Ieri era il compleanno di Paul Auster, scrittore americano a cui mi sono avvicinata molto tardi (ma sto cercando piano piano di recuperare) e che sento di poter dire che in qualche modo mi abbia cambiato la vita. Soprattutto se penso al suo primo romanzo che ho letto, "Follie di Brooklyn", così ricco di citazioni che evidenziano un forte amore per la lettura e la letteratura che è impossibile non rimanerne conquistati e affascinati. E non per niente il sottotitolo di questo blog, "mai sottovalutare il potere dei libri", è proprio una citazione tratta da quel libro e che credo riassuma perfettamente l'incredibile influenza e l'incredibile capacità che le storie, specie se ben narrate, hanno di insinuarsi nella vita di chi legge e di cambiarla in qualche modo. Non sto dicendo che dopo aver letto "Follie di Brooklyn" ho iniziato a cercare un buon posto per morire, come fa il protagonista, e sia finita a vivere in un condominio di pazzi. Semplicemente tutto quello che mi ha trasmesso e, soprattutto, quell'incredibile amore verso i libri che trasuda da ogni pagina, hanno cambiato in qualche modo il mio approccio, sia alla letteratura e sia, sebbene più in piccolo, alla gestione di questo blog.
Ce ne sono tanti, tantissimi, di libri in grado di cambiarci la vita. A volte in modo impercettibile, altre in modo radicale. Se penso a me e al mio "percorso" di lettrice, ma anche proprio di vita, le altre due grandi influenze sono due, ed entrambe risalgono a parecchio tempo fa.
Avrò avuto tredici o quattordici anni quando, accompagnando i miei genitori a fare la spesa, sono riuscita a infilare nel carrello (è uno scherzo che ogni tanto faccio ancora a mia mamma... e non so se non se ne accorga o se finga di non accorgersene) una raccolta di fumetti a colori dal titolo "Super Snoopy". Certo, sapevo già chi era quel buffo cagnolino, grazie anche alla pubblicazione di qualche striscia sui giornali. Ma quello è stato il mio primo vero approccio ai personaggi di Schulz, nonché origine di una passione (che, ammetto, a tratti sfocia nell'ossessione, come dimostrano tutti i gadget di Snoopy & Co. che ho in casa), per quel fantastico mondo che prende vita nei Peanuts. Una scoperta che mi ha cambiato la vita, perché guardare il mondo attraverso gli occhi di Snoopy, Charlie Brown, Lucy, Sally e tutti gli altri ti permette di cogliere aspetti, magari semplici, magari banali, della vita che magari non coglieresti. Perdendo tanto. Sono cresciuta con questi personaggi, al punto che riesco quasi immediatamente ad associare una striscia a ogni situazione più o meno particolare che succede nella mia vita. Così come più di una volta mi è stato detto che in me si riescono a riconoscere a volte tratti di alcuni dei personaggi (in particolare Lucy...).
L'altro libro che mi ha cambiato la vita, diventando fautore di una delle prime scelte importanti che si devono compiere da quando si viene messi al mondo, è "Cent'anni di solitudine" di Gabriel García Márquez. Anche a questo romanzo sono arrivata tardi, molto tardi, dopo un'intesa e a lungo infruttuosa opera di convincimento da parte di mio padre che ogni volta che mi vedeva con un libro in mano mi diceva «Ma ti decidi a leggere "Cent'anni di solitudine"?!». Non so se sia stato per non dargli soddisfazione o perché avevo paura di vedere infrangersi le mie e le sue aspettative, ma fino a quindici, sedici anni mi sono tenuta ben lontana dal capolavoro di Márquez. Poi, un'estate, quasi di nascosto, l'ho letto. E ovviamente me ne sono innamorata, al punto da girare per casa sognando di essere a Macondo e di librarmi in aria con le lenzuola ogni volta che aiutavo mia mamma a piegarle, così come a dichiarare a tutti che se avessi avuto due figlie femmine le avrei chiamate "Remedios" e "Amaranta". Poi sono cresciuta, ovviamente. E nel mentre sono successe tante cose, anche molto brutte. Però l'influsso di quel libro non mi ha mai abbandonata e ogni tanto lo toglievo dalla mensola per sfogliarlo e accarezzarlo. Un giorno rimasi bloccata cercando di ripetere a voce alta il titolo originale, "Cien años de soledad", senza azzeccare mai una volta la pronuncia corretta (che poi non è che fosse particolarmente difficile, però tant'è...). E ho deciso così, su due piedi, di studiare lingue, e in particolare spagnolo,una lingua che già di mio amavo moltissimo, all'università. Non immaginate neanche la soddisfazione che ho provato la prima volta che ho letto questo libro in lingua originale.
Mi sembrava, non so, di essere arrivata a casa.
Poi certo, ci sono sicuramente tanti altri libri che mi porto nel cuore e che so che, per un motivo o per l'altro, rimarranno sempre lì. 1984 di Orwell, ad esempio. O "La Fabbrica di Cioccolato" di Roal Dahl. "I nostri antenati" di Calvino e "Cecità" di Saramago. Libri che consiglierei a occhi chiusi e di cui riuscirei a dirvi la trama a memoria.
Così come ce ne sono altri che mi accompagnano solo per un periodo e poi piano piano se ne vanno, per lasciare il posto ad altri, in un ciclo continuo che credo sia comune a ogni lettore.
Comunque, Paul Auster ha proprio ragione... non bisogna mai sottovalutare il potere dei libri.
Comunque, Paul Auster ha proprio ragione... non bisogna mai sottovalutare il potere dei libri.
Anche io mi sono avvicinata da poco a Paul Auster, ho letto "La notte dell'oracolo" e mi è piaciuto tantissimo, tanto da volerne leggere altri suoi.
RispondiElimina"Cent'anni di solitudine"... che dire... un gran libro, ci sono arrivata grazie a "La casa degli spiriti" altro libro bellissimo per me.
Altri libri che sono stati importanti per me sono sicuramente "Madame Bovary" e "Storia di una capinera" di Fosca. Quest'ultimo l'ho scoperto (ignoranza mia) grazie al film di Zeffirelli, visto e rivisto, meraviglioso.
Valentina
www.peekabook.it
Appena tornata dalla Spagna due giorni fa, ho comprato Cent'anni di solitudine in spagnolo perchè da tempo avevo voglia di rileggerlo e ho pensato che potessi finalmente farlo anche io in lingua originale :)Un saluto!
RispondiEliminaBel post :)
RispondiEliminaAnche io ho Dahl e Calvino tra gli autori che mi hanno cambiato la vita - senza, non so se avrei amato così tanto leggere. Anzi, che dico: forse non sarei neppure diventata una lettrice.