venerdì 19 aprile 2013

ISTRUZIONI PER RENDERSI INFELICI - Paul Watzlawick


"È giunta l'ora di farla finita con la favola millenaria secondo cui felicità, beatitudine e serenità sono mete desiderabili della vita. Troppo a lungo ci è stato fatto credere, e noi ingenuamente abbiamo creduto, che la ricerca della felicità conduca infine alla felicità". Watzlawick costruisce qui uno specchio ironico che, pur tenendo viva una costante tensione tra il divertimento e il disagio di riconoscersi, non priva il lettore del piacere di interpretare il messaggio: come rendersi felicemente infelici?

Sto fissando questo post bianco da più di un'ora, senza riuscire a scrivere nulla. Odio quando mi succede così, perché vuol dire che qualcosa, nel libro che ho letto e che sto tentando di recensire, non ha funzionato. E questo di solito capita con i libri che non sono né bruttissimi né bellissimi, quelli che potevi leggere o non leggere e non avrebbe fatto alcuna differenza. Eppure, non credevo che "Istruzioni per rendersi infelici" potesse essere uno di questi di libri. Avevo tante, tantissime aspettative e non posso nemmeno dire che tutte siano state disattese. Eppure, boh. Non so. C'è qualcosa che non mi torna in questo piccolo saggio che, ovviamente solo in apparenza, vuole insegnarti come essere infelice.
Ah, la felicità. Questo concetto tanto ribadito, tanto ripetuto, a cui tutti aspiriamo sempre. Che sia forse un po' sopravvalutato? Mica si deve essere felici per forza, no? Si può continuare a crogiolarsi nel proprio dolore, a non capire perché le persone ci amano, a non chiedere un martello al nostro vicino di casa perché tanto sicuramente non ce lo presterà, a rimanere incollati al telefono in attesa di una telefona che mai arriverà e al diavolo gli amici che cercano di tirarti fuori dalla tua depressione. Si può continuare ad accusare di mancanze che in realtà non esistono chi abbiamo accanto. Nasconderci alla realtà perché non ci piace. Credere all'oroscopo al punto da fare in modo che quanto scritto si avveri. Non uscire di casa per paura di tutto quello che ci possa succedere, ma anche aver paura a rimanerne dentro, perché nemmeno lì si sta al sicuro. Insomma. Si può essere infelici e fieri di esserlo.

Questi libricino di Watzlawick, filosofo e psicologo, è un saggio intelligente, che mette alla berlina manie e fissazioni in cui ci stupiremo di poterci identificare. Lo fa riportando fonti, citazioni, esempi di vita che potrebbero argomentare perfettamente questa idea di "viva l'infelicità". Potrebbero, ma ovviamente non lo fanno. Perché l'intento di Watzlawick è proprio quello opposto: enfatizzare, ridere e prendere in giro in modo più o meno velato tutti quei meccanismi mentali, quelle situazioni, quelle fissazioni che ci impediscono di essere felici. 

E' geniale, certo. Ma, devo ammetterlo, l'ho trovato anche un po' superficiale. Perché se fosse davvero tutto così semplice, tutti al mondo sarebbero davvero felici. La teoria finale, che si capisce già all'inizio, è quella già espressa da Dostoevskij nel suo Demoni, ovvero: "L'uomo è infelice perché non sa di essere felice. Soltanto per questo. Questo è tutto, tutto! Chi lo comprende, sarà subito felice [...]". Già, sarebbe bello.

Pur essendo per natura una persona abbastanza ottimista e in grado di trovare la felicità nelle cose più piccole e insignificanti, credo sia questo a non avermi convinto, questo "se vuoi essere felice, basta che tu decida di esserlo". Come non mi convince mai nessuna teorizzazione sulla felicità o sul suo contrario (così come provo una forte irritazione nei confronti dei manuali di auto-aiuto), perché non può essere, non è, tutto così semplice. Certo, in realtà nelle piccole cose il nostro potere è più forte di quello che possiamo immaginare ed è influenzato dal nostro carattere e dal nostro modo di vedere la vita, in modo positivo o negativo. Però non ci sono sempre e solo le piccole cose.

Watzlawick è geniale, certo. Ed espone le sue argomentazioni in modo scorrevole (anche se in alcuni capitoli mi sono un po' persa) e con un'ironia facile da cogliere ma mai offensiva nei confronti di chi si comporta realmente nel modo che lui descrive e che mi ha fatta ridere e sorridere. 
Però secondo me, felicità e infelicità racchiudono troppe cose per poter essere descritte in un libricino tanto sottile.


