Era da un po’ di tempo che mi
sarebbe piaciuto assistere a un incontro con Marco Missiroli. Da quando ho
letto e adorato il suo Il senso dell’elefante, da quando mi sono un po’
scontrata con Il buio addosso e da quando mi è arrivata la sua mail in risposta
alla mia proposta di intervista, dopo poche ore che gliela avevo inviata. Mi
piace vedere dal vivo, almeno una volta, le persone che con le loro parole
scritte hanno saputo emozionarmi, anche se potrebbe rivelarsi una delusione.
Quindi, quando mi è arrivata la
newsletter del Circolo dei Lettori di Torino in cui veniva annunciata la
presentazione, di lì a una settimana, di Atti osceni in luogo privato, il nuovo
romanzo di Marco Missiroli, sono corsa nella libreria in cui lo avevo prenotato
per ritirarlo. Lo avrei fatto comunque, perché attendevo un nuovo libro quasi
con ansia, ma volevo averlo subito tra le mani per poter arrivare alla presentazione
preparata (ed è per questo che questo post è immediatamente successivo alla
presentazione, per quanto possa effettivamente sembrare un po’ stalkeristico)
Per cui ieri, insieme a Thais di
Solo libri belli, sono andata a questo incontro al Circolo dei lettori. Che,
forse ve l’avevo già detto, è un posto fichissimo, pieno di eventi e di
persone, di libri e di attività, al punto che, per chi lo frequenta poco come
me, mette un po’ in soggezione. Però è stato bello, mentre gironzolavo tra le
sale (ok, cercavo il bagno in realtà), sentire due persone dire “è bello venire qui, soprattutto per chi a
casa è da solo. Ci sono i libri e c’è la compagnia”.
Sono andata alla presentazione,
vi dicevo, di Atti osceni in luogo privato di Marco Missiroli, che aveva
accanto a lui Luca Beatrice, nuovo presidente del Circolo, in una sala gremita
anche di un pubblico giovane (cosa un po’ inusuale, se devo dire la verità).
Inizio con il dire che Marco
Missiroli è un timido, che ha esordito dicendo di non preoccuparsi se nel corso
di questa chiacchierata lo avremmo visto diventare tutto rosso. E già lì mi è
stato simpatico. Perché essere uno bravo scrittore e saper parlare in pubblico
sono cose molto diverse, ovviamente. Un atto privato, privatissimo, contro uno
invece pubblico che non tutti (io per prima) sono in grado di sostenere.
La presentazione è partita dalla
copertina, ovviamente. Quella benedetta copertina, "Holy Cross (in hoc signo vince)" di Erwin Blumenfeld, che continuo a trovare inquietante sebbene sia, come Luca Beatrice sottolinea subito, “un passapartout per la storia”. Ed effettivamente è di fronte a
quell'opera che Libero, il protagonista del libro, ha la sua prima vera rivelazione
sul sesso e sul suo modo di viverlo, e c’è quindi il passaggio tra il mero
consumo del corpo, lo scopare, e un coinvolgimento più forte, il fare l’amore.
Missiroli racconta di aver discusso a lungo con l’editore su questa scelta. E’
un’immagine forte, le persone si sentirebbero a disagio a tenerlo in mano sui
mezzi pubblici e qualcuno è arrivato persino a foderarlo (io ho messo la
fascetta, per dire). Però è una parte talmente tanto importante all'interno del
libro che non poteva non essere in copertina. Anche il titolo ha dato di che
riflettere. L’idea iniziale era quella di intitolarlo semplicemente Libero, ma
poi, al Festival della mente di Sarzana, durante la presentazione di Peter
Cameron, è stato messo ai voti e Atti osceni in luogo privato ha stravinto.
Missiroli ha poi raccontato la nascita
del romanzo. Era sotto un ombrellone in un bagno riminese, sua città natale,
che stava cercando di scrivere un romanzo sugli organi. Organi che escono da un
corpo e vanno in altri corpi e di cui l’autore segue la storia. Tuttavia,
mentre scriveva, si è reso conto che aveva voglia di raccontare qualcosa che lo
rendesse libero davvero. “Quando uno non
ha tante libertà, le mette in un libro”. Per farlo ha attinto al suo
passato, alla sua storia erotica che è poi la storia erotica di tutti i timidi.
A Rimini si perde la verginità in media intorno ai 14 anni, perché ci sono i
turisti e ci sono le tedesche. Missiroli l’ha persa a venti e quei sei anni di
distacco tra lui e i suoi amici, oltre a essergli costati diverse prese in giro,
lo hanno trasformato in un resiliente
amoroso. Quindi la storia di Libero, protagonista del libro, è in parte la
sua storia.
Da lì si è passati all'ambientazione
del libro, che non viene mai esplicitata apertamente nel corso del romanzo, ma
ci sono evidenti segnali che permettono di collocarlo. La storia parte dal 1963
e arriva fino al 2001. Missiroli, che è nato nel 1981, ha scelto di far nascere
prima di lui il suo protagonista perché è una persona anacronistica. Gioca a
bocce, non va in discoteca se non per tenere le giacche degli amici e, se
potesse scegliere, gli sarebbe piaciuto nascere nel 1932. “Se nasco nel 1932 e
passo la guerra, vuol dire che scrivo negli anni ’60 e che ce l’ho fatta. Come
Moravia”. A questa nascita in epoca ritardata fatica un po’ ad adattarsi.
