle sue vittime firmati Sirial Ciller. Il paese, un po’ innervosito dagli omicidi e soprattutto dall’ignoranza di chi li compie, si trova così sommerso di giornalisti e curiosi. Intanto, oltre alla polizia, ad indagare ci sono un gruppo di amici del bar di Siusy, tra cui il narratore stesso che è un giornalista vicino alla pensione, che piano piano, tra ricordi del passato e piccoli indizi nel presente, arrivano a collegare quello che sta succedendo con la leggenda del paese, quella del bosco che uccide o fa del male a chiunque ci entri, a meno che non sia protetto. Che l’assassino voglia vendicarsi per qualcosa che il bosco gli ha tolto?
La lettura di L’assassino non sa scrivere non è stata come quella dei romanzi precedenti, vi dicevo. Diversa nel bene e diversa nel male.
Il libro mi è piaciuto, anche se forse in alcuni punti si perde un po’ e soprattutto nel finale manca qualche dovuta spiegazione. Così come mi è piaciuto molto lo stile di Stefano Piedimonte, che sa scrivere indubbiamente bene, anche quando decide di cambiare ambientazione e allontanarsi dai suoi romanzi precedenti . C’è della poesia in questo romanzo che nei precedenti non c’era, della nostalgia, dei legami con il passato e le proprie tradizioni che nei precedenti non c’erano. E so già che alcune delle frasi che ha piazzato qua e là rimarranno con me a lungo.
Odiare una persona che non c'è vuol dire disperdere il proprio odio in giro per il mondo, distribuirlo senza un criterio, fare del male a chi non lo merita. Lo so, è impossibile pensare che non ci sia nessuno con cui prendersela. Lo so benissimo. Ma non è giusto che questo «nessuno» diventi «tutti».
Al tempo stesso, però, c’è qualcosa che non mi ha convinta del tutto. Mi è sembrata una scrittura più matura e più profonda sicuramente, ma al tempo stesso l’impressione è che Piedimonte non abbia avuto il coraggio di abbandonare completamente quello che è stato in passato (forse per paura di deludere le aspettative dei lettori?), dosando in modo non sempre perfetto il racconto ironico e la parte drammatica della sua storia. Così come anche le critiche, questa volta dirette ai giornalisti e a chi lucra sui fatti di cronaca nera, ci sono e non ci sono, come se avesse voluto farle ma non avesse osato andare fino in fondo.
Probabilmente chi non ha letto i romanzi precedenti non si accorgerebbe di queste cose. Noterebbe solo la bellezza e la tristezza della storia di Siusy, ammirerebbe il cane fosforescente, riderebbe per alcune delle vicissitudini di alcuni degli abitanti di Fancuno e proverebbe un po’ di nostalgia per quel legame che si crea tra chi vive sempre e da sempre nello stesso posto, oltre ovviamente ad appassionarsi a questo serial killer e alle indagini per scovarlo.
Ed è su queste cose che mi voglio concentrare, perché alla fine è giusto, e ovvio, che uno scrittore cambi, maturi e tenti ogni tanto strade diverse da quelle che ha sempre percorso. E, per quanto spesso inevitabile, non è giusto valutare un nuovo libro, soprattutto se così diverso, in base ai precedenti.
Per cui sì, L’assassino non sa scrivere mi è piaciuto, con solo qualche piccola riserva, e mi sento di consigliarlo a tutti, che conosciate già Stefano Piedimonte o no.
Titolo: L'assassino non sa scrivere
Autore: Stefano Piedimonte
Pagine: 248
Editore: Guanda
Anno: 2014
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formato brossura: L'assassino non sa scrivere
formato ebook: L'assassino non sa scrivere (Guanda Noir)
Ero proprio curiosa di leggere la tua recensione sul libro di Piedimonte.
RispondiEliminaIo di suo ho letto Nel nome dello Zio e mi è piaciuto proprio tanto, mentre mi manca il secondo. Ma questo, mi incuriosisce moltissimo e il tuo pensiero non fa che aumentare il mio desiderio di leggerlo, perché sono curiosa di vedere se anch'io percepirò queste differenze, questa crescita e questo cambiamento!
Il secondo secondo il mio modestissimo parere è evitabile.
EliminaQuesto invece, superato lo shock iniziale, è una bella lettura. Molto diversa, ma comunque bella
Mesi fa ho iniziato il libro e stavo pure procedendo però mi mancava qualcosa. Forse il Piedimonte che mi aspettavo. L'ironia non era l'Ironia del primo romanzo e la storia ha cominciato a non prendermi. Insomma, per non rovinarmi la lettura, magari la colpa era mia, l'ho interrotto e mi sono detta che l'avrei ripreso. Non ho ancora trovato la voglia e chissà se la troverò. Forse sono troppo legata allo stile dei primi due romanzi per riuscire ad apprezzare questo.
RispondiEliminaSicuramente l'impatto diverso si sente ed è molto forte. Ho dovuto pensare che non stavo leggendo un libro di Piedimonte, per continuare e, soprattutto, apprezzarlo. Capisco perfettamente le tue difficoltà... ma magari in futuro, se riuscirai in qualche modo a eliminare le tue aspettative, dagli una nuova possibilità :)
Eliminacondivido ogni tua osservazione: alla fine della lettura, ti ritrovi con un misto di delusione che non sai quantificare o magari non vuoi .. le premesse e la costruzione di un piccolo mondo moderno che portano al finale sono ben ideate e strappano qualche sorriso, così come sottili ma intelligenti risultano le metafore e le linee di incontro tra fantasy e realtà (il galeone, l'anemone e le suddivisioni dei gruppi nel bosco) ... è giusto che uno scrittore maturi, che segua una corrente non comune, mi sarei aspettato di più dopo aver letto nel nome dello zio: peccato non riesca ad essere incisivo e costante per tutta la durata del piccolo volume .. mi ha ricordato in tante pagine malvaldi che non mi ha mai entusiasmato ...
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