Stavolta sono stato più in giro per la città, ho visto qualche amico, ne ho incontrati altri che stanno lavorando anche loro a San Paolo e la sensazione che mi resta è che non tornerò mai più. Questo è molto triste, perché qui non è casa mia. Ma oramai sento che anche lì non è più casa mia. Ossia, da nessuna parte è casa mia. È questo che fa male dentro.
Alla morte della madre, facendo ordine tra i suoi beni per dare il più possibile in beneficenza, Luiz Ruffato trova un pacco di lettere: sono quelle che suo fratello Célio spedì alla donna durante i sette anni che trascorse a San Paolo. Si era trasferito in città dal paese, per andare a lavorare in fabbrica e per cercare fortuna, come in molti facevano all'epoca, sapendo benissimo che difficilmente sarebbero tornati.
Il destino di Célio, però, fu ancora più tragico: morì in un incidente d’auto, proprio mentre stava andando a trovare i genitori.
Una perdita terribile, da cui nessuno è mai riuscito a riprendersi. Un dolore enorme, che la madre conserva fino alla fine, in quelle lettere che Luiz ritrova e che, subito, non ha il coraggio di leggere. Troppa sofferenza, ma anche troppa gelosia nei confronti del fratello che non ha fatto in tempo a conoscere e la cui assenza ha influito sulla sua vita e sul rapporto con sua madre ancor più di quanto avrebbe fatto la sua presenza.
Finché un giorno, finalmente, si decide, scioglie la cordicella che tiene uniti quegli scritti e, attraverso quelle cinquanta lettere, fa un tuffo nel passato: quello della sua famiglia, ma anche quello di tutto il paese.
Di me ormai neanche ti ricordi, pubblicato da laNuovafrontiera con la traduzione di Gian Luigi De Rosa, è la raccolta di quelle lettere. Un romanzo epistolare, accompagnato da un’introduzione che spiega che cosa sono questi scritti e perché finalmente sono tornati alla luce, che si compone di una voce sola. Le risposte che Célio riceve dalla madre, infatti, non ci sono, ma si riescono a intuire, così come si intuisce quanto gli manchino il suo paese e la sua famiglia, ma, al tempo stesso, quanto impossibile gli sia tornare.
A San Paolo Célio lavora in fabbrica, stringe amicizie, trova l’amore e poi lo perde, va a vedere le partite di calcio e pensa al futuro, senza mai dimenticarsi quello che ha lasciato. Da lontano, si preoccupa per la salute del padre, per i suoi fratelli e per tutto quello che è rimasto a casa. Poi si avvicina alle lotte sindacali e coglie i primi segni di una dittatura militare sempre più opprimente.
C’è tutto il Brasile degli anni ’70 nelle sue parole, di cui fornisce un ritratto quasi inconsapevole raccontando semplicemente la sua quotidianità.
Di me ormai neanche ti ricordi è un libro malinconico: non solo per il suo finale tragico, ma per tutto il senso di tristezza e solitudine che traspare dalle lettere di Célio e per quello che invade Luiz Ruffato stesso, che sente i ricordi farsi sempre più sbiaditi ma che non vuole cedere al passare inesorabile del tempo.
Non ricordo volti, vestiti, situazioni, nulla, ricordo solo voci che riecheggiano sospese in un universo senza orologi e senza età. Nella fotografia in cui siamo insieme, però, il tempo è presente: i tuoi occhi guardano il fotografo e quel che vediamo è l’immagine di qualcuno che sembrava sapere che non sarebbe cambiato mai.E questo libro altro non è che uno strumento, struggente e bellissimo, per non dimenticare.
TITOLO: Di me ormai neanche ti ricordi
AUTORE: Luiz Ruffato
TRADUTTORE: Gian Luigi De Rosa
PAGINE: 136
EDITORE: laNuovafrontiera
ANNO: 2014
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formato cartaceo: Di me ormai neanche ti ricordi
formato ebook: Di me ormai neanche ti ricordi
Lo avrei preso anche solo per il titolo, guarda.
RispondiEliminaPoi ti ci sei messa pure tu.
(Ribadisco che il GGG è tremendo, tanto per darti fastidio un po'.)
Il titolo, in effetti, già da solo vale il libro! E il contenuto è davvero all'altezza.
Elimina(Ahahaha ma nooooo!Come osi?!? IL GGG è bellissimo! :P )