Bedford, New York. Nella villa a due piani regna il silenzio. È mattina, tutti dormono, tranne Nora. È presto, troppo presto, perché qualcuno suoni alla porta. Eppure quel campanello sta squillando insistentemente già da un paio di minuti. Nora non crede ai suoi occhi: all'ingresso ci sono gli uomini dell'FBI. Sono venuti ad arrestare suo marito, Evan, che lavora in finanza. Si è arricchito con operazioni illecite e ora, con la crisi economica, non può più farla franca. Basta un istante e il mondo di Nora crolla: non c'è più fiducia, né amore, né felicità, né soldi. Non le restano altro che dolore e rabbia. E tre bambini da mantenere, cosa quasi impossibile con tutti i beni pignorati e circondata dall'ostilità di quelle che un tempo credeva amiche. Ma in lei è rimasto qualcosa di prezioso, un dono che coltiva da anni, trasmesso di generazione in generazione dalle donne della sua famiglia. Fare dolci e pasticcini. Tutto ha inizio nella panetteria dove Nora lavora la notte. Nora apre "La bottega dei desideri". È un luogo un po' speciale, dove non si gusta solo un dolce e del buon caffè, ma si assaporano ricordi e si coltivano speranze, si dimentica il passato e forse si può anche amare di nuovo. Perché, a volte, basta la giusta dose di ingredienti per far tornare un sorriso e accendere un desiderio.
Ma che bel libro insulso che ho appena finito di leggere! No sul serio, credo sia al livello dell'unico della Kinsella che ho letto. Peccato, perché mi sono lasciata ingannare dal titolo e dalla quarta di copertina, dove si parlava di cibo come di mezzo per riscoprire sè stessi e riprendere in mano la propria vita. E io solitamente adoro i romanzi che parlano di cibo.
Ma questo è semplicemente irritante. La protagonista, Nora, è una ricca snob che non riesce ad accettare di dover rinunciare alle sue ricchezze, dopo che il marito è finito il galera per frode. Ma piano piano scoprirà che non è il denaro a fare la felicità e che le altre donne del suo quartiere che prima ammirava tanto non sono che delle povere sfigate che non sanno cos'è la felicità e il vero ammmmmore (però lei a farsi fregare dall'avvocato marpione ci è riuscita praticamente subito). Così come a perdonare il marito alla fine, perché in fondo oh, è una brava persona, le ha solo nascosto di essere in fallimento e a causa dello stress che questo le ha provocato le ha anche fatto perdere il bambino che aspettava. Meno male che c'è la tata, che grazie al suo passato altrettanto disastrato, non abbandona Nora nel momento del bisogno, diventando per lei una seconda famiglia.
Non lo so perché sono irritata con questo libro. Forse mi è sembrato un po' un insulto alla mia intelligenza e a quella di tutti i lettori che come me (e scema io qui) si sono fatti ingannare dal titolo, dalla copertina e da tutti i riferimenti al cibo. Una completa perdita di tempo, non vale la pena di leggerlo nemmeno come libro da spiaggia...
Nota alla Traduzione: discutibile la scelta del titolo (ma non è colpa del traduttore). E qualche parte poco scorrevole qua e là. Ma già il libro di suo comunque non era un granchè...
Ma che bel libro insulso che ho appena finito di leggere! No sul serio, credo sia al livello dell'unico della Kinsella che ho letto. Peccato, perché mi sono lasciata ingannare dal titolo e dalla quarta di copertina, dove si parlava di cibo come di mezzo per riscoprire sè stessi e riprendere in mano la propria vita. E io solitamente adoro i romanzi che parlano di cibo.
Ma questo è semplicemente irritante. La protagonista, Nora, è una ricca snob che non riesce ad accettare di dover rinunciare alle sue ricchezze, dopo che il marito è finito il galera per frode. Ma piano piano scoprirà che non è il denaro a fare la felicità e che le altre donne del suo quartiere che prima ammirava tanto non sono che delle povere sfigate che non sanno cos'è la felicità e il vero ammmmmore (però lei a farsi fregare dall'avvocato marpione ci è riuscita praticamente subito). Così come a perdonare il marito alla fine, perché in fondo oh, è una brava persona, le ha solo nascosto di essere in fallimento e a causa dello stress che questo le ha provocato le ha anche fatto perdere il bambino che aspettava. Meno male che c'è la tata, che grazie al suo passato altrettanto disastrato, non abbandona Nora nel momento del bisogno, diventando per lei una seconda famiglia.
Non lo so perché sono irritata con questo libro. Forse mi è sembrato un po' un insulto alla mia intelligenza e a quella di tutti i lettori che come me (e scema io qui) si sono fatti ingannare dal titolo, dalla copertina e da tutti i riferimenti al cibo. Una completa perdita di tempo, non vale la pena di leggerlo nemmeno come libro da spiaggia...
Nota alla Traduzione: discutibile la scelta del titolo (ma non è colpa del traduttore). E qualche parte poco scorrevole qua e là. Ma già il libro di suo comunque non era un granchè...
Io non so più cosa pensare della Garzanti. Mettono titoli e copertine meravigliose, che sanno di profumi, di femminilità, di infanzia, di magia, di antico, e invece è la solita storiella con un'introspezione psicologica profonda come una pozzanghera sull'autostrada e donne tradite e depresse all'ennesima potenza.
RispondiEliminaPiccolo off topic: hai notato come in questi romanzi americani tutti facciano solo mestieri come impiegati/giornalisti/medici/avvocati/poliziotti/banchieri/stilisti o RobaPerCuiCiSiTrasferisceSpesso? Non esistono dei semplici macellai, fruttivendoli, pescivendoli, parrucchieri, estetisti? Troppo impuri per gli americani? Non esistono donne non straniere (cioè nere o ispaniche) che facciano le babysitter o le assistenti agli anziani? Boh. Tutti ricchi sfondati.
Ahhhh io odio i titoli e le copertine della Garzanti... sono TUTTI uguali! (scusami, hai toccato un tasto dolente). Sempre i soliti faccioni di donna in copertina, sempre titoli composti o che non c'entrano nulla con l'originale né con il contenuto del libro (come in questo caso).
EliminaE concordo con il tuo off topic! Le babysitter son sempre straniere e gli americano fan sempre tutti gli stessi lavori, solitamente superpagati...