giovedì 2 maggio 2013

IL TALENTO DEL CUOCO - Martin Suter

Nelle cucine di un ristorante di lusso a Zurigo lavora Maravan, un giovane tamil che viene dallo Sri Lanka. Come molti suoi connazionali è fuggito dalla guerra per giungere in Europa, sperando nell'asilo politico e con la responsabilità di aiutare la famiglia rimasta in patria. Nel ristorante gli vengono assegnati solo i compiti più umili e noiosi, ma lui non se la prende. Ha un carattere amabile e ottimista, possiede una fede devota, e soprattutto è un cuoco dall'olfatto e dalle qualità straordinari. La prima a scoprirlo è Andrea, una cameriera dello stesso locale. Per lei Maravan cucina il vero curry, ispirato alla tradizione culinaria di famiglia con qualche personale innovazione. La ragazza, nel corso di una cena indimenticabile, avrà un'idea che cambierà il loro futuro: dovranno mettersi in proprio e aprire una ditta. Si chiamerà "Love Food" e proporrà un Love Menu, consegna a domicilio di raffinati manicaretti afrodisiaci capaci di stimolare il desiderio delle coppie annoiate. I primi clienti arrivano grazie a una terapista specializzata, ma la voce si sparge rapidamente. Le sensuali ed efficaci ricette di Maravan sanno restituire gusto ed emozione alle serate di coppie abbienti, a personalità della politica, a uomini d'affari in cerca di sensazioni forti. Ma attraggono anche figure ambigue, che vivono ai margini del potere e della ricchezza...

Odio non sapere cosa scrivere in una recensione. Perché solitamente, come già detto in passato, implica che io non abbia ben chiaro che cosa il libro in questione mi abbia lasciato. Ed è una brutta sensazione, che non so mai se devo attribuire alla mia lettura, magari avvenuta senza la dovuta concentrazione, o al libro stesso che è, più o meno volutamente, poco chiaro.
"Il talento del cuoco" rientra in questa categoria. L'ho finito ieri sera, ci ho dormito su, e ancora non so come parlarne.Lo puntavo già da tantissimo tempo, perché amo molti i libri che parlano di cibo ma ero un po' stufa di tutti quei titoli e quelle copertine con miele, zuccherro, cannella e cucina. Per cui era parecchio che non ne leggevo uno. Ma poi è arrivata la Sellerio, una casa editrice che ultimamente mi sta dando un sacco di soddisfazioni, e ho deciso quindi che potevo ricominciare.
E da questo punto di vista non mi sono sbagliata né sono delusa. Il libro parla di cibo, ma parla anche d'altro, di qualcosa di complesso e drammatico, una guerra, e dell'impotenza di chi la vive da lontano.

La prima intenzione, quando ancora non avevo capito dove volesse di preciso andare a parare il romanzo, era di buttare questa recensione sul ridere. I due protagonisti, Maravan e Andrea, mettono su un'impresa di catering che tratta solo cibo afrodisiaco: i sapori della cucina pakistana uniti alla scienza della cucina molecolare. Con un effetto assicurato. Ecco, sì. Solo che se penso alla prima volta (e unica e ultima) volta che ho mangiato indiano e a quanto male sono stata, l'ultima cosa che riesco a credere è che questo cibo possa avere potere afrodisiaco. Però, tant'è.
Poi però ho capito che nel romanzo si parla anche e soprattutto di qualcosa di più: si parla delle condizioni degli immigrati in Svizzera, si parla di amore e di usanze culturali che rimangono tali anche quando si è lontani dal proprio stato di origine ma che non tutti riescono o vogliono accettare, si parla di sesso e di potere, si parla di armi, di guerra, una guerra che i giornali non considerano mai perché "meno importante" rispetto alle altre, e che i ricchi, protetti da questo silenzio, sfruttano senza ritegno per arricchirsi. Si parla di ricordi e si parla di scelte difficili, che vanno contro a tutto quello in cui si è sempre creduto, ma che non si possono non fare. Il cibo è il motore dell'azione, l'espediente. Deve esserci perché la storia non andrebbe avanti e non potrebbe concludersi, ma non è sul cibo che il romanzo si vuole focalizzare.

