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Ho appena concluso questo libro e faccio fatica a trattenere le lacrime. Mario Calabresi ci racconta una storia, la storia della sua famiglia e di come è cambiata dalla mattina del 17 maggio 1972, quando suo padre viene ucciso da esponenti di Lotta Continua. Mario Calabresi ci racconta cosa si ricorda di quel momento, e soprattutto quello che ha dovuto vivere dopo. E come lui, molti altri parenti di vittime del terrorismo: vedove con figli piccoli da crescere, tribunali, grazie e assoluzioni, l'opinione pubblica che non vuole ricordare e medaglie al valore consegnate dopo anni e anni.
Un periodo storico, quello dell'uccisione di Calabresi, di cui non sapevo quasi nulla, essendo io nata dopo e non avendo mai avuto "motivo" per informarmene. Un passato forse a volte troppo dimenticato, che poi tanto passato non è (mi ricordo ad esempio quando hanno ammazzato Biagi e D'Antona).
Mario Calabresi ci mostra il lato umano di tutto questo, il come hanno vissuto le famiglie dopo, la reazione alle richieste di grazia o all'incontro con uomini che hanno avuto a che fare con quel periodo.
E' un libro strano, che ti colpisce parecchio e ti scava dentro. E quello che colpisce di più è la forza e la speranza di queste persone, di queste vedove, rimaste anche loro vittime di qualcosa di più grande di loro.
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