venerdì 26 marzo 2010

IL DIAVOLO NELLA CATTEDRALE- Frank Schatzing

Colonia, 1260. Gerhard Morart sa bene che non potrà mai completare la costruzione della "sua" cattedrale prima di morire. Quello che non sa, purtroppo, è che la morte non tarderà ad arrivare: qualcuno infatti gli tende un agguato su un'impalcatura dell'edificio e lo fa precipitare a terra. Un delitto a sangue freddo, che tuttavia ha avuto un singolare testimone: Jacop, un ladruncolo che si trovava su un melo lì accanto, intento a rubare i frutti succosi per placare la sua eterna fame. Anziché darsela a gambe, Jacop si avvicina a Gerhard, ormai morente, che gli sussurra qualcosa all'orecchio. Così facendo, però, il ladruncolo rivela la propria presenza all'assassino, il quale si lancia in una caccia spietata per ridurlo al silenzio.

Grazie al cielo l'ho finito... Che noooooiaaaaaaaa!
Ma alla fine è colpa mia, che mi sono lasciata convincere a leggere un libro prestatomi da una persona che non ha per niente i miei stessi gusti letterari e che mi sono fatta fuorviare dalla parola "cattedrale" nel titolo. Ma questo libro non ha nulla a che vedere nè con i due tomi-capolavoro di Ken Follet nè con La Cattedrale del Mare.
L'autore sfrutta male, malissimo, in modo noioso, noiosissimo un'idea che poteva essere geniale. Una congiura, un uomo che cade, spinto ovviamente, dalla cattedrale che sta costruendo e che prima di morire pronuncia delle parole all'orecchio di un testimone-ladruncolo che ha visto tutta la scena mentre rubava delle mele su un albergo. Bello, direte voi! No, vi rispondo io. Il libro non prende, si fa fatica a leggere e a volte capita quasi inconsapevolemente di saltare pagine in cui l'autore si dilunga troppo su fatti storici (tra crociate e cose simili), che per il libro hanno un'utilità pari a zero.
Anche i personaggi lasciano abbastanza a desiderare: con questo killer dal torbido passato che diventa assassino per cercare di dimenticare le nefandezze compiute in guerra e che da tutti viene visto come l'impersonificazione del diavolo (ma nella cattedrale ci sta proprio poco), con questo ladruncolo, che inizialmente può anche sembrare simpatico, anch'egli in fuga dal passato che cercherà di sventare sta congiura con l'aiuto di due tizi trovati per caso lungo il suo cammino.
Delle 450 pagine del libro, almeno 200 erano tranquillamente evitabili.
Lasciate pure perdere.

Nota alla traduzione: c'è un glossario alla fine per i termini intraducibili, ma comunque non è fatta male.

giovedì 18 marzo 2010

UN'INQUIETANTE SIMMETRIA- Audrey Niffenegger

Le due gemelle Julia e Valentina conducono l'esistenza protetta eppure piena di interrogativi tipica degli adolescenti americani. Un giorno ricevono una misteriosa missiva indirizzata loro dalla zia materna Elspeth. gemella a sua volta della loro madre e mai conosciuta. Dalla lettera apprendono della morte della misteriosa zia e di avere ereditato il SUO appartamento londinese, a una condizione però: che accettino di viverci per un anno, dandosi il tempo e il modo di conoscere finalmente una parente così prossima eppure mai incontrata prima. Dopo mille tentennamenti i genitori delle due ragazze danno il loro assenso. Quello che Julia e Valentina troveranno ad attenderli è un bizzarro e affascinante appartamento prospiciente il suggestivo cimitero di Highgate, in un palazzo abitato da curiosi personaggi che conoscevano assai bene la zia. Elspeth da: canto suo è tutt'altro che scomparsa, e ben presto comincia a dare inquietanti segnali della sua presenza all'interno della casa, segnali a cui Valentina è particolarmente sensibile.

