Mentre in rete imperversava l’ennesima polemica sulla lettura e ruolo formativo dei classici (nel caso ve la foste persa: è uscito un articolo sul Il fatto quotidiano in cui Francesco Musolino ha chiesto a dieci giovani scrittori italiani quale classico non hanno letto. Un articolo più o meno ironico, molto breve, da cui sono nate accuse di ignoranza verso tutti i giovani scrittori, schieramenti, insulti e ritrattazioni varie, nonché, ovviamente, almeno altri tre articoli), io mi sono finalmente decisa a leggere Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov.
Sì, sono arrivata a trentadue anni senza mai aver letto quello che è considerato uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale.
I motivi sono diversi. Il primo è che ho un rapporto un po’ altalenante con i classici: ne ho letti in passato e li leggo ancora adesso, ma non così di frequente. Credo che i classici abbiano ancora tanto da dire (forse una definizione di classico è proprio questa: un romanzo che, per forma e contenuti, resiste al passare del tempo), ma che non si possa leggere solo quelli. Devono essere in qualche modo complementari ai romanzi moderni e considerando quanti libri interessanti escono ogni giorno, fatico sempre un po’ a ricavare del tempo per leggere libri del passato.
Il secondo è che leggere i classici mi spaventa un po’. Quando tutti di un libro dicono che è un capolavoro io ho sempre paura ad approcciarmici. E se poi a me non piace? E se poi io non ci trovo nulla di quanto è stato esaltato quasi da tutti? Da un lato penso “vabbè, pazienza”, dall’altro però è bastato vedere che cosa ha scatenato quella polemica di fine estate di cui si parlava prima, per capire che ci sono romanzi che sembrano quasi intoccabili. Li devi aver letti e ti devono assolutamente essere piaciuti.
Questa paura si amplifica quando si parla di romanzo russi. Ho studiato Anna Karenina senza mai averlo letto nella sua interezza. Ho letto tutto Delitto e Castigo ed è stata una mezza sofferenza che ha quasi azzerato la mia voglia di riprovarci ancora.
Però era da un po’ di tempo che Il maestro e Margherita mi stava quasi perseguitando. Da quando ho letto questo bellissimo articolo di Serena Daniele per la rubrica "Libri tanto amati" sul blog di Giacomo Verri, è iniziata a venirmi un po’ di curiosità. Curiosità che è aumentata, dopo aver visto che Bookriot ha inserito il romanzo di Bulgakov tra i dieci romanzi che meglio incarnano la definizione di realismo magico, fino al punto da dover assolutamente rimediare questa lacuna dopo aver sentito da più fronti, anche quelli meno dittatoriali riguardo alla lettura di certi libri, che sì, forse avrei dovuto leggerlo.
E quindi in un caldo pomeriggio d’estate ho deciso che era arrivato il momento di Il maestro e Margherita di Michail Bulgakov.
La trama è nota a tutti. Il maestro del titolo è uno scrittore che è stato emarginato dalla Cultura ufficiale sovietica dopo aver scritto un romanzo su Ponzio Pilato, di cui è stata rifiutata la pubblicazione. Il maestro ora vive in un manicomio e di lui sembra ricordarsi solo la bella Margherita, la sua amante.
Nel frattempo, in città è arrivato Voland, il diavolo, che sta per celebrare un sabba. Deve però trovare la donna giusta per parteciparvi. Nell’attesa di incontrarla, accompagnato dal gatto Behemot e da un altro aiutante, stravolge la vita di chiunque incontri in città. La strada di Voland incrocia poi quella di Margherita e, di conseguenza, anche quella del maestro.
In parallelo si legge poi la storia di Ponzio Pilato, quella raccontata nel libro del Maestro. Un racconto nel racconto, che all’inizio lascia un po’ interdetti (nel romanzo compare prima questa storia del personaggio del maestro), ma che poi, con lo stratagemma del racconto nel racconto, man mano che si procede con la lettura acquisisce un senso.
A queste due vicende principali se ne intersecano poi altre: piccole trame minori, a volte anche solo semplici episodi, che servono a tratteggiare le caratteristiche di Voland e il ruolo che il diavolo può avere nella società.
Non ho impiegato molto tempo per leggere Il maestro e Margherita. E, probabilmente, se non avessi letto la prima edizione con la prima traduzione (a opera di Maria Olsoufieva), il tempo di lettura sarebbe stato ancor più breve. Perché sì, pur essendo un romanzo russo, Il maestro e Margherita è scorrevole e in molti punti anche molto divertente.
A quasi due settimane dalla fine della lettura, però, ancora non riesco a stabilire se questo romanzo mi sia piaciuto o meno. Un senso di inquietudine molto forte, infatti, ha iniziato a pervadermi già dopo poche pagine dall'inizio. Un effetto che Bulgakov è stato bravissimo a trasmettere e che è ovviamente una parte integrante del romanzo e della sua bellezza, che però forse su di me ha un effetto non del tutto positivo.
