"Per quale motivo la gente viene qui?", ribatté Ricky.
Philippe si soffermò per qualche istante a ponderare la domanda. "Perché ci viene da sempre", rispose.
Ancora una volta mi ritrovo a dover iniziare una recensione parlando delle aspettative. Sono una brutta bestia, le aspettative. Soprattutto se non è nemmeno ben chiaro da dove derivino. Bastano davvero una copertina, un bel titolo e una quarta ben scritta per spingere un lettore ad acquistare (o farsi regalare, nel caso specifico) e leggere un libro? Certo, sì. Una bella copertina, un bel titolo e una bella quarta possono fare molto di più nella mente di un lettore: portarlo a immaginarsi qualcosa, a costruirsi nella mente un'idea che poi, molte volte, potrebbe rivelarsi sbagliata e compromettere così la percezione di quello che ha letto.
Questa lunga premessa è per dire che da Café Julien di Dawn Powell, edito da Fazi editore con la traduzione di Silvia Castoldi, mi aspettavo qualcosa di molto diverso. Probabilmente se avessi scritto questa recensione a caldo, anziché "molto diverso" avrei scritto "molto di più". Ma riflettendoci mi rendo conto che parte di questa mia delusione, perché sì una delusione c'è stata, deriva dalle mie aspettative che non so da cosa siano nate.
Come il titolo suggerisce, il romanzo dovrebbe ruotare attorno al Café Julien, un celebre locale newyorchese frequentato da una serie di avventori abituali. C'è chi va lì ogni giorno aspettando l'arrivo del suo amore e chi in cerca di un uomo che la mantenga, chi in cerca di fama e gloria e chi per ripercorrere la vita di un celebre pittore ormai scomparso e per questo ora rivalutato, che era solito frequentare il locale. Tutta una serie di personaggi diversi tra loro, quindi, che ben rappresenta la New York degli anni '40 e i suoi archetipi principali, fotografati nel punto di incontro del Café Julien, che rimane sempre uguale a se stesso nonostante gli anni che passano. Fino a che le vite di tutti i protagonisti in qualche modo si risolvono e il locale sembra non avere più ragione di esistere.
Il grosso problema di questo libro per quanto mi riguarda è che il Café Julien fa solo da sfondo, da punto di passaggio per ognuno di questi personaggi. Per carità, all'inizio del libro e alla fine svolge un ruolo fondamentale, soprattutto per due dei suoi protagonisti, Rick Preston e la sua amata Ellenore, però al centro del libro si perde un po', lasciando troppo spazio agli altri protagonisti quando invece avrebbe dovuto avere un luogo chiave.
Non voglio dire che Dawn Powell scriva male, questo no. Alcune situazioni sono molto divertenti e ben descritte. C'è qualcosa, però, che non funziona. Come se l'autrice stessa a un certo punto perdesse un po' le fila di quello che stava raccontando (vuoi per i troppi personaggi o per i troppi intrecci) e cercasse in ogni modo di recuperarle alla fine.
Quella di Café Julien è stata una lettura molto più faticosa di quanto pensassi, soprattutto nella parte centrale (a un certo punto, a circa 150 pagine dalla fine, ho addirittura pensato di mollare tutto). Un po' si riprende nel finale, questo sì, ma sicuramente il libro non è stato all'altezza delle eccessive aspettative che avevo nei suoi confronti.
Non so quindi dirvi onestamente se sia un bel libro oppure no. Mi ha affaticata e un po' annoiata, questo sì. Ma potrebbe anche essere stata colpa mia.
Non so quindi dirvi onestamente se sia un bel libro oppure no. Mi ha affaticata e un po' annoiata, questo sì. Ma potrebbe anche essere stata colpa mia.
Peccato.
Titolo: Café Julien
Autore: Dawn Powell
Traduttore: Silvia Castoldi
Pagine: 340
Editore: Fazi editore
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formato brossura: Cafè Julien
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