"Rabbia" prende la forma di una storia (romanzesca) orale di Buster "Rant" Casey, nella quale un assortimento di amici, nemici, ammiratori, detrattori e familiari dicono la loro su questo personaggio malvagio (ma forse no), morto in circostanze tanto misteriose quanto leggendarie, che forse è stato il più efficiente serial killer di questa epoca. Buster era il tipico ragazzino di una cittadina nel bel mezzo del nulla, alla ricerca di emozioni forti in un mondo di video games e di film di avventure e di azione. Dopo le prime ribellioni al liceo scappa dal suo villaggio natale di Middleton e va nella grande città, dove ben presto diventa il leader di un gruppo di giovani dediti a una sorta di rito-gioco di demolizione urbana chiamato Party Crashing: nelle notti prescelte i partecipanti decorano in modi bizzarri le loro auto e quando arriva il momento cominciano ad attaccarsi a vicenda cercando di cozzare colle proprie vetture contro quelle degli altri. In occasione di una di queste violente cacce notturne Casey incontra la morte al volante. E dopo la sua morte spettacolare, i suoi amici raccolgono le testimonianze necessarie a ricostruire una storia orale della sua breve vita. Ma Casey è morto davvero?
Leggere un libro di Palahniuck mi richiede sempre uno sforzo terribile. Ma nel caso ad esempio di "Soffocare" lo sforzo era stato ripagato da quel che comunque, nel bene e nel male, si può definire un buon romanzo. Cosa che però con "Rabbia" (mi raccomando, è la malattia, non il sentimento) non è successo. Mi perdonino i fan di questo controverso autore, ma "Rabbia" è un libro insulso. Un libro che, a parte qualche frase ad effetto, non lascia quasi nulla, se non un senso di confusione e di incomprensione. Non ho capito dove volesse arrivare l'autore. Non ho capito contro cosa o chi ce l'avesse questa volta.
L'idea di fare un romanzo di testimonianze è indubbiamente molto bella. Una biografia scritta da chi ha conosciuto Rant Casey, da chi lo ha odiato e amato. Ma il libro si ferma qui.
O forse semplicemente devo rassegnarmi all'idea che Palahniuck non faccia per me.
Nota alla traduzione: niente da dire.
Leggere un libro di Palahniuck mi richiede sempre uno sforzo terribile. Ma nel caso ad esempio di "Soffocare" lo sforzo era stato ripagato da quel che comunque, nel bene e nel male, si può definire un buon romanzo. Cosa che però con "Rabbia" (mi raccomando, è la malattia, non il sentimento) non è successo. Mi perdonino i fan di questo controverso autore, ma "Rabbia" è un libro insulso. Un libro che, a parte qualche frase ad effetto, non lascia quasi nulla, se non un senso di confusione e di incomprensione. Non ho capito dove volesse arrivare l'autore. Non ho capito contro cosa o chi ce l'avesse questa volta.
L'idea di fare un romanzo di testimonianze è indubbiamente molto bella. Una biografia scritta da chi ha conosciuto Rant Casey, da chi lo ha odiato e amato. Ma il libro si ferma qui.
O forse semplicemente devo rassegnarmi all'idea che Palahniuck non faccia per me.
Nota alla traduzione: niente da dire.