Non è per niente facile parlarvi
di I miei piccoli dispiaceri di Miriam Toews. Non so da quale tema del libro
partire, su qualche focalizzarmi, su quale sia il modo migliore per convincervi
a leggere questo piccolo, e difficile, capolavoro.
Non è stato facile nemmeno
leggerlo, in realtà. Ma questo lo sapevo già fin dalla prima volta che l’ho
avuto tra le mani e ne ho letto la trama. O forse anche da prima, da quando ho
letto il meraviglioso In fuga con la zia e ci ho lasciato dentro il cuore e
qualche lacrima.
Qui si parla di suicidio. Di
persone che non ce la fanno più a vivere, anche se poi guardando alla loro vita
non si riesce nemmeno a capirne il motivo. O almeno non ci riesce Yoli, che si
ritrova a dover accudire la sorella Elf, pianista di fama internazionale ora
ricoverata in ospedale dopo aver tentato di togliersi la vita. Non capisce
perché una donna così perfetta, così amata, non riesca ad affrontare la
fragilità che prova dentro di sé. Che sia colpa dell’educazione mennonita
ricevuta in passato e alla quale lei si è sempre ribellata? O di quelle altre
grandi tragedie che hanno colpito la loro vita e che forse, anche loro, non
sono riuscite a capire? Non lo sa, Yoli. Così come non lo sa sua madre, né la
zia Tina, che in una situazione simile ci è già passata una volta. Le tre,
insieme a Nic, marito di Elf, cercano di farle capire quanto sia bello vivere e
quanto dolore stia causando con questa sua fissa di voler morire. Elf capisce.
Capisce il dolore della madre e quello della sorella. Ma il suo dolore è ancor
più grande, forse proprio perché inspiegabile. E quindi chiede alla sorella di
accompagnarla in Svizzera, a morire assistita. Che farà Yoli?
Che farei io? Che fareste voi?
Ma qui si parla anche, e soprattutto, di famiglia e di amore. Di quanto sia dura lasciare andare le persone che si amano e poi riuscire comunque a sopravvivere dopo. Di quanto il dolore possa unire o anche solo far capire quanto uniti si fosse già.
Ma qui si parla anche, e soprattutto, di famiglia e di amore. Di quanto sia dura lasciare andare le persone che si amano e poi riuscire comunque a sopravvivere dopo. Di quanto il dolore possa unire o anche solo far capire quanto uniti si fosse già.
Miriam Toews è bravissima nel
caratterizzare i suoi personaggi: la fragile Elf, che vorresti scuotere per
tutto il libro ma di cui al tempo stesso comprendi la sofferenza e la precarietà;
la scapestrata Yoli, che avuto due figli con due uomini diversi e ora non è più
sposata con nessuno dei due, che cerca di scrivere il libro della vita e ora si
ritrova suo malgrado a dover pensare se accompagnare sua sorella a morire; la
fantastica madre e la fantastica zia Tina, che cercano di godersi ogni piccola
cosa bella della vita, senza pensare a tutto il dolore che hanno provato. E con
loro tutti i personaggi di contorno, le amiche di Yoli e quelli incontrati per caso, che hanno uno scopo anche se compaiono
solo in poche righe.
Così come mi è piaciuta molto
tutta la letteratura, tutte le citazioni presenti tra le pagine, a partire dal
titolo, I miei piccoli dispiaceri di Samuel Coleridge, e tutto il potere che
viene dato ai libri, nel bene e nel male.
Bene, Elf, ho pensato, sei davvero furba. Fare in modo che ti lasci sola col pretesto di mandarlo a prendere dei libri. In biblioteca. Ovvio che l’avrebbe fatto. I libri sono quello che ci salva. I libri sono quello che non ci salva.
Amo questa autrice. La amavo già
prima, in realtà, e ora ne ho avuto la conferma. Amo il suo stile umoristico e
profondo. Amo il suo modo di trovare la poesia nelle piccole cose, così come il
suo affrontare il dolore attraverso la scrittura, senza piangersi addosso e
senza facili (e comprensibili) compatimenti.
