venerdì 25 luglio 2014

La correttezza paga, e se non paga sei fuori...

Non so se l'avete notato, ma qualche giorno fa, sulla colonna laterale del blog, è spuntato un piccolo banner che recita: "La correttezza paga e se non paga sei fuori". Questo, per intenderci:



Avrei forse dovuto spiegarvene il significato, ma se bazzicate un po' la blogosfera vi sarete già imbattuti in diversi post che spiegano cos'è e come funziona. In parole povere, ci sono editori che non pagano i propri collaboratori: non pagano i traduttori, non pagano gli editor, i grafici e nemmeno gli autori. Crisi economica? In parte sicuramente, visto che sta colpendo un po' tutti. Furbizia? In parte anche questa, ti pago poco, ti pago tardi, ti pago male, non ti pago e basta, tu ci perdi, ma io ci guadagno un sacco.

E che ci possiamo fare noi, se gli editori non pagano? Semplicemente, evitare di dare loro visibilità. Quindi, l'iniziativa prevede di non recensire o pubblicizzare in alcun modo i libri di questi editori. Perché non se lo meritano.  Esiste una lista, non pubblica per evitare querele, di questi editori poco virtuosi, che viene stilata dietro a segnalazioni da parte dei collaboratori stessi e che può essere richiesta in ogni momento agli organizzatori dell'iniziativa. L'idea della lista di segnalazione era partita dal blog della traduttrice Federica Aceto) . Per avere spiegazioni più dettagliate e precise sui meccanismi vi rimando a tre blog,  Holden & Company (da cui è nata l'idea), Bookblister  (che ha scritto il primo post sull'argomento) e Giramenti (che è da dove l'ho scoperto io).

Io ho deciso di aderire all'iniziativa fin da quando ne ho sentito parlare la prima volta, anche se con qualche titubanza. 
Mi sono domandata infatti cosa possa cambiare a un editore se io, piccolo blog, non parlo di un lui nei miei post. Se non recensisco un loro libro o non ne parlo agli altri. All'inizio credevo niente, sarò sincera, e ho aderito più per senso etico e morale che non per reale convinzione di efficacia.
Poi però mi sono ritrovata a leggere, perché ormai ce l'avevo in casa, un libro pubblicato da uno degli editori segnalati come non virtuosi , anche se in questo caso ancora in forse. Un libro davvero molto bello, di quelli di cui avrei voluto condividere diverse frasi e citazioni, e che avrei recensito con grande entusiasmo. E' stato molto difficile per me trattenermi, perché quando ho di fronte un libro così bello la voglia di consigliarlo e condividerlo è davvero tanta. Da lì, mi è venuta anche voglia di dedicare un intero post all'iniziativa, perché era giusto che dicessi la mia, senza limitarmi a condividere un banner.

Ho pensato che io ho letto questo libro perché qualcuno ci ha lavorato. Uno scrittore l'ha scritto, certo. Un editore ne ha comprato i diritti, ovvio. Ma poi un traduttore lo ha tradotto, un editor lo ha corretto, qualcuno lo ha impaginato, stampato, portato con il furgone in libreria, prima che arrivasse sul mio comodino. Se mancasse uno di questi passaggi, il libro al lettore non arriverebbe (ok, io lo posso leggere anche in lingua originale, ma non è questo il punto). Perché quindi uno di questi passaggi non dovrebbe essere pagato da chi, con questo libro, poi ci guadagna?
Per cui non ho scritto frasi e citazioni sui social, non ho detto a nessuno che lo stavo leggendo e, una volta finito, non l'ho recensito. Perché mi sono resa conto che probabilmente, se lo avessi fatto, almeno un lettore incuriosito sarebbe corso a comprarlo. Se gli fosse piaciuto, a sua volta ne avrebbe incuriosito un altro, e poi un altro e un altro ancora (ora, magari non si trasformerà in un best seller per una mia recensione, però un pochino a vendere, se positiva, credo possa aiutare). Oppure avrei pubblicato una frase, che sarebbe stata condivisa, ricondivisa e ancora condivisa, senza che nessuno si preoccupi del fatto che il traduttore che l'ha resa in italiano potrebbe non averci preso un soldo. 
Insomma, qualcosina se io un libro lo recensisco o meno, se ne parlo o meno, all'editore poco virtuoso cambia eccome.

