Nel dicembre del 1957 un lungo inverno di cenere e ombra avvolge Barcellona e i suoi vicoli oscuri. La città sta ancora cercando di uscire dalla miseria del dopoguerra, e solo per i bambini, e per coloro che hanno imparato a dimenticare, il Natale conserva intatta la sua atmosfera magica, carica di speranza. Daniel Sempere - il memorabile protagonista di "L'ombra del vento" è ormai un uomo sposato e dirige la libreria di famiglia assieme al padre e al fedele Fermín con cui ha stretto una solida amicizia. Una mattina, entra in libreria uno sconosciuto, un uomo torvo, zoppo e privo di una mano, che compra un'edizione di pregio di "Il conte di Montecristo" pagandola il triplo del suo valore, ma restituendola immediatamente a Daniel perché la consegni, con una dedica inquietante, a Fermín. Si aprono così le porte del passato e antichi fantasmi tornano a sconvolgere il presente attraverso i ricordi di Fermín. Per conoscere una dolorosa verità che finora gli è stata tenuta nascosta, Daniel deve addentrarsi in un'epoca maledetta, nelle viscere delle prigioni del Montjuic, e scoprire quale patto subdolo legava David Martín - il narratore di "Il gioco dell'angelo" - al suo carceriere, Mauricio Valls, un uomo infido che incarna il peggio del regime franchista...
A mia discolpa questa volta posso dire che il libro mi è stato regalato, che non l'ho comprato di mia spontanea volontà nè che ho cercato disperatamente di leggerlo (e il fatto che fosse nella mia wish list è ininfluente).
A mia discolpa posso dire che "L'ombra del vento" mi era piaciuto talmente tanto che era impensabile non leggere il terzo libro della saga, sebbene già "Il gioco dell'angelo" mi avesse lasciato parecchio perplessa.
A questo posso ancora aggiungere che solitamente Zafón scrive in modo scorrevole e piacevole, nonostante le trame siano sempre o troppo banali o troppo macchinose, e soprattutto tutte uguali tra loro.
Detto questo, la domanda che continuo a pormi da quando ho chiuso il libro ieri sera è "ma perché ho letto di nuovo un romanzo di Zafón", visto che era abbastanza prevedibile che sarei rimasta delusa? E soprattutto, "ma quanti soldi ancora si farà questo autore spagnolo sfruttando il successo del suo primo e unico capolavoro?"
Questo è una delusione. Non ha quasi senso di essere. Non succede niente dall'inizio alla fine. Non c'è un minimo di suspance, di trama o di mistero. Semplicemente Zafón ha preso i suoi due libri di maggiore successo, "L'ombra del vento" e "Il gioco dell'angelo" appunto, e li ha in qualche modo uniti in questo romanzo, spiegando parti oscure un po' dell'uno e un po' dell'altro, e lasciando ovviamente tutto in sospeso alla fine, per poter poi vendere anche il quarto libro della saga. Ritroviamo gli stessi personaggi degli altri due: c'è sempre la libreria Sampere, ora gestita dal padre e dal figlio Daniel (il protagonista de "L'ombra del vento" per intenderci), in cui lavora anche Fermín, già presente nel primo romanzo, che qui si scopre avere un collegamento anche con David Martín, lo scrittore misterioso e maledetto su cui si basa invece "Il gioco dell'angelo". Fermín racconta il suo passato imprigionato nel castello del Montjuic durante la guerra civile e l'epoca franchista, mettendo insieme i pezzi del puzzle che i due romanzi precedenti formavano. E lo fa perché un fantasma del passato è venuto a turbare la sua vita e a far rivivere i suoi ricordi, a causa di una dedica in un libro.
La storia però non decolla. Ricordi del passato e voglia di vendetta del presente si mescolano, senza però mai arrivare a una conclusione. E soprattutto, senza riuscire a capire bene dove diavolo volesse parare Zafón.
Anche perché a questo, si somma anche l'aspetto da romanzo "rosa". Il rapporto di Daniel con la moglie bellissima e la gelosia per un amore del passato. Il rapporto tra Fermín e la futura sposa, turbato ovviamente dal passato dell'uomo. L'amore per Isabella, la madre di Daniel, da parte del padre e di David Martín.
