martedì 24 settembre 2013

ALLA GRANDE - Cristiano Cavina

Cristiano Cavina è uno di quegli autori di cui ho sempre sentito parlare senza aver però mai avuto la tentazione di leggere nulla. Non so bene perché, forse  semplicemente non mi ero mai informata molto su di lui, sul suo stile o gli argomenti dei suoi libri. Poi, qualche giorno fa, è uscito il suo ultimo romanzo, con un titolo bellissimo, Inutile Tentare Imprigionare i Sogni, e ho deciso che era giunto il momento di dare a questo autore una possibilità. 
Ho scelto volutamente un libro precedente un po' per mettere il mio portafoglio al riparo da eventuali delusioni e un po' perché mi sono accorta che solitamente, quando inizio dall'ultimo romanzo, se l'autore non riesce a conquistarmi a pieno, difficilmente andrò a cercare ciò che ha pubblicato prima.

La scelta è caduta su Alla grande,  che poi è il primo romanzo di Cavina, per la sua buffa copertina e per la trama riportata sul risvolto, che lasciava presagire un piccolo grande romanzo.
Protagonista è Bastiano Casaccia, detto Bla. Un bambino che vive con la madre e i nonni in una casa popolare di Casola Valsenio, un paese della Romagna. Del padre non si sa nulla e lui si diverte a inventare per lui le occupazioni più improbabili ma più ad effetto sugli altri bambini. E' un bambino vivace, esagitato, che ne combina una dietro l'altra, ma anche con un grande cuore. Parla sempre con il Signore, anche se questi non sempre gli risponde, è affezionato alla sua vicina di casa disabile ed è preoccupato per il destino della sua famiglia, in evidenti difficoltà economiche. Ma ha un piano per risollevare le sorti della sua famiglia e diventare l'eroe agli occhi di tutto il paese: costruire un sommergibile e andare a recuperare un sacco di monete d'oro che, leggenda vuole, si trova in fondo al lago. Ma non è facile costruire un sommergibile, soprattutto se si è bambini e non si hanno i mezzi. L'unica soluzione per procurarsi i pezzi necessari è rubarli. Bastiano si caccerà in un guaio dopo l'altro, via via sempre più grave, con conseguenze irreparabili.

Il romanzo è effettivamente divertente: il mondo e la vita del paese vista dagli occhi di Bastiano, tutto filtrato dal suo sguardo ancora bambino che gli fa vedere e registrare tutto quello che succede, anche le cose più tristi e più brutte, senza riuscire sempre a comprenderle. L'assenza del padre, il silenzio sullo zio mezzo criminale, la disperazione della madre di fronte ai guai che combina e che lo porta a combinarne altri per cercare di rimediare, ma anche i problemi degli amici, degli abitanti del palazzo. Non si può fare a meno di provare simpatia per lui, di sorridere quando passa per strada in sella alla sua Turboberta (la bicicletta) e rimanerci un po' male quando ogni suo gesto, anche quello compiuto con le migliori intenzioni, finisce male. 
E mi è piaciuto anche molto lo stile di Cavina (quasi non sembra un holdeniano), che riesce a riprodurre perfettamente il linguaggio e la visione del mondo di un bambino di quell'età, quel mescolarsi di candore e consapevolezza, che fa sorridere ma anche un po' commuovere.

Eppure c'è qualcosa che non mi ha convinta, che credo dipenda dal fatto che ultimamente ho letto diversi romanzi molto simili a questo. C'è un bambino sulla soglia dell'adolescenza, senza un padre, con una madre che gli vuole bene ma non sa come fare con lui, con dei concittadini che lo guardano con un misto di pietà e riprovazione, tormentato dai teppisti e con accanto una banda di amici con cui cerca di compiere un'impresa straordinaria necessariamente destinata a fallire e che avrà conseguenze anche gravi. 
Di questi libri bisognerebbe leggerne uno ogni qualche anno, per fare un tuffo nel proprio passato e nella propria infanzia, per riportare a galla quei ricordi che con il passare del tempo iniziano a sbiadire. Letti invece con poca distanza l'uno dall'altro, alla fine danno un sensazione di già visto, di già letto, di già vissuto che non ti permette di apprezzarli come meriterebbero.

In ogni caso, leggerò sicuramente qualcos'altro di questo autore, perché comunque la sua rappresentazione del paese e della vita che in esso si vive è molto efficace e ben riuscita. Insomma, Cavina è sicuramente un bravo narratore! 

Titolo: Alla grande
Autore: Cristiano Cavina
Pagine: 252
Anno di pubblicazione: 2010
Editore: Marcos y Marcos
ISBN: 978-8871685441
Prezzo di copertina: 10 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Alla grande

2 commenti:

  1. Ho appena finito di leggere Nel paese di Tolintesac e devo dire che mi è proprio piaciuto! Non avevo mai letto i suoi libri e non lo conoscevo neanche per sentito dire, ma mi è stato consigliato dalla bibliotecaria del mio paese (Castel San Pietro Terme) poiché cercavo un libro leggero e divertente ma non superficiale. Devo ammettere che mi ha incuriosita la narrazione della storia della sua famiglia fatta con quel misto di allegria, morbidezza e profondità e così sono andata a cercare approfondimenti sull'autore e ho scoperto un mondo...Da bolognese doc, trasferitasi a Castello solo in età matura, non immaginavo che potesse esistere ancora qualcuno che nel XXI secolo fosse capace di trasmettere in maniera così efficace l'amore e il legame viscerale con i luoghi delle proprie radici. Quello che Cavina racconta, oltre ad essere la sua storia che si intreccia con le altre storie del suo paese, ha il sapore di qualcosa che sento appartenere a tanti paesini simili al suo, ma in tempi lontani...e mi ha colpito invece il fatto che fosse il suo sentire ancora oggi.
    Sono d'accordo con te riguardo la "non novità" di questo tipo di storie, ma credo che lo stile narrativo con cui Cavina le racconta sia invece piuttosto raro e, a me, ha lasciato un buon sapore.
    Grazie per il tuo apporto alla lettura.

    RispondiElimina
  2. Ho appena finito di leggere Nel paese di Tolintesac e devo dire che mi è proprio piaciuto! Non avevo mai letto i suoi libri e non lo conoscevo neanche per sentito dire, ma mi è stato consigliato dalla bibliotecaria del mio paese (Castel San Pietro Terme) poiché cercavo un libro leggero e divertente ma non superficiale. Devo ammettere che mi ha incuriosita la narrazione della storia della sua famiglia fatta con quel misto di allegria, morbidezza e profondità e così sono andata a cercare approfondimenti sull'autore e ho scoperto un mondo...Da bolognese doc, trasferitasi a Castello solo in età matura, non immaginavo che potesse esistere ancora qualcuno che nel XXI secolo fosse capace di trasmettere in maniera così efficace l'amore e il legame viscerale con i luoghi delle proprie radici. Quello che Cavina racconta, oltre ad essere la sua storia che si intreccia con le altre storie del suo paese, ha il sapore di qualcosa che sento appartenere a tanti paesini simili al suo, ma in tempi lontani...e mi ha colpito invece il fatto che fosse il suo sentire ancora oggi.
    Sono d'accordo con te riguardo la "non novità" di questo tipo di storie, ma credo che lo stile narrativo con cui Cavina le racconta sia invece piuttosto raro e, a me, ha lasciato un buon sapore.
    Grazie per il tuo apporto alla lettura.

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