Questa sensazione, quasi di paura, non se ne è andata nemmeno nei giorni successivi e anche adesso che ci ripenso per scrivere, rimane dominante rispetto a tutto il resto. Rispetto alla genialità di Bulgakov nel creare queste trame e incastrarle tra loro; rispetto al divertimento di alcune scene e alla bellezza di alcuni personaggi (ovviamente sono innamorata del gatto Behemot… che, ahimè, nella traduzione in cui ho letto io il romanzo si chiama ancora Ippopotamo); rispetto persino alla storia d’amore tra il maestro e Margherita, disposta a tutto pur di riabilitarlo.
Scultura dedicata ai protagonisti di Il maestro e Margherita, a Mosca (Fonte: Ruslan Krivobok/RIA Novosti) |
È la figura di Voland, ovviamente, ad avermi creato tutta questa inquietudine. Questo diavolo che arriva in incognito e fa da un lato scherzi quasi simpatici, dall’altro funeste e angoscianti previsioni di morte. Questo diavolo che deve celebrare un sabba (una scena abbastanza cruenta, per quanto mi riguarda) e che fa sfilare le sue vittime davanti a una regina, perché illustrino le loro terribili pene.
Questo diavolo che ha potere di vita e di morte su tutti quelli che incontra e che è potrebbe essere ovunque, in mezzo ai protagonisti ma anche in mezzo a noi, senza che ce ne rendiamo conto.
In questo personaggio e in tutte le sue implicazioni sta tutta la bravura di Bulgakov, ne sono più che consapevole. Ma sta anche tutto quello che in me ha causato un’inquietudine talmente profonda da farmi quasi chiedere chi me l’abbia fatto fare di leggere finalmente questo libro, perché non so quando questa sensazione se ne andrà. Un libro che provoca tutto questo è sicuramente un capolavoro e, se torniamo alla definizione di classico detta all’inizio, ovvero un romanzo che avrà sempre qualcosa da dire nonostante gli anni che passano e i tempi che cambiano, sicuramente Il maestro e Margherita è un classico, forse addirittura IL classico.
Però, forse, non è quello che fa per me.
Titolo: Il maestro e Margherita
Autore: Michail Bulgakov
Traduttore: Maria Olsoufieva
Pagine: 410
Anno di pubblicazione: 1973
Editore: Garzanti
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formato brossura: Il Maestro e Margherita
Da amante dei classici, che, fino a qualche anno fa, sono stati quasi l'unico oggetto delle mie letture, voglio spezzare una lancia a favore di chi dice di non sentirsi pronto a leggere un certo classico o, addirittura, non lo apprezza come si aspetterebbero molti cultori del classico. Anche a me è capitato di leggere tanti libri "irrinunciabili", pietre miliari della storia della letteratura che, però, non hanno suscitato in me la fascinazione che prevedevo in virtù della loro fama. In alcuni casi, come dichiari tu qui, ho rilevato il valore di un certo libro (per l'originalità, per essere stato il primo a focalizzarsi su un certo tema, per la particolarità tecnica) senza però riuscire a trarne un giudizio positivo. Citi Delitto e castigo e mi identifico nell'idea della sofferenza: ne ho portato a termine la lettura perché volevo conoscere interamente questo classico, ma non sono riuscita a entrare in sintonia con esso. E allora rivendichiamolo questo diritto di dire che un certo classico non fa per noi, del resto pure Petrarca affermava ogorgliosamente di non leggere la produzione volgare di Dante (anche se, poi, lui probabilmente lo faceva per scopiazzare, hehe)!
RispondiEliminaPer parte mia, mi sono lasciata condizionare dalle voci sull'impossibilità di non leggere Il Maestro e Margherita il primo o secondo anno di liceo e ancora mi domando se chi al tempo ha fatto queste pressioni velate lo avesse veramente capito: non ci ho capito niente, praticamente sfogliavo le pagine senza cogliere il filo degli eventi e men che meno il loro significato (o il non-sense); poi, lo scorso anno, l'ho rivalutato, perché lo ho affrontato con una consapevolezza diversa e vi ho trovato qualcosa che a mio gusto era interessante. Ma, ripeto, dovremmo essere così sereni da non giustificarci se un "grande romanzo" non fa breccia, in barba a tutte le polemiche letterarie. Che, poi, sono certa che tanti parlino dei classici senza mai averli letti. :)
Il sospetto che tanti parlino dei classici senza averli mai letto ce l'ho anche io... e alimenta un po' quell'altro pensiero, nel senso che probabilmente sanno che se ammettessero di non averlo fatto si beccherebbero una valanga di critiche (basti vedere cosa è venuto fuori da quel semplice e un po' ingenuo forte articolo uscito su Il fatto).
EliminaAnche io sono convinta che anche un classico, di cui si riesce magari a riconoscere il valore letterario, possa non piacere. Magari anche solo nel momento in cui lo leggi, per poi rivalutarlo più avanti.