La prima cosa da fare se proprio si vuole leggere questo libro (ma potete tranquillamente farne a meno) è dimenticarsi che l'autrice è la stessa de "La Moglie dell'Uomo che Viaggiava nel Tempo", perchè altrimenti la delusione sarebbe molto grande.
Credo che sia uno dei libri dalla trama più insulsa che abbia letto negli ultimi tempi. Già nel suo primo, per me stupendo romanzo, la Niffennegger introduceva elementi impossibili nella realtà, ma lo faceva senza che pesassero, facendoli passare quasi per normali, tanto che ci si dimenticava che effettivamente non poteva essere così. Qui invece non ci riesce. Posso credere al legame morboso tra le due gemelle protagoniste, posso credere (ma già un pochino meno) alla storia decisamente assurda della madre e della zia delle protagoniste, ma poi quando i fantasmi iniziano a fulminare lampadine e televisori, a scrivere sulla polvere e a comunicare con le gemelle che vivono nel suo appartamento, a riuscire a imprigionare le anime degli altri e poi riportarle in vita (anche se non sempre funziona, povero gatto...), per poi finire nel assolutamente prevedibile colpo di scena finale, perfino la mia grande capacità di sospensione della realtà subisce un colpo d'arresto. E anche la scrittura e lo stile sono molto piatti, quasi come se nel suo sforzo di rendere credibile quello che scrive si fosse dimenticata che deve anche appassionare.


Nota alla traduzione: un po' di note qua e là ma niente da dire.

sabato 13 marzo 2010

L'USO SAPIENTE DELLE BUONE MANIERE- Alexander McCall Smith

Per Isabel Dalhousie, direttrice della "Rivista di etica applicata", fondatrice del Club dei filosofi dilettanti e donna di grande acume e sensibilità, è fondamentale affrontare la vita con la mente serena e lo spirito rilassato. Ma certo in questo non l'aiutano molto la nascita del piccolo Charlie, né tanto meno la relazione con Jamie, il padre del bambino, più giovane di lei di quattordici anni. La tardiva maternità del resto non è l'unico cambiamento nella vita della nostra filosofa-detective per caso. Certo, ha raggiunto una tregua con l'amatissima nipote Cat, ex fidanzata di Jamie, che non approva granché la nuova relazione della zia. E certo, ha trovato un equilibrio nel rapporto con Grace, la fedele governante, che vorrebbe esautorarla completamente dalla cura del bebé. Ma che dire della misteriosa morte di un pittore al largo dell'isola di Jura, nella quale Isabel si trova suo malgrado coinvolta? E come se tutto ciò non bastasse, ci si mette pure il machiavellico e curiosamente affabile professor Dove, che sembra avere strane mire sull'amatissima rivista della nostra eroina...

Non so dire bene cosa mi piace dei libri di Alexander McCall Smith. Se si dovesse semplicemente raccontare la trama a una persona che non ha mai letto uno dei suoi romanzi, questa risulterebbe sicuramente banale e insipida, tanto che verrebbe da chiedersi come faccia a scriverne per 250 pagine. Però poi, se si leggono i suoi libri, si rimane sempre piacevolmente colpiti. Lo stile è leggero, a tratti un po' riflessivo, e racconta di tratti di vita quotidiana normale, in cui tutti riescono a identificarsi (ok, non tutti abbiamo un fidanzato di 20 anni più giovane che ci ama alla follia... ma la protagonista stessa si rende conto di quanto sia fortuna e non la fa apparire come una cosa normale).
Questo romanzo è il quarto della serie della Isabel Dalhousie, filosofa e investigatrice, ora alle prese con un "caso" che riguarda un pittore scomparso e dei suoi presunti quadri falsi venduti ad un asta, ma anche con il suo bimbo neonato e i tentativi da parte dei suoi colleghi filosofi di rubarle il lavoro di redattrice. Se devo essere onesta, è quello che mi è piaciuto meno, ma forse perchè qui ormai la storia con Jamie è ormai consolidata e non c'è più tanto il divertimento di leggere i dilemmi morali dela protagonista (e poi perchè in questo romanzo, la filosofa è un po' troppo spocchiosa a volte).
E' un libro che comunque si divora ed è una piacevole lettura non troppo impegnativa.