A scanso di equivoci (io sono certissima della buona fede e dell'onesta di chi raccoglie i dati per queste liste, ma so quanto sia facile accusare e dubitare, al giorno d'oggi), non mi affiderò solo alla lista ricevuta, ma prima di recensire, se in dubbio, contatterò il traduttore dell'opera per chiedere direttamente come si è comportata la casa editrice nei suoi confronti. Non sempre riceverò risposta (nel caso specifico, in effetti, non l'ho ricevuta) e quindi potrà anche capitare che un libro edito da un editore che non paga i collaboratori ancora trovi visibilità qui, sul blog. Ma non saprei come altro fare, onestamente, e mi scuso già in partenza se questo succederà.

Concludo con un appello agli editori. Cari editori, fate un bel lavoro, pubblicate (almeno in questo caso) libri davvero molto belli, ci investite sicuramente tanto tra l'acquisto dei diritti e la stampa, ma dovete anche ringraziare chi su questi libri ci lavora, prima che arrivino sugli scaffali delle librerie, con il vostro nome stampato sopra. Non rovinate tutto facendo i furbi, che rovinate tutto il lavoro che avete fatto per portarci un bel libro.

mercoledì 23 luglio 2014

STORIA DEL NUOVO COGNOME - Elena Ferrante

Ed ecco che anche io sono ufficialmente entrata nel tunnel di Elena Ferrante e della sua saga dell'Amica Geniale. Sapevo che sarebbe successo fin da quando ho aperto il primo volume e letto le prime cinquanta pagine. E' impossibile non appassionarsi a questa storia.

In Storia del nuovo cognome ritroviamo le due protagoniste, Lenù e Lila, esattamente dove le avevamo lasciate. Lila si è appena sposata con Stefano, Lenù frequenta il liceo e ancora sta con Antonio, pur essendo innamorata di un altro. La loro storia continua, quindi, tra i vicoli di Napoli, tra le due macellerie e il negozio di scarpe, tra la guerra che arriva e gli amici che partono, tra rivalità e invidie, tragedie, gioie, pianti e botte. 
Sono ancora uguali, Lenù e Lila, anche se stanno crescendo. E ancora uguale è la loro amicizia, quello strano rapporto di odio e amore, che le avvicina e le allontana, che le fa stare bene e le fa soffrire, e di cui pare che nessuna delle due riesca a fare a meno. Lila è sempre combattiva, altezzosa, prepotente. Sembra sempre così sicura di sé, dei suoi mezzi e dei sui sentimenti, anche quelli più forti e travolgenti. Si sente fragile solo quando si paragona a Lenù, la ragazza studiosa, la ragazza che andrà all'università e che non è bloccata in un matrimonio che è tutto fuorchè felice. E per combattere questa sua fragilità fa di tutto per umiliare l'amica, per sminuirla, per dimostrarle che se avesse voluto, lei avrebbe potuto ottenere molto di più. E Lenù ci sta male, cade in insicurezze e paure che non sempre riesce a fronteggiare. Eppure non fugge, non lascia Lila, nemmeno quando vorrebbe davvero farlo. Magari si allontanano per giorni, per mesi, ma poi si ritrovano sempre. Vivono una per l'altra, forse senza nemmeno rendersi conto quanto.

La forte antipatia che provo nei confronti di Lila e l'affetto che sento di provare per Lenù, pur essendo un personaggi di un libro, mi fanno capire ancora di più quanto incredibilmente brava sia Elena Ferrante nel tratteggiare i suoi personaggi e farli interagire, quanto brava sia nel descrivere tutti i sentimenti più strani e nascosti che un'amicizia si può portare dietro. 

