martedì 22 settembre 2015

Ci vedo, e se non ci vedessi metterei gli occhiali... ovvero piccola invettiva contro i libri scritti a carattere 18 per farli sembrare più lunghi.

Ieri, mentre ero in coda dal medico, tra un pettegolezzo di una vecchina e un informatore saccente, ho letto Miracolo in libreria di Stefano Piedimonte.

Sul merito del libro entrerò in seguito, perché il fastidio provato per l’edizione, l’impaginazione e l’aspetto grafico in generale hanno preso un po’ il sopravvento sulla mia percezione del libro. Al punto che forse dovrò addirittura rileggerlo.
Miracolo in libreria è un racconto, che sono riusciti a spalmare su 77 pagine con espedienti differenti: l’aggiunta di qualche capito di un libro citato nel racconto sul fondo, un carattere enorme, un’impaginazione bislacca che fa sembrare il testo una lunga colonna. Prezzo di copertina: 7€. Che ci sta anche, perché se si pensa ai costi della copertina, della stampa, etc etc, tutto sommato non è una cifra così elevata.

È che a me, queste cose fanno un po’ arrabbiare. Visto che se lo impaginate normalmente e lo scrivete con un carattere normale, il racconto sarebbe venuto si e no di 20 pagine, non si poteva o aspettare che l’autore ne scrivesse un altro o aggiungerlo in calce a un romanzo, come contenuto extra?
La risposta, ovviamente, è no, perché loro ci guadagnano meno.


Il caso più clamoroso che io ricordi è sempre della Guanda, quando ha fatto uscire Tutti mi danno del bastardo di Hornby in un volumetto a 9€, quando in lingua originale era uscito solo in ebook a 0,99€. Mi ero arrabbiata anche se lo avevo comprato in originale e in ebook, perché capisco che Hornby è un nome che attrae e che quindi in molti lo avrebbero comprato, ma al tempo stesso viene mancare, secondo me, il rapporto di fiducia con i lettori che un po’ si sentono presi in giro. (Anche perché quel racconto funzionava solo come ebook  o dentro a una raccolta, da solo no).
Guanda comunque non è l’unica a fare questi giochetti. Mi viene in mente Rizzoli e il libro dei Carofiglio brothers, che per compensare avevano aggiunto in fondo delle ricette di cucina,  e/o con un Carlotto , per citare solo i casi in cui io ci sono cascata come una pera. Ma penso che tutti gli editori almeno una volta lo abbiano fatto.

Io, da lettrice, lo trovo irritante. È non è solo una questione economica. Cioè, anche sì, sarebbe inutile negarlo. Ma è il concetto in sé che trovo sbagliato. Devi fare cassa? Ok, ma dato che il lettore è chi ti permette di farla, magari dagli qualcosa in più di un libro scritto a carattere 18 e con margini enormi. Perché di fronte a una presa in giro tanto evidente, secondo me, ne rimette anche il contenuto del libro. Può essere un capolavoro, può essere riconosciuto come tale dal lettore meno irritabile come me, ma un pochino di amaro in bocca, pensando ai caratteri giganti o ai margini, rimarrà anche di fronte al libro più bello.

Lo so, in parte è anche colpa mia e, più in generale, di chi lo compra. Perché vuol dire che comunque, per quanto sia una presa in giro, funziona. Soprattutto con i  nomi che attirano, di cui magari si aspetta per anni un libro (ed è il caso di Hornby, ad esempio) o verso i quali si ha una certa curiosità o entrambe le cose (tipo il libro dei fratelli Carofiglio… ormai di Gianrico si venderebbe anche la lista della spesa).

(© Paweł Jońca)
Considerando anche le difficoltà del mondo dell’editoria e, soprattutto, di quello dei lettori, sempre più in calo (poi una volta o l’altra parleremo anche di nuovo di #ioleggoperché, eh…) secondo me espedienti del genere non andrebbero utilizzati, perché rischiano di allontanare ancora di più.

