"Il rumore di una tessitura ti fa socchiudere gli occhi e sorridere, come quando si corre mentre nevica. Il rumore della tessitura non si ferma mai, ed è il canto più antico della nostra città, e ai bambini pratesi fa da ninna nanna". "Storia della mia gente" racconta dell'illusione perduta del benessere diffuso in Italia. Di come sia potuto accadere che i successi della nostra vitalissima piccola industria di provincia, pur capitanata da personaggi incolti e ruspanti sempre sbeffeggiati dal miglior cinema e dalla miglior letteratura, appaiano oggi poco più di un ricordo lontano. Oggi che, sullo sfondo di una decadenza economica forse ormai inevitabile, ai posti di comando si agitano mezze figure d'economisti ispirate solo dall'arroganza intellettuale e politici tremebondi di ogni schieramento, poco più che aspiranti stregoni alle prese con l'immane tornado della globalizzazione. Edoardo Nesi torna con un libro avvincente e appassionato, a metà tra il romanzo e il saggio, l'autobiografia e il trattato economico, e ci racconta, dal centro dell'uragano globale, la sua Prato invasa dai cinesi, cosa si prova a diventare parte della prima generazione di italiani che, da secoli, si ritroveranno a essere più poveri dei propri genitori.
Prima di scrivere questo commento, sono andata a vedere tutti i vincitori del premio Strega da quando è stato creato fino ad oggi, anno in cui appunto è stato assegnato a questo libro. E mi sono accorta che dei 64 libri che hanno vinto questo premio io ne ho letti solo 7. Forse perché non leggo tantissima letteratura italiana, forse perché i criteri di scelta del vincitore mi lasciano sempre un po' perplessa (ma in questo genere di concorsi in generlae), forse perché ho paura di non riuscire a cogliere ciò che ha apprezzato chi lo ha votato.
E questo libro (romanzo? saggio? autobiografia?) di Edoardo Nesi rientra proprio nell'ultima categoria. L'autore ci racconta del fallimento della sua industria tessile in provincia di Prato, un'industria storica che è riuscita a sopravvivere alle distruzioni della guerra mondiale ma non alla globalizzazione e all'invasione cinese. E di per sé sarebbe anche un argomento molto interessante, molto attuale purtroppo, che coinvolge una buona parte delle realtà, provinciali e no, delle industrie medio piccole.
Operai che vengono messi in mobilità o lasciati a casa quando ormai troppo vecchi per trovare un altro lavoro. Il governo che finge non esista la crisi. Il trasferimento delle ditte in paesi più poveri in cui la manodopera costa meno. Il fiorire di industrie in mano ai cinesi che non rispettano nessuna delle norme italiane. E soprattutto il senso di disperazione di chi viene lasciato a casa.
Il problema, almeno per me, è proprio Edoardo Nesi. Non riesco a farmelo stare simpatico. Capisco la sofferenza di aver dovuto chiudere e vendere la ditta di famiglia, il senso di sconforto e di sconfitta che questo comporta. Però boh, alla fine faceva l'industriale per hobby, il suo vero sogno era fare lo scrittore e ha avuto la bravura, certo, ma anche la fortuna di riuscire a farlo. Non tutti perdono il lavoro e possono sfondare nel mondo dell'editoria raccontandolo.
L'intento del libro credo fosse quello di raccontare uno spaccato purtroppo reale e quanto mai attuale dell'Italia, della crisi economica. Ma Nesi sfrutta questo racconto infarcendolo di citazioni altamente culturali ("quando ho conosciuto questo scrittore", "quando ho visto quest'altro"), forse per vantarsi della sua bravura di letterato. E ho trovato anche molto pessima la citazione su Francesco Nuti, due semplici righe per pulirsi la coscienza.
Non ho letto nessuno degli altri 4 finalisti del premio di quest'anno, quindi non so dire se ha vinto per merito oppure no (se ha vinto per merito, non oso immaginare gli altri). Resta il fatto che a me non ha convinto.
E la crisi in cui siamo meriterebbe di essere raccontata molto meglio e molto di più.
per acquistare il vincitore del Premio Strega 2011: Storia della mia gente (Overlook)
Prima di scrivere questo commento, sono andata a vedere tutti i vincitori del premio Strega da quando è stato creato fino ad oggi, anno in cui appunto è stato assegnato a questo libro. E mi sono accorta che dei 64 libri che hanno vinto questo premio io ne ho letti solo 7. Forse perché non leggo tantissima letteratura italiana, forse perché i criteri di scelta del vincitore mi lasciano sempre un po' perplessa (ma in questo genere di concorsi in generlae), forse perché ho paura di non riuscire a cogliere ciò che ha apprezzato chi lo ha votato.
E questo libro (romanzo? saggio? autobiografia?) di Edoardo Nesi rientra proprio nell'ultima categoria. L'autore ci racconta del fallimento della sua industria tessile in provincia di Prato, un'industria storica che è riuscita a sopravvivere alle distruzioni della guerra mondiale ma non alla globalizzazione e all'invasione cinese. E di per sé sarebbe anche un argomento molto interessante, molto attuale purtroppo, che coinvolge una buona parte delle realtà, provinciali e no, delle industrie medio piccole.
Operai che vengono messi in mobilità o lasciati a casa quando ormai troppo vecchi per trovare un altro lavoro. Il governo che finge non esista la crisi. Il trasferimento delle ditte in paesi più poveri in cui la manodopera costa meno. Il fiorire di industrie in mano ai cinesi che non rispettano nessuna delle norme italiane. E soprattutto il senso di disperazione di chi viene lasciato a casa.
Il problema, almeno per me, è proprio Edoardo Nesi. Non riesco a farmelo stare simpatico. Capisco la sofferenza di aver dovuto chiudere e vendere la ditta di famiglia, il senso di sconforto e di sconfitta che questo comporta. Però boh, alla fine faceva l'industriale per hobby, il suo vero sogno era fare lo scrittore e ha avuto la bravura, certo, ma anche la fortuna di riuscire a farlo. Non tutti perdono il lavoro e possono sfondare nel mondo dell'editoria raccontandolo.
L'intento del libro credo fosse quello di raccontare uno spaccato purtroppo reale e quanto mai attuale dell'Italia, della crisi economica. Ma Nesi sfrutta questo racconto infarcendolo di citazioni altamente culturali ("quando ho conosciuto questo scrittore", "quando ho visto quest'altro"), forse per vantarsi della sua bravura di letterato. E ho trovato anche molto pessima la citazione su Francesco Nuti, due semplici righe per pulirsi la coscienza.
Non ho letto nessuno degli altri 4 finalisti del premio di quest'anno, quindi non so dire se ha vinto per merito oppure no (se ha vinto per merito, non oso immaginare gli altri). Resta il fatto che a me non ha convinto.
E la crisi in cui siamo meriterebbe di essere raccontata molto meglio e molto di più.
per acquistare il vincitore del Premio Strega 2011: Storia della mia gente (Overlook)
un po' di anni fa ne ho iniziato a leggere uno di questo autore, ma ha uno stile molto crudo, brutale, troppo realisitco ...
RispondiEliminanon so se il suo stile e il suo genere sono cambiati nel frattempo ...