Si è poi parlato del concetto di
romanzo erotico che, visti anche certi best seller da classifica ultimamente,
pare sia una cosa da donne. Marco Missiroli sottolinea che lui non aveva
intenzione di scrivere un romanzo erotico e che, effettivamente, Atti osceni in
luogo privato non è un romanzo erotico perché non ci sono volgarità, cose
troppo esplicite, e consapevolmente. Lui non voleva andare al centro ma stare
attorno, alla questione, scrivendo un romanzo sul voler essere qualcuno, sul
diventare se stessi, processo che passa inevitabilmente attraverso l’erotismo e
la scoperta del corpo, ma che in un persona timida, come il protagonista e come
l’autore stesso, è molto complesso.
Scrivendo, ha immaginato di avere
su una spalla sua madre che lo intimava di continuare romanzi simili ai
precedenti, e sull'altra la sua professoressa del liceo, che gli faceva i
complimenti per non aver inserito volgarità nel testo. Alla fine, però, la
prima stesura l’ha fatta leggere al padre che, raccontano, è uscito dallo
studio in cui l’ha letto con le orecchie rosse e i capelli gonfi, dicendo che
un libro così non poteva essere pubblicato. Dopo averci lavorato un po’, a
seguito anche del commento del padre, Missiroli è riuscito a cambiare identità
e a emanciparsi attraverso queste pagine.
Un ruolo fondamentale, e
bellissimo, all'interno del romanzo è poi svolto dai libri, quelli che Marie,
uno dei personaggi principali per lo sviluppo erotico del protagonista, gli
passa.
Se uno non riesce a vivere nel mondo, può vivere nella letteratura. Se uno vive tanto nel mondo e legge, vive ancora di più nel mondo
Tre sono i romanzi principali che
vengono citati, tutti con un ruolo ben preciso: c’è Mentre morivo di Faulkner, Il
deserto dei Tartari di Buzzati e Lo straniero di Camus.
Per Missiroli sono state tutte
letture tardive, perché ha iniziato a leggere intorno ai diciannove anni. Il
suo primo romanzo è stato Ti prendo e ti porto via di Niccolò Ammaniti. Poi,
racconta, sua madre ha avuto la pessima idea di dargli L’alchimista di Paolo
Coelho e lui si è di nuovo scoraggiato. Per fortuna è arrivato suo padre che,
per aiutarlo a superare la noia, gli ha consigliato di leggere Il deserto dei
Tartari. Dal due palle iniziale è passato a pensare “Io non farò quella fine
lì, io devo vendicare Giovanni Drogo”
Questi tre libri sono così
importanti per Libero, e probabilmente anche per Missiroli, perché si rende
conto che Giovanni Drogo, Mentre morivo e Lo straniero sono in realtà delle evasioni da
delle carceri esistenziali e allora inizia a correre.
Si è poi parlato dei
protagonisti, soprattutto dei personaggi femminili presenti nel libro: Marie,
Lunette, Frida, Anna e la madre stessa, che ha dato un po’ origine a tutti i
turbamenti di Libero da bambino. Tanti personaggi diversi tra loro, e tutti ben
caratterizzati, che hanno un po’ vendicato l’assenza di personaggio femminili
nei romanzi precedenti. Il più difficile da scrivere, su cui ha lavorato di più,
è stata Frida, che voleva caratterizzare bene senza farla diventare una
macchietta. E, mi permetto di dire, forse insieme a Marie, è quella che meglio
gli è riuscita.
La presentazione si è poi piano
piano conclusa, con qualche accenno alla differenza tra scrivere di Parigi e
scrivere di Milano, i due luogo in cui il romanzo è ambientato, con ancora qualche
aneddoto sulla vita di Missiroli (“quando a vent’anni ho perso la verginità ero
a Bologna, ho avvisato gli amici di Rimini e hanno messo i manifesti in
discoteca") e con un intervento dal pubblico di una signora che mi ha fatto
sorridere, perché si è commossa per un personaggio che aveva fatto commuovere
tanto anche a me (anche se non so se l’effetto sarebbe stato lo stesso se anziché
chiamarlo Palmiro Togliatti lo avesse chiamato Giulio Andreotti).
Mi sono poi avvicinata per l’autografo
e ho trovato il coraggio per dirgli chi ero (ecco, io vado sempre nel panico al
momento degli autografi, sudo, divento tutta rossa e mi agito... è una cosa
scema, ma non ci posso fare niente). E non finirò mai di stupirmi ogni volta
che uno scritto, quando dico “Ciao, io sono la lettrice rampante”, da’ evidenti
segni di avermi riconosciuto (di solito sono un “Ooooohh, ma dai, finalmente!”).
Sono uscita dalla presentazione di Marco Missiroli entusiasta e contenta di aver finalmente conosciuto dal vivo quello che reputo un grande scrittore e, soprattutto, una bella persona. Certo, alla fine mi sono anche sentita molto ignorante, perché ha una conoscenza incredibile della letteratura italiana, pur essendo arrivato tardi alla lettura.
In ogni caso, assistere a una sua presentazione merita tanto quanto leggere un suo libro.
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