venerdì 13 settembre 2013

Di concorsi letterari e antologie

© Christiane Beauregard
Questo post sarà un po' polemico. O meglio, anche se nelle mie intenzioni non vorrebbe esserlo, ho il sospetto che necessariamente per qualcuno lo diventerà. Ma è un argomento che mi gira in testa da un bel po' e so che finché non ne parlerò sarà impossibile togliermelo dalla mente. Non dico di non dormirci la notte eh, sia chiaro, però da quando mi sono avvicinata un pochino di più al mondo dei libri e dell'editoria ogni tanto mi pongo certe domande, anche magari su argomenti che non proprio mi competono, come lo scrivere. Quella che mi sta girando in testa da giorni riguarda i concorsi letterari, in particolare quelli indetti dalle piccole case editrici e che sfociano quasi sempre in antologie.
La mia è, come al solito, un'esperienza da lettrice, che si riferisce a un concorso specifico ma che, dalle ricerche che ho fatto, so che è comune a molti, moltissimi altri. Per cui non farò nomi, non servono. E invito ogni casa editrice e a qualunque scrittore/scrittrice che si senta in qualche modo in disaccordo o voglia riportare la sua esperienza a utilizzare i commenti... sono lì apposta!
(Se invece volete dei post più approfonditi riguardo al mondo dei concorsi, vi suggerisco di dare un'occhiata al blog Giramenti e ai  suoi post "Andar per concorsi"... scoprirete parecchie cose!). 

Ma veniamo a noi. Sul mio comodino staziona ormai da qualche tempo un'antologia di racconti di autori emergenti, pubblicata da una casa editrice medio-piccola a seguito di un concorso letterario.
Me l'ha regalata uno dei partecipanti, con tutto l'entusiasmo che si può provare quando un proprio racconto viene selezionato per essere pubblicato. Entusiasmo comprensibile e totalmente giustificabile. Ha saputo che il suo racconto non aveva vinto il concorso ma era stato selezionato per comparire nell'antologia, è andato alla presentazione, ha comprato a prezzo pieno diverse copie (non c'era alcun obbligo di acquisto, sia chiaro, le ha comprate di sua spontanea volontà) da regalare a parenti e amici. Proprio come avrei fatto io o avrebbe fatto, credo, chiunque altro alla sua prima o seconda pubblicazione.
Poi ha aperto il libro e ha iniziato a leggere. E, visto che non si tratta di uno scrittore dall'ego smisurato ma molto consapevole, tutto l'entusiasmo è tristemente scemato. Nell'antologia ci sono tanti racconti, forse addirittura troppi, alcuni completamente fuori tema. Quelli realmente belli sono meno di un terzo (e purtroppo spariscono in mezzo agli altri) e sono anche questi penalizzati dall'assenza quasi totale di editing e dalla presenza di refusi. 
Ho iniziato a leggerlo anche io, ovviamente, dopo che lui mi aveva accennato a queste sue perplessità. Perplessità che ho confermato. E' stata una lettura faticosa, dovuta un po' al fatto che io personalmente non amo molto le antologie di racconti scritti da autori diversi, un po' perché alcuni dei racconti presenti erano oggettivamente brutti e mal scritti, e un po' perché appunto è mancato qualcosa a livello di editore.
Prima di scrivere questo post sono andata su amazon e ibs  e ho cercato questa antologia. Su amazon non è disponibile, su ibs ci mette tre settimane ad arrivare, tempistica dovuta probabilmente al fatto che si tratta di una casa editrice piccola. Fatto sta che comunque, al momento, un lettore "normale", che non conosce nessuno degli autori e non è parente ma vuole semplicemente leggere quest'antologia, il libro non lo può comprare se non dopo una lunga attesa.

Le domande quindi sono due: ma questi concorsi organizzati dalle case editrici e queste antologie a cosa servono? E soprattutto, c'è davvero qualche lettore non scrittore/parente di scrittore che le compra e le legge?