Bisognerebbe leggerli tutti in fila, questi libri. Un po' perché staccandosi e riprendendo tempo dopo il volume successivo si rischia di perdersi qualche pezzo per strada. Tante cose ci sono da ricordare e, sebbene ci sia un piccolo riassunto all'inizio, ci va qualche pagina per immergersi nuovamente nella storia senza provare confusione. E poi soprattutto perché, una volta dentro, tra la quotidianità di queste due ragazze e la loro vita, la storia ti cattura così tanto che, non appena giri l'ultima pagina, già ne senti la mancanza. Hai bisogno di saperne di più, di sapere cosa succederà a queste due ragazze, se ce la faranno, se realizzeranno i loro sogni e se, nonostante tutto, riusciranno davvero a rimanere amiche.

Insomma, leggete Elena Ferrante, leggete i volumi di L'amica geniale (che al momento sono tre, ma che a settembre dovrebbero diventare quattro e lì concludersi) e lasciatevi portare in queste strade, in queste vite. Non potrete assolutamente rimanerne delusi.

Titolo: Storia del nuovo cognome
Autore: Elena Ferrante
Pagine: 480
Anno di pubblicazione: 2012
Editore: e/o
ISBN: 978-8866321811
Prezzo di copertina: 19,50 €
Acquista su Amazon:

Due titoli, un solo libro: ma perché? #87

La prima volta che sono andata a Londra, ho fatto una sorta di tour cinematografico nei luoghi in cui sono ambientati alcuni dei film e libri che più amo. Ho fatto tutto il giro Harry Potter, ad esempio: la via che è fonte di ispirazione di Diagon Alley, il binario 9 e 3/4, la stazione; sono andata a Portobello a canticchiare Portobello road da Pomi d'ottone e manici di scopa, e poi sì, ovviamente, sono andata anche a cercare la famosa porta blu e la libreria di viaggi di Hugh Grant in Notting Hill (senza trovarla, tra l'altro). Un film che riguardo sempre volentieri, quello, al pari di C'è posta per te.
Questa lunga premessa è perché la puntata della rubrica di confronto dei titoli di oggi è dedicata proprio a Notting Hill. Al pari di New York, Tiffany e Parigi, il celebre quartiere di Londra compare sempre più spesso nei titoli dei romanzi rosa. Forse proprio grazie al film, che l'ha trasformato nell'immaginario collettivo come il luogo romantico per eccellenza.

Nello specifico vi parlerò di tre libri, due scritti dalla stessa autrice e uno invece da poco uscito in libreria.

Nel 2013 è uscito per la casa editrice NewtonCompton con la traduzione di A. Ricci il romanzo INNAMORARSI A NOTTING HILL di Ali McNamara:


Leggendo la trama, pare che in questo caso il riferimento cinematrografico sia più che voluto. La protagonista sogna una vita da film, è ossessionata da certi attori (tra cui, appunto, Hugh Grant) e passa le sue serate al cinema.
Un riferimento molto più esplicito nel titolo originale del libro, FROM NOTTING HILL WITH LOVE... ACTUALLY

Il titolo originale riprende infatti anche un altro film che ha come protagonista Hugh Grant, ovvero Love Actually.
Al momento di tradurre il titolo in italiano, non credo sia sfuggito il riferimento, ma che semplicemente sia nata l'impossibilità di renderlo nella nostra lingua, in quanto il titolo del film non è stato tradotto, ma gli è stato solo aggiunto un sottotitolo: "Love actually, l'amore davvero". Per fortuna agli editori non è venuto in mente di rendere il titolo con "Da Notting Hill con amore davvero", perché non avrebbe avuto alcun senso. Certo è che avrebbero potuto lasciare semplicemente "Da Notting Hill con amore", senza dover girare la frase.

