Agiti le gambe, le braccia, annaspi, bevi anche un po’, ma poi sei a galla, respiri, vivi.
Non ho mai creduto troppo nel potere curativo dei libri. I libri ti aprono la mente, ti insegnano cose, ti divertono, ti fanno passare il tempo, ti fanno piangere, commuovere o arrabbiare e, in qualche modo, sì, ti tengono compagnia. Ma, almeno per quanto mi riguarda, nei momenti più bui della vita non possono fare proprio niente. Non ti aiutano ad affrontare il dolore. Non ti spiegano come andare avanti, né come combattere quel magone che ti attanaglia il cuore e lo stomaco e ti toglie il fiato. A volte riescono ad alleviarlo un po’, certo. A farti distrarre e, perché no, anche sorridere. Però le loro capacità, almeno con me, finiscono lì. E di solito in questi periodi io dalla lettura tendo ad allontanarmi: leggo poco e male, non trovo mai il libro giusto che mi soddisfi... ma forse semplicemente perché la mia testa, in quel momento, proprio non ne vuole sapere.
È più o meno quello che mi sta succedendo nell'ultimo mese e mezzo, in cui mi sto ritrovando a fare i conti con una perdita improvvisa, inaspettata e devastante. È per questo che ho letto poco e male. Che non riesco a concentrarmi se non sulle cose di lavoro su cui devo farlo per forza. Che apro un libro e poi lo richiudo, ne apro un altro e poi lo richiudo, e così via, fino a lasciar perdere. Sono riuscita a leggere qualche fumetto, qualche cosa scema che ha davvero portato per un momento la mia testa da un’altra parte, ma non molto di più.
Finché non è arrivato Il mare dove non si tocca di Fabio Genovesi. Lo puntavo già da un po’, in realtà. Da ben prima di ritrovarmi io stessa ad annaspare e cercare di stare a galla in un mare dove non si tocca. Ma mi è arrivato proprio adesso e, memore di quanto abbia amato Chi manda le onde, ho capito che per uscire da questo periodo di letture inconcludenti lui poteva sicuramente aiutarmi.
Protagonista è Fabio Mancini, un bambino di sei anni, che vive con i genitori, la nonna e una pletora di nonni, in realtà fratelli del suo nonno ufficiale che invece non c’è più. È una famiglia un po’ strampalata, quella di Fabio, che si trascina dietro una terribile maledizione che sembra colpire solo ed esclusivamente i maschi. Ma lui tra una battuta di pesca, la ricerca di funghi e mille altre singolari avventure in cui viene trascinato dai nonni-zii, non sembra preoccuparsene troppo. Finché non inizia la scuola e Fabio scopre che esiste anche un altro mondo oltre a quello della sua famiglia. E soprattutto, che esistono anche altri bambini. Per lui stare al passo con questo nuovo mondo “normale” non è per niente semplice. Per fortuna ci sono i suoi genitori, una madre che lo protegge in ogni modo dalle brutture del mondo e un padre di poche parole ma in grado di costruire e aggiustare qualunque cosa.
A complicare le cose per Fabio arriva una bambina-coccinella e soprattutto un’enorme catastrofe famigliare, che rende il suo crescere ancor più difficile. Ma lui combatte, fa di tutto per non farsi schiacciare dalle brutture del mondo e non farsi portare via le sue stranezze, che sono la cosa più bella e preziosa che ha. Fa di tutto per non smettere di credere.
Infatti il problema vero era proprio questo, che in giro c'erano mille cose da vedere, da vivere e imparare, ma io stavo piantato qua, fra una stanza di ospedale e il Villaggio Mancini. E quando non leggevo al babbo, quando non pedalavo fortissimo sulla bici per sentire il cuore che mi usciva dalle orecchie e il vento che mi rubava le lacrime, quando la mamma non mi stringeva nel suo abbraccio che mi toglieva il respiro e anche i pensieri, ecco, io mi sentivo tanto sperso e tanto, tantissimo solo.
Solo, sì, anche se a casa avevo un villaggio intero di zii, che già prima si erano promossi a nonni e adesso si comportavano pure da babbi. La solitudine è così, non devi mica essere solo per sentirla, ti prende anche in mezzo alla folla, perché quando ti senti solo davvero non è che ti mancano tante persone, te ne manca una, ma tanto.
Il mare dove non si tocca è un romanzo dolce, divertente e commovente, come solo Fabio Genovesi li sa scrivere. Credo non ci sia stata nemmeno una delle sue 318 pagine in cui io non abbia sorriso o mi sia commossa (alcune volte proprio fino alle lacrime) per le avventure, i pensieri e il grande coraggio del piccolo Fabio nell’affrontare il mondo.
Certo, ci sono molte somiglianze, molti trascorsi famigliari che mi fanno sentire questo libro particolarmente vicino: un libro letto a qualcuno che non si sa se può sentirti; una mano che si alza all’improvviso e ti saluta, togliendoti il respiro; l’attesa, la speranza che si alternano allo sconforto; il ritrovarsi ad annaspare in un mare dove non si tocca e metterci un po’ a capire che basta smettere di agitarsi per non annegare.
