lunedì 2 febbraio 2015

Riflessione sconclusionata su sogni e lavori, direttamente dal divano.

Questo post non parlerà di libri. E spero che mi perdonerete se per una volta uscirò dall'argomento principale di questo blog per parlarvi un po' di me. Ok, in realtà ogni volta che vi parlo di un libro che ho letto vi parlo un po' di me. Ma questa volta lo farò direttamente.

È lunedì mattina e io sono a casa, seduta sul divano, dopo aver appena fatto colazione. Venerdì a quest'ora ero a lavoro. Il mio ultimo giorno in un'azienda in cui sono stata per cinque anni. 
"C'è crisi", "I vertici vogliono che riduciamo il personale", "Non posso licenziare chi ha un contratto a tempo indeterminato", "Mi spiace, non posso rinnovarti, ma teniamoci in contatto eh". 
È andata più o meno così, e sapevo che sarebbe andata più o meno così. Lo sapevo da circa cinque anni, in realtà, dal primo contratto a progetto rinnovato una volta, poi due, poi tre, poi trasformato un anno fa in determinato, sempre con la promessa dell'inserimento in azienda. Scema io a esserci cascata, ma la comodità, la vicinanza a casa, il lavoro, di traduzione prima, di web dopo, che tutto sommato nemmeno mi dispiaceva (sull'ambiente preferisco non esprimermi), il "non vorrai mica lasciare un lavoro ora, che c'è crisi e chissà quando ne trovi un altro"... insomma, mi sono fermata lì, aspettando con ansia ad ogni rinnovo che diventasse quello definitivo e rimanendoci un po' male ma poi nemmeno troppo ogni volta che non è stato. Fino appunto al rientro dopo le feste di Natale, in cui era evidente fin da subito, da quel "magari insegna a lui a fare questo, magari insegna a lei a fare quest'altro", che non mi avrebbe rinnovato.

La mia piantina a lavoro,
 quando le ho detto che ce ne saremmo andate
E venerdì, quindi, sono uscita definitivamente da quell'ufficio. Con un po' d'ansia, certo, che non sono mica così pazza da non sapere che adesso non sarà esattamente una passeggiata trovare qualcosa di nuovo.  Con la consapevolezza che forse un figlio dovrà aspettare ancora un po' e anche quella bella sensazione (che è bella, inutile negarlo) di poter finalmente dire "ok, ora sono sistemata".
Ma, devo ammettere, che c'è stato anche un sospiro di sollievo. Un po' perché in quell'ambiente stavo impazzendo, tra colleghi con cui non ho mai del tutto legato e scelte direzionali spesso non del tutto comprensibili (hey, colleghi e dirigenti, se state leggendo, nulla di personale eh... che lo sapete benissimo anche voi qual era la situazione lì dentro). Un po' perché compio trent'anni quest'anno ed è ora che decida davvero cosa voglio fare della mia vita. È ora che prenda coraggio e almeno ci provi a inseguire il sogno di vivere di traduzione, di editing, di libri o di scrittura (no, non voglio di colpo diventare scrittrice, che non sarei in grado, però su blog e giornali mi piacerebbe un sacco). È ora che ammetta, a me stessa e agli altri, che quel lavoretti di editing che faccio, quella prima traduzione che mi è stata commissionata proprio prima di Natale, mi danno una soddisfazione che là dentro, in questi cinque anni, forse ho provato solo un paio di volte (sebbene con lo stipendio che prendevo là dentro ci potevo vivere e stravivere, con questi lavoretti di editing e traduzione, per il momento, no).

E quindi boh, sono qui sul divano, chiedendomi che cosa devo fare ora. Correre in agenzia a cercare un lavoretto, magari part time, che mi consenta di avere del tempo libero da dedicare alla mia passione, magari frequentando anche qualche corso specifico, oltre a limitarmi a fare quello che faccio già? Cercare un lavoro full time e continuare a tradurre ed editare "per arrotondare", finché troverò il coraggio di dire "ok, posso vivere solo di questo"? Invadere le case editrici di cv implorandole di farmi provare (case editrici, se state leggendo, vi chiedo già scusa per le valanghe di mail che riceverete a breve da parte mia... non sono psicopatica, solo molto entusiasta)?
Sono un po' spaesata, devo ammetterlo. Forse perché per quanto poco apprezzata, un'abitudine è pur sempre un'abitudine e quando viene a mancare un po' destabilizza. Forse perché ho un po' paura. Di non trovare altro, di trovare qualcosa che non mi piace, di non essere capace di trasformare il mio sogno in realtà. O di dover accettare tanti, troppi compromessi per riuscire a farlo e di non sapere scegliere quali valga davvero la pena di fare.
Ci pensavo l'altro giorno, quando una mia collega mi ha chiesto: "resterai qui o te ne andrai?". Beh, a me piacerebbe restare qui, devo essere sincera (magari non proprio qui qui in Canavese, anche se nemmeno questo mi dispiacerebbe, però mi rendo conto che sarebbe forse chiedere un po' troppo, però ecco di non dovermi allontanare troppo, quello sì). Forse è folle, considerando che ho studiato lingue e dovrei avrei come sogno quello di vivere all'estero. Eppure, no, ammetto di non averlo quel sogno. Mi piace viaggiare, per lavoro e per vacanza, e ho adorato i quattro viaggi all'estero che in quest'ultimo anno di lavoro ho avuto la fortuna di fare. Alcuni avrei anche voluto fossero durati di più. Però mi piace anche tornare a casa. È così sbagliato? Mi beccherò della bambocciona per questo?

