lunedì 30 settembre 2013

Interviste rampanti: PAOLO PASI

Protagonista dell'intervista rampante di questa settimana è Paolo Pasi, giornalista, scrittore e musicista milanese. Ho conosciuto i suoi romanzi per puro caso, quando la casa editrice che li pubblica, la Spartaco edizioni, me li ha gentilmente inviati. Mi trovo sempre in difficoltà quelle (rare) volte in cui una casa editrice mi propone libri in lettura, perché ho sempre paura di trovarmi di fronte a libri brutti e quindi a quell'ovvio imbarazzo nel doverli stroncare. 
Ma questo con i romanzi di Paolo Pasi non è successo. Memorie di un sognatore abusivo e, soprattutto, Il sabotatore di campane, sono state due vere rivelazioni. Due libri molto belli, ben scritti e molto, molto attuali che consiglio caldamente a tutti. Segno che anche le case editrici piccole e meno diffuse hanno tanti libri e tanti autori di qualità.
Oltre ai due romanzi sopra citati, Paolo Pasi ha pubblicato con la casa editrice Spartaco anche la raccolta di racconti E il cane parlante disse bang, con la casa editrice ExCogita Ultimi messaggi dalla città, Storie senza notizia e Le brigate carosello (con prefazione di Fernanda Pivano), e con la casa edirice Tullio Pironti Editore il romanzo L'estate di Bob Marley.
Ovviamente ringrazio tantissimo Paolo per aver accettato l'intervista e per le risposte che mi ha dato.


Da bambino dicevi “da grande farò lo scrittore”?
No, in realtà volevo fare il pompiere. O l’astronauta perché ero soggiogato dalla luna. Forse era la dimensione del viaggio ad attirarmi, nonostante godessi di un’infanzia serena e adorassi la mia casa. Lavoravo molto di fantasia, questo sì, come spesso accade ai bambini. Immaginavo storie di ogni tipo, e quell'impronta mi è rimasta dentro. 

Dopo il mondo utopistico, ma forse neanche poi tanto, in cui chi sogna viene tassato, che hai presentato ne “Memorie di un sognatore abusivo”,  nel tuo ultimo romanzo,“Il sabotatore di campane”, presenti invece  una realtà, quella di Roccapelata e dei suoi abitanti disposti a tutto pur di apparire, che si avvicina molto a quella attuale. Pensi davvero che la situazione in Italia da quel punto di vista sia così disperata?
Che dirti? Spero che non sia così disperata, e in fondo non voglio crederlo, ma la sua rappresentazione mediatica si avvicina molto a Roccapelata. Abbiamo finito per credere di più alle suggestioni delle apparenze e meno alla nostra esperienza diretta, soprattutto quando mette in discussione le nostre certezze. Oggi l’anima che si esprime nella musica, nella scrittura, nell’arte sembra considerata un optional rispetto all’ossessione di un palcoscenico. Esserci conta più che essere,  e la cosiddetta realtà di fatto, che si esprime nei dati statistici, prevale sui sogni. C’è un aspetto comune che lega Il sognatore abusivo e Il sabotatore di campane. La libertà costa, e spesso scegliamo di barattarla in cambio di presunte sicurezze. Crediamo a torto che sia meglio non confrontarsi con le rivelazioni talvolta scomode e inquietanti dei nostri sogni. 

Come sei stato scoperto (o come sei riuscito a farti scoprire) dalla casa editrice che ti ha pubblicato?
Ho scoperto la casa editrice Spartaco qualche anno fa, alla rassegna Galassia Gutenberg di Napoli. Fui attratto subito dai loro titoli, e d’istinto parlai loro del romanzo che avevo cominciato ad abbozzare. Era appunto la storia dell’anarchico sabotatore… Tra l’altro alcuni testi pubblicati da Spartaco si sono rivelati importanti per la stesura del libro: ad esempio l’Autobiografia mai scritta di Errico Malatesta e il bellissimo romanzo La suora anarchica di Antonio Rabinad. 

Qual è il tuo rapporto con i critici professionisti e con i book blog?
Non molto stretto, ma non per scelta ideologica. In generale non sono bravo a promuovermi attraverso pubbliche relazioni, ma quando avviene un incontro che mi colpisce, magari durante una presentazione o una rassegna editoriale, allora scelgo di coltivare il rapporto.

Qual è la cosa più bella che è stata detta riguardo a un tuo romanzo? E la più brutta?
La più bella viene da tutte quelle persone che mi hanno detto una frase di questo tipo: .  Penso poi alle belle parole di Fernanda Pivano scritte nella prefazione al mio terzo libro, Le brigate Carosello.
Il ricordo più brutto, invece, è la bocciatura dei miei primi racconti da parte di un agente letterario. Usò parole dure e, secondo me, immotivate, con riferimenti alla storia molto approssimativi. Pensai che avesse letto un altro libro, ma subentrò presto in me la consapevolezza che le strade dell’immaginazione sono ardue, e che avrei potuto migliorare lo stile insieme alle idee. Tra l’altro da quell’episodio ho ricavato una canzone, L’editore, che fa parte del mio cd Fuori dagli schermi.

