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giovedì 21 dicembre 2017

MAPOCHO - Nona Fernández

Il passato è la chiave. È un libro aperto con tutte le risposte. Basta guardarlo, scorrere le pagine e aprire gli occhi con attenzione per rendersene conto. Il passato è una zavorra di cui non è possibile liberarsi. Meglio adottarlo, dargli un nome, addomesticarlo e tenerlo docile sottobraccio, altrimenti ci perseguiterà come un fantasma nei momenti più inaspettati. Ci torturerà in forma di odore, di musica, a volte di sogno.




Il Mapocho è il fiume che attraversa Santiago del Cile. Lo attraversava in passato e lo attraversa ancora oggi. Ha visto tutti i cambiamenti di quella città. Ha visto la libertà e ha visto susseguirsi una dittatura dopo l’altra. Ha accolto la vita, ma anche tanti cadaveri. Dal Mapocho chi ha potuto è fuggito, ma qualcuno poi ci è anche ritornato.

Non è un caso, quindi, che proprio Mapocho sia il titolo del romanzo d’esordio della scrittrice cilena Nona Fernández, pubblicato in Italia da gran vía edizioni con la traduzione di Stefania Marinoni.

Protagonista è la Bionda, fuggita da Santiago del Cile quando era una bambina, insieme alla madre e al fratello, l’Indio, dopo la sparizione del padre. Ora è cresciuta e si trova da sola, su qualche terra che affaccia sul Mediterraneo, con l’urna contenente le ceneri della madre morta in un incidente d’auto. Guidava L’Indio e da allora è sparito anche lui. Finché un giorno la Bionda non riceve una telefonata dal fratello che le chiede di tornare da lui, a Santiago del Cile. È lì che tutto è iniziato ed è lì che tutto deve finire. La Bionda allora parte in cerca del fratello, ma anche del loro passato, del ricordo di sua madre, di suo padre e della storia dell’intero paese. Un viaggio doloroso tra i segreti, tra il reale e l’immaginario, attraverso cui la Bionda ripercorre tutta la sua vita, ma anche tutte le ferite di un paese per anni flagellato da dittature e sparizioni.

È davvero difficile fare un riassunto della trama di Mapocho. Si rischia di non farsi capire, di sminuirne il contenuto e, soprattutto, la sua forza. Bisogna leggerlo e lasciarsi andare. Perdersi tra le parole della Bionda, nella storia confusa della sua famiglia, nel suo rapporto con l’Indio e nella sua ricerca di verità ora che manca poco alla sua fine. Bisogna andare sulle sponde del Mapocho e guardare che cosa contengono le sue acque: quanta merda e quanto sangue, tutta la merda e il sangue che il paese ha dovuto sopportare negli anni. Bisogna fare un giro nel Quartiere e fermarsi a casa di Fausto a consultare i suoi libri di storia: quelli che ha scritto su commissione e in cui ha modificato la realtà. 

Intrighi, racconti di fantasia, storie nate male, trame mal costruite, finzioni, tranelli, inganni, falsità. Menzogne. Quante menzogne. Le menzogne si costruiscono con le parole. Escono da una bocca indecente ed essendo fatte di lettere prendono vita nel momento in cui vengono pronunciate. Le menzogne hanno le ali e volano come un avvoltoio, girano sulla carogna e si nutrono di quelli che hanno anima, di quelli che non sanno, che non vedono o non vogliono vedere. Le menzogne ingannano. Si fissano per iscritto, seducono dalle insegne al neon, nelle vetrine colorate, nelle biblioteche, nelle alte torri dai vetri oscurati. È così facile viverci dentro e lasciarsi avvolgere dai loro incantesimi. Le menzogne respirano, puzzano, gridano, vivono come un topo del Mapocho, nutrendosi di merda, contaminando, propagando la malattia, mandando tutto in rovina, creando altre menzogne, aggiungendo falsità a falsità, ingarbugliando, confondendo, complicando.

Bisogna andare in uno stadio a guardare una partita di calcio, su un tetto a osservare la gente passare per strada in cerca di qualcuno, o in un cimitero, a pregare per tanti, troppi morti.