Nota alla traduzione: nulla da segnalare, direi!


Titolo: Istruzioni per rendersi infelici
Autore: Paul Watzlawick
Traduttore: Franco Fusaro
Pagine: 112
Anno di pubblicazione: 1997
Editore: Feltrinelli
ISBN: 978-8807814525
Prezzo di copertina: 6,50 €
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formato brossura: Istruzioni per rendersi infelici

15 commenti:

  1. Capisco benissimo la sensazione. La felicità è un tema facile e difficile allo stesso tempo. Io sinceramente non riesco a immaginarmi un saggio sulla felicità, ma non mastico molto la psicologia e in quanto a filosofia sono rimasto un po' indietro. Credo che un volumetto di questo tipo debba essere, in un certo senso, superficiale. Magari non nel lavoro che ha fatto l'autore, ma nel modo in cui le testi vengono esposte per il grande pubblico - senza contare, immagino, il tono con cui lui le espone.
    Insomma, mi spiace per l'ora persa! ^^

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    1. Forse hai ragione anche tu. E non credo che l'autore sia superficiale nello svolgere il suo lavoro di psicologo né di studioso (si vede anche nelle diverse fonti riportate che c'è parecchio lavoro dietro)... e che forse appunto voleva analizzare la felicità nei suoi aspetti più semplici, senza guardare tutto il resto.

      Probabilmente avevo aspettative troppo alte :)

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  2. il titolo di questo libro è molto stuzzicante e furbo nella sua ironia!
    Certo, la frase che hai riportato fa pensare ad una semplificazione ai limiti della superficialità, ma credo sia voluto...
    Se avevi aspettative diciamo più "profonde", capisco il tuo disappunto!
    Ad ogni modo, non l'ho letto e non posso espormi più di tanto sull'argomento ;)

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    1. Anche il contenuto è molto ironico e molto intelligente e ho trovato l'idea geniale.
      Però, non so... c'è qualcosa che, ancora adesso, a distanza di qualche giorno di "sedimentazione", non mi convince. Lo scopo era quello di prendere in giro quegli atteggiamenti di "autolesionismo mentale" che gli uomini sono spesso portati a compiere... però fa un'analisi solo degli atteggiamenti, non di cosa li provoca. E' lì che ho patito maggiormente la superficialità.

      Comunque se poi provi a leggerlo fammi sapere! :)

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  3. Conosco Watzlawick per i suoi studi sulla comunicazione, ma non questo suo testo.
    Come Salomon comprendo molto bene la frustrazione di cui parli; personalmente mi irrita in sommo grado che un'idea che reputo valida - "la felicità, in fondo, è una piccola cosa" ed è alla portata di tutti - venga sporcata dalla superficialità (che non è semplicità di esposizione) di chi minimizza ostacoli oggettivi, limiti dei singoli e complessità del reale.
    Non dico sia il caso dell'autore, o meglio non lo so.
    Però leggendoti il famoso campanellino d'allarme è risuonato.

    Come sempre, grazie di aver condiviso i tuoi pensieri!

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    1. Magari sono io a non aver colto appieno il suo messaggio o ad averlo analizzato troppo, cercando qualcosa in più di quello che l'autore realmente volesse dire.
      Però boh, è vero che il modo di porsi condiziona molto la nostra vita e la nostra "felicità"... però di fronte a certe cose anche il più convinto degli ottimisti vacillerebbe un po'. E queste cose nel libro, secondo me, non vengono considerate.

      Non lo so, c'è qualcosa che, ancora adesso, non mi torna :/

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  4. Io l'ho letto e lo trovo geniale. Temo che molta gente invece abbia paura di ammettere che l'autore ha ragione e si rifugia dietro il "non può essere così semplice" solo perchè in realtà non può accettare che dipende tutto da se stesso. Allora comincia a metterci su tante considerazioni... eh, ma io mi aspettavo di più, il libro è troppo piccolo... cosa volevate, una Treccani? Vi sareste fermati al primo capitolo e avreste detto che è troppo complicato essere felici.

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    1. Uhm io non generalizzerei così tanto, soprattutto quando si parla di felicità e infelicità. Dipende da noi, certo, sta a noi decidere se essere felici o tristi... però non è che la vita ci renda sempre facile questa scelta, no?

