Ho una particolare predilezione per i libri che, oltre alla storia che contengono, ne hanno o ne raccontano un’altra. In realtà sono così un po’ tutti i libri, perché la stesura di un romanzo da parte di un autore è già di per sé un racconto, a volte semplice e noioso, altre ancor più profondo del suo contenuto.
Per cui, quando la Bompiani mi ha scritto per chiedermi se poteva interessarmi la lettura di Isola grande isola piccola di Francesca Marciano, la prima cosa che mi ha attirata, oltre alla copertina che trovo magnifica nella sua semplicità, è stata il fatto che il libro fosse una traduzione (molto ben fatta, vi anticipo già, da Tiziana Lo Porto). Ma come? Francesca Marciano è italiana, vive a Roma, ha già pubblicato diversi libri nel nostro paese e quest’ultimo è in traduzione? Eh sì, il libro è uscito per la prima volta negli Stati Uniti, scritto in inglese, nel 2014, è stato finalista del The Story Prize, un prestigioso premio letterario americano, e poi finalmente, dopo un po' di difficoltà a trovare un editore, tradotto qui da noi.
Non che a me come lettrice cambi niente, è ovvio, ma queste curiosità mi attirano molto. E quindi sì, eccome se mi andava di leggerlo.
Isola grande isola piccola è una raccolta di racconti con protagoniste principalmente al femminile. In spazi più o meno brevi, con personaggio più o meno caratterizzati, Francesca Marciano racconta di tutte quelle fragilità, insicurezze, ma anche semplici scelte di vita che ci possono colpire. La perdita di una madre quando si è troppo giovani per capire e le conseguenti reazioni che possono segnare per tutta la vita; le speranze e i desideri che ci portano a compiere azioni un po’ folli, come comprare un costosissimo vestito di Chanel che poi non metteremo mai o il ricercare a tutti costi un passato e scoprire che non è assolutamente come lo ricordiamo; il bisogno di fuggire, di cercare se stesse, che non sempre dagli altri viene capito e molto più spesso criticato, che poi si concretizza in qualcosa di semplice, come ricostruire un forno per farci il pane; un matrimonio che finisce senza che poi si capisca bene perché; un innamoramento che dura per sempre, senza concretizzarsi mai; una canzone che sembra parlare di noi e un trasloco lontano da tutto e da tutti per cercare di sentirsi meno soli; fino alla scrittura di un libro che trasforma la realtà, per renderla più simile a quella che davvero vorremmo.
Ci sono anche gli uomini, in questi racconti. Ma Francesca Marciano si sofferma di più sulle donne, sul modo in cui vivono (viviamo, ok), certe situazioni. Su dove ripongono le loro speranze e su cosa invece le fa stare male. Gli uomini sono un contorno essenziale, perché parte di quello che queste donne vivono è dovuto proprio a loro, a un padre in difficoltà, a un amico che spalleggia in una follia, a un fratello con cui non si riesce più ad andare d’accordo, a un uomo che si è amato e che ora non c’è più. E quindi alla fine quel che viene fuori è un ritratto completo di una vita, perché da un singolo momento si possono capire tante cose.
È stata una lettura intensa, difficile a tratti, sebbene ogni racconto sia ben scritto, scorrevole e piacevole da leggere. Tenevo il libro accanto a me sul comodino, per poi portarmelo dietro di stanza in stanza ogni volta che mi spostavo, con la voglia di leggerlo e al tempo stesso di non farlo, per non finirlo troppo presto.
Una bella scoperta, davvero. E sono contenta che alla fine, in un modo o nell'altro, Isola grande Isola piccola sia poi arrivato anche a noi. Perché di Italia in questo libro ce n’è tanta, tantissima. E forse dovremmo imparare, tutti, a valorizzarla un po’ di più.
Titolo: Isola grande Isola piccola
Autore: Francesca Marciano
Traduttore: Tiziana Lo Porto
Pagine: 325
Editore: Bompiani
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formato brossura: Isola grande, isola piccola
formato ebook: Isola grande, Isola piccola
Non amo, purtroppo, le raccolte di racconti - ma neanche quelle di Stephen King, è più forte di me - però tra le tue belle parole, la copertina che anch'io adoro, la Bompiani che ultimamente pubblica tante cose interessanti... Insomma, messo in lista. :)
RispondiEliminaLa copertina nella sua semplicità io la trovo eccezionale!
EliminaAnche perché poi quando lasci il libro in giro per casa e la vedi spuntare all'improvviso, è allegrissima :)
Capisco perfettamente la tua reticenza nei confronti dei racconti, sono un genere particolare e non a tutti congeniale. Però ce ne sono davvero tanti che meritano :) (ma Carver l'hai provato, sì?)
Questo libro l'ho adocchiato da subito. Non capita spesso di sentire di qualcuno scrivere un libro in una lingua che non è quella d'origine (mi viene in mente Jhumpa Lahiri su In altre parole). O forse c'è qualcosa di viscerale che lega queste persone ad altri suoni, altri sapori, meno familiari eppure così vicini. Mi incuriosisce molto. Lo leggerò.
RispondiEliminaSarebbe bello, poi, rileggerlo in lingua "originale".
Ci ho pensato anche io, che sarebbe bello leggerlo anche in originale!
EliminaIn un'intervista uscita su repubblica un anno fa, lei diceva proprio che le viene naturale scrivere in inglese, che i suoi racconti nella sua testa si formano in quella lingua lì e in italiano non le sarebbero venuti.
Aspetto allora poi la tua opinione!