Insomma, troppe cose sul fuoco e nessuna che riesca a rendere però viva la storia.
E nemmeno Barcellona, protagonista indiscussa degli altri due romanzi, nè il fantastico "cimitero dei libri dimenticati" riescono a salvare la trama.
Si potrebbe tranquillamente evitare di leggerlo, non si perderebbe nulla. Ma è difficile, per chi come me ha adorato "L'ombra del vento", riuscire a rinunciare alla speranza che questo autore riesca a scrivere un altro capolavoro.
Nota alla traduzione: è semplicemente pessima. Errori di italiano ("qualcosa era andata storta"). Traduzioni differenti di una stessa espressione ("prosciutto serrano" e "jamón serrano"). Scelte improprie di termini, per nulla adatti all'epoca di ambientazione del romanzo, che rendono la lettura a tratti fastidiosa e sicuramente poco fluida.
Riusciranno mai a tradurre bene un romanzo di Zafón? (oppure è Zafón che scrive tanto male?)
Per acquistare: Il prigioniero del cielo (Scrittori italiani e stranieri)
A mia discolpa questa volta posso dire che il libro mi è stato regalato, che non l'ho comprato di mia spontanea volontà nè che ho cercato disperatamente di leggerlo (e il fatto che fosse nella mia wish list è ininfluente).
A mia discolpa posso dire che "L'ombra del vento" mi era piaciuto talmente tanto che era impensabile non leggere il terzo libro della saga, sebbene già "Il gioco dell'angelo" mi avesse lasciato parecchio perplessa.
A questo posso ancora aggiungere che solitamente Zafón scrive in modo scorrevole e piacevole, nonostante le trame siano sempre o troppo banali o troppo macchinose, e soprattutto tutte uguali tra loro.
Detto questo, la domanda che continuo a pormi da quando ho chiuso il libro ieri sera è "ma perché ho letto di nuovo un romanzo di Zafón", visto che era abbastanza prevedibile che sarei rimasta delusa? E soprattutto, "ma quanti soldi ancora si farà questo autore spagnolo sfruttando il successo del suo primo e unico capolavoro?"
Questo è una delusione. Non ha quasi senso di essere. Non succede niente dall'inizio alla fine. Non c'è un minimo di suspance, di trama o di mistero. Semplicemente Zafón ha preso i suoi due libri di maggiore successo, "L'ombra del vento" e "Il gioco dell'angelo" appunto, e li ha in qualche modo uniti in questo romanzo, spiegando parti oscure un po' dell'uno e un po' dell'altro, e lasciando ovviamente tutto in sospeso alla fine, per poter poi vendere anche il quarto libro della saga. Ritroviamo gli stessi personaggi degli altri due: c'è sempre la libreria Sampere, ora gestita dal padre e dal figlio Daniel (il protagonista de "L'ombra del vento" per intenderci), in cui lavora anche Fermín, già presente nel primo romanzo, che qui si scopre avere un collegamento anche con David Martín, lo scrittore misterioso e maledetto su cui si basa invece "Il gioco dell'angelo". Fermín racconta il suo passato imprigionato nel castello del Montjuic durante la guerra civile e l'epoca franchista, mettendo insieme i pezzi del puzzle che i due romanzi precedenti formavano. E lo fa perché un fantasma del passato è venuto a turbare la sua vita e a far rivivere i suoi ricordi, a causa di una dedica in un libro.
La storia però non decolla. Ricordi del passato e voglia di vendetta del presente si mescolano, senza però mai arrivare a una conclusione. E soprattutto, senza riuscire a capire bene dove diavolo volesse parare Zafón.
Anche perché a questo, si somma anche l'aspetto da romanzo "rosa". Il rapporto di Daniel con la moglie bellissima e la gelosia per un amore del passato. Il rapporto tra Fermín e la futura sposa, turbato ovviamente dal passato dell'uomo. L'amore per Isabella, la madre di Daniel, da parte del padre e di David Martín.
Insomma, troppe cose sul fuoco e nessuna che riesca a rendere però viva la storia.
