sabato 31 luglio 2010

PASTORALE AMERICANA- Philip Roth

Seymour Levov è alto, biondo e atletico. Malgrado sia di origine ebraica al liceo lo chiamano "lo Svedese". Negli anni '50 sposa miss New Jersey, avviandosi ad una vita di lavoro nella fabbrica del padre. Nella sua splendida villa cresce Merry, la figlia cagionevole e balbuziente. Finché arriva il giorno in cui le contraddizioni del paese raggiungono la soglia del suo rifugio, devastandola. La guerra del Vietnam è al culmine. Merry sta terminando la scuola e ha l'obiettivo di "portare la guerra in casa". Letteralmente.


Un libro per niente facile da leggere
. Un "mattone" (ma non in senso negativo) di più di 400 pagine di idili rotti e sogni infranti, di una convinzione di felicità che in realtà non esiste ma di cui ci si vuole convincere a tutti i costi.
Il sogno americano di benessere e felicità che si infrange davanti a un fatto terribile, che farà crollare ogni certezza e farà finalmente, e con tanto dolore, aprire gli occhi di fronte alle apparenze dietro a cui si cerca di nascondersi. Sono rimasta molto colpita. Un romanzo che non si legge in fretta, che a tratti non è nemmeno scorrevole, ma che attraverso le vicende del protagonista ti fa conoscere una parte di storia dell'America forse un po' dimenticata, ma che ti fa anche capire altro, sulla vita in generale, su come nulla è mai in realtà come sembra, che c'è sempre dell'altro dietro ad ogni quadretto di felicità, ci sono scheletri che schiacciano e tolgono il respiro e che non si possono combattere, nemmeno facendosi un amante, nemmeno andando in Svizzera a farsi un lifting. Puoi solo fuggire davanti a certe cose.
Non è sicuramente una lettura rilassante da ombrellone, però merita assolutamente.

Nota alla traduzione: c'è qualcosa che non mi torna tanto, ma non riesco bene a dirvi che cosa...

mercoledì 21 luglio 2010

E-BOOK O NON E-BOOK, questo è il dilemma.

Questo blog parla di libri (ma va?). E dato che al momento ne sto leggendo uno un po' lungo e molto intenso ("Pastorale Americana" di Philiph Roth), che ci metterò ancora un po' di tempo a finire e a rielaborare, ho deciso di dedicare un post alla sempre più attuale questione E-Book VS Libri Stampati.

L'idea nasce da un articolo apparso stamattina sul sito de La Stampa ("143 a 100: su Amazon il sorpasso dell'E-Book") in cui si annuncia che su Amazon la vendita dei libri elettronici ha superato quella dei libri cartacei.
Ammetto senza troppa vergogna di essere una paladina dei libri nel caro e vecchio formato cartaceo, quelli che puoi sfogliare, che puoi annusare quando li hai appena comprati, che puoi infilare dappertutto, che puoi impilare sul comodino o collocare in un ordine logico che solo tu conosci sulle mensole in camera.
Ma escludendo l'aspetto romantico dei libri in formato cartaceo, ci sono diverse cose che mi lasciano perplesse sui libri in formato elettronico.
Premetto che non sono contraria a priori, che mi rendo conto che in deteminate circostanze o situazioni siano una grande innovazione che permette veramente a tutti di leggere, anche a chi avrebbe magari difficoltà a tenere in mano un libro normale. E quindi, in questi casi, ben venga l'ebook!
Però, per le persone come me (malate forse?) che riescono a passare l'intera domenica pomeriggio a leggere, anche per 3 o 4 ore di fila. Per quelle che passano tutto il giorno davanti al pc e la sera prima di andare a dormire hanno voglia di staccare un po' da quegli schermi illuminati. Per quelle che leggerebbero ovunque, in treno, nella vasca da bagno, in spiaggia, sul tram. Per quelle che amano andare in libreria e uscire con una sacchetto pesante. Insomma... l'ebook, è veramente così utile?

Certo, i libri in formato virtuale costano meno (ma la tavoletta per leggerli mica tanto...), un solo dispositivo può contenerne tantissimi (così la mamma non urla più se le mensole hanno assunto una forma pericolosamente concava), hai il dizionario a portata di mano, così se non sai una parola non devi alzarti e sfogliare quei vecchi tomi. Per non parlare del minore impatto ambientale sugli alberi (ma ste tavolette non sono eterne, vanno smaltite anche quelle prima o poi... e per produrle, credo che un po' si inquini, no?). Ma, secondo me, viene a mancare il fascino dello sfogliare le pagine, del sentirne il profumo, del poter leggere sempre e comunque senza che si scarichino batterie che non siano quelle della tua testa. Viene a mancare la possibilità di regalarli, di scrivere le dediche nella prima pagina, di scambiarseli a palate.

