I personaggi di Katherine Pancol sono ancora
affannosamente in cerca della felicità pur scansandola per mille, buone
ragioni. Hortense, la sua sfacciataggine e la carriera che decolla,
l'odio ostinato per i sentimentalismi e Dio sa quanta fatica per
abbandonarsi all'amore. Shirley, un valzer serrato tra relazioni
sbagliate che dura da troppo e ormai l'ha sfinita. E poi lei, Josephine.
Timidezza incurabile e maglioni sformati. Che attraversa Parigi per
prendersi cura di un fiore. Gary che non ha la pazienza di aspettare,
Philippe che invece non fa altro, e infine Oliver - "faccia da re umile"
- che fa l'amore come s'impasta del buon pane. Un girotondo di vorrei
ma non posso che finalmente ha la forza di interrompersi: fare i conti
con quello che è stato, farlo adesso e senza riserve, per afferrare un
lembo di felicità. D'altronde, gli scoiattoli di Central Park insegnano:
la felicità ci inganna e dura un istante. La domenica i turisti
affollano il parco, ma il lunedì?
E così siamo arrivati alla fine della trilogia di Katherine Pancol, e ammetto di sentirmi un pochino triste come gli scoiattoli di Central Park al lunedì, quando rimangono soli, senza nessuno che dia loro da mangiare o cerchi la loro compagnia.
Perché un po' ai personaggi di questi romanzi mi ci sono affezionata. Un legame che era nato già con il primo libro, "Gli occhi gialli dei coccodrilli", scoperto quasi per caso, e che aveva saputo conquistarmi con la sua trama, i suoi personaggi e la facilità con cui riuscivo a identificarmi con certi aspetti della personalità di Josephine, la protagonista. Un rapporto che si era poi consolidato con "Il valzer lento delle tartarughe", in cui l'autrice ha dato una svolta noir alla trama senza però perdere la freschezza e l'originalità del primo romanzo.
E poi questo, in cui si tirano un po' le somme di tutto, in cui i protagonisti trovano finalmente il loro spazio e il loro posto nel mondo.
Ritroviamo Josephine, che sta cercando di scrivere il suo secondo romanzo, di essere presente per le figlie che ormai sono cresciute, di fare i conti con il suo passato dalla morte della sorella e soprattutto di decidere se abbandonarsi all'amore oppure no. E' ancora insicura di sè, ma molto meno rispetto ai precedenti romanzi: c'è stata un'evoluzione in lei, un'evoluzione che un po' la spaventa e un po' la lascia vivere. E questo grazie anche a Cary Grant.
Ritroviamo le sue figlie, Hortense e Zoé. Arrivista e sicura di sé la prima, ormai lanciata nel mondo della moda, ma ancora incapace di amare qualcuno, perché sa che l'amore ci distoglie da ogni cosa. Quindicenne, in quell'età difficile in cui si è ancora un po' bambini ma si è già anche adulti, la seconda, alle sue prime esperienze amorose e alla difficoltà di crescere.
Ritroviamo Shirley e Gary, che ora vivono a Londra e che si ritrovano, per la prima volta dopo anni, a dover affrontare le domande mai poste sul padre del ragazzo, un passato cancellato che ritorna a galla e che cambia radicalmente il rapporto tra i due.
Ci sono anche Philippe e Alexandre, che si sono trasferiti a Londra dopo la morte della madre. Innamorato di Josephine il primo, in cerca di stabilità e di affetto il secondo. Entrambi in cerca di capire chi sono e dove vogliono andare.
C'è Henriette, che non accetta ancora il divorzio dal marito e che preferisce escogitare mille modi per fregargli dei soldi piuttosto che decidere di vivere la sua vita abbandonando i rancori e la bramosia di denaro. Ci sono Marcel, Josiane e Junior, che sono diventati una vera famiglia, che si vogliono bene e che devono difendersi dagli attacchi della ex moglie. E per fortuna ci riescono, perché Junior è semplicemente un genio.
Insomma, ritroviamo tutti i personaggi dei primi due romanzi, esattamente dove li avevamo lasciati. Personaggi a cui è difficile non affezionarsi, è difficile non amare (o anche odiare), talmente sono ben caratterizzati dall'autrice, che decide qui di tirare tutte le somme.
Certo, forse la trama e gli intrecci a volte sono un po' troppo macchinosi: l'inserimento del diaro misterioso che fa da spunto al romanzo di Josephine, ad esempio, o la storia di Gary e di suo padre, potevano essere forse gestiti un po' meglio, anche solo accorciati. Però credo che la scelta di inserire tutte queste informazioni, tutti questi intrecci, seppur macchinosi, sia voluta dall'autrice proprio per non lasciare nulla di non detto, per spiegare la situazione di tutti e analizzare le reazioni e i rapporti che queste vicende necessariamentre creano.
Ho letto molti pareri contrastanti su questo romanzo e sulla trilogia in generale. C'è chi l'ha adorata, chi ha amato solo il primo capitolo per poi dissociarsi dal secondo e criticare duramente il terzo. Chi li ha trovati troppo prolissi o troppo assurdi (effettivamente il personaggio di Junior, un bambino prodigio che a tre anni parla già latino, è un pochino azzardato e poco credibile) e chi non ha apprezzato il cambio di genere tra un romanzo e l'altro.
Io rientro nella prima categoria, in quella di chi ha adorato tutta la trilogia. Perché mi sono trovata molto in sintonia con lo stile dell'autrice, con il suo modo di narrare, buttando qua e là qualche perla di saggezza incredibile che mi ha fatto riflettere e che condivido pienamente. Certo, ogni volta che ho iniziato uno di questi tre romanzi sapevo che andavo incontro a una lettura lunga che mi avrebbe portato via più tempo di quello in cui sono abituata a leggere di solito un'opera.
Ma ogni volta, chiuso il libro, ho pensato che ne fosse valsa la pena.
E poi, ma vogliamo parlare di questi titoli incredibili?
Nota alla traduzione: secondo me il traduttore ogni tanto fa un po' di confusione nell'utilizzare le frasi inglesi, usate dall'autrice anche nel testo originale per sottolineare l'ambientazione che si divide tra Londra e Parigi. Però, a parte questo, direi ben fatta!
Titolo: Gli scoiattoli di Central Park sono tristi il lunedì
Autore: Katherine Pancoll
Autore: Katherine Pancoll
Traduttore: Raffaella Patriarca
Pagine:762
Prezzo di copertina: 11,90 €Editore: Dalai Editore
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io faccio parte della categoria esaltatissima dal primo, dubbiosa sul secondo, assurdo il terzo!
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