E nemmeno Barcellona, protagonista indiscussa degli altri due romanzi, nè il fantastico "cimitero dei libri dimenticati" riescono a salvare la trama.
Si potrebbe tranquillamente evitare di leggerlo, non si perderebbe nulla. Ma è difficile, per chi come me ha adorato "L'ombra del vento", riuscire a rinunciare alla speranza che questo autore riesca a scrivere un altro capolavoro.
Nota alla traduzione: è semplicemente pessima. Errori di italiano ("qualcosa era andata storta"). Traduzioni differenti di una stessa espressione ("prosciutto serrano" e "jamón serrano"). Scelte improprie di termini, per nulla adatti all'epoca di ambientazione del romanzo, che rendono la lettura a tratti fastidiosa e sicuramente poco fluida.
Riusciranno mai a tradurre bene un romanzo di Zafón? (oppure è Zafón che scrive tanto male?)
Per acquistare: Il prigioniero del cielo (Scrittori italiani e stranieri)
... per fortuna il mondo è vario e non la pensiamo tutti nello stesso modo.
RispondiEliminaBeh, si, ovvio! :) Questo è il mio pensiero... e ovviamente ad altri, molti, sarà piaciuto...
RispondiElimina....si sono d'accordo, niente a che vedere con L'Ombra del vento....lascia troppe strade aperte.....ma Voi come interpretate il finale?
RispondiEliminaPer me è un "mi lascio qualche possibilità per un futuro libro"... lascia in sospeso il lettore così da assicurarsi che comprerà anche il successivo (che poi, c'è un successivo? All'inizio si diceva fosse una triologia, poi durante un'intervista da Fazio ha detto che sta già scrivendo il quarto...)
RispondiEliminaCiao a tutti.
RispondiEliminaSono per caso capitata su questo blog e mi sono imbattuta in questa poco lusinghiera recensione del nuovo libro di Zafon. Premetto subito che non sono una sua lettrice sfegatata, ma per un motivo o per l'altro mi sono ritrovata a leggere tutti i suoi libri (tra regali, prestiti e acquisti personali).
Volevo far presente una cosa, innanzitutto: sin dall'inizio, in interviste ufficiali o simili Zafon aveva specificato che il ciclo sul cimitero dei libri dimenticati sarebbe stato formato da quattro libri. Inoltre, poco prima che uscisse il terzo capitolo i lettori erano stati informati del fatto che sarebbe stato un libro di passaggio per riprendere le fila dei due libri precedenti e fare da prologo al quarto e conclusivo capitolo della serie.
Se poi, da un lato, è vero che "L'ombra del vento" è su un gradino nettamente superiore agli altri due libri del ciclo, dall'altro è anche vero che nel frattempo Zafon ha pubblicato altri quattro o cinque libri "a sè stanti" e, a mio parere, molto belli sia dal punto di vista stilistico che da quello della trama.
Infine, vorrei far presente che Zafon nasce come autore di libri per ragazzi e il suo intento non è mai stato quello di elevarsi al rango di autore impegnato. I lettori che amano i suoi libri si approcciano alla lettura tenendo bene in mente questi presupposti e credo sia questo che ne fa un autore di successo, almeno tra i suoi estimatori.
Guarda che anche io ho letto tutti i libri di Zafón pur non essendo una sua grande fan e so benissimo che leggerò anche tutti gli altri che pubblicherà perché quest'autore ha il pregio di saper scrivere e di saper catturare.
RispondiEliminaHo letto anche quelli per un pubblico più giovane. Alcuni mi sono piaciuti, altri no.
Però credo anche che sia impossibile, almeno per quel che mi riguarda, non notare le incredibili somiglianze che ci sono tra un libro e l'altro.
E, soprattutto in Italia, Zafón vende grazie al successo che ha avuto quel capolavoro de "L'ombra del vento", in assoluto uno dei miei libri preferiti: questo si vede anche dal fatto che diversi suoi romanzi che qui vengono venduti come "nuovi" sono in realtà precedenti a "L'ombra del vento"... e la domanda che sorge spontanea è: perché non sono arrivati prima?