Lo stile di Nona Fernٌández è ipnotico. Delicato e violento al tempo stesso. A volte ti sembra di non capire cosa ti stia dicendo, altre di capirlo fin troppo bene. A volte con una parola ti dà un pugno, altre una carezza che fa scendere una lacrima. Si è sempre un po’ in bilico, leggendo, proprio come lo sono tutti i protagonisti della storia: sospesi tra verità e menzogna, tra vita e morte.

Non stupisce che questa scrittrice stia diventando un punto di riferimento per la narrativa cilena contemporanea, perché nei suoi libri c’è forza e denuncia (di suo avevo già letto e amato Chilean electric, edito da edicolas ediciones e tradotto da Rocco D’Alessandro), ma anche soprattutto un racconto realistico di quella che era la vita in Cile negli anni delle dittature e che spesso nei libri di storia non si trova.
Ma il Mapocho, per quanta acqua scorra, non la può dimenticare.



TITOLO: Mapocho
AUTORE: Nona Fernández
TRADUTTORE: Stefania Marinoni
PAGINE: 210
ANNO: 2017
EDITORE: Gran vía
ACQUISTA SU AMAZON
formato cartaceo:Mapocho

venerdì 1 aprile 2016

PARLAMI D'AMORE - Pedro Lemebel

La sua prima lettera la ricevette per posta, in una busta con il sigillo di ceralacca e il francobollo dell'Uruguay. Era scritta in un bel corsivo elegante con il suo inchiostro grigio azzurro. Era un tratto delicato. In ogni pausa della scrittura, un soffio di mare tiepido scompigliava le vocali come uccelli ballerini davanti ai miei occhi. Il suo nome era Aloma, viveva a Montevideo in una casa troppo grande per il suo andare lento, da rondine attempata.


Pedro Lemebel è entrato nella mia vita per caso, e quasi all'improvviso. Un giorno ero in un mercatino dell’usato, uno di quelli di catena, in cui i libri occupano solo una minima parte in mezzo ad altre cianfrusaglie dal design spesso improponibile. Arrivati al momento di pagare, ora non ricordo più cosa in realtà, sul bancone c’era questo libro di marcos y marcos dalla copertina azzurra. L’ho acquistato senza quasi guardarlo, visto che i libri di questo editore come ho già detto più e più volte, li compro praticamente a scatola chiusa, talmente mi piace. Ovviamente, il libro era Ho paura torero di Pedro Lemebel, uno dei romanzi più belli che io abbia mai letto negli ultimi anni.

Racconto spesso questo aneddoto, lo so, perché mi piace pensare che la Fata dell’angolo, la protagonista di quel romanzo, abbia voluto che io la trovassi così, che abbia voluto irrompere all'improvviso nella mia vita e lasciarci un bel segno. Da allora, ho poi cercato di recuperare tutte le opere di Lemebel pubblicate in italiano. Sono solo altre due, in realtà, quindi non è stato tanto difficile. Baciami ancora Forestiero e quella di cui vi parlo oggi, Parlami d’amore, da poco pubblicata sempre da marcos y marcos e tradotta dai partecipanti al laboratorio di traduzione tenuto a Roma da Matteo Lefévre (un laboratorio che se fosse stato più vicino avrei sicuramente frequentato anche io).

Proprio come lo era Baciami ancora, Forestiero, Parlami d’amore è una raccolta di scritti di Lemebel. Degli episodi, delle cronache, dei racconti realmente vissuti, in cui ciò che traspare maggiormente è il suo amore per la vita. Un poeta, anche se non scrive poesie, lo definisce Roberto Bolaño. E credo non esista definizione più azzeccata. Dai racconti d’amore alle cronache di viaggio (da Helsinki a Roma, senza dimenticare mai la sua paura di volare), dalle semplici riflessioni sulla quotidianità, agli incontri d’amore casuali su un bus, senza dimenticare l’impegno civile: le sue avventure alle feste delle fate, vietate dal regime ma a cui lui (lei, come spesso si chiama) non vuole rinunciare, ma anche le riflessioni sul primo maggio, sulla fine della dittatura e sull'aborto.

