È una querula bibliotecaria di provincia la donna che parla dalla prima all'ultima riga di questo incantevole monologo. Il suo interlocutore è un ragazzo che usa il seminterrato della biblioteca come bivacco notturno. A lui la custode si rivolge mischiando vita privata, libri, invettive. E la confessione di un tenero rapimento verso uno studente di cui però contempla solo la nuca. La sua voce ci arriva sommessa, un po' nevrotica, la voce di una donna ferita da un amore andato male, chiusa in un riserbo che solo i suoi amati romanzi riescono a scheggiare. Li ama, li classifica, li commenta convinta che solo l'ordine monastico della biblioteca è medicina per il caos dei sentimenti e degli uomini tutti. E poi d'un tratto la sua voce si accende e dalla donna autoreclusa nel sottosuolo esce una pasionaria della letteratura, una tenace sentinella del silenzio, che dalla sua misera trincea di provincia difende la vertigine della bellezza letteraria contro il chiassoso vociare della subcultura di massa.
"Nessuna pietà per i libri brutti. E, nel dubbio, bisogna essere cattivi. E' il mio motto." Cavolo, è la prima volta che l'autrice di un libro mi consiglia di massacrare i libri che non mi sono piaciuti. Di non cercare a tutti i costi di scrivere recensioni e commenti buonisti se un libro non è stato per niente all'altezza delle mie aspettative.
Certo, bisognerebbe sapere se l'autrice è d'accordo sul fatto che questo suo motto venga applicato anche sul suo romanzo. Però dai, non dovrebbe prendersela troppo se io ora la massacro, vero?
Il libro è terrificante. Un monologo di 65 pagine (solo 65 pagine, per fortuna) di una bibliotecaria frustrata e depressa che snatura la visione poetica delle biblioteche e dei libri che io ho avuto fino ad ora. La biblioteca per lei è un luogo triste, freddo e solitario. Un luogo frequentato da gente triste, fredda e solitaria che più che cultura cerca compagnia per sfuggire alla mediocrità della vita. Gente che va in biblioteca per compagnia, gente che va in biblioteca per baccagliare o per far finta di crearsi una cultura quando in realtà non gliene frega niente. E i libri anche non sono che un palliativo per non affrontare la tristezza della realtà.
Non c'è amore per il suo lavoro nelle parole della protagonista. Non c'è passione. Un "sono qui ma non vorrei esserci", "sono qui perché nessuno ha capito le mie potenzialità", "sono qui perché non ho passato un concorso, ma non è colpa mia". Mi fa quasi pena, sapete? Mi irrita un sacco, ma mi fa anche pena. Mi fa pena per il suo fare sfoggio di cultura come se lei fosse migliore di altri. Mi fa pena il suo rapporto a distanza con uno degli assidui frequentatori della biblioteca, un rapporto che in contesto del genere avrebbe potuto essere intrigante e poetico, ma che la protagonista con il suo monologo trasforma in una patetica relazione a distanza di una zitella frustrata (che raggiunge il suo culmine con "ecco, non nota me perché sta con una bionda, che sicuramente sarà stupida").
Questo libro mi ha offesa come accanita lettrice. Certo, lo so che a volte leggere altro non è che una via di fuga dalla realtà, anche se io lo vedo più come un prendersi una pausa dal mondo per immergersi in un altro, più o meno bello di quello che stiamo vivendo.
Questo libro mi ha anche offesa come frequentatrice di biblioteche. Anche se ultimamente ci vado molto meno (da quando ho uno stipendio mio, tendo a comprare i libri che leggo), andare in biblioteca per me era una piccola festa (un po' meno per chi mi accompagnava). Potevo stare lì dentro delle ore, perdermi tra i libri. Partire con l'idea di prenderne uno e uscire con sei o sette volumi. Girovagare tra gli scaffali e ritrovarmi non so come a parlare in spagnolo con uno degli addetti.
Non riesco a vedere la biblioteca come un luogo triste e cupo. Certo, forse perché non ci ho mai lavorato (anche se sarebbe il mio sogno) e quindi non posso capire quanto possa essere noioso dover catalogare o risistemare i libri messi in disordine.
Insomma, un libro completamente evitabile, che ha si e no due spunti interessanti (quello sui "best seller a scadenza" così male non è), e che non ha quasi niente a che fare con la passione per il mondo dei libri e la lettura, sebbene il titolo italiano ce lo voglia far credere.
Risparmiate 10 euro. E se proprio volete leggerlo, prendetelo in biblioteca!