La cosa buffa è che io sono una grandissima amante dei racconti. Leggo tantissime raccolte, soprattutto monoautore, ma mi è capitato anche antologie. Quindi questa mia avversione non è assolutamente per il genere, ma per il modo in cui spesso viene presentato. E in parte secondo me l’avversione per questo genere è dovuta anche al fatto che spesso i singoli racconti vengono venduti e presentati da soli, come libri a se stanti, per cui si crea un effetto di aspettative-delusione, perché troppo corto, perché mi aspettavo più approfondimento da un libro singolo, etc etc…

Mi spiace davvero per Miracolo in libreria di Stefano Piedimonte, per essere stata l’origine (o forse la goccia…) di questo post. Anche perché tra un irritazione e l’altra, la storia in sé non mi è dispiaciuta per niente. Sicuramente lo rileggerò, anche perché ci vanno meno di venti minuti.


Mi rendo conto che questo post è in realtà una polemica molto personale, perché se io detesto questi libricini c’è magari chi invece li adora e quindi lo troverà completamente inutile. Però, ecco, volevo comunque condividere questo mio disagio.

16 commenti:

  1. Spesso e volentieri (al di là di questi pseudo giochetti da venditori da strapazzo) gli editori dimenticano l'importanza della qualità grafica e visiva di un libro. Anche io trovo irritante quanto hai detto, anche perché io ho pagato un libro perché esso possa essere godibile: il carattere non deve essere 18, ma non deve essere nemmeno 10; l'interlinea non deve essere di 3 punti, ma nemmeno inesistente! Evidentemente gli editori hanno problemi sia coi libri troppo piccoli, cercando di annacquarli, sia coi libri troppo grossi, cercando di rimpicciolirli.

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    1. Hai perfettamente ragione! Esiste anche il problema opposto! Libri "compressi" con carattere e interlinea fastidiosi che alla fine li rendono illeggibili tanto quanto quelli scritti giganti!
      In un caso ci guadagnano su poche pagine, nell'altro forse puntano a risparmiare... e in quel caso oltre agli occhiali ci va la lente di ingrandimento!

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    2. Purtroppo è una cosa che ho riscontrato soprattutto sui classici della Garzanti e della Bur, che spesso e volentieri studiavo per l'università. A fine giornata mi ritrovavo con gli occhi in uno stato pietoso!

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  2. A me era capitato con un libretto di Nicolas Barreau, in cui si raccontava come si erano conosciuti i genitori della protagonista del suo romanzo più famoso. Erano forse 20 pagine di racconto, e alla fine per fare volume ci hanno infilato le ricette del menu preparato dai protagonisti. Prezzo 9 euro, mi pare. Una presa in giro. Io credo che la cosa migliore quando si tratta di un racconto singolo sia infilarlo come extra in un romanzo. In questo caso per esempio, avrebbero potuto fare una nuova edizione del libro in questione e infilarlo in fondo, oppure metterlo in uno dei successivi. In America per esempio Rick Riordan ha fatto così con alcuni racconti di Percy Jackson, che sono stati infilati qui e là alla fine di alcuni dei volumi e poi sono usciti in una raccolta. Libri cosi sono ceramente una fregatura per il lettore .-.

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    1. Quello delle ricette è un espediente molto usato... Che poi per carità, a volte possono tornare utili. Però amplificano anche un po' l'effetto fregatura, secondo me.

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  3. conosco quel fastidio...
    io non amo i libri scritti troppo in piccolo, ergo cerco di evitare le edizioni da 1 euro, però che mi si spacci un racconto, per un libro meritevole di 10 euro e 80 pagine, ecco lo trovo altresì antipatico

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    1. Beh sì, anche io quelli scritti minuscoli non riesco a leggerli XD E odio anche quelli con la carta sottilissima, per non fare troppo spessore.
      Però qui si è all'eccesso opposto e, soprattutto, con il chiaro intento di "imbrogliare" il lettore... e mi fa proprio arrabbiare!

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  4. Sono perfettamente d'accordo con te! Odio queste impaginazione fatte solo per occupare spazio... è una cosa che mi capita di notare a volte nella narrativa per ragazzi: caratteri enormi, frasi parecchio distanziate e margini larghi... mi fa sentire parecchio presa in giro, come se fossi un po' stupida perché non sono in grado di sopportare la vista di una pagina scritta fitta... e così magari un libro che sarebbe da duecento pagine scarse finisce per averne trecento, per avere una copertina rigida e costare almeno quindici euro... quando trovo queste impaginazioni a volte mi fanno passare la voglia di comprare il libro per principio, sinceramente spero che un giorno le case editrici smettano...

