venerdì 26 giugno 2015

LE ANATRE DI HOLDEN SANNO DOVE ANDARE - Emilia Garuti



Per poter recensione in modo onesto di Le anatre di Holden sanno dove andare di Emilia Garuti, devo innanzitutto fare due piccole premesse personali.

La prima è che tra una settimana compio trent'anni e, per quanto io mi senta ancora ragazzina dentro e mi sembri ieri che io abbia preso la patente, è innegabile che un certo distacco verso tutte quelle cose che si fanno a diciotto-venti c’è.  Si cresce e cambiano, ovviamente, le priorità.
La seconda cosa è che la mia vita tra i sedici e i vent'anni è stata un po’ atipica. Facevo su e giù tra un ospedale e l’altro per seguire mio padre; ero dovuta diventare indipendente molto in fretta perché i problemi in casa erano altri e ben più gravi di quelle che potevano essere le turbe di un adolescente; non avevo tanti amici (più per colpa mia che per colpa loro, in realtà); studiavo un sacco, forse per distrarmi e per non dare ulteriori problemi; e ho dovuto scegliere l’università praticamente da sola (chiedendo a mio padre, ormai verso la fine, di alzare un braccio o l’altro se era o meno d’accordo con le mie scelte). Insomma, non posso certo definire la mia post adolescenza un periodo normale. (Ci sono state anche cose belle, ovviamente, perché nel male e nel dolore a volte ci sono anche quelle).
Ecco, credo che queste due premesse siano fondamentali per comprendere come mai Le anatre di Holden sanno dove andare non mi sia piaciuto.

Il libro, scritto in forma di diario, racconta la storia di Willelmina, che da tutti sa fa chiamare Will perché il nome originale è davvero terribile.  Will ha appena finito le scuole superiori e deve decidere che università frequentare. Come tutte le ragazze e i ragazzi della sua età, insomma. Solo che lei nel mentre va anche da una psicologa, da cui i genitori l’hanno mandata per cercare di risolvere alcuni suoi “problemi” emotivi. Di seguirla loro non ne hanno alcuna voglia, sono troppo impegnati a fingere di essere una famiglia perfetta in pubblico e a odiarsi dopo. Ma sta psicologa a Will non è che stia poi così simpatica, forse proprio perché vuole aiutarla. Un giorno, però, nella sala d’aspetto incontra Matteo, che ha anche lui i suoi problemi, ma che sembra volersi occupare anche di quelli di Will. E insieme, forse, riusciranno a guarire entrambi. 

Per la maggior parte della lettura avrei voluto prendere la protagonista a schiaffi. O darle almeno un qualche scossone. Perché è vero che ognuno reagisce ai problemi in modo diverso, è vero che la paura può colpire chiunque in ogni momento e toglierci il fiato, anche per cose stupide, così come è vero che scegliere l’università, se non si hanno tanto le idee chiare, è un momento importante e difficile. Però, che cavolo, a diciannove anni si dovrebbe essere in grado di sopportare tutto questo. Soprattutto considerando che Will è tutto fuorché sola. È vero, i genitori non la seguono (non che lei abbia mai provato a parlarci veramente), ma ha tante amiche che la cercano, con cui esce, ma che ai suoi occhi hanno la colpa di sapere già cosa fare nella loro vita.
Il linguaggio è sicuramente fresco e spontaneo, in alcuni punti anche molto intelligente. Devo dire, però, che da come era stato lanciato, un romanzo che, come dice la quarta, non vuole “scadere negli stereotipi della giovinezza,  da questo libro mi aspettavo qualcosa di meglio, qualcosa di più. Di molto di più.  Gli stereotipi ci sono tutti, secondo me. La ragazza contro. La ragazza che si sente incompresa. La ragazza che ha problemi con i genitori. La ragazza che sa tutto di letteratura eppure non sa cosa fare della sua vita, etc… etc.. etc… 

Ma ora devo riportare alla mente le mie due premesse. Sto invecchiando e non ho avuto una post -adolescenza normale. Quindi non lo so se i giovani di oggi sono così e se il libro a loro, reale target, potrebbe piacere oppure no. Non so, insomma, se sia un problema mio o un problema del libro. 

So, però, che a me non è piaciuto e, soprattutto, che Il giovane Holden io, per un libro così, non lo avrei disturbato.

Titolo: Le anatre di Holden sanno dove andare
Autore: Emilia Garuti
Pagine: 141
Editore: Giunti editore
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6 commenti:

  1. Non lo avrei scomodato nemmeno io, amando Il giovane Holden e lavorando per la Giovane Holden Edizioni. E poi scrivere che "è un piccolo classico sulla paura di crescere" è un'assurdità colossale.

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    1. Anche perché dentro al libro viene citato solo due volte: la prima proprio in riferimento alle anatre, la seconda giusto due parole sul finale. Probabilmente all'autrice il Giovane Holden davvero è piaciuto, però non è quello che trasmette.
      Sull'assurdità della frase sono pienamente d'accordo con te!

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    2. Sarei curioso di sapere se è questo il titolo che ha dato al libro prima di arrivare alla Giunti...

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    3. No era un altro, anche se ora non mi ricordo esattamente come fosse prima. Quando ho chiacchierato con l'editor del libro, mi aveva detto che lo avevano cambiato, ma che sia quello precedente sia questo sono presi dai titoli dei capitoli interni (se questi li avesse decisi l'autrice o la Giunti non mi è venuto in mente di chiederlo, mannaggia a me!)

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  2. Che bello questo post, Elisa. Mi è piaciuto - e dispiaciuto - leggere della tua adolescenza un po' diversa da quella degli altri. Strana anche la mia, ma per motivi più futili e non meglio identificati, che ho passato da qualche anno appena: ad aprile, infatti, ne ho fatti ventuno e il romanzo, come forse ti ho già scritto, non è piaciuto neanche a me. Quindi direi che il problema non sei tu: consolati. L'autrice avrà grossomodo la mia età, mi ci sono anche riconosciuto qui e lì, ma una storia così, sinceramente, non l'avrei vista pronta per il grande saldo, anche se fossi stato io l'autore. Per gli sfoghi e il sarcasmo c'è Facebook. :)

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    1. Ecco, sì, anche io ho l'impressione che questa storia non fosse ancora pronta per essere pubblicata. Mi ricordo quello che mi avevi detto sul libro e, ora che l'ho letto, non posso che condividere tutto. Anche perché secondo me gli stereotipi contro cui dice di combattere in realtà ci sono anche qui. O meglio, forse non sono nemmeno stereotipi, è proprio una caratteristica di quell'età che per quanto l'autrice dica di rinnegare in realtà c'è dentro in pieno (e probabilmente ci sarei stata dentro anche io, se non avessi avuto problemi diciamo un po' tangibili).

      Il fatto di sapere che il problema del libro non è che sono troppo vecchia per leggerlo mi consola molto :P

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