So (spero più che altro) che non arriverà mai il momento in cui l'e-book soppianterà definitivamente i formati cartacei (sebbene i dvd abbiano soppiantato le videocassette, i cd le musicassette... sempre in nome della qualità e del risparmio di spazio), ma le parole sono parole. Non si leggono meglio, non trasmettono di più se sono in formato più tecnologico.

Qualcuno potrebbe sempre obbiettare che allora dovrei smetterla di tenere un blog ma riprendere carta e penna e tenere un diario. Oltre al fatto che nessuno vi dice che io non lo faccia già, per i libri è sicuramente diverso. Lo scopo dell'e-book, a differenza di un blog, non è che tutti possano avere accesso ai libri (anche perchè per ora i prezzi sono proibitivi).,che tutti possano leggerli. E' solo quello di un'ennesima evoluzione tecnologica che forse, almeno in questo caso, e almeno per me, va a rovinare qualcosa che ha sempre funzionato bene e che sempre funzionerà bene.

Quindi, e-book o non e-book... per me il dilemma nemmeno sussiste...

giovedì 15 luglio 2010

DONNA NICANORA E IL NEGOZIO DI CAPPELLI- Kristan Hawkins

"Le guide turistiche citano solo brevemente Valle de la Virgen, limitandosi a menzionare il fatto che, a dispetto dell'innegabile interesse storico e del fascino leggendario, essa rimane una meta turistica pressoché sconosciuta. Una guida ormai fuori commercio sosteneva persino che Valle de la Virgen non fosse altro che una leggenda inventata dai viaggiatori e che in realtà la strada conducesse semplicemente a un impenetrabile acquitrino." Immerso nella foresta e circondato da paludi infestate da coccodrilli, il sonnolento paesino denominato pomposamente Valle de la Virgen è praticamente sconosciuto al resto del mondo. Gli abitanti trascorrono le loro giornate nel solito, monotono trantran. La loro vita non si è rivelata quella che avevano sognato. Donna Nicanora non ha mai lasciato l'angusta cittadina per viaggiare per il mondo, il barbiere don Cosbo non ha mai sposato la donna che amava e il sindaco è ancora alla ricerca di prestigio e di potere. Ma con l'arrivo di un misterioso straniero, chiamato semplicemente Gringito, all'improvviso sembrano risvegliarsi i sogni di tutti. Donna Nicanora si impegna a trasformare la bottega di don Cosbo in un negozio di cappelli, il sindaco complotta per trasformare Valle de la Virgen in una meta turistica alla moda, e la vita tranquilla di don Cosbo viene travolta dal riaccendersi della passione. Solo il Gringito si limita a osservare, seduto sotto un eucalipto, il nuovo corso degli eventi.

Non posso non fare i complimenti a questa scrittrice. Sono sempre stata convinta che per poter descrivere così bene l'atmosfera e la magia tipica del sudamerica si dovesse per forza essere sudamericani, perchè chi non ci è nato e non ci è vissuto non la può conoscere. La Hawkins, invece, ci si avvicina parecchio e se non si leggesse il nome dell'autrice sulla copertina si potrebbe tranquillamente pensare che sia stato scritto da un autore del luogo.
Si tratta di un romanzo leggero e spensierato, che parla di sogni, di amore, con anche una quasi impercettibile critica al mondo troppo "civilizzato" ed evoluto che rischia di perdere il vero senso della vita.
E' un libro che si legge bene e in fretta, anche se a volte capita di perdersi dei cambi di scena che l'autrice inserisce senza stacco tra una riga e l'altra (mi è capitato più volte di dover tornare indietro per controllare di non aver saltato qualche pagina...).
Un pochino deludente il finale, lasciato un po' troppo senza spiegazioni.
Ma resta comunque un romanzo che merita di essere letto.