Nota alla traduzione: il titolo italiano trae parecchio in inganno. L'originale "la cote 400" fa riferimento al metodo universale di catalogazione dei libri all'interno delle biblioteche. E il 400 è proprio il numero che manca. La scelta italiana di cambiare il titolo, seppur comprensibile, trasmette un'idea sbagliata sul suo contenuto.
"Nessuna pietà per i libri brutti. E, nel dubbio, bisogna essere cattivi. E' il mio motto." Cavolo, è la prima volta che l'autrice di un libro mi consiglia di massacrare i libri che non mi sono piaciuti. Di non cercare a tutti i costi di scrivere recensioni e commenti buonisti se un libro non è stato per niente all'altezza delle mie aspettative.
Certo, bisognerebbe sapere se l'autrice è d'accordo sul fatto che questo suo motto venga applicato anche sul suo romanzo. Però dai, non dovrebbe prendersela troppo se io ora la massacro, vero?
Il libro è terrificante. Un monologo di 65 pagine (solo 65 pagine, per fortuna) di una bibliotecaria frustrata e depressa che snatura la visione poetica delle biblioteche e dei libri che io ho avuto fino ad ora. La biblioteca per lei è un luogo triste, freddo e solitario. Un luogo frequentato da gente triste, fredda e solitaria che più che cultura cerca compagnia per sfuggire alla mediocrità della vita. Gente che va in biblioteca per compagnia, gente che va in biblioteca per baccagliare o per far finta di crearsi una cultura quando in realtà non gliene frega niente. E i libri anche non sono che un palliativo per non affrontare la tristezza della realtà.
Non c'è amore per il suo lavoro nelle parole della protagonista. Non c'è passione. Un "sono qui ma non vorrei esserci", "sono qui perché nessuno ha capito le mie potenzialità", "sono qui perché non ho passato un concorso, ma non è colpa mia". Mi fa quasi pena, sapete? Mi irrita un sacco, ma mi fa anche pena. Mi fa pena per il suo fare sfoggio di cultura come se lei fosse migliore di altri. Mi fa pena il suo rapporto a distanza con uno degli assidui frequentatori della biblioteca, un rapporto che in contesto del genere avrebbe potuto essere intrigante e poetico, ma che la protagonista con il suo monologo trasforma in una patetica relazione a distanza di una zitella frustrata (che raggiunge il suo culmine con "ecco, non nota me perché sta con una bionda, che sicuramente sarà stupida").
Questo libro mi ha offesa come accanita lettrice. Certo, lo so che a volte leggere altro non è che una via di fuga dalla realtà, anche se io lo vedo più come un prendersi una pausa dal mondo per immergersi in un altro, più o meno bello di quello che stiamo vivendo.
Questo libro mi ha anche offesa come frequentatrice di biblioteche. Anche se ultimamente ci vado molto meno (da quando ho uno stipendio mio, tendo a comprare i libri che leggo), andare in biblioteca per me era una piccola festa (un po' meno per chi mi accompagnava). Potevo stare lì dentro delle ore, perdermi tra i libri. Partire con l'idea di prenderne uno e uscire con sei o sette volumi. Girovagare tra gli scaffali e ritrovarmi non so come a parlare in spagnolo con uno degli addetti.
Non riesco a vedere la biblioteca come un luogo triste e cupo. Certo, forse perché non ci ho mai lavorato (anche se sarebbe il mio sogno) e quindi non posso capire quanto possa essere noioso dover catalogare o risistemare i libri messi in disordine.
Insomma, un libro completamente evitabile, che ha si e no due spunti interessanti (quello sui "best seller a scadenza" così male non è), e che non ha quasi niente a che fare con la passione per il mondo dei libri e la lettura, sebbene il titolo italiano ce lo voglia far credere.
Risparmiate 10 euro. E se proprio volete leggerlo, prendetelo in biblioteca!
Nota alla traduzione: il titolo italiano trae parecchio in inganno. L'originale "la cote 400" fa riferimento al metodo universale di catalogazione dei libri all'interno delle biblioteche. E il 400 è proprio il numero che manca. La scelta italiana di cambiare il titolo, seppur comprensibile, trasmette un'idea sbagliata sul suo contenuto.
Effettivamente il titolo italiano non ha molto a che vedere con quanto hai raccontato... non che la cosa mi stupisca.
RispondiEliminaNon che io sia acida o malevola, però a volte mi fa piacere leggere recensioni negative. La vedo come una dichiarazione d'indipendenza del blogger. Non so, m'ispira fiducia.