Hai qualche mania come scrittore?  Che so,  riesci a scrivere solo in un posto preciso o a una particolare ora del giorno o della notte?
Ho molte manie. Le abitudini, del resto, ci confortano e attenuano il senso di insicurezza. Di solito scrivo su carta per poi ricopiare il testo su pc e farne dunque una prima revisione. Orari privilegiati non ne ho più da quando sono padre di una meravigliosa bimba. Quando posso scrivo di sera, tarda sera, ma ogni momento è buono se c’è l’ispirazione. Tendo soprattutto a mantenere una cadenza regolare se sto lavorando a un romanzo, per non perdere il ritmo della storia. Una delle manie, dunque, è imporsi una disciplina, non troppo ferrea però…  Quanto ai luoghi, ho necessità del totale isolamento. Devo essere solo con me stesso per scrivere. Stare a contatto con il mare, sicuramente, mi aiuta, ma vivendo a Milano devo adattarmi alla quotidianità. 

Io ho un’ossessione per le copertine dei libri, condizionano tanto la mia decisione di leggere o meno un’opera. Hai avuto voce in capitolo nella scelta di quella dei tuoi libri?
Sì, a volte con successo, altre volte no. Ne L’estate di Bob Marley, per esempio, Tullio Pironti ha scelto una copertina che sulle prime non mi convinceva. Ma un editore come lui ha un’esperienza tale che i fatti gli hanno dato ragione. Quanto all'ultima copertina, ne ho discusso molto con gli amici di Spartaco, e alla fine abbiamo condiviso la scelta. 

Cosa consiglieresti a un aspirante scrittore ?
Di vivere la propria passione in modo sano. Scrivere ciò che emoziona, non ciò che conviene, ricavare puro godimento dalla stesura senza preoccuparsi troppo di ciò che penseranno amici, familiari, critici o editori. Uno stile che ci appartiene è sicuramente meglio di una vittoria ottenuta bluffando. Le sconfitte e le delusioni fanno parte del tragitto che passa anche attraverso la fatica, mentre l’unica ricompensa certa viene dall'immaginazione. Per molti ne vale la pena, e anche per me. 

Cosa pensi dell’editoria a pagamento? E dell’autopubblicazione?
Sono molto scettico sulla prima. Un editore che si fa pagare non è disposto a rischiare, e dunque non credo possa sostenere con convinzione un libro che pubblica. Meglio allora pubblicarsi a proprie spese, a patto che un autore creda fermamente in se stesso e abbia energie sufficienti per farsi conoscere. 

Ebook o cartacei?
Entrambi, anche se io propendo per i cartacei. Per me il libro è ancora un oggetto dotato di  fascino e magia, di suggestioni perfino olfattive e tattili. Le pagine segnate, fitte di note, i brani sottolineati rappresentano la mappa di un viaggio. Va detto però che quando affrontiamo un viaggio reale,  l’e-book ci apre meravigliose possibilità. Possiamo portarci dietro un mucchio di libri senza appesantire il bagaglio. Credo perciò che le due facce del libro, quella cartacea e quella elettronica, siano destinate a convivere anche in futuro. 

Qual è il romanzo, non tuo, a cui sei più legato? E tra i tuoi invece?
Chiedi alla polvere di John Fante. Scritto con l’anima, commovente, toccante, bellissimo e coinvolgente come gran parte dei romanzi e dei racconti di Fante. Ho scoperto questo grande scrittore in un momento poco felice della mia vita, e  mi ha restituito slancio ed entusiasmo. Quanto ai miei libri non saprei dirti. Ciascuno rimanda a un periodo particolare della mia vita cui sono legato. Sono tutte creature che amo. 

Un autore/autrice italiana che stimi tantissimo? Consigliaci un suo libro.
Adoro Luciano Bianciardi, autore controcorrente che considerava il successo solo come il participio passato del verbo succedere. Considero il suo romanzo La vita agra un capolavoro, perché mette a nudo le ipocrisie del boom economico ma sa andare oltre quel periodo e assume una valenza più ampia. 

Hai letto le Cinquanta Sfumature?
No, né prevedo di colmare la lacuna.

Qual è Il tuo colore preferito?
Ahi, domanda difficilissima, da non porre a un indeciso che vorrebbe tanti colori… Tra i preferiti ci sono sicuramente il verde e il rosso, guarda caso i colori delle copertine dei miei ultimi due romanzi con Spartaco. 

2 commenti:

  1. Sempre tante tante volte ri-grazie per il consiglio e le recensioni dei libri di Pasi e Faenza, Ed. Spartaco!!
    Elena Pelizza

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    1. Ma prego, figurati! :) Sono state delle belle scoperte anche per me e sono contenta di averle diffuse!

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