domenica 21 novembre 2010

SOFFOCARE- Chuck Palahniuck

Victor Mancini, studente di medicina fallito, ha architettato un fantasioso sistema per pagare le spese ospedaliere della vecchia madre: ogni giorno va a cena in un ristorante diverso e, nel bel mezzo della serata, finge di soffocare per colpa di un boccone andato di traverso. Immancabilmente qualcuno si lancia a salvarlo, e altrettanto immancabilmente diventa una sorta di padre adottivo del protagonista e in occasione dell'anniversario dell'incidente gli invia dei soldi. Dopo anni di questa attività il nostro eroe si trova a ricevere quasi quotidianamente un gruzzolo da persone di cui ormai non ricorda nulla ma che gli sono grate per aver dato un senso alle loro vite.


Sono sempre stata convinta, e ancora lo sono, che un po' di sano cinismo faccia sempre bene nella vita. Tanto lo sappiamo tutti che il mondo non è tutto rose e fiori e che a fare troppo i buonisti e i perbenisti non si ottiene nulla.
Il problema però sta nel quantificare quel "PO'". E se prendete un libro di Palahniuck (questo, ma anche altri penso) vi renderete subito conto che il suo "PO'" è "UN PO' TROPPO".
Questo romanzo parla di un ragazzo dal passato turbolento a causa della madre che quando non lo rapiva era in galera e che lo tormentava con discorsi su come rendere il mondo migliore. Parla di un ragazzo, sempre lo stesso, affetto da una dipendenza sessuale che lo porta ad andare a letto più o meno con qualunque ragazza incontri, tanto da dover frequentare un gruppo di sostegno. Parla di un ragazzo squattrinato, sì sempre lui, che per riuscire a pagare la casa di cura dove risiede la suddetta madre leggermente psicopatica, si inventa un sistema geniale per fare soldi: ogni sera, in un ristorante diverso, finge di soffocare e si fa salvare da qualcuno che poi, immancabilmente, ogni anno gli manderà dei soldi per aiutarlo (cosa non fanno gli esseri umani quando si fa leva sul loro orgoglio e coraggio...).
Insomma, parla di un ragazzo che nasconde dietro al suo cinismo, alle sue pulsioni, la paura di provare sentimenti, di affezionarsi, voler bene, innamorarsi, al punto che, quando questo inizia a succedere, inizia a domandarsi "cosa Gesù non farebbe?" e comportarsi di conseguenza. Parla di un ragazzo che ha come unica grande paura quella di essere solo e che nessuno abbia bisogno di lui.

Non posso negare che sia un libro geniale, che esaspera in maniera impeccabile, cinica ma anche tragi-comica, tutte le pulsioni, i vizi ma anche semplicemente i dilemmi morali di tutti gli esseri umani, che molto spesso preferirebbero essere psicopatici o dipendenti da qualcosa piuttosto che dover amare e soffrire, nei vari protagonisti che si avvicendano nelle pagine di questo romanzo (il mio preferito è Danny, il migliore amico del protagonista, che per resistere al suo disturbo sessuale inizia a raccogliere pietre con cui costruire qualcosa)

Però, se non fosse che so che si tratta di Palahniuck, penserei che questo libro sia troppo. Penserei che sia sbagliato cercare di "convincere" la gente a non amare per non soffrire. Penserei che sì, tutto questo cinismo può forse aiutare qualche volta, ma non ti fa vivere meglio. Penserei che nulla di quel che viene narrato in questo libro sia normale. Ma poi, ovviamente, mi ricordo che si tratta di Pahalaniuck e che quindi pensare tutte queste cose non serve a nulla. Si legge. Si ride a volte. Ci si incazza altre. Si riflette. Si ricordano alcune frasi memorabili e alcuni personaggi fantastici. Ma di sicuro non mi aiuterà ad affrontare meglio il mondo. Nè mi ha convinto che veramente tutto faccia schifo e che non valga la pena stare male.

Mi è piaciuto o no, questo libro? Non sono in grado di stabilirlo.

Nota alla traduzione: un applauso al traduttore che utilizza la parola "burino", tipicamente romanesca, all'interno di un romanzo ambientato negli USA. Un altro applauso, sempre allo stesso traduttore, per aver scritto più e più volte OBIETTIVO con due B (quello con due B è quello della macchina fotografica, non uno scopo nella vita... e non venitemi a dire che adesso è accettato in tutti e due i modi... perché è accettato proprio perché la gente sbagliava a scriverlo)


"Ogni cosa che possiedi è solo l'ennesima cosa che un giorno perderai"

"Il passato non si può ricreare. Puoi fare finta. Puoi illuderti, ma ciò che è finito non torna."

"Io non sono buono, né gentile, né premuroso, né nessua di queste stronzate buoniste lì. Sono solo un povero imbecille egoista sfigato. E me ne sono fatto una ragione."

1 commento:

  1. Bellissimo commento :)

    Per quanto riguarda obiettivo, anche io sono sempre stata convinta che quello con due B si riferisse alla macchina fotografica e infatti mi fa proprio senso vederlo con due quando significa imparziale... Ma a quanto pare è giusto anche se orribile e meno usato:

    http://www.treccani.it/Portale/sito/lingua_italiana/domande_e_risposte/grammatica/grammatica_049.html

    ... ma tanto continuerò a scriverlo con una b :P

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