Di risposte alla prima domanda riesco a darmene due. La prima è che questi concorsi, con conseguenti antologie, permettono ad autori emergenti di scrivere, di vedere una loro opera pubblicata magari per la prima volta, di ricevere un giudizio di qualcuno che se ne intende o che dovrebbe farlo, di vivere il loro momento di gloria (bellissimo, me lo ricordo per le tre volte in cui l'ho provato), di avere qualche conferma e magari  prendere confidenza con il mondo dell'editoria e delle case editrici, entrandoci in punta di piedi. Forse fanno anche curriculum, se esiste questo concetto anche in  narrativa.
©Tanja Stevanovic
La seconda risposta è invece molto più triste: servono a battere cassa sfruttando il comprensibilissimo entusiasmo degli autori.
Immaginiamo che in una raccolta X siano pubblicati i racconti di cinquanta autori. Immaginiamo che ogni copia del libro costi sui dodici euro e che ogni autore ne compri in media cinque copie a testa (ci sarà chi non ne compra nessuna, chi ne compra quindici). Cosa otteniamo? 3000 €. Per coprire il lavoro di selezione fatto, i lavori di editing, di grafica, i costi di stampa, per guadagnarci anche qualcosina. Ma se l'editing quasi non c'è, la grafica è scarna e i costi di stampa, essendo una casa editrice ,ridotti, a cosa servono quei 3000€?
Dal momento che è una casa editrice a organizzare un concorso e che le opere vincitrici o comunque selezionate finiscono in un libro, mi aspetto che l'editore in questione svolga lo stesso lavoro che svolgerebbe su qualunque libro (soprattutto se poi gli mette un ISBN e un prezzo di copertina che non è mai inferiore ai 10 euro), pagando poi anche agli autori i diritti di vendita. Ma questo viene effettivamente fatto?

Veniamo poi alla seconda domanda, ovvero a se ci sono dei lettori, non parenti o non amici degli autori presenti nell'antologia, che comprano questi libri. Onestamente, credo di no. Anche perché probabilmente, se qualcuno lo facesse, smetterebbe dopo aver trovato, in buona parte dei casi, racconti non sempre belli e soprattutto ricchi di errori e di refusi. E averli pagati sempre più di dieci euro.
Quindi, questa pubblicazione, oltre alla giustificatissima gloria, serve veramente a qualcosa, se gli unici lettori che raggiunge sono probabilmente lettori che hanno già anche letto il racconto in questione e hanno saltato gli altri? C'è qualche autore che è riuscito a emergere e a farsi notare partendo da queste antologie?

La mia non vuole essere una critica nei confronti dei concorsi letterari né verso chi ci partecipa (in passato l'ho fatto anche io e anche io una volta ho comprato un'antologia in cui era presente un mio racconto alla modica cifra di 18 €). Ma semplicemente una riflessione, forse un po' ingenua, sul valore di questi concorsi, nello specifico quelli organizzati dalle case editrici, che molto spesso diventano ancora una volta una trappola, un po' mascherata, nei confronti degli autori emergenti meno consapevoli.

Che ne pensate?

25 commenti:

  1. Direi che sono d'accordo con te, in effetti. Le antologie sono sempre complesse da vendere, quindi se un piccolo editore le fa, vuol dire, almeno credo, che qualcosa ne guadagna.
    Mi vien da pensarla proprio come te.

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    1. Io credo che a nessun lettore "esterno" al concorso possa mai venire in mente di spendere anche solo 5 euro per un'antologia di racconti di emergenti, pubblicata da case editrici piccole. Quindi le case editrici sfruttano in qualche modo l'entusiasmo di chi ha partecipato... che ci sta, è legittimo. Però boh, se gli dai un ISBN e lo vendi a 15 euro, almeno una tornata di correzione di bozze gliela dovresti dare, no?

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  2. Strana coincidenza! Proprio ieri mi è arrivata la mail da una casa editrice che una mia frase, un mio "pensiero sulla lettura" è stato valutato positivamente e sarà inserito in un'antologia.
    Ok, ne prendo atto, ma... mica corro a comprare il libro! Non ricordavo neanche di aver partecipato in realtà. E non mi sento sicuramente più brava, orgogliosa e "talentuosa" di prima. Ma neanche un po'.
    Mi spiego meglio: io credo esistano concorsi e concorsi e un autore, uno scrittore, un aspirante o un qualunque scapestrato (io rientro in quest'ultima categoria ovviamente) dovrebbe essere più che consapevole della differenza. Le antologie, le raccolte che non hanno grosse barriere all'ingresso, che non stabiliscono paletti di, che so, tematica, argomentazione, stile, lunghezza, qualità, spessore... insomma, le antologie che fanno entrare un po' chiunque, lasciano il tempo che trovano. Proprio per questo non bisogna neanche godersela più di tanto l'eventuale pubblicazione perché o tu, o un altro, sarebbe stato lo stesso. Non c'è merito; un po' forse, ma poca cosa.
    Diversi sono i concorsi fatti come Dio comanda, tipo "Racconti on the road" organizzato da Le officine del racconto; quello era davvero un bel concorso secondo me (io non ho partecipato per questione di tempo però mi sarebbe piaciuto davvero tanto).
    Mi piaceva perché, in allegato, c'era il regolamento con il dettaglio della valutazione alla quale sarebbero stati sottoposti i racconti, il punteggio per 5 o 6 tipi di analisi che i giudici avrebbero effettuato (pertinenza al tema, originalità, e bla bla bla...), la presentazione dei membri della giuria (con tanto di nome, cognome e biografia) e altre annotazioni specifiche. Insomma, partecipando al concorso, tu avresti saputo a priori chi, come, cosa e quando sarebbe stato valutato il tuo lavoro.
    Ripeto, mi rendo conto che possa far piacere vedere il proprio nome pubblicato però, se è veramente questo quello a cui si aspira, se davvero si è deciso che scrivere è lo scopo della vita, bisogna valutare attentamente, molto attentamente, ogni via di sbocco che si presenta.