E' uscito poi quest'anno, sempre per NEwton Compton e sempre con la traduzione di A. Ricci, il seguito di questo libro, intitolato DA NEW YORK A NOTTING HILL PER INNAMORARSI ANCORA


Il titolo segue più o meno la stessa struttura del precedente, utilizzando sempre il verbo innamorarsi. L'originale anche ha più o meno la stessa struttura del precedente, FROM NOTTING HILL TO NEW YORK... ACTUALLY



Sparisce il "love" e quindi il riferimento cinematografico, che però rimane ben chiaro al lettore che ha letto il precedente. Come si nota immediatamente però, la versione italiana del titolo fa un cambio non del tutto chiaro, invertendo paese d'origine e paese d'arrivo. In italiano si parte da New York e si arriva a Notting Hill, in originale si parte da Notting Hill e si arriva a New York.  E sarei davvero curiosa di sapere per quale bizzarro motivo...

In questi casi, comunque, il riferimento a Notting Hill è presente anche nell'originale. Nel terzo libro di oggi, invece, nell'originale non c'è alcun riferimento al quartiere londinese. Mi riferisco al romanzo di Andrew Clover LEARN LOVE IN A WEEK, uscito in Italia per la casa editrice Piemme con la traduzione di A. Taroni e il titolo UN AMORE A NOTTING HILL



Tradotto letteralmente sarebbe "Imparare l'amore in una settimana". Sicuramente il romanzo è ambientato a Notting Hill, però nella versione originale non si è voluto porre l'attenzione sul luogo, quanto sul tempo, e non vedo il motivo per cambiare, se non quello che si diceva prima, ovvero che Notting Hill quando si parla d'amore attira parecchio. Piemme mette poi Londra sullo sfondo e ci piazza un bel cuore, banalizzando forse un po' il contenuto del libro.

Che ve ne pare? Vi è venuta voglia di andare a Londra?

mercoledì 16 luglio 2014

Due titoli, un solo libro: ma perché? #86

Mi scuso per la pausa della scorsa settimana, ma tra una cosa e l'altra non ho avuto tempo di preparare il post. E piuttosto che fare le cose di fretta, ho preferito saltare, per tornare bella carica questa settimana.

Ed effettivamente per la puntata di oggi ho avuto l'imbarazzo della scelta. Merito anche del magazine inMondadori, recuperato sabato scorso in una libreria, che presenta tutte le recenti nuove uscite. Sfogliandolo sono sicura che noterete subito anche voi almeno dieci libri il cui titolo originale è stato sicuramente cambiato nella traduzione italiana. Ma non potevo parlarvi di dieci libri in una sola puntata, ovviamente. E quindi ho scelto quello che più di tutti mi ha lasciata senza parole... soprattutto perché non ho capito cosa voglia significare!

Il libro in questione è il secondo romanzo di Hannah Richell, da poco uscito per la Garzanti (giuro che non lo faccio apposta, davvero... sono loro che continuano a cambiare i titoli!), con la traduzione di Alba Mantovani e il titolo L'AZZURRO DEL CIELO NON RICORDA


Non starò a raccontarvi la trama, anche perché l'assurdità di questo titolo già da sola è riuscito a farmi passare la voglia anche solo di informarmi sul suo contenuto. Davvero, fatico a capire il senso di questa frase: voleva essere poetica, sicuramente. Sottolineare che succedono talmente tante cose al mondo che presto si dimenticano, che si può andare avanti, che domani è un altro giorno, etc etc però ecco... secondo me è venuto fuori un titolo intricato, complesso, poco immediato e palesemente diverso dall'originale (e poi, mi chiedo, quando il cielo è grigio invece che succede?)
Aprendo il libro e soffermandovi sulla pagina dei dati d'edizione, scoprirete che in originale si intitola in modo molto diverso, ovvero THE SHADOW YEAR


Letteralmente si può tradurre con "L'anno ombra". Che mi rendo conto non essere esattamente un bel titolo... però almeno se ne capisce il senso, oltre ad essere quello con cui l'autrice lo ha originariamente pubblicato. In italiano si sarebbe potuto rendere con "l'anno oscuro" o qualcosa di simile, ad esempio. Invece si cambia radicalmente, introducendo anche un colore, l'azzurro, che cozza con "l'ombra" (quindi qualcosa di oscuro, di buio) dell'originale. Capisco voler essere ottimisti e positivi, ma così secondo me si esagera.