Ok, ora mi fermo con questo sproloquio. E vi chiedo ancora scusa per questo post un po' sconclusionato un po' di sfogo, da cui non ricaverete credo niente. Ma avevo bisogno di mettere per iscritto i miei pensieri e di condividerli con qualcuno.E chi meglio di voi, o adorati lettori del mio adorato blog, fonte di una delle mie più grandi soddisfazioni nella vita? 
Bene, ora vado ad aggiornare il cv.

19 commenti:

  1. Capisco benissimo le tue ansie, Elisa: chi della nostra generazione ne è oggi immune? Ogni cambiamento ha in sé dubbi, preoccupazioni, ma anche, a volte, prospettive di un miglioramento. Ti auguro di trovare al più presto un nuovo lavoro che ti permetta di mettere in gioco la tua passione, è quello che spero per tutti noi che ci sentiamo costantemente dare dei bamboccioni, ma che abbiamo tanta voglia di metterci in gioco! Un abbraccio!

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  2. Guarda, la tua situazione è più comune di quanto non immagini. Io sono stato fortunato e sono stato confermato salvo poi cambiare per scelta e non escludo di farlo ancora in futuro. Nonostante questo la voglia di fare il lavoro che piace, il lavoro dei sogni è comune a tutti. Beh, tutti quelli che già non lo fanno! Nella sfortuna (sembra brutto dirlo così ma secondo me non lo è) non hai nulla da perdere ora, niente da rischiare, nessuna atroce scelta del tipo "mollo un posto sicuro per provare a fare il mio lavoro ideale?". Quindi prova a seguire il tuo sogno e vedi come va. Magari cerca qualcosa part-time come dici per avere una base di sicurezza e fai le tue valutazioni. Mai dire mai nella vita, da una situazione negativa potrebbe benissimo venire fuori qualcosa di buono no? In bocca al lupo!

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  3. Provo piena empatia verso le tue parole e il tuo stato d'animo. Ho più o meno la tua stessa età, una laurea in Lettere moderne, un corso di formazione sull'editoria e 4 anni di invii a vuoto di cv a case editrici, redazioni giornalistiche e affini alle spalle. Adesso temporeggio dando lezioni private, ma visto che le cose sono piuttosto messe male in questa fase storica (povere noi a capitarci dentro) e il lavoro dei sogni diventa sempre più una chimera, forse la scelta giusta o almeno quella più soddisfacente può essere fare qualcosa in autonomia e inventarsi un lavoro. Da un po' di tempo mi solletica l'idea di aprire un sito di servizi editoriali (editing, correzione bozze, ghost writing...) e spero possa essere questo l'anno giusto per metterlo in atto. Incrocio le dita per te, per me, per tutti noi!
    (E poi non dimentichiamo che abbiamo i nostri blog che ci danno piccole ma belle soddisfazioni legate alla scrittura!)

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    1. La mia situazione è ASSOLUTAMENTE identica alla tua, da quello che hai scritto! (Anzi, se prendi in considerazione l'idea di una socia...=) )

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  4. Cara Amica (perchè prima di essere Lettrice, sei soprattutto quell'amica che mi ha fatto riscoprire e amare di nuovo la lettura), già sai come la penso (piùommeno). mal che vada, mollo il mio noioso lavoro a Torino, assaltiamo quella cara libreria che tanto amiamo in quel di Eporedia, e ce la gestiamo noi rinnovandola in libreria/tisaneria (magari mettendoci qualche birra artigianale ;)) :P

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  5. Stiamo vivendo una situazione molto simile.
    Posso solo dirti che io, potendomelo permettere, sto studiando, sto sperimentando, viaggerò un po'. Sono ottimista. Ho abbandonato il sogno 'editoria' dopo anni di sfruttamento e nessuna certezza e quindi mi sto creando una nuova identità lavorativa che ha sempre a che fare con le mie passioni.
    Sii ottimista anche tu, vedila come un'opportunità e non come un ostacolo.
    Perché sei in gamba e farai tante cose belle. ;)

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  6. Immagino lo stato d'animo con cui scrivi, e per quel che conta, spero che col tempo vada meglio. Non posso dirti di essere ottimista, che non è tempo di ottimismo, però penso anche che tu abbia serie possibilità di farcela. Non mi metto a darti consigli - è la prima cosa che l'istinto mi dice di fare - perché sicuramente sai meglio di me cosa e come fare. Però "buona fortuna", ecco.

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  7. Cara Elisa, la nostra purtroppo e' una generazione di precari..
    (io sono una precaria expat, non per scelta ma per necessita', ma tranquilla, non mi permetterei mai di criticare chi sceglie di rimanere in italia: anzi, ognuno dovrebbe cercare di sforzarsi di trovare il suo posticino dove essere felice. Io il mio non l'ho ancora trovato, e il mio contratto scade tra un anno...)
    In bocca al lupo per tutto!