A me questo libro ha lasciato l'amaro in bocca, proprio perché mi aspettavo, visti i precedenti, qualcosa di meglio, qualcosa di più. Il fatto che lui stesso abbia detto che è un libro di transizione è la prova che anche lui probabilmente sapesse che avrebbe lasciato scontenti parecchi suoi lettori (ma questa è assolutamente un'opinione personale).
Il fatto che nasca come autore per ragazzi non mi sembra una grande "giustificazione". Non puoi cambiare il tuo target e poi, se a qualcuno non piace, dire "sì ma io di solito scrivo libri per ragazzi".
Sapevo comunque che Zafón avrebbe suscitato tante opinioni contrastanti (qui sul mio blog ma anche in tutte le critiche molto più autorevoli delle mie).
E la mia essendo su un blog è ovviamente un'opinione del tutto personale e soprattutto del tutto non condivisibile.
Sono pienamente d'accordo con te sul fatto che ci siano somiglianze in tutti i suoi libri. E questo in effetti può piacere e può non piacere. Condivido anche la tua opinione sul fatto che in effetti in Italia il successo è nato con "L'ombra del vento" e che tutti ovviamente si aspettavano che continuasse sullo stesso tono. Ripeto, non è uno degli autori per cui farei faville, però, personalmente, riguardando la sua produzione nella giusta cronologia mi è sembrato logico che raggiungesse prima o poi un apice e poi si lasciasse andare ad una (magari momentanea) "caduta". Leggevo poi da qualche parte che, benchè avesse già scritto i libri che poi sono usciti in Italia in ritardo, prima di questa loro tardiva (ri)pubblicazione (che comunque è avvenuta a livello mondiale) ha rivisto tutti i lavori: non dico che li ha riscritti, ma immagino abbiano richiesto un certo impegno e magari l'abbiano "distolto" dal mantenere il livello de "L'ombra del vento" anche nei capitoli successivi dello stesso ciclo.
RispondiEliminaPersonalmente, dalle interviste che ho letto o guardato, mi sembra che Zafon non sia il tipo di autore che pretende di piacere a tutti i lettori e che si "accontenti" del suo piccolo gruppo di aficionados. Non mi ha dato l'idea di aver cominciato la carriera di "scrittore per grandi" avendo le pretese di dimenticarsi di essere nato come autore per ragazzi, salvo poi ricordarselo solo in caso di critiche. Più volte lui stesso ha ribadito di voler catturare l'animo ancora "bambino" di ogni lettore. Questa almeno è l'impressione che ha dato a me e che me lo fa comunque apprezzare. Poi, secondo me, uno dei problemi principali nel suo caso è che il suo è un genere che alla lunga stanca chi non ne è appassionato, al di là dell'originalità della trama, della scorrevolezza linguistica o della complessità delle situazioni descritte. Mantenere viva l'attenzione di lettori a cui non piace molto il genere "fantastico/misterioso" è difficile. Succede con molte saghe del genere, a meno che non si sia maestri indiscussi (vedi Stephen King, che infatti si dimostra molto più "scrittore da grandi" in quanto non sempre inserisce un lieto fine nelle sue storie, al contrario di Zafon che nel peggiore dei casi lascia un sapore dolce-amaro).
Quello che mi stupisce di più è proprio questo: tutte le critiche (positive o negative) che gli vengono mosse comunque non tengono conto nè del suo "manifesto da autore" nè della giusta cronologia.
Per il resto ti faccio i complimenti per il tuo blog, credo che attingerò spesso ai tuoi consigli :) (magari commentando di tanto in tanto e scambiando idee)
Francesca
Vivo a Barcelona e dopo aver letto i primi due romanzi della saga quando vivevo ancora in Italia mi sono finalmente deciso a leggere il prigioniero del cielo... Un parere? Ormai aspetto il quarto x avere una visione completa :D Per quanto riguarda la traduzione... Ti posso assicurare che lo stile della versione originale è molto piacevole! Avevo letto i primi due in italiano e quest'ultimo in spagnolo... Ne è valsa la pena, mi sa che rileggerò gli altri due in versione originale! :)
RispondiEliminaIo ho fatto esattamente il contrario! Ho letto i primi due in spagnolo e questo in italiano. Ed effettivamente a livello di stile in lingua originale mi erano piaciuti molto di più... ma Zafón per qualche motivo viene sempre tradotto male nella nostra lingua (credo forse per problemi di tempistiche ristrette). Avevo seguito un corso intero all'università sulla pessima traduzione de "L'ombra del vento".