Se non avete mai letto niente di Pedro Lemebel e non conoscete il “personaggio”, non dovete partire da Parlami d’amore. Non riuscireste a cogliere completamente la sua poesia, né la bellezza di quello che scrive. In alcuni racconti, ammetto, ho faticato anche io, che questo autore lo amo con tutta me stessa. Partite da quel capolavoro di Ho paura torero e poi, sono sicura, inevitabilmente approderete anche qui. E vi perderete nelle sue parole d’amore, nel suo stile canzonatorio e appassionato, nel suo amore per la vita, per la bellezza, per il mondo.

Parlami d’amore fornisce un tassello in più per completare il personaggio di Lemebel, per conoscerlo ancora più a fondo. E innamorarsene, di nuovo.


Titolo: Parlami d'amore
Autore: Pedro Lemebel
Traduttore: a cura di Matteo Lefèvre
Pagine: 160
Editore: marcos y marcos
Acquista su Amazon:
formato brossura: Parlami d'amore

sabato 13 settembre 2014

HO PAURA TORERO - Pedro Lemebel

Iniziamo subito con il dire che Ho paura torero è un libro stupendo. Lo dico nel caso, con la mia recensione, non riesca a farlo capire in modo convincente. 
E' difficile recensire un libro così. E' difficile raccontare con parole che non siano quelle dell'autore, questo Pedro Lemebel che, prima di trovare per puro caso questo libro nascosto da una pila di altri libri in un mercatino dell'usato, nemmeno conoscevo. 
Mai avrei pensato che quelle tre parole in copertina, semplici e, a prima vista, anche abbastanza incomprensibili, potessero significare e trasmettere tanto. 

Ho paura torero, tre parole che possono essere cantate, urlate o sussurrate. Tre parole che significano amore, passione, e anche un po' di erotismo. Ma che significano pure ribellione, sofferenza, paura, rivoluzione.

Siamo nel Cile di Pinochet, a diversi anni dall'attentato ad Allende che l'ha messo al potere. La fata dell'angolo, un travestito esuberante e passionale, che adora i bolero e che vive ricamando, conosce Carlos, militante del Fronte patriottico Manuel Rodriguez, che le chiede di nascondere in casa sua alcune scatole misteriose. La fata dell'angolo accetta, perché, pur sapendo di non doverlo fare, si innamora perdutamente di Carlos e per lui farebbe qualsiasi cosa. Anche organizzargli un compleanno cubano, anche consegnare al posto suo qualcosa di pericoloso rischiando la vita. Anche fuggire, abbandonare tutto, perché ormai troppo compromessa con il gruppo di rivoluzionari, pur sapendo che in cambio non riceverà mai niente, se non quei pochi momenti passati insieme. Eppure è un amore grande, grandissimo. 

Ho paura torero è un romanzo intenso e bellissimo. Un romanzo d'amore in tempi difficili, una storia impossibile e forse, per questo, ancor più passionale. La fata dell'angolo è un personaggio adorabile nella sua apparente semplicità e nella sua esuberanza. E Carlos, beh, probabilmente di Carlos mi sarei innamorata anche io.
Alla loro storia, che parla d'amore ma anche di rivoluzione, si alternano episodi della vita di coppia tra Pinochet e la moglie. Una donna un po' bisbetica, un po' prepotente, che Pinochet non vorrebbe altro che stesse zitta. Forse la sopporterebbe di più, se non fosse continuamente soggetto a critiche, proteste e attentati. 

Pedro Lemebel ha trovato davvero un bel modo per parlare degli anni della dittatura di Pinochet, per farne una satira, certo, ma anche per raccontare le vite di chi l'ha vissuta e chi l'ha combattuta. E poi ha creato questo personaggio incredibile, esuberante, frivolo, ma di una dolcezza e una passione infinita. Indimenticabile.

Un libro assolutamente da leggere.


Titolo: Ho paura torero
Autore: Pedro Lemebel
Traduttore: M. L. Cortaldo, G. Mainolfi
Pagine: 202
Anno di pubblicazione: 2001
Editore: marcos y marcos
ISBN: 978-8871685670
Prezzo di copertina: 14 €
Acquista su Amazon:
formato brossura: Ho paura torero