Non voglio soffermarmi su cosa
farei io se mia sorella o mio fratello non volessero più vivere e mi
chiedessero di aiutarli. Onestamente non so, perché ogni fragilità, ogni dolore sono storie a sé, in momenti a sé, un momento a sé, e per me non ha senso ragionarci se non ci sono dentro
veramente.
E poi, non sono nemmeno sicura
sia questo ciò che l’autrice vuole che il lettore faccia. Secondo me ha voluto
solo farci capire che ci si deve voler bene sempre e comunque, senza giudicare,
che tu abbia fatto figli con qualunque uomo della tua vita o abbia una voglia
inspiegabile e incomprensibile di toglierti la vita. Si deve cercare di capire,
di accettare, litigando e urlandosi contro magari, e di vivere ogni singola
emozione, bella o dolorosa che sia, che l’essere al mondo ci regala ogni giorno.
Titolo: I miei piccoli dispiaceri
Autore: Miriam Toews
Traduttore: Maurizia Balmelli
Pagine: 365
Editore: marcos y marcos
Acquista su Amazon:
formato brossura: I miei piccoli dispiaceri
Titolo: I miei piccoli dispiaceri
Autore: Miriam Toews
Traduttore: Maurizia Balmelli
Pagine: 365
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formato brossura: I miei piccoli dispiaceri
Ho recentemente letto un libro che parla, indirettamente (la storia è un'altra, ma la sensazione è troppo forte per essere solo immaginata dal lettore) di suicidio: Dissipatio H.G. di Guido Morselli.
RispondiEliminaPare che dovesse essere un capolavoro, ma io ho solo provato ripugnanza per il protagonista, il tipico depresso che si compiace della propria mediocrità.
Il fatto che si riesca a comprendere Elf mi fa pensare che sia un personaggio profondamente diverso, e forse non veramente intenzionato al suicidio. Il fatto che ti venga voglia di scuoterla implica che un briciolo di vitalità le sia rimasta.
Non so dirti esattamente se in lei sia rimasta vitalità o se semplicemente è talmente tanto forte la voglia di vivere degli altri che il suo malessere c'è ma passa quasi in secondo piano. La bravura della Toews forse è stata proprio lì, di non dare tanto voce a Elf e al suo dolore quanto a chi le sta attorno e al modo in cui cercando di farglielo superare. Non lo so... però bello, tanto!
EliminaIl libro ci incita a non giudicare, a non mettere paletti, c'è un punto in cui la sorella si arrabbia a morte col personale medico che le dice che non possono aiutare Elf perchè "non è collaborativa", che non possono perdere tempo con lei. Questo perchè in fondo tutti noi non riusciamo ad amare in modo totale, accettando anche quello che per noi non solo è incomprensibile, ma che riteniamo inaccettabile. Se una persona arriva al punto di non considerare più la vita come un dono, ma come un peso, dovremmo solo metterci al suo fianco ed accettarlo, cercando di renderci utili solo continuando ad amarla. Non c'è autocompiacimento nel suicida, qui c'è solo tanto dolore di vivere.
RispondiEliminaCiao Elisa, anch'io ho amato profondamente questo libro. Ho apprezzato la sua grandissima umanità e la forza che trasmette ogni sua singola pagina, nonostante il dolore immenso dei suoi personaggi.
RispondiEliminaSerena
Ho lasciato per ultimo questo libro dopo aver letto tutto della Toews perché avevo il timore fosse una lettura da centellinare, da scegliere in un momento particolare.
RispondiEliminaNon è l'angoscia la sensazione prevalente, sai che la vita di una persona amata sta scivolando e non puoi fermare la caduta ma attutirla, ma la necessità di provare empatia.
Le espressioni di Yoli verso l'inferno mentale di Elf non sono mai di contrizione, pietà ma di cura, costruzione, memoria, salvaguardia di una bellezza (la barca, le lettere, il coraggio di scegliere).
Un libro importante, forse dopo in fuga con zia il suo volume più riuscito.
Una voce necessaria che prende alla gola come un vento conosciuto.