EliminaComunque, quanto mi manca Barcellona...
Nutro "grandi speranze" per il quarto libro della saga! Perchè (come è stato già detto) il prigioniero del cielo ha posto nuovi interrogatvi, ha mischiato le carte in tavola..penso che l'ultimo libro potrà essere solo un grande successo o un'incredibile delusione..
RispondiEliminaeppure confido in Zafòn ... e ti assicuro che la seconda lettura di alcuni suoi romanzi (come il gioco dell'angelo) te ne faranno apprezzare alcuni particolari che magari alla prima lettura sono sfuggiti... e comunque trovo fantastica la descrizione che Zafòn fa di Barcellona!
ci sono andata quest'anno in gita e me ne sono innamorata!
Ci sono rimasta male quando ho letto che ormai non abita più li! D:
Ho finito ieri sera di leggere IL PRIGIONIERO DEL CIELO...e sono tristemente d'accordo con l'autrice della recensione iniziale.
RispondiEliminaI primi due libri li ho trovati avvincenti, originali, pieni di suspense, assolutamente incantevoli ma quest'ultimo...non ha spessore come gli altri anche se non è male l'idea di introdurre in questo modo un'eventuale e a questo punto obbligato quarto libro. Quest'ultimo romanzo è senza dubbio piacevole e scorrevole ma privo di una vera e propria "anima" incentrato solo nella spiegazione, sempre comunque poco chiara, degli eventi dei precedenti capolavori, scorre lineare ma senza un fremito privo delle grosse emozioni a cui eravamo abituati.Consiglio lo stesso la lettura di questo terzo capitolo della saga a suo modo interessante per gli appassionati di Zafòn.
Mi rendo conto di commentare dopo diverso tempo dalla lettura del libro, ma fa niente, mi accontento :D. Io sono del parere che per quanto le tue considerazioni siano giuste, ti sei limitata soltanto alla semplice aspetto della narrazione che, è palese, è inferiore rispetto ai due precedenti. Ma al tempo stesso credo che questo romanzo abbia rivoluzionato il sottotesto che si è venuto a creare al termine dell'ombra del vento. Se nel primo libro, poteva trasparire, dal punto di vista interpretativo, una semplice vittoria del bene sul male, col gioco dell'angelo, e ne ho avuto la certezza con il Prigioniero del cielo, vi è una nuova e curiosa visione dall'uomo come individuo sociale. Non vi è più la sconfitta del male, ma la convivenza. la consapevolezza di vivere con una parte "malvagia" e convivere con essa. Una lotta continua, sofferenze e timori, molti dubbi e poche certezze, il tutto però termina con la coscienza che ciò che è accaduto, altro non è che il destino, ( raffigurato con un angelo )l'essere inevitabile dell'uomo, che deve soltanto riuscire a combattere la parte marcia del male, quella parte che potrebbe distruggere quel sottile ma fondamentale equilibrio interiore. C'è chi ci riesce, c'è chi non ci riesce, e nei romanzi di Zafòn emergono entrambe le figure. E che tutte le vicende siano soltanto l'esemplificazione dell'essere umano, me ne rendo conto dall'"inconsistenza" delle vicende, e mi riferisco al gioco dell'angelo, ma non mi spiego meglio per evitare anticipazioni. Il prigioniero del cielo, impone Daniel ad entrare in contatto con questa parte della vita, da cui era stato tenuto all'oscuro nel primo libro. Non esistono santi o mostri, sono la propria coscienza. Forse una interpretazione troppo filosofica o pessimistica, ma forse ottimistica visti i tempi attuali :D, ma sono sufficientemente convinto che quest'opera vada apprezzata non per il suo comparto tecnico o narrativo, ma per l'apporto morale e concettuale che dà all'intera tetralogia.
RispondiEliminaMeritate Fabio Volo!
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