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  8. Per quel che può servire, ti racconto la mia esperienza.
    Qualche anno fa, esasperata perché vittima di vessazioni da parte della figlia del capo, decisi di licenziarmi da un posto che, in fondo, non era granché.
    Ho approfittato di quel periodo per avere un figlio (anche se, con un solo stipendio, arrivavamo a malapena a fine mese) per riprendere in mano la mia passione per la scrittura e per guardarmi intorno.
    Morale della favola, ho un bimbo stupendo, fra qualche mese pubblicherò un libro con una grande casa editrice e ho un lavoro che faccio da casa e che mi permette di gestirmi la giornata come voglio.
    Mia nonna diceva sempre: a volte si chiude una porta e si spalanca un portone. Abbi fiducia, cara Elisa.

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  9. Abbiamo storie un po' diverse ma ti racconto anche la mia.
    Anch'io ho studiato traduzione, da quasi 2 anni faccio la receptionist ed è un lavoro che amo per fortuna. L'ambiente di lavoro però non si può commentare tra vessazioni e insinuazioni sulla nostra vita privata da parte dei capi. Ho il contratto fino a ottobre 2016 e so già che non verrò rinnovata. Vorrei licenziarmi ma le spese e la ricerca di un figlio mi frenano visto che poi non so se e quando troverò altro.
    Mi dicono di espatriare ma, come te, amo tornare a casa e questa decisione non la vedrei come una scelta di vita (come credo che debba essere) ma come una fuga e non mi sta bene: non voglio arrendermi perché noi 25-30enni di oggi non siamo una generazione di bamboccioni pazienti che sia accontentano o fuggono; voglio dimostrare che siamo testardi, capaci e coraggiosi... perché è proprio così che siamo! Un abbraccio.

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  10. Io sono relativamente fortunato, essendomi inserito in un contesto relativamente solido, ma mi rendo conto che non è la realtà. La tendenza degli ultimi tempi è verso la precarietà: stage, "finti" progetti, tempo determinato e poi... un indeterminato che ha sempre meno tutele. In questo contesto forse rimboccarsi le maniche è una buona opzione, se ne sei convinta. La mia ragazza l'ha fatto, rinunciando a un percorso verso la stabilità per... beh, per vocazione. E' una scelta che macinavo anch'io, per ragioni diverse, ma finora ha prevalso la sicurezza (e il fatto che non è che sappia fare chissà cosa...). Dovrai però trovare qualcos'altro, perché ho l'impressione che di editing e traduzioni non si viva. Ma sicuramente hai fatto (o farai) i tuoi conti.
    In bocca al lupo! :)

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  11. Ti capisco bene, benissimo. Paghiamo un prezzo troppo alto, almeno parlo per me: età-donna-laurea umanistica, un trinomio che è una bomba a mano e un senso di colpa per non aver fatto scelte differenti.
    Fai ciò che ritieni giusto in un'Italia che vive di truffa (anche la crisi lo è) e vecchi bacucchi.
    Ti sono vicina con il pensiero.

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  12. Bellina, quanto ti capisco.
    Non lavoro da luglio (non mi hanno rinnovato il contratto) e non so cosa fare della mia vita al momento. Non so se insistere sulle mie passioni oppure se lasciare che queste siano, appunto, delle passioni e basta. Fatto sta che, come te, non perdo la fiducia. Si aprirà un portone, sia per me che per te, ne sono certa. Un abbraccio :*

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  13. Ciao Lettrice Rampante,
    mi dispiace che il tuo contratto non sia stato rinnovato, ma sono felice che tu provi a fare quello che ti piace veramente! Lavoro nello stesso posto, e che posto, da quasi vent'anni e davanti a me non vedo prospettive di alcun genere. Resterò là dentro fino alla pensione, se mai me la daranno, e continuerò a sognare di vincere la lotteria per mandare tutti allegramente affanculo e aprire una fantastica libreria (in un paese dove leggono davvero in pochi ma tanto chi se ne frega, ho vinto alla lotteria!)
    Sono sicura che da questa situazione tu saprai trarre la forza per osare, andare oltre la sicurezza econimica e fare finalmente il lavoro che più ti gratifica.
    In bocca al lupo e coraggio!

    PS

    Grossa, grossissima, incommensurabile invidia per la tipa anonima che ha avuto un figlio e sta per pubblicare con una grande casa editrice ; )

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  14. Tieni duro e continua a sorridere.
    La stabilità ormai è una chimera per tutti, per non parlare del lavoro dei propri sogni. Ma tu insisti. Dicono che la fortuna sorride agli audaci. Non chiudere la porta ai tuoi sogni!

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  15. Come si dice spesso, quando si chiude una porta si apre un portone.
    In bocca al lupo per tutto Elisa!

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  16. Ciao Elisa, ormai e' passato un anno e mezzo, come stanno andando le cose? Spero che le previsioni e gli auguri degli utenti qui sopra si siano verificati! :)

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