«Gli anni congelati, quelli, sono sempre con me. Impressi nelle mie cellule. Nel mio DNA». Faccio una pausa. «Quegli anni, in realtà, sono la materia di cui sono fatta».
Katherine Carlyle ha diciannove anni. Ne avrebbe ventisette se l’ovulo da cui è nata fosse stato fecondato subito e non congelato per otto anni, ad aspettare che (e se) arrivasse il suo momento.
Il lettore Katherine, protagonista dell’omonimo romanzo di Rupert Thomson, da poco uscito per NN editore con la traduzione di Federica Aceto, la conosce per la prima volta così, quando è ancora un ovulo che attende impaziente il suo momento di essere fecondato.
Poi la ritrova diciannove anni dopo, a Roma, dove si era trasferita con i genitori per soddisfare uno degli ultimi desideri della madre morente. Ora la madre non c’è più, il padre, corrispondente di guerra, è un po’ come se non ci fosse mai stato e Katherine, in procinto di partire per il college a Oxford, sente di avere qualcosa in sospeso da tutta la vita. E quindi, anziché per Oxford parte all’avventura, seguendo le strane coincidenze che le capitano e che la porteranno sempre più a nord, sempre più al buio e al freddo. Proprio dove la sua esistenza è cominciata.
È un libro strano, Katherine. Un libro il cui senso si scopre piano piano, seguendo, spesso un po’ a fatica, questa ragazza nelle sue strane avventure presenti, nei suoi ricordi del passato e nelle cose che immagina succederanno. È così che scopriamo il forte legame che aveva con la madre e il senso di colpa che prova per la sua morte. È così che scopriamo il rancore verso il padre, colpevole di non averla forse mai voluta abbastanza, e le cui attenzioni, in un modo o nell’altro, ricerca da sempre in modo disperato. È così che scopriamo le sue insicurezze, il suo desiderio di capire, di ritrovare se stessa e, soprattutto, quanto l’essere stata lasciata otto anni in un congelatore prima di nascere abbia condizionato tutta la sua vita.
Ed è il modo in cui è stato affrontato questo tema, che poi è il tema principale, quello che muove tutto il libro e che farà arrivare Katherine in una remotissima isola del nord dove fa sempre freddo ed è sempre buio, ad avermi lasciata un po’ più perplessa. Davvero ci si può ricordare di quegli anni d’attesa? Davvero, se non ricordare, ce li si può immaginare al punto da far sì che condizionino tutta la propria esistenza?
Ed è il modo in cui è stato affrontato questo tema, che poi è il tema principale, quello che muove tutto il libro e che farà arrivare Katherine in una remotissima isola del nord dove fa sempre freddo ed è sempre buio, ad avermi lasciata un po’ più perplessa. Davvero ci si può ricordare di quegli anni d’attesa? Davvero, se non ricordare, ce li si può immaginare al punto da far sì che condizionino tutta la propria esistenza?
Rupert Thomson, attraverso la sua Katherine, immagina proprio di sì. E immagina anche che questo possa portare una ragazza di diciannove anni a mollare tutto e partire all’avventura, seguendo un nome sentito in un cinema o affidandosi a strani personaggi incontrati per caso fuori da un teatro. Ma per il lettore, invece, riuscire a immaginarsi tutto questo è un po’ più difficile. Così come è difficile seguire i pensieri di Katherine, comprenderne appieno le motivazioni, accompagnarla in questo suo viaggio un po’ folle per poi lasciarla in un finale forse un pochino prevedibile.
Non so se il non avere più diciannove anni e non essere effettivamente nata da una fecondazione in vitro abbia condizionato la mia lettura. (Una volta arrivata alla fine, in effetti, ho pensato che fosse più un romanzo per ragazzi, perché forse se si ha quell'età è più facile identificarsi o per lo meno avvicinarsi ai turbamenti e ai dubbi esistenziali della protagonista).
Non so se è stato un problema mio o un problema del libro, insomma. Però, ecco, per quanto davvero abbia capito il senso del viaggio di Katherine e, in parte, alcune delle sue cose in sospeso, è stata una lettura faticosa. I temi che tratta sono sicuramente importanti (la ricerca di se stessi, il venire a patti con il passato e con i propri sensi di colpa, giustificati o meno, il bisogno d’affetto e d’amore) e danno sicuramente parecchio da riflettere, ma sono stati sviluppati in un modo troppo macchinoso, per cercare di renderli ancor più interessanti.
Peccato.
Peccato.
Titolo: Katherine
Autore: Rupert Thomson
Traduttore: Federica Aceto
Pagine: 300
Editore: NN Editore
Prezzo di copertina: 17,00€
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formato brossura:Katherine o gli inattesi colori del destino
formato ebook: Katherine