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    1. L'antologia in questione aveva un tema, un incipit comune che gli scrittori avrebbero dovuto sviluppare... dei racconti che ho letto io, meno della metà avevano un senso con quell'incipit. E quindi viene da pensare che abbiano scelto anche chi non c'azzeccava molto per fare pagine e, quindi, guadagni. E non era organizzato da una casa editrice a pagamento o del tutto sconosciuta eh... quindi boh, io anche mi sarei fidata, ecco.

      Certo, non essendoci stato alcun obbligo d'acquisto, alla fine è tutto nelle mani dello scrittore. E' lui che sceglie se e quante copie comprare di questa antologia. E ormai si sa, che ci sono scrittori consapevoli e scrittori molto meno consapevoli, che si lasciano facilmente abbagliare dall'entusiasmo (ma ripeto, questa è una cosa che davvero posso capire e non mi sento di "condannare" in nessun modo) senza forse riflettere molto, non tanto a priori ma a posteriori, con l'opera finale in mano.


      Il discorso però riguarda principalmente il prodotto libro, pubblicato dalla casa editrice. ISBN, prezzo di copertina esorbitante (soprattutto considerando che sono emergenti) e editing quasi totalmente assente... a chi lo vuoi vendere sto libro allora?

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  3. Io ho partecipato, a livello amatoriale si intende, alla realizzazione di un'antologia, che è scaturita dopo un Concorso indetto nel mio blog. Noi personalmente ci siamo impegnati a mille per cercare di ottenere un buon prodotto. Il tema era un tema specifico, abbiamo scartato le opere non attinenti, abbiamo cercato di fare un buon editing, abbiamo commissionato a un grafico di farci la copertina ecc. pur non essendo noi una casa editrice ce l'abbiamo messa tutta per quanto possibile (con l'aiuto degli stessi autori dei racconti, dei collaboratori ecc). Abbiamo messo il prezzo più basso possibile per permettere a tutti di poter acquistare l'antologia e non ci abbiamo guadagnato quasi nulla. Le antologie sono un genere difficile da vendere, il lettore medio non è molto interessato a leggerne, soprattutto come detto anche nell'articolo se di autori diversi e tutti emergenti. Però per gli autori penso sia una "palestra" formativa, anche il confrontarsi con altri autori, con altri modi di scrivere. Noi avevamo pubblicato i racconti sul blog (prima di editarli) per lasciare a tutti la possibilità di commentarli, leggerli, confrontarsi. Questa è quindi la mia esperienza personale, ma in generale ci sono tante fregature, noi l'abbiamo fatto in buona fede, altri magari lo fanno per guadagnarci su (anche se 3000 euro mi sembrano un po' tanti, non credo proprio che riuscirebbero mai a guadagnarci tanto).

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    1. Guarda, l'antologia in questione costa in realtà 15€ e comprende più di settanta autori... si fa presto eh.

      Non sono contraria alle antologie a priori, assolutamente! E quella a cui hai collaborato tu, da come mi dici, mi sembra fatta bene. Non fosse altro perché avete fatto l'editing e perché non siete una casa editrice.

      Un'assenza di editing, una selezione (nel caso specifico) in parte sbagliata e un costo di copertina esagerato (io personalmente nemmeno i libri di autori famosi compro a 15 €) secondo me non sono accettabili da una casa editrice che vorrebbe puntare a lanciare questi emergenti.