Nota alla traduzione: direi ben fatta!


domenica 11 luglio 2010

GOMORRA- Roberto Saviano

Nell'aprile 2006 il mondo editoriale italiano è stato sconvolto da un bestseller clamoroso e inaspettato, trasformatosi in poco tempo in un terremoto culturale, sociale e civile: "Gomorra". Un libro anomalo in cui Roberto Saviano racconta la camorra come nessuno aveva mai fatto prima, unendo il rigore del ricercatore, il coraggio del giornalista d'inchiesta, la passione dello scrittore e, soprattutto, l'amore doloroso per una città da parte di chi vi è nato e cresciuto. Per scriverlo si è immerso nel "Sistema" e ne ha esplorato i mille volti. Ha così svelato come, tra racket di quartiere e finanza internazionale, un'organizzazione criminale possa tenere in pugno un'intera regione, legando firme del lusso, narcotraffico, smaltimento dei rifiuti e mercato delle armi. "Gomorra" è un libro potente, appassionato e brutale, un viaggio sconvolgente in un mondo in cui i ragazzini imparano a sparare a dodici anni e sognano di morire ammazzati, in cui i tossici vengono usati come cavie per testare nuove droghe. Pagine che afferrano il lettore alla gola e lo trascinano in un abisso dove nessuna immaginazione è in grado di arrivare.

Non è facile scrivere un commento a questo libro. Qualunque cosa io dica, sarà sicuramente già stata detta da persone molto ma molto più autorevoli di me. Quindi, perdonate le probabili banalità che verranno fuori in questo commento.
Sono un po' sconvolta, lo devo ammettere. In parte per ignoranza mia, perchè mai mi ero resa pienamente conto di quanto fosse potente e radicato il "Sistema", di quanto qualunque cosa, al sud, ma anche all'estero fosse in qualche modo gestita da questi clan. E leggere queste cose, trovarsi di fronte alla realtà nuda e cruda, raccontata da un ragazzo che ci ha vissuto, beh, è sconvolgente.
Sono anche un po' incazzata (passatemi il termine) di scoprire quanto poco venga fatto per combattere questa egemonia criminale. Ma non ce l'ho con le persone che vivono là, vittime un po' dell'ignoranza e un po' della paura, che non vogliono o non possono contrastare questo potere. Ce l'ho principalmente con chi invece potrebbe fare qualcosa, con i politici che si sono lasciati corrompere, con i personaggi pubblici che anzichè esaltare il lavoro fatto da Saviano se la prendono per l'immagine negativa che da' della Campania e di Napoli.
"Io so e ho le prove", ripete insistentemente Saviano in un capitolo di questo saggio. Lui sa e ne ha le prove, e chissà quanti altri sanno e hanno le prove ma non vogliono parlare, perchè nel momento in cui si denuncia si smette di vivere (se non si viene ammazzati, si viene abbandonati da tutti.)
Sembra quasi che sia considerato normale morire a 16 anni per mano di killer che magari hanno semplicemente sbagliato obiettivo. Venire fatti a pezzi, crivellati o bruciati semplicemente per una vendetta tra faide. Sapere che tutto quello che ti circonda è gestito da famiglie più o meno rivali. Ma capisco la paura della gente, quel velo di omertà che facilmente si impossessa delle persone che hanno paura di essere i prossimi. Ma lo Stato, il Governo (destra e sinistra che sia), la Chiesa... dove sono?
Scusatemi, probabilmente ho scritto un sacco di banalità e ovvietà, forse dettate un po' da quel senso di impotenza che Saviano, più o meno consapevolmente riesce a trasmettere. Vorrei comunque fargli i complimenti, per il coraggio che ha avuto, per il simbolo che, volente o nolente, è riuscito a diventare. Per rappresentare una possibilità di riscatto.

L'unica nota storta, che mi gira in testa da quando ho chiuso il libro, è: perchè è stato pubblicato da Mondadori? Di nuovo, si dimostra che certa gente (e non mi riferisco a Saviano) non ha idea di cosa sia la coerenza.

domenica 4 luglio 2010

E' NATA UNA STAR- Nick Hornby

Tra le tante cose che una mamma non vorrebbe scoprire sul proprio figlio adolescente ce n'è una un po' imbarazzante... a dire il vero molto imbarazzante. E non aiuta il fatto di venirla a sapere dalla vicina di casa pettegola, che una mattina ti fa trovare nela buca delle lettere un video accompagnato da un biglietto. Lynn non riesce a crederci: è suo figlio Mark quello in copertina. Il film ha un titolo non proprio edificante ed è vietato ai minori. Sì, insomma, Mark a quanto pare ha un talento nascosto, insospettato. E l'ha messo a frutto cimentandosi come pornostar. Come si affronta una novità del genere? Lynn deve dirlo a Dave, suo marito, e insieme dovranno parlarne con il ragazzo... forse da oggi nella loro famiglia niente sarà più come prima. O no? Ma se ci fosse un modo per prendere una cosa del genere per il verso giusto, anziché per quello sbagliato?