Nota alla traduzione: qualche calco, qualche refuso, qualche preposizione sbagliata e un termine sconosciuto lasciato in inglese senza nemmeno spiegare di cosa si tratta. Da rivedere sicuramente.


giovedì 11 marzo 2010

TO KILL A MOCKINGBIRD- Harper Lee

A gripping, heart-wrenching, and wholly remarkable tale of coming-of-age in a South poisoned by virulent prejudice, it views a world of great beauty and savage inequities through the eyes of a young girl, as her father - a crusading local lawyer - risks everything to defend a black man unjustly accused of a terrible crime.


Ho un po' di difficoltà a scrivere questo commento. E' la quarta volta che scrivo e poi cancello tutto. E non è perchè il libro non mi sia piaciuto, anzi. E' che c'è ancora tanto da imparare, anche a distanza di 50 anni, in materia di razzismo e pregiudizi.
Harper Lee, attraverso gli occhi di Scout, una bambina vivace, intelligente e curiosa, disegna uno spaccato della società americana degli anni '30, dove il razzismo e i pregiudizi ancora la facevano da padrone, sebbene inizasse a spuntare qualche ribellione. Come Atticus, ad esempio, padre di Scout, e avvocato difensore di un uomo di colore accusato ingiustamente dello stupro di una ragazza bianca. Sarà l'unico in grado di far riflettere più a lungo la giuria prima della comunque inevitabile condanna. Harper Lee riesce a parlare a fondo di un argomento importante e doloroso come il razzismo e i pregiudizi razziali non solo nella parte più seria e dolorosa del processo e delle morti ingiuste e delle ritorsioni che ne seguiranno, ma anche tramite le avventure estive di Scout, del fratello Jem e del loro amico Dill, che sapranno affrontare e superare i pregiudizi loro(come quelli nei confronti del loro vicino di casa Boo Radley, reo di non uscire mai se non di notte) e quelli della società più di chiunque altro.
Non è un libro semplice da leggere in lingua originale, ma, in italiano, lo consiglio caldamente.

Una piccola riflessione sui titoli. Quello inglese, che io trovo molto poetico (soprattutto quando compare all'interno del romanzo), fa riferimento principalmente alla vicenda di TomRobinson, l'uomo di colore che sarà vittima della società razzista dell'epoca. In italiano questo titolo diventa "Il Buio Oltre la Siepe", una metafora sulla paura nei confronti delle cose che, pur essendo vicine a noi, non conosciamo e che nel libro si riferisce principalmente al vicino di casa di Scout. Ci ho messo un po' di tempo a collegare i due titoli e sto ancora riflettendo se la scelta italiana mi convince o meno.

lunedì 8 marzo 2010

POIROT THE WAR YEARS: One, Two, Bubcle my shoe; Five Little Pigs; Taken at the Flood- Agatha Christie

ONE, TWO, BUCKLE MY SHOE The dentist was found with a blackened hole below his right temple. A pistol lay on the floor near his outflung right hand. Later, one of his patients was found dead from a lethal dose of anaesthetic. A clear case of murder and suicide -- but why would a dentist commit a crime in the middle of a busy day of appointments? A show buckle holds the key to the mystery. Now -- in the words of the rhyme -- can Poirot pick up the sticks and lay them straight?
FIVE LITTLE PIGS Beautiful Caroline Crale was convicted of poisoning her husband, yet there were five other subjects: Philip Blake (the stockbroker) who went to market; Meredith Blake (the amateur herbalist) who stayed at home; Elsa Greer (the three-time divorcee) who had roast beef; Cecilia Williams (the devoted governess) who had none; and Angela Warren (the disfigured sister) who cried 'wee wee wee' all the way home. It is sixteen years later, but Hercule Poirot just can't get that nursery rhyme out of his head!
TAKEN AT THE FLOOD A few weeks after marrying an attractive young widow, Gordon Cloade is tragically killed by a bomb blast in the London Blitz. Overnight, the former Mrs Underhay finds herself in sole possession of the Cloade family fortune. Shortly afterward, Hercule Poirot receives a visit from the dead man's sister-in-law, who claims she has been warned by 'spirits' that Mrs Underhay's first husband is still alive. Yet, what mystifies Poirot most is the woman's true motive for approaching him.

