Pubblicato nel 1984, è un romanzo epistolare che racconta la disgregazione della famiglia, la crisi dei ruoli tradizionali, il vuoto drammatico che accompagna la vita dei nostri giorni. La mancanza di virilità, l'assenza della figura paterna, l'insicurezza dei figli compongono i frammenti di un'armonia ormai dispersa in un fitto susseguirsi di eventi spesso drammatici tra Roma, l'Umbria e l'America. Lettera dopo lettera, padri, figli, amici, amanti vengono messi di fronte a se stessi e al loro bisogno di verità. L'autrice ricostruisce le schegge di queste vite e racconta nel consueto stile, asciutto e lirico insieme, la perdita di quel senso di appartenenza che ha il suo simbolo più evidente nella casa: perché «uno le case può venderle o cederle ad altri finche vuole, ma le conserva ugualmente per sempre dentro di sé».
Sono arrivata per caso a questo libro. Mi è stato consigliato così, tra una chiacchera e l'altra, e me ne stavo anche per dimenticare. Ma poi me lo sono fatta prestare, perché tendo a leggere quasi tutti i libri che mi vengono consigliati (QUASI eh!), soprattutto quando viene fatto con tanto entusiasmo.
Questo libro è veramente bello. Un romanzo epistolare, che si dispiega attraverso le lettere che i vari personaggi si inviano per raccontare e raccontarsi quello che sta succedendo nelle loro vite. Lettere che sono di sfogo, lettere piene di speranze e piene di amarezza, lettere di grandi rivelazioni e lettere inutili scritte tanto per essere scritte, lettere scritte a persone lontane (Giuseppe che decide di mollare tutto e partire per gli USA) e lettere scritte a vicini di casa e amici (Lucrezia, Simona, Albina, Egisto). Tutte persone vicine, che si ritrovavano nella casa in campagna Le Margherite e che di improvviso vedono le loro vite cambiare, più o meno consapevolmente.
Se proprio vogliamo dire qualcosa di negativo (ma non siamo obbligati eh), si potrebbe far notare alla Ginzburg che le lettere non sono abbastanza caratterizzate e che probabilmente, se a inizio lettera non ci fossero scritti mittente e destinatario, potrebbero confondersi un po'.
Ma resta comunque un bel romanzo epistolare e un primo mio personale approccio alla Ginzburg decisamente positivo.
"Tu non sei uno che lacera, sei uno che passa avendo cura di non lacerare, non calpestare, non distruggere niente. Sei uno della mia razza. Sei di quelli che perdono sempre."
"La noia nasce quando ciascuno sa tutto dell'altro, o crede di sapere tutto dell'altro e se ne infischia. Ma no, sbaglio. La noia nasce non si sa perché"