Sono arrabbiata con Nick Hornby. Dopo aver propinato a noi suoi grandi fan che tanto hanno adorato i suoi vecchi libri, romanzi come "Tutto per una Ragazza" e soprattutto come "Tutta un'altra musica", butta all'aria la sua grande occasione di riscatto, riducendo questa trama semplicemente geniale a un racconto di una settantina di pagine, dal finale pressochè inestistente. Peccato, perchè lo stile è proprio quello del vecchio Hornby. Ironia, humor e schiettezza, davanti a una situazione pressochè assurda che stravolge la vita dei protagonisti. Bellissima l'idea, bellissimi i dialoghi pieni di buffi doppisensi tra i due genitori e tra i genitori e il figlio quando decidono di affrontarlo per scoprire cosa lo ha spinto a diventare un attore di film porno. Insomma, c'erano tutte le carte in regola per fare un romanzo all'altezza di "Come diventare buoni" o "un ragazzo". E di nuovo, sono rimasta delusa. O meglio, è stato divertente da leggere, una mezz'oretta a sotto il sole, ridendo per un libro come era un po' che non mi capitava. Ma perchè finirlo così?

Nota alla traduzione: nulla da dire (ma fare errori in meno di settanta pagine sarebbe stato proprio il colmo)

sabato 3 luglio 2010

REMARKABLE CREATURES (Strane Creature)- Tracy Chevalier

È il 1811 a Lyme, un piccolo villaggio del Sussex. Un giorno sbarcano nel villaggio le sorelle Philpot. Vengono da Londra, sono eleganti, vestite alla moda, sono bizzarre creature per gli abitanti di quella costa spazzata dal vento. Margaret, diciotto anni, riccioli neri e braccia ben tornite, sorprende costantemente tutti coi suoi turbanti verdolini sconosciuti alle ragazze di Lyme, che se ne vanno in giro ancora con grevi vestiti stile impero. Louise, meravigliosi occhi grigi e grandi mani, coltiva una passione per la botanica che è incomprensibile in quel piccolo mondo dove alle donne è dato solo di maritarsi e accudire i figli. Ma è soprattutto Elizabeth, la più grande delle Philpot, a costituire un'eccentrica figura in quel paesino sperduto sulla costa. Ha venticinque anni. Dovrebbe comportarsi come una sfortunata zitella per l'età che ha e l'aspetto severo che si ritrova, ma se ne va in giro come una persona orgogliosamente libera e istruita che non si cura affatto di civettare con gli uomini. In paese ha stretto amicizia con Mary Anning, la figlia dell'ebanista. Quand'era poco più che una poppante, Mary è stata colpita da un fulmine. La donna che la teneva fra le braccia e le due ragazze accanto a lei morirono, ma lei la scampò. Prima dell'incidente era una bimba quieta e malaticcia. Ora è una ragazzina vivace e sveglia che passa il suo tempo sulla spiaggia di Lyme, dove dice di aver scoperto strane creature dalle ossa gigantesche, coccodrilli enormi vissuti migliaia di anni fa.

Non riesco a scrivere un commento a questo libro. Di solito se un libro non mi è piaciuto, ci metto pochissimo tempo a smontarlo. E lo stesso ad esaltare un romanzo che mi ha entusiasmato. Ora sono qui che penso da circa un quarto d'ora cosa scrivere e ancora non ho deciso.
Lo stile della chevalier mi piace molto. E' leggero, delicato, e ideale per raccontare le vicende delle donne, sempre protagoniste dei suoi romanzi. Credo di averli letti tutti, incominciando dal famosissimo (e secondo me bellissimo) "La ragazza con l'orecchino di perla".
E' la storia qui che mi lascia un po' perplessa. Più che altro perchè a volte ho fatto veramente fatica ad andare avanti (le descrizioni dei fossili a volte sono un po' troppo "specifiche" e poco funzionali al romanzo). E anche le due protagoniste, in particolare Elizabeth (zitella londinese relegata nel paese di provincia, che io ho trovato particolarmente odiosa), e il legame che si è creato tra loro non mi ha convinto così tanto.
Non è un brutto romanzo. Ma forse tra quelli della Chevalier è il peggiore.

Niente nota alla traduzione, letto in originale!