Tre avventure di Poirot ambientate durante il periodo della guerra. Non avevo mai letto niente di Agatha Christie in inglese e devo ammettere che la scrittura non è delle più semplici. Ma c'è anche da dire che, una volta preso il ritmo, in inglese lo stile della Christie rende ancora di più. Ci sono infatti un sacco di giochi di parole, di riferimenti culturali che spariscono in italiano perchè intraducibili.
Adoro Poirot, mi sta molto più simpatico di Miss Marple. Solo lui può entrare in una casa dove è in atto uno strangolamento dicendo: "spero di non interrompere qualcosa". Mi piace il suo modo riflessivo di arrivare alle soluzioni, impensabili per le menti "umane". Mi piace la soddisfazione che non nasconde di fronte alla sua celebrità.
Sulla Christie credo ci sia poco da dire. I suoi intrecci, sebbene a lungo andare diventino un po' prevedibili (di solito, l'assassino è chi di solito si esclude a priori), sono sempre ben costruiti e, alla fine, ben spiegati.
Dei tre romanzi che compongo questa raccolta, il primo è quello che mi ha convinto meno. Ma forse anche perchè dovevo ancora abituarmi all'inglese. Il secondo è quello forse meno possibile, in quanto i protagonisti si ritrovano a rievocare con veramente troppa precisione quanto successo 16 anni prima. E dell'ultimo mi piace molto il finale (ma non posso svelarvelo).
Decisamente consigliato.

mercoledì 3 marzo 2010

LA FAMIGLIA WINSHAW- Jonathan Coe

Le atrocità di una famiglia britannica negli anni di Margaret Thatcher. E, insieme, le avventure di uno scrittore che, incaricato di ricostruire le vicende di questa famiglia, vi si ritrova invischiato, lui e i suoi fantasmi infantili, sino a misurare sulla propria pelle i meccanismi di potere e sopraffazione che hanno portato l'Inghilterra degli anni Ottanta allo sfascio.


Un libro molto complesso da leggere, a causa degli innumerevoli personaggi che si alternano nelle pagine e degli sbalzi continui tra passato e presente da un capitolo all'altro. Ma Coe aiuta il lettore, inserendo un albero geneaologico all'inizio del romanzo così da poter seguire senza perdersi troppo le vicende dei rampolli Winshaw.
E' anche un libro geniale, i cui protagonisti si muovono perfettamente inseriti nella società dell'epoca, degli anni '80 e primi anno '90, dando vita quindi all' ennesimo ben riuscito spaccato sociale descritto dall'autore.
La trama è molto ben pensata e sviluppata. E' bello il filo conduttore che lega tutto il libro: unfilm giallo che tanto ha colpito il protagonista scrittore bambino (una trasposizione di Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie) e che si concretizza in modo strepitoso nelle ultime cinquanta pagine, tra travestimenti, morti collegate allo stile di vita delle vittime e passaggi segreti alla Cluedo.
A scatenare il tutto è la zia Tabitha, la pazza della famiglia, che è in realtà l'unica a non perdere il contatto con le cose veramente importanti della vita e a non lasciarsi sopraffare dall'avidità della societò moderna. Sarà lei a decidere di far chiarezza e di punire tutti i membri della sua famiglia, rei di essersi fatti coinvolgere troppo nell'avidità della società moderna e di agire solo ed esclusivamente per interesse personale.

E' molto bello, una volta presa dimestichezza con i nomi, anche il mescolarsi dei personaggi, tutti più o meno consapevolmente collegati tra loro e tutti con un legame, positivo o negativo, con la famiglia Winshaw.


Coe è semplicemente un genio.


Nota alla Traduzione: c'è qualche refuso, ma nel complesso è fatta bene