      Certo, basta non comprare l'antologia anche se c'è una propria opera dentro... ma io personalmente non so se ci riuscirei, almeno non se fosse la prima volta che mi pubblicano...

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  4. In questo tuo post non vedo segni di polemica, anzi, una riflessione pacata e coerente.
    Il problema di fondo è che spesso le piccole case editrici fanno leva sulla velleità degli autori di vedere il proprio nome in copertina o nell'indice: è con lo stesso meccanismo che riescono a far sottoscrivere contratti di pubblicazione con la condizione dell'acquisto di tot copie, per poi vendere il testo d'esordio a cifre che molti lettori (parlo almeno per me) non concederebbero neanche ad autori rodati.
    La questione concorso con premio di pubblicazione e senza obblighi d'acquisto è, ovviamente, altra cosa (non c'è il "ricatto elegante"), ma la premessa è comune. In tutti i bandi di concorso che ho letto per interesse personale alla partecipazione ho trovato regolarmente la clausola: "con l'invio dell'opera l'autore rinuncia a qualsiasi diritto di pubblicazione", quindi il premiato non guadagna nulla dal commercio del proprio testo.
    Fermo restando che un'antologia cumulativa di tutte le opere partecipanti o comunque di un gran numero di esse è una contraddizione (un concorso deve prevedere una selezione dei pezzi di maggiore qualità), un prodotto commerciale deve comunque comprendere un'operazione almeno essenziale di editing e restituire al lettore una visione d'insieme della qualità del concorso stesso. Decidere se comprarlo spetta ai partecipanti, e sono d'accordo che nessuno oltre a loro li cercherà mai.
    Si può fare la scelta di comprarne una, due, dieci copie o nessuna, l'importante è che la realtà sia chiara: con pubblicazioni di questo genere difficilmente si andrà da qualche parte. L'appagamento personale è altra cosa, un dato, come hai sottolineato, comunque più che legittimo.
    Fanno eccezione, secondo me, le raccolte che possono contare sulla promozione, il sostegno o la vetrina data da editori medio-grandi (ogni tanto se ne trovano) o patrocinati da autori e giornalisti di una certa notorietà: in quel caso, anche se la vendita sarà ugualmente difficile, comparire in un'antologia curata e selezionata, potrebbe "fare curriculum" nel momento in cui gli premiati cercassero una pubblicazione autonoma.

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    1. Non avevo tenuto conto della clausola della rinuncia dei diritti, quindi il discorso del guadagno sul commercio effettivamente non ha senso. Anche perché, appunto, credo che l'editore sabbia benissimo che gli unici a comprare quel libro saranno gli autori stessi e qualche parente.

      Per il resto, quoto tutto quello che hai detto! (Anche se, l'antologia nello specifico aveva un nome noto in copertina, pur essendo di una casa editrice piccola, che credo che però non abbia letto nessuno dei racconti)

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  5. La mia risposta sarà breve: non esiste merito in questo tipo di lavori, in quanto è una mera operazione utile a far cassa. Nulla di più, nulla di meno. Auguri a tutti, anche a voi!

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  6. Lascerei da parte Amazon. E' più facile essere presente come autore-editore (basta caricare il proprio file) che come piccolo editore. La mia limitata esperienza di antologie realizzate dopo un concorso si può così riassumere:
    1) zero presenze come autore :P
    2) una di qualità bassa ma tutto sommato non brutta, che ho acquistato più per simpatia (e curiosità nei confronti dei competitor), però distribuzione zero - l'ho comprata a una fiera
    3) stessa fiera, mi sono ritrovato con 3 edizioni di un trofeo anche abbastanza famoso, come premio simpatia (pagando un prezzo ridicolo) per... è una lunga storia...
    4) una legata a un altro premio importante, questa volta della dimensione giusta e prodotta benissimo, anche se la distribuzione è quella che è, ma anche l'interesse per il genere, purtroppo
    5) ... e poi mi sono cimentato (con risultati che saranno pubblici settimana prossima) nel ruolo del curatore :P
    Insomma, non ho un'opinione definitiva. L'aspirante, esordiente o emergente ha rinunciato ai soldi e si accontenta di una vetrina. Secondo me ci può stare, soprattutto con le opportunità fornite dal digitale, perché, diciamolo, lo scopo della narrativa è essere letta - e la forma libro in qualche modo lo rende possibile. Dalla parte del lettore qual è il problema? Che ci rimette da un minimo di 10 euro per un prodotto che può essere di bassa qualità. Che non è un problema delle antologie, ma di chi le assembla - leggasi l'editore. Uno scrittore dovrebbe in primis valutare la serietà del concorso. Dubito comunque ci sia questo gran mercato, come giustamente fai notare. E' lo stesso ragionamento dei 365 giorni di..., dove il numero di copie vendute per passaparola diretto è massimizzato essendo i racconti di una paginetta.
    Ma il problema ben più ampio, che forse non hai considerato, è che i concorsi letterari sono praticamente l'unico modo in cui lo scrittore italiano può "vendere" i suoi racconti. Questi concorsi riempiono un vuoto, e purtroppo spesso lo fanno con poca serietà.