Comunque, non credo che leggerò mai questo libro. Specie per la battuta sulle bionde. Non capisco se è l'autrice stessa ad essere... beh, così, o se è riuscita a ritrarre un personaggio detestabile. Uhm.
Anche a me "piace" leggere e scrivere recensioni negative se un libro se le merita. Sono molto dell'idea che "il blog è mio e ci scrivo quello che voglio". E' ovvio che è un'opinione personale e che può essere o meno condivisibile.
RispondiElimina(ed è per questo che diffido un po' da chi offre "recensioni a pagamento" dei libri per pubblicizzare gli autori...)
Per quanto riguarda il libro, non lo so. Spero vivamente che l'autrice non sia così, se no bella vita triste che deve fare...
Ero tentata di leggerlo ma a questo punto credo che passerò... Grazie per la segnalazione!
RispondiEliminaIo invece non mi trovo d'accordo con il tuo giudizio.
RispondiEliminaIl libro non mi ha trasmesso le sensazioni che dici di aver provato, non mi sono sentita "offesa" in alcun modo, proprio perchè le parole (che del resto non ho trovato di offesa, caso mai semplicemente snob) provengono dalle labbra di una donna patetica, nevrotica e tratteggiata con quella che a me sembra ironia. Mi è venuto piuttosto da separare il discorso misantropo della protagonista dall'argomento libri e letteratura, per scaricare la fonte di tutte le sue malignità sulla sua vita disperata. In fondo lei fa pena, come hai detto, la sua vita è triste e più che rabbia a me ha ispirato tenerezza. Non mi è sembrato affatto che l'autrice se la prendesse con i lettori o le biblioteche, e in fondo che non lo facesse nemmeno la protagonista; piuttosto, ce l'aveva con il mondo con il quale non riesce a comunicare e che le sembra minaccioso e scioccamente crudele.
Con questo non voglio certo fare polemica o cercare di convincerti della mia impressione, soltanto ho appena letto questo monologo, mi sono imbattuta nella tua recensione e ho sentito il desiderio di fare l'avvocato di questa piccola bibliotecaria un po' svanita (tràine pure le tue conclusioni sul mio grado di pignoleria...)
Un saluto,
Maria
Ma ben vengano i commenti e le impressioni contrastanti! :)
RispondiEliminaD'altronde ogni libro trasmette cose diverse a chi lo legge.
Io non sono riuscita a separare la componente "umana" da quella dei libri e del mestiere che fa la protagonista, così come dal mio punto di vista non è venuta fuori molto ironica la descrizione di questa donna nevrostica e depressa.
Ho letto parecchi pareri contrastanti su questo libricino: molti lo hanno adorato, molti lo hanno trovato irritante. Come succede spesso con molti altri romanzi :)
sono assolutamente in disaccordo con questa recensione... credo tu abbia letto il libro con disattenzione.. o forse sei una lettrice troppo accanita... ma non c'è niente, dico niente di quello di cui parli nella tua recensione a mio avviso un po' superficiale... prova a rileggerlo.. credo che cambierai idea, forse...
RispondiEliminaBuffo, se un libro non mi è piaciuto è perché l'ho letto con disattenzione? Non potrebbe essere semplicemente che, appunto, non mi è piaciuto?
RispondiEliminaA volte non si entra in sintonia con certi libri e certi autori, a volte i personaggi che ci troviamo davanti per qualche ispiegabile motivo ci stanno antipatici e li troviamo irritanti, personaggi che magari altre persone amano e adorano (che poi è la stessa cosa che succede anche fuori dai libri, no?)
Non credo che il fatto di essere una "lettrice accanita" possa essere un grosso problema nel giudicare i libri che leggo, ancor più che in tutte le recensioni che scrivo motivo sempre le mie opinioni, positive o negative che siano, cercando di renderle il più sensate possibile.
Come ho già detto in un commento poco prima, è giusto e normale e logico che ogni libro susciti opinioni diverse, e quindi discordanti, in chi lo legge. E questi giudizi vanno rispettati tutti, anche se sono in disaccordo con i nostri.
Io sono sono invece molto d'accordo con la recensione fatta.
RispondiEliminaNel mio caso il monologo non mi ha infastidita solo come lettrice, ma anche e ancora di più come bibliotecaria (o meglio come operatrice del mondo delle biblioteche, che non è esattamente la stessa cosa, perché lavoro per le biblioteche e non dentro una biblioteca PURTROPPO!) che ha studiato per fare quello che fa e lo ha scelto tentando molti concorsi proprio per farlo. Tutti gli stereotipi sull'ambiente sono stati messi per iscritto. Potevamo farne a meno.