Quando l'agente immobiliare aveva precisato che gli inquilini precedenti erano una giovane coppia, Théodore aveva subito dedotto che si erano lasciati. Perché, tra le tante spiegazioni possibili, privilegiava proprio quella all'ipotesi di un trasferimento di lavoro, di un'eredità o di una gravidanza? Perché, se non per il suo timore della convivenza?
Gli tremavano le gambe, dovette appoggiarsi allo stipite della porta. Allora sentì i passi di Dorothée per le scale; portava uno scatolone di libri; la vide arrivare trafelata, sorridente, gli occhi scintillanti, una ciocca di capelli sulla fronte: non gli era mai sembrata così bella né così felice. Théodore tornava a respirare.
I romanzi che parlano di vita di coppia mi inquietano sempre
un po’. Ho sempre paura di non riconoscermi, e pensare magari che nella mia, di
vita di coppia, stia forse sbagliando qualcosa, o di riconoscermici troppo, e
pensare che quindi la mia storia per me così speciale sia in realtà un
susseguirsi di luoghi comuni ed esperienze simili a quelle di tutte. La paura
di riconoscermici troppo aumenta nel caso in cui la coppia raccontata nel
romanzo sia magari in crisi senza rendersene conto, o sia un po’ antipatica, o
abbia atteggiamenti che, alla lunga, un amore, almeno dal mio punto di vista,
potrebbero distruggerlo.
È un po’ il caso di Théodore e Dorothée, romanzo di
Alexandre Postel appena uscito per minimum fax con la traduzione di Stefania
Ricciardi. O almeno così l’ho percepito, che ho iniziato fin dalla prima pagina
a trovare irritanti i due protagonisti, i cui nomi sono anagrammi l’uno dell’altro
e quindi, almeno all’apparenza, fatti per amarsi.
I due stanno insieme da qualche tempo e sentono che sia
giunto il momento di fare un passo avanti nella loro relazione e andare a
vivere insieme. I soldi sono un po’ un problema, perché i prezzi degli
appartamenti di Parigi sono più alti che quello che le tasche di una
professoressa e di un freelance dell’informatica possono permettersi. Ma,
insomma, volere è potere, soprattutto se si ha qualcuno alle spalle disponibile
ad aiutare. Théodore e Dorothée vanno quindi a vivere insieme, vivendo con un
po’ (troppa) ansia il momento della scelta dei mobili e dell’arredamento, poi
quello dell’inaugurazione della casa con i loro amici e poi, piano piano, della
loro vita di coppia in generale. Gli anni passano e loro decidono che no, non
vogliono sposarsi; che no, figli non ne voglio, però dai, magari potrebbero
prendere un gatto; che sì, dai, perché non mettersi lì e fare qualcosa insieme:
la palestra, scrivere un libro, fare lunghe passeggiate… però poi forse no, non
è un’idea così buona; che no, il sostegno che i due dicono di darsi a vicenda
si scontra presto con la vita pratica (lei sta scrivendo da anni una tesi di
dottorato che sembra infinita, e in cui nessuno crede; lui cerca lavoro, ma
forse non abbastanza). Eppure si amano. Forse un po’ per abitudine, forse
perché l’amore di una coppia si dimostra anche sopportandosi e trattenendosi
dal dire o fare certe cose, pur pensandole e pur mettendosi in dubbio ogni giorno.
Interrogarsi sul senso della vita in comune era correre il rischio della tristezza. Non farlo, era correre il rischio di fallire la propria vita, di deviare se stessi, di scoprire, in fondo al cammino, che la vita a due non era in realtà che una mezza vita.
Théodore e Dorothée
mi hanno irritata e, per fortuna devo dire, non mi ci sono nemmeno
così tanto identificata. In alcune cose sì, ovviamente, perché è inevitabile
che la vita di coppia si trasformi in piccole e grandi routine che sono, o si
pensa che siano, uniche di chi le sta vivendo. Però in questi due personaggi ho
colto una nota di insoddisfazione generale che mi ha un po’ intristita e un po’
infastidita. Una sorta di rassegnazione, che si manifesta in piccoli dispetti
che i due quasi inconsapevolmente si scambiano.
Sicuramente Alexandre Postel è
stato bravo a rappresentare la vita di questa coppia, a caratterizzare bene
entrambi i protagonisti (ma anche le persone che ruotano attorno a loro), a
volte enfatizzandone ed esasperandone tratti e atteggiamenti. Però sarà che io sto vivendo ancora l’entusiasmo dei primi
tempi (sono sposata da meno di sei mesi e vivo con mio marito da un anno e
mezzo), che scegliere la camera da letto è stato traumatico all’inizio ma anche
divertente, che ci facciamo le nostre cose senza cercare sempre per forza l’approvazione
l’uno dell’altro, pur condividendo ogni cosa… insomma che non siamo ancora
caduti in quelle routine, in quei dubbi e in quelle domande che, credo
inevitabilmente, sorgono a un certo punto di una relazione, e quindi la visione
di coppia di Théodore e Dorothée mi ha davvero irritata, al punto da non saper
dire se il romanzo mi sia piaciuto o meno.
Io più
volte sarei voluta entrare nelle pagine e dire a Théodore e Dorothée che magari
potevano anche provare a separarsi per un po’ e vedere cosa sarebbe successo.
Però poi mi sono resa conto che probabilmente separati non sarebbero riusciti a sopravvivere.
Titolo: Théodore e Dorothée
Autore: Alexandre Postel
Traduttore: Stefania Ricciardi
Pagine: 207
Anno di pubblicazione: 2018
Editore: minimum fax
Prezzo di copertina: 17,00 €
Acquista su Amazon:
formato cartaceo: Théodore e Dorothée
formato ebook: Théodore e Dorothée
Il romanzo non so, mi ispira a metà.
RispondiEliminaMa quella copertina... Insomma, deve essere mio prima o poi!
Le nuove copertine di minimum fax mi piacciono davvero un sacco!
EliminaIl libro credo dipenda molto dall'esperienza di chi lo legge, invece :)
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaAnch'io ho paura quando si tratta di romanzi prettamente sentimentali...Posso accettare che un romanzo parli della vita sentimentale del personaggio, ma che tutto ruoti intorno a quello no!
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