La pensione Palomar aveva tutta l'aria di un posto di passaggio, simile a una piccola stazione di paese ficcata in mezzo alla campagna. Eppure intorno tutto era città. Agglomerati di cemento, strade lunghe chilometri, palazzi alti da non vederne la fine. Con i suoi due piani, vecchia come molte vite, se ne stava lì a testimoniare di un tempo che non era più.
Milano è una città che conosco poco e che, devo essere sincera, non mi ha mai attirata. Mi ha sempre dato l'idea di una città grigia, più grigia della Torino che tanto amo in questa stagione, una città spenta, piena di nebbia, in cui è facile perderti e scomparire in mezzo alla folla, senza che nessuno se ne accorga. Sicuramente è perché la conosco poco e perché sono un po' troppo campagnola per riuscire a immaginarmi a mio agio a camminare tra le sue vie.
Eppure, un salto alla pensione Palomar, in quel quartiere della periferia milanese dove è ambientato Le fragili attese di Mattia Signorini, ce lo farei volentieri.
Mi piacerebbe andare a conoscere Italo, che la gestisce da quarantasette anni, da quando è arrivato a Milano in fuga dalla campagna per cercare lavoro come operaio e ha invece deciso di rilevare quella palazzina con i soldi che aveva da parte. Mi piacerebbe mangiare una crostata di Emma, la mattina per colazione. Sedermi a giocare a carte con Adolfo Trento, che proprio in quella pensione va in villeggiatura ogni anno, e con Lucio Ormea, arrivato in città per cercare un padre che non l'ha mai voluto. Mi piacerebbe sentire Ingrid suonare l'arpa di notte e chiedere a Guido come si fa a insegnare l'inglese a una bambina muta.
Sono loro che popolano la pensione Palomar nella sua ultima settimana di apertura. Eh sì, perché Italo ormai è anziano e ha deciso che è giunta ora di chiudere e di dedicarsi un po' a se stesso, di fare un viaggio, magari, sebbene avere una pensione sempre piena è un po' come viaggiare, perché chiunque arriva porta un con sé un posto e la sua storia.
Sono loro che in quest'ultima settimana di apertura si ritrovano a condividere fragilità e paure, passato e presente, in cerca del loro posto nel mondo, dopo che quello che avevano pensato per loro è stato distrutto o non è mai esistito.
Non ci rendiamo mai conto di cosa stiamo diventando. Succede tutto in un momento. È come se la vita bussasse alla nostra porta, mentre prima se ne stava comodamente sulla soglia, senza disturbare, e d'un tratto ci dicesse: sto passando.
L'espediente scelto da Mattia Signorini non è certo originale. Prendere dei personaggi e metterli insieme in un albergo, in un condominio, in un contesto in cui volenti o nolenti devono interagire tra loro non è una cosa nuova in letteratura. Eppure, il senso di già letto, già sentito, non c'è. Forse perché ognuno dei personaggi che ruota intorno alla pensione Palomar porta con sé una sua storia molto particolare. Ognuno ha suo dolore che tiene ben nascosto e che lo porta a comportarsi in modo strano nel presente. Ognuno sta vivendo una fragile attesa, come dice il titolo, di un cambiamento, di qualcosa che lo riscatti o che gli permetta di ritornare a essere felice.
È un libro poetico Le fragili attese. Un libro delicato, se questo aggettivo può avere senso associato a un libro. Il problema è che è talmente tanto delicato, a volte, che manca la dovuta profondità in certi personaggi (la storia di Guido e di Penelope, e un po' anche quella di Emma, ad esempio) . Forse è voluto, perché di una persona non puoi poi conoscere così tanto in una sola settimana, forse lo stesso Signorini aveva paura di rompere tutte queste fragilità se avesse detto di più.
Nel complesso comunque, Le fragili attese è stata una bella lettura. Dolce e amara, triste e allegra, come lo sono tutti i romanzi che parlano di ricordi e di occasioni, mancate o ancora da cogliere. Ed è perfetto per l'autunno, non solo per i colori della copertina o perché è ambientato a Novembre, ma perché è l'emozioni che trasmette assomigliano molto, almeno per quanto mi riguarda, a quelle che mi lascia questa stagione, in cui tutto prima si colora e poi muore, per poi rinascere ancora.
Nel complesso comunque, Le fragili attese è stata una bella lettura. Dolce e amara, triste e allegra, come lo sono tutti i romanzi che parlano di ricordi e di occasioni, mancate o ancora da cogliere. Ed è perfetto per l'autunno, non solo per i colori della copertina o perché è ambientato a Novembre, ma perché è l'emozioni che trasmette assomigliano molto, almeno per quanto mi riguarda, a quelle che mi lascia questa stagione, in cui tutto prima si colora e poi muore, per poi rinascere ancora.
Anche se non sono così convinta che tutto questo, nella nebbia milanese, si veda.
Titolo: Le fragili attese
Autore: Mattia Signorini
Pagine: 250
Editore: Marsilio
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formato brossura: Le fragili attese
formato ebook: Le fragili attese (Romanzi e racconti)
E' un libro che ho letto e che devo ancora recensire, la curiosità mi ha portato a leggere il tuo pensiero e credo che tu abbia colto perfettamente tutti gli aspetti che questa lettura ci propone.
RispondiEliminaCuriosa di leggere poi anche la tua recensione allora! :)
Eliminacondivido quasi ogni parola :) comprese le impressioni su Milano, l'ho frequentata parecchio ma non mi ci sono mai affezionata...
RispondiEliminaIo ammetto di averla frequentata molto poco, quindi forse la mia impressione è un po' frettolosa. Però boh, ci abito a un centinaio di km di distanza e non mi viene mai voglia di dire "ok, oggi prendiamo e andiamo a fare un giro a Milano". Non lo so, mi sembra una città triste...
Eliminami ispira molto, ne avevo letto bene altrove e penso lo leggerò...
RispondiEliminaE' sicuramente un bel libro che merita la lettura. A me è mancato qualcosina per renderlo perfetto, ma non sono per niente pentita di averlo letto, anzi!
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