Il mare dove non si tocca è in qualche modo un romanzo di formazione, ma anche un elogio delle nostre bizzarrie, delle nostre stranezze che ci rendono speciali. Ed è un inno al volersi bene, sempre e comunque, perché è l’unico modo per sopravvivere in un mondo che spesso fa di tutto per farci andare a fondo.
Ho adorato Fabio e la sua visione del mondo, questo continuo tira-e-molla tra il modo e l’ambiente in cui è cresciuto e la voglia di uscirne, di essere “normale”, per poi scoprire che tutto sommato la normalità è un po’ sopravvalutata. Ma ho adorato ancor di più i suoi nonni-zii strampalati, con le loro storie e i loro racconti, e ancor di più il suo papà aggiusta-tutto.
E infatti l'amore, ecco, anche l'amore è una cosa che se non c'eri quando c'era la guerra non la puoi capire. Uno dice che in guerra impari a morire o ammazzare, e sarà anche vero, ma soprattutto impari a fare l'amore. È proprio una cosa diversa, fare l'amore quando c'è la guerra. È come bere un bicchiere d'acqua: te lo sai che a me l'acqua fa schifo e non la bevo mai, però bere un bicchiere d'acqua nel deserto quando muori di sete dev'essere stupendo. E uguale fare l'amore in mezzo alle bombe e alla morte. È una cosa centomila volte più forte, ti ci aggrappi proprio.
Il dolore e lo sconforto di questo ultimo mese e mezzo non se ne sono andati. Questo libro non mi ha curato, no. Ma è stato un po’ un balsamo che, con la sua dolcezza e il suo mostrare una luce anche nei momenti più duri, è riuscito ad alleviare per un momento sia le ferite vecchie, con cui con il tempo ho imparato a convivere ma che ogni tanto si fanno ancora sentire, sia quelle nuove, ancora completamente aperte. Ho preso un po' di fiato, insomma, tra un annaspare e l'altro, tra un'onda che ti tira giù e la lotta per rimanere a galla.
E direi che a un libro non si potrebbe proprio chiedere di più.
Titolo: Il mare dove non si tocca
Autore: Fabio Genovesi
Pagine: 318
Anno di pubblicazione: 2017
Editore: Mondadori
Prezzo di copertina: 19€
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formato cartaceo: Il mare dove non si tocca
formato ebook: Il mare dove non si tocca
Con un protagonista che con la sua voce naif ho trovato a lungo andare insopportabile, devo dire che è il Genovesi che meno mi ha convinto in assoluto. E purtroppo. L'ho letto in un periodo in cui avrei voluto fortemente ma fortemente adorarlo.
RispondiEliminaPosso capirlo... e come ti dicevo, forse se fossi stata in un altro periodo e avessi alle spalle un'esperienza diversa da quello che ho, magari non avrebbe entusiasmato così tanto nemmeno me.
EliminaRecensione toccante, per un romanzo che mi ha commosso anche se non per gli stessi tuoi motivi
RispondiEliminaUn abbraccio, Stefi
Grazie e ricambio l'abbraccio <3
EliminaGenovesi hai rotto il cazzo, te con la tua Forte dei Marmi svenduta ai russi che poi cosa avete svenduto, un territorio di merda stracolmo di zanzare dove è stato deturpato tutto per costruire ville da milionari.
RispondiEliminaI tuoi compaesani che pur di raccattare quattrini, andavano ad abitare in una capanna e cedevano la loro casa al villeggiante di turno, pensa che geni! Hai rotto il cazzo anche quando critichi la generazione attuale, sostenendo che coi tuoi nonni non facevi selfie e cagate varie, dimenticandoti, dato che sei del 1974 che la generazione prima della tua non aveva conosciuto la Tv 24 ore, i videogames e le consolle,i cd portatili,i cellulari ecc ecc ecc, e che le critiche verso la tua generazione da quelli oggi anziani erano uguali SE NON PEGGIORI perché ogni generazione critica quella antecedente!!!
HAI ROTTO IL CAZZO!
Lo sai, vero, che questa è solo una recensione al libro di Genovesi che probabilmente lui non leggerà mai?
EliminaCome l'ho letta io, la può leggere lui!
EliminaIo sono una delle poche persone che non ha apprezzato questo libro, non so, ho resistito giusto una manciata di pagine perché non sopportavo lo stile "baldanzoso" e tutti quei personaggi assurdi già all'inizio... non so, è stato proprio un rifiuto a pelle.
RispondiEliminaIn realtà ne ho già sentite, quindi forse proprio pochi non siete :) E ci sta benissimo :)
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RispondiEliminaIl libro non l'ho letto ma il tuo commento si. Ti stringo forte e ti auguro di poter leggere di nuovo con gioia e entusiasmo. Prenderà tempo, forse molto tempo, ma è certo che ci riuscirai
RispondiEliminaho appena finito di leggerlo e a me è piaciuto tanto !
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