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    2. Ci sono momenti in cui è normale essere tristi e sarebbe strano non esserlo. Ma se vivessimo ogni momento al presente, senza preoccuparci di quello che è stato e di quello che sarà: in questo momento sono felice, oddio, e se domani non lo fossi più? addio felicità ovviamente, anche nel presente. La vita è qui ed ora. E non ci rende le scelte facili o difficili, siamo noi a farle facili o difficili. La vita è difficile solo perchè noi abbiamo deciso che lo è. Perchè ci abbiamo messo su tante cose per complicarcela. La colpa è nostra, non della vita. :-)

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  5. Credo che la sensazione dipenda dal periodo storico in cui viene letto.
    Si tratta di un libro "vecchio" pensato per coloro che abitavano negli anni 80.
    Credo sia naturale, con i profondi cambiamenti che ci sono stati (in termini di linguaggio, livelli di istruzione, conoscenze, benessere economico, ecc.), che la lettura ne risulti penalizzata.
    Quando si legge un libro del genere, per non rimanere delusi e coglierne maggiormente l'essenza, è buona norma approcciarsi anche con passione storica. In questo modo lo si potrà apprezzare di più. Altrimenti conviene leggere qualcosa che sia un po' più coerente con l'attuale periodo storico.

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  6. Liberarsi da ideologie e concetti come "felicità" e "infelicità". Cercare di lavorare sulla consapevolezza (Gurdjieff). Arduo, lo so, siamo in un sistema...

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  7. Per chi non lo conosce (ormai sono rimasti in pochi...) Paul Watzlawick è un monumento della ricerca psicologica mondiale. Un vero innovatore. Da lui si origina tutto un nuovo filone della psicologia moderna.
    La sua opera fondamentale "Pragmatica della Comunicazione Umana" (ed. Astrolabio) è sicuramente un lavoro più esaustivo e svela tutto ciò che c'è "dietro le quinte" di quanto è illustrato nelle sue "Istruzioni".
    Ovviamente, quindi è scritto in linguaggio tecnico ad uso di specialisti competenti.
    Le "Istruzioni" sono un compendio del suo lavoro, reso fruibile e comprensibile a tutti e contiene tutto ciò che c'è da sapere per essere felici, mondato da tutte le spiegazioni sul come e perché funzioni.
    Sarete d'accordo con me, spero, che per guidare un'auto non serve di essere un ingegnere automobilistico, ma basta il libretto delle istruzioni...
    Sulla Felicità, mi dispiace deludere chi non è disposto a rimettere in discussione le proprie convinzioni, ma le cose stanno proprio ESATTAMENTE come dicono Dostojevski e Watzlawick!
    Ne volete una prova facile facile? Andate in giro a domandare a tutti quelli che "cercano la felicità" (senza riuscire a trovarla) se vi danno una DEFINIZIONE CHIARA E SEMPLICE della Felicità e vedrete che guazzabuglio di idee confuse e approssimative salterà fuori!
    Come possono costoro trovare qualcosa senza neanche sapere esattamente che cos'è???
    D'altro canto, se sai esattamente cos'è la Felicità, allora sicuramente sai anche come trovarla!
    Infatti, se in questa indagine doveste incappare in qualcuno che vi dà una definizione chiara e semplice, troverete immancabilmente che costui vi dichiarerà anche di non cercare la Felicità, ma di essere già felice...
    Buona Felicità a tutti voi!!! :-)
    Francesco

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  8. Oh cavolo, cercavo recensioni su questo libro (che mi ispira moltissimo) e tu me lo smonti così? ;)

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  9. A questo punto non ho capito una cosa. Ho letto i commenti poco dopo aver finito di leggere qualche capito del libro (non sono molto veloce, mi prendo i miei tempi). L'autore voleva incitare tutti ad essere infelici o fare come mi sembra di aver capito nei commenti, ovvero criticare i modi in cui l'essere umano si rende infelice? Ho capito che c'è ironia ma dietro questa qual'è in definitiva il suo pensiero sull'argomento? Non l'ha mai detto?
    Lo chiedo anche per vedere se quello che penso sia confermato oppure no.

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    1. Certo che c'è ironia!
      La posizione dell'Autore (frutto di decenni di ricerche e osservazioni scientifiche) è che sia la Felicità che l'infelicità siano ASSOLUTAMENTE SOGGETTIVE e dipendano ESCLUSIVAMENTE dall'atteggiamento mentale del soggetto.
      Quindi attribuire la propria infelicità a fattori esterni è sempre e comunque un AUTOINGANNO.
      Nelle "Istruzioni" l'autore presenta una rapida carrellata delle principali tipologie di autoinganni (che ha potuto osservare nell'osservazione di migliaia di pazienti e "persone comuni") mettendone in risalto la natura arbitraria e, spesso, sostanzialmente ridicola.

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