Tobias Horvath è un emigrato, ogni suo giorno scorre nella quotidiana lentezza dell'abitudine e della ripetizione di gesti vuoti. Ha trascorso l'infanzia nella miseria, all'ombra della madre che era la ladra, la mendicante, la prostituta del paese. Quando, tra i molti che vedeva entrare e uscire di casa, ha scoperto chi era suo padre, Tobias ha preso un lungo coltello e glielo ha affondato nella schiena.
Leggere un libro di Agota Kristof significa di solito ricevere un pugno nello stomaco (o in faccia, o dove volete). Uno di quei pugni che ogni tanto è meglio prendersi, per non illudersi troppo che il mondo sia tutto rose e fiori.
E tutto sommato, il pugno che mi ha dato "Ieri" è stato molto meno forte di quello che mi aspettassi. Sarà che forse, dopo aver letto "La Triologia della Città di K", ero pronta al peggio e sapevo che cosa aspettarmi.
Agota Kristof ci racconta una storia d'amore ma anche una storia di sofferenza e di solitudine. La solitudine dettata dall'abitudine, dalla vita che si ripete sempre uguale, senza possibilità di scelta, dalla ricerca di un amore perfetto e per questo impossibile, che non arriverà mai.
Racconta di Tobias bambino, figlio di una prostituta e del maestro del paese, innamorato della figlia legittima di quest'ultimo, desideroso di fuggire ma obbligato per sempre a non emergere.
Fuggirà, lasciandosi alle spalle sangue e bugie, ma non riuscirà a fare grandi cose, rimarrà un operaio in un fabbrica di orologi per tutta la vita. E poi un giorno incontra di nuovo la figlia del maestro, e di nuovo se ne innamorerà. E di nuovo, non ci sarà lieto fine.
Lo stile di quest autrice è incredibile. Secco, conciso e diretto. Non lascia spazio a emozioni superflue, a parole di troppo. E riesce a trasmettere un'angoscia incredibile, sebbene alla fine nel libro non succeda poi molto.
Assolutamente da leggere. Anche se meglio se iniziate con "La triologia della città di K".
Nota alla traduzione: nulla da dire
Per acquistare il libro: IERI
Leggere un libro di Agota Kristof significa di solito ricevere un pugno nello stomaco (o in faccia, o dove volete). Uno di quei pugni che ogni tanto è meglio prendersi, per non illudersi troppo che il mondo sia tutto rose e fiori.
E tutto sommato, il pugno che mi ha dato "Ieri" è stato molto meno forte di quello che mi aspettassi. Sarà che forse, dopo aver letto "La Triologia della Città di K", ero pronta al peggio e sapevo che cosa aspettarmi.
Agota Kristof ci racconta una storia d'amore ma anche una storia di sofferenza e di solitudine. La solitudine dettata dall'abitudine, dalla vita che si ripete sempre uguale, senza possibilità di scelta, dalla ricerca di un amore perfetto e per questo impossibile, che non arriverà mai.
Racconta di Tobias bambino, figlio di una prostituta e del maestro del paese, innamorato della figlia legittima di quest'ultimo, desideroso di fuggire ma obbligato per sempre a non emergere.
Fuggirà, lasciandosi alle spalle sangue e bugie, ma non riuscirà a fare grandi cose, rimarrà un operaio in un fabbrica di orologi per tutta la vita. E poi un giorno incontra di nuovo la figlia del maestro, e di nuovo se ne innamorerà. E di nuovo, non ci sarà lieto fine.
Lo stile di quest autrice è incredibile. Secco, conciso e diretto. Non lascia spazio a emozioni superflue, a parole di troppo. E riesce a trasmettere un'angoscia incredibile, sebbene alla fine nel libro non succeda poi molto.
Assolutamente da leggere. Anche se meglio se iniziate con "La triologia della città di K".
Nota alla traduzione: nulla da dire
Per acquistare il libro: IERI
Ciao! Non conosco questa autrice, ma dalla tua descrizione mi sembra di essere dentro un romanzo di Kafka. Stesse angosce, la quotidianità che però viene spezzata da un evento assurdo, storie che non hanno un lieto fine. Grazie del suggerimento!
RispondiEliminaciao, ho scoperto questo sito per caso e lo trovo molto ben fatto, ben scritto, interessante, stimolante, vero. Mi piacerebbe conoscere il tuo parere rispetto ad un autore, J.Fante, di cui ho letto 'La confraternita dell'uva' e 'Chiedi alla polvere: trovo che siano scritti benissmimo, mi sono piaciuti moltissimo. se non li hai letti te li consiglio vivamente
RispondiEliminaun saluto p.m.
@Chiaretta: si è abbastanza "angosciante". In questo caso ci troviamo di fronte a una quotidianità che si ripete sempre e sempre uguale, una specie di vortice da cui il protagonista non è in grado di uscire. Ti consiglio però di iniziare con la "Triologia della Città di K"...se leggi quello, riesci a leggere tutto :)
RispondiElimina@ Anonimo: benvenuto/a sul mio blog e grazie per i complimenti :)
Di John Fante ho letto solo "Chiedi alla polvere", ma parecchi anni fa (prima che iniziasse la mia mania di recensire tutto quello che leggo, insomma). Mi ricordo solo che non mi aveva entusiasmato, ma forse dovrei rileggerlo.... Grazie per il suggerimento!
....allora ti consiglio di cominciare da 'La confraternita dell'uva'. Un piccolo capolavoro, come usi dire tu, e un grande scrittore (anche se nella vita credo fosse abbastanza antipatico)
RispondiEliminaciao e grazie delle tue recensioni!