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    1. Wow. Che commento caotico, spero si capisca qualcosa!

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    2. Ma non avrebbe più senso, che so, aprirsi un blog e scrivere lì i propri racconti, così che siano alla portata di tutti e raggiungibile da tutto il mondo, anziché vederli inabissati dentro a un'antologia che ha una diffusione pari a zero?
      Soprattutto considerando che, come dici tu, le case editrici che colmano questo vuoto lo fanno con poca serietà, non controllando cosa effettivamente pubblicano né correggendo minimamente i testi (magari non sono tutte così eh, ma purtroppo lo è una buona parte).

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    3. Avrebbe davvero più senso? Se il concorso è selezionato con cura, un'antologia può davvero essere letta da un pubblico più numeroso e più interessato di quello che frequenta il tuo blog.

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    4. Aaaw, ricordi di una puntigliosa selezione *w*

      Comunque! Mi infilo di cattiveria nella vostra discussione perché sono una brutta persona ù_ù
      Credo che dipenda molto dal blog. Penso che quelli creati ad hoc per farsi conoscere come scrittori non abbiano un grande pubblico. Poi dipende, se seguo un blogger che parla di libri e un giorno capita che pubblichi un racconto, assai probabilmente lo leggerei, ma non credo lo farei sempre neanche in questo caso.
      La comparsa in un'antologia invece può dare un pochettino di visibilità anche all'aspirante col blog minuscolo.
      Poi ovvio, dipende dall'antologia.

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    5. Non lo so se avrebbe davvero più senso... era un'idea, la prima che mi è venuta in mente per avere maggiore visibilità e di trovare lettori.
      C'è che all'antologia del concorso X non sempre tutti possono arrivare, anche fosse davvero meritevole. A un blog volendo ci arrivano tutti

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    6. Elisa, non lo so neanch'io. Da settimana prossima tuttavia spero di avere qualche argomento in più! ;)

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    7. Beh però spero che quella che hai curato tu sia editata! Sarebbe già un grandissimo passo avanti :P Fammi poi sapere :D

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  7. Eh.
    Sì, temo anch'io che diverse antologie di racconti abbiano un po' questo doppio fine. Non saprei immaginare in quale percentuale, però ò_ò

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    1. Non saprei nemmeno io... ho preso gli esempi che avevo in casa e in entrambi i casi lo scopo era sicuramente doppio. Soprattutto nel caso del mio amico, perché stanno continuando a proporgli copie in vendita...

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    2. Copie in vendita ma di altre antologie in uscita (es. Gentile autore, ti comunichiamo che è in uscita l'antologia taldeitali, ecc, ecc... p.s. Volendo potrà ordinare direttamente da noi alcune copie con le seguenti scontistiche...). Non è che sono lì a martellarmi di comprare copie, non l'hanno mai fatto.
      Detto ciò, continuo a credere che siano solo operazioni utili alle varie CE che le organizzano. Gli autori rimangono, e rimarranno, sempre nell'ombra.

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    3. Scusami, hai ragione, mi sono spiegata male!

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  8. Da apprendista scrittrice ti confermo che ho i tuoi stessi dubbi: da una parte ci siamo noi, desiderosi di essere pubblicati, dall'altra ci sono le piccole case editrici che cercano un modo di campare e ne approfittano.
    L'importante è capirlo e cercare la propria strada da un'altra parte...

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    1. Oppure capirlo e usare quel terreno come palestra di allenamento ;)

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  9. Penso anch'io che l'obbiettivo primario sia uno "scatto"economico per le case editrici ma resta il fatto che l'autore vuole essere giudicato,vuole essere letto,mettersi in mostra a prescindere della consapevolezza del gioco d' interessi,nemmeno cosi la vedo io.E,alla fine,una mano lava l'altra.

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