Silvia e Debora sono due studentesse come tante. Amano molto la musica e il fumo, poco la scuola e le regole. Un giorno entrano in classe, nel loro liceo nel cuore di Roma, e iniziano a sparare contro i compagni. La prima a cadere è Eleonora, punita perché considerata la più bella e la più brava. Altri giovani moriranno con lei, secondo una lista ben precisa che Silvia e Debora hanno preparato da tempo. Una vera e propria strage come quelle che si ripetono nei college americani o in nord Europa. Solo che, per la prima volta, a sparare sono due ragazze. "Ho ucciso Bambi" è la storia di questo drammatico episodio di bullismo al femminile, ma è anche un viaggio dentro la mente di un'adolescente, combattuta tra ansia di crescere e rabbia, senza riferimenti e prospettive per il futuro, come molti giovani della sua generazione. Un romanzo unico nel suo genere, un romanzo che “inizia dalla fine”...
Ogni volta che sui giornali compare la notizia di una strage avvenuta in un college americano per mano di uno studente che per qualche inspiegabile motivo ha deciso di uccidere dei suoi coetanei, vengo assalita da due emozioni contrastanti.
Da un lato c'è l'orrore e l'incredulità per la facilità e la frequenza con cui queste cose succedono, lo stupore di fronte alla decisione di un ragazzo di uccidere per rabbia o per follia e lo sdegno per la facilità con cui è facile procurarsi un'arma in un paese che dovrebbe essere un esempio di civiltà.
Dall'altro, però, c'è anche un sospiro di sollievo, di cui non vado certo fiera, legato alla lontananza di questi fatti e al pensiero "sì ma in Italia non potrà mai succedere". Eppure adolescenti difficili, arrabbiati con il mondo per aver vissuto qualcosa che non sono stati in grado di affrontare, adolescenti che non studiano, che si drogano, che vedono nei loro compagni una minaccia, ci sono anche in Italia. Ci sono ovunque. Però boh, vivo con la certezza (o l'autoconvincimento) che nel mio paese cose così non possano succedere.
Leggere quindi questo romanzo di Carla Cucchiarelli, che racconta di una di quelle stragi americane compiuta però in un liceo romano è stato un vero choc. E' stato un vero choc leggere i pensieri e i gesti di queste due ragazzine, Silvia e Debora, che da semplici bulle, con alle spalle un passato difficile, si sono trasformate in assassine, spinte dalla rabbia ma anche dalla solitudine, dall'abbandono e da quel senso di inadeguatezza che almeno una volta nella vita ha colto tutti gli adolescenti.
Tutti a quell'età abbiamo avuto simpatia e antipatie più o meno marcate. Tutti siamo stati vittime o carnefici di prese in giro, scherzi di pessimo gusto e maltrattamenti, più o meno fisici, da parte o verso i nostri coetanei. Perché quella è un'età bastarda, in cui perdersi a volte è veramente facile. E Silvia si perde. Si perde quando la madre l'abbandona e il padre la trascura. Si perde quando si fa la prima canna, quando fa sesso per la prima volta, quando si ritrova a chattare con gente (s)conosciuta su internet, quando passa il pomeriggio a sparare davanti al computer. Si perde quando in classe arriva una ragazzina nuova, studiosa, ai suoi occhi perfetta, troppo perfetta.
E poi ci sono tutti gli altri compagni di classe: quelli che ridono e le assecondano per evitare problemi, quelli che cercano il più possibile di ignorarle per evitare di essere vittime delle loro angherie, e quelli che pur non facendo nulla di male vittime lo diventano davvero.
Silvia è la mente di tutto. Lei ha le pistole, lei ha stilato la lista di chi deve morire e chi deve salvarsi, lei ha preparato il video da caricare su youtube. Lei ha una rabbia incredibile dentro, una rabbia comprensibile e giustificabile, che la guida nelle sue azioni. A volta mostrarsi forte e crudele è l'unico modo per non fare vedere le debolezze. A volte, eliminare chi vorremmo essere è più facile che diventarlo.
E' un libro davvero sconvolgente, che trasmette un senso di angoscia e di impotenza ad ogni pagina. Di chi è la colpa? Di una ragazzina di 16 anni? Di una madre che l'ha abbandonata? Di un padre che cerca di compensare le sue mancanze chiudendo gli occhi? Di una ragazzina di Milano che si trasferisce in un'altra città? Di altri ragazzini che non denunciano per non avere problemi? Degli insegnanti? Della società? Della vita?
La risposta a queste domande non si trova nel libro (e da nessun altra parte credo). Al punto che a volte si riesce a provare pena per Silvia, di cui leggiamo i pensieri, le paure e le insicurezze, dovute alla solitudine e all'abbandono.
Si prova ovviamente pena anche per gli altri, i ragazzi uccisi in questo raptus di follia, i ragazzi sopravvissuti che si porteranno sempre dietro il ricordo e il dolore di quello che è successo. Si prova pena per i genitori, che non sono stati in grado di comprendere. E si prova per gli insegnati, gli adulti, chiunque abbia avuto in qualche modo a che fare con quanto è successo.
Mi è piaciuto molto lo stile dell'autrice, l'idea che ogni capitolo abbia come tema una canzone e l'idea di sentire di Silvia nel letto d'ospedale. Per quanto sconvolgente e difficile, ho divorato questo libro in due giorni, proprio perché ti scuote, ti spinge a porti delle domande, a riflettere. Perché alla fine davvero adolescenti difficili, arrabbiati con il mondo perché lasciati da soli ci sono stati e ci sono ovunque. Anche qui.
Autore: Carla Cucchiarelli
Pagine: 154
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: 0111 Edizioni
ISBN:978 8863074505
Prezzo di copertina:14,50
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formato brossura: Ho ucciso bambi.
Capisco quello di cui parli, quelle sensazioni sottopelle che ti fanno dire "no, qui non succederà mai". Eppure sai che potrebbe accadere, invece. Mi fa venire i brividi solo pensarci.
RispondiEliminaGrazie per avermi fatto conoscere questo libro, non ne avevo mai sentito parlare.
Proverò a leggerlo.... anch'io mi dedico alla scrittura per esprimere emozioni forti... www.marikalopa.blogspot.com
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