Io rivendico da sempre il diritto di dire che un libro, qualunque esso sia, classico o contemporaneo, non c'è piaciuto :)
Sono millemila anni che ho l'ebook sull'ereader e non mi sono ancora decisa a leggerlo. Mi sa che me lo prendo di carta così mi sento più in colpa :D
RispondiEliminaAhahah "eh no, ora che ce l'ho cartaceo lo devo assolutamente leggere" :P
EliminaCiao:-) Sono nuova in questo blog e questo è il primo post che leggo:-) Sono anni che desidero leggere questo romanzo e per un motivo e per un altro non mi è stato possibile; così sono arrivata a 27 anni senza averlo mai letto. Ho deciso che lo farò al più presto: arriva sempre il momento giusto per leggere un classico ;-)
RispondiEliminaIo adoro i classici (ovviamente non tutti) ma sono d'accordo con te: tra un classico e l'altro fa sempre bene leggere qualcosa di contemporaneo. Buona serata, a presto :-) (Ti lascio l'indirizzo del mio blog così magari passi a trovarmi e restiamo in contatto https://ilmioangolosempreuguale.blogspot.it/ ).
Ben arrivata! :)
EliminaIo e mia sorella l'abbiamo adorato questo libro, forse perché coglievamo solo l'aspetto comico. Behemot vale tutta la lettura :D Woland l'ho visto più come un riparatore che si concede qualche licenza, che come una possibile presenza occulta e inquietante.
RispondiEliminaSecondo me alla prossima rilettura potresti gustarlo diversamente: io ho apprezzato i Promessi Sposi solo rileggendoli dopo la fine della scuola. E l'unica lettura obbligata che mi è piaciuta da subito è stata Cronache di poveri amanti.
I classici più indigesti per me: in primis Il giuoco delle perle di vetro (mai riuscito a finire), Conversazione in Sicilia, Le ultime lettere di Jacopo Ortis, Delitto e castigo, L'idiota, Il piccolo principe, La luna e i falò, e me ne sfuggono altri.
Dovrà passare qualche anno prima che decida di rileggerlo, però :) Poi credo che ci possa stare che ognuno ci trova qualcosa di diverso... l'ironia l'ho colta anche io, ma l'inquietudine è stata davvero tanta e ora come ora l'idea di rileggerlo mi mette l'ansia.
EliminaComunque sì, ci sono tanti classici indigesti :)
Ecco, tu parli di inquietudine e io ti capisco. L'ho letto credo quattro o cinque anni fa, per mio zio è il libro più bello, per una cara amica è un capolavoro, così l'ho letto. Ho avuto paura, Voland mi metteva ansia e certe volte non volevo proseguire per paura di quello che sarebbe potuto succedere, Certe parti ho fatto fatica a comprenderle, altre invece mi hanno divertita. Tra me e gli autori russi non c'è feeling, e tra i classici che ho letto questo è stato il più complesso e il meno amato. Sono comunque contenta di averlo affrontato, almeno posso esprimere un'opinione liberamente, sentendomi, in fondo, un po' più ricca.
RispondiEliminalo lessi per la prima volta quando uscì per einaudi. lo amai follemente.sapevo a memoria dei brani. e li so tuttora. sono di parte:secondo me questo è uno dei libri meravigliosi del 900. lo lessi come leggo qualsiasi altro libro e invece mi colpì come un mattone.grazie all'olio di girasole.
RispondiEliminaNoi lettori dovremmo essere liberi di parlare male o bene di tutti i libri, ammetto che, per mia esperienza, i classici sono state spesso letture intense e folgoranti (penso a Furore, Anna Karenina e tutto quello che ho letto di Dickens), cosa che con i libri contemporanei mi capita di rado.
RispondiEliminaIo lessi il Maestro e Margherita al liceo e mi piacque molto, però l'ho capito meglio, quando anni dopo, ho ascoltato la lettura su radio 3.
Io credo che molti classici non siano da leggere da ragazzi, ma invece siano da spalmare in una vita.
Un paio d'anni fa, ho fatto una lista dei 250 libri da leggere assolutamente... nella mia vita, naturalmente ho inserito tantissimi classici, ma anche libri belli e dimenticati, libri importanti per una data epoca e scrittrici sottovalutate, conto di gustarmeli tutti, quindi se leggerò Delitto e castigo a 50 anni, ben venga!
Ho letto Il Maestro e Margherita per la prima volta a 22 anni. Poi irresistibilmente circa ogni tre anni... Ora devo essere arrivato almeno alla 15ma volta.
RispondiEliminaLo riprendo in mano quasi per caso,, inizio a leggere e... non so più fermarmi. Tre fantastiche storie che sempre più si intrecciano e convergono in un finale affascinante. Il più bel libro della mia vita. Ma ho tutto il rispetto per coloro a cui non è piaciuto.
Emilio
Mi succede quasi lo stesso. Letto per la prima volta al liceo, pescato a caso tra i libri della biblioteca del dopolavoro che frequentava papà
Elimina. Lo rileggo ciclicamente (ormai ho quasi 60 anni)e vi trovo sempre qualcosa di nuovo, di bello, di commovente. E' il mio libro. Quello per il quale vorrei imparare il russo per godermelo in lingua originale.