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    1. Ti capisco perfettamente, pur non leggendo narrativa per ragazzi. Temo però che le case editrici non smetteranno mai di farlo, perché ci guadagnano di più, tenendo il prezzo di copertina più alto.
      E' una grande presa in giro, secondo me.

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  5. Parole sante! Io non sono un'assidua lettrice di racconti, ma spesso l'idea di leggerli è accantonata proprio dalla forma in cui appaiono, e non mi riferisco solo alla beffa dei caratteri, ma anche alla vendita di un racconto di poche pagine, anche se scritte con un onesto Times 11, alla cifra di un romanzo tascabile. Ti ho già accennato a Zweig, dal cui Mendel dei libri sono rimasta narrativamente incantata ed editorialmente traumatizzata, e il pensiero di spendere tutti quei soldi (sì, è anche questione di questo) per qualche minuto di lettura, anche se di elevata qualità, mi dà sui nervi. I racconti, a mio parere, dovrebbero essere pubblicati in raccolte o, almeno, in un insieme sufficiente a superare prese in giro come queste... altra cosa sono i romanzi anche molto corposi che, però, vengono pubblicati con margini e caratteri giganti per lo stesso motivo e che irritano ugualmente. Ci vedo una grande mancanza di rispetto.

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    1. Sì, c'è una mancanza di rispetto verso i lettori molto forte, secondo me. Sia come nei casi di Zweig (che io avevo preso in biblioteca, quindi forse è per quello che non mi aveva traumatizzata troppo), sia in quelli dei racconti a carattere 18 e anche, come dici tu, nei romanzi corposi che non avrebbero bisogno di alcun espediente editoriale.
      Solo che dubito che finché ci sarà chi li compra (io per prima, allocca come sono) non cambierà mai.

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    2. Ma Mendel non è mica fatto male! Nel senso, non è così "furbo"; è un raccontino e basta. Quello che credo intendesse Elisa è legato alla convinzione di alcune case editrici di aver a che fare con degli idioti, lettori superficiali non in grado di capire che impaginazione e font servono soltanto a non cadere al di sotto del minimo sindacabile (leggi: minimo accettabile per esigere il prezzo x). Se è questo che intendevi, Elisa, sono completamente d'accordo.

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    3. Certo, ma secondo me è comunque poco onesto vendere tanti raccontini di Zweig a prezzi esorbitanti. Mendel è onestissimo nei caratteri, come dicevo, ma 7 euro per una sottiletta di 50 pagine non ci stanno (Il Mondo di ieri ne ha 371 dense il doppio e costa 9,50).

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    4. Sì, nella mia invettiva ce l'avevo con quanto dice Maria e quella pratica di impaginare in colonna e aumentare i caratteri per far sembrare un racconto più lungo. E' una delle pratiche che più detesto dell'editoria di oggi.
      Però concordo anche con Cristina, almeno in certi casi. Se un autore ha pubblicato più di un racconto, perché non metterne due in un volume (ovviamente con un senso logico) e fare un prezzo normale, anziché solo uno a un prezzo folle?

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    5. Io stavo per comprare delle onestissime 500 e passa pagine di Georges Perec a meno di dieci euro - La vita istruzioni per l'uso - ma mi è passata la voglia quando ho visto il carattere minuscolo! Non vedo perché devo andare in giro a dire di aver letto un libro di 572 pagine quando scritte in modo leggibile ne avrebbe almeno 800 :)

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  6. Concordo! Ed è pure irritante quando ci si trova con libri scritti con caratteri minuscoli. Ho appena letto Sacred Games di Vikram Chandra (edizioni Faber), 947 pagine scritte con un carattere molto piccolo, forse un 10pt., e molto fitte. Ho faticato parecchio ed ho impiegato molto più tempo di quel che pensavo a leggerlo!

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