Insomma, in queste trecento pagine c'è parecchia carne al fuoco, che mi ha permesso di imparare cose che prima non sapevo. Però c'è qualcosa che non mi ha convinto e, pensandoci a mente fredda, credo che sia lo stile dell'autore. Il libro è molto scorrevole, si legge bene e in fretta, ma ogni tanto ci si perde tra i nomi e si fatica un po' a seguire la trama. Alla fine tutto torna, certo, si capisce il percorso di ognuno dei personaggi principali e tutte le implicazioni delle loro azioni, però a volte nel mezzo non è sempre chiaro che cosa stia succedendo. Ci si sofferma troppo su certi dettagli, soprattutto a livello culinario, e troppo poco su altri, che per me sarebbero stati più importanti e utili per capire.

Eppure, adesso che ne ho scritto, il giudizio sul libro nella mia mente è diventato un po' più chiaro, sia rispetto a ieri sera, quando l'ho chiuso, sia a quando ho iniziato a scrivere questa recensione, pochi minuti fa. E' credo che sia un bel romanzo, che usa il cibo per parlare d'altro e che offre un bello spaccato di una minoranza culturale che non viene quasi mai tenuta in considerazione. Valeva la pena di leggerlo.

Poi, nel caso voleste provare, in fondo al libro trovate le ricette del menu afrodisiaco di Maraval. Io non ci provo nemmeno... perché non credo che passare una notte in bagno possa essere molto romantico.


Titolo: Il talento del cuoco
Autore: Martin Suter
Traduttore: Emanuela Cervini
Pagine: 333
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: Sellerio
ISBN: 978-8838927492
Prezzo di copertina: 16,00€
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formato brossura:Il talento del cuoco
formato e-book:Il talento del cuoco

7 commenti:

  1. Sul passare la notte in bagno, concordo. Devo dire che la tua recensione mi ha fatto venire voglia di leggerlo. Gli unici libri sul cibo che ho letto, come Estasi culinarie e Come l'acqua per il cioccolato, mi sono piaciuti e mi hanno lasciato perplessa allo stesso tempo. Tuttavia, qui ci sono alcuni elementi, come la tradizione culturale a confronto con un paese diverso in cui vivere, che mi attirano. Lo metterò in lista...senza guardare a che numero sono arrivata. :-)

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    1. Ho letto sia Estasi culinarie sia Come l'acqua per il cioccolato (che forse in italiano aveva un altro titolo, ma l'ho letto in lingua originale): il primo non mi ha fatta impazzire, il secondo l'ho amato tantissimo... anche se effettivamente sono un po' "strani".
      Fammi poi sapere cosa ti suscita questo! :)

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    2. Il secondo, in effetti, aveva un'atmosfera a metà tra la fiaba e il surreale, che invogliava a continuare la lettura...ok, appena riesco a metterci le mani sopra, lo leggo, e ti dico. :-)

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  2. Mi spiace che la tua esperienza col cibo indiano non sia stata delle migliori! A me piace molto, ma ammetto di non aver mai sentito alcun particolare desiderio dopo essere stata a mangiare all'indiano xD

    Ti dirò, il libro in sé mi incuriosisce, perché ho studiato da poco la situazione dello Sri Lanka e dei tamil durante il corso di Storia contemporanea; però i libri col cibo, non so perché, non riescono mai a conquistarmi... penso sia a "Estasi culinarie" che a "Il ristorante degli amori ritrovati" di Ito Ogawa (uscito prima della mania dei titoli tutti uguali ;) E pubblicato dalla Neri Pozza, tra l'altro).

    Quindi sono divisa. Dato che non ti ha convinta del tutto e che le tematiche cibarie non fanno molto per me, mi sa che questa volta passo.

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    1. La componente cibo è molto forte, soprattutto per via di certe descrizioni molto particolareggiate. Per cui se non ami molto questa tematica qualche difficoltà ce l'avrai sicuramente.

      "Il ristorante degli amori ritrovati" non l'ho ancora letto... ma ora che mi dici che è uscito PRIMA della mania dei titoli credo che lo cercherò :)

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    2. Uhm... allora mi sa che lo metterò da parte.

      Ti dirò, il libro della Ogawa è interessante ed è sicuramente una lettura che scorre piacevolmente, però non l'ho apprezzato del tutto - ma potrebbe sempre essere colpa del mio problema coi libri "mangerecci", quindi se ti incuriosisce è bene che tu ci dia un'occhiata di persona :)

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  3. peccato abbiate passato le notti in bagno dopo aver mangiato indiano, mi chiedo a questo punto che cosa e soprattutto dove abbiate mangiato.
    la cucina indiana è così variegata, vi sono così tante regioni e specialità che trovo davvero peccato rinunciarvi per una brutta esperienza. Se così fosse non dovrei più mangiare la pizza, la pasta con le cozze e tante altre gustose specialità italiane! Katia

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