La copertina invece questa volta è abbastanza simile, anche se cambiano i colori e compare anche il viso della signorina che si bagna i piedi.

martedì 15 luglio 2014

IL NERO E L'ARGENTO - Paolo Giordano

E' cresciuto, Paolo Giordano. E mi verrebbe anche quasi da aggiunger un bel "per fortuna", perché ho sempre considerato La solitudine dei numeri primi, suo romanzo d'esordio e vincitore del Premio Strega, un romanzo leggibile ma anche abbastanza sopravvalutato. Al punto che dal secondo romanzo dell'autore mi sono tenuta ben lontana. E probabilmente non avrei letto nemmeno Il nero e l'argento se non mi fosse capitato quasi casualmente tra le mani. 

La primissima cosa che si nota, ancor prima di iniziare a leggere, è il cambio d'editore (o meglio, di marchio, che il gruppo editoriale è sempre lo stesso). Un cambio che secondo me giova all'autore, non fosse altro per l'elegante copertina con cui questo suo nuovo romanzo è arrivato alle stampe.
Poi, appena si apre il libro, si iniziano a percepire tutti gli altri cambiamenti. Una prosa più matura, meno intricata, più pulita e diretta. E una storia senza troppi fronzoli, fatta di affetto, di amicizia, di dolore, di paura, di morte e d'amore. 

Protagonisti sono il narratore (forse lo stesso Paolo Giordano?), la moglie Nora e la signora A., arrivata in casa come colf e signora delle pulizie e ben presto trasformatasi in ago della bilancia dell'equilibrio dell'intera famiglia. E' stata lei a tener compagnia  a Nora quando era costretta a letto a causa di una gravidanza difficile. E' stata lei a prendersi cura del narratore quando la moglie era via per lavoro. E' stato verso di lei che il bambino ha mosso i suoi primi passi. Ed è lei che adesso si ammala di tumore, gettando la famiglia nello sconforto più totale: per la paura e la sofferenza di perdere una persona cara, ma anche per la paura di non poter più riuscire ad affrontare gli equilibri familiari senza di lei.

La signora A. era la sola vera testimone dell'impresa che compivamo giorno dopo giorno, la sola testimone del legame che ci univa. Senza il suo sguardo ci sentivamo in pericolo
Durante il libro il lettore segue l'evolversi della malattia della donna e di pari passo le reazioni di Nora e di tutti i personaggi coinvolti. Scopriamo quanto forte è stato l'amore che la signora A ha provato per il marito perso anni fa e quanto debole possa sembrare quello di una giovane coppia di fronte alle prime grandi difficoltà.
Avrei voluto forse qualche pagina in più, devo essere sincera. Non perché la trama non risulti completa, ma perché si viene talmente coinvolti e travolti dalla lettura e dalla storia che si vorrebbe non finisse mai. 

Proprio non mi aspetto un romanzo così da Paolo Giordano. Dopo che, nonostante siano passati cinque anni o sei anni da quando ho letto La solitudine dei numeri primi, ancora non riesco a decidere se mi sia piaciuto o meno (e mi ricordi perfettamente ogni dubbio e ogni perplessità che mi aveva lasciato), non mi aspettavo tale prova di maturità. Tale capacità di usare le parole, di portare il lettore dentro una storia che, pensandoci bene, non è poi così originale, anzi è semplice, banale, di quelle che potrebbero capitare un po' a tutti. Non tutti però saprebbero raccontarla così.
Insomma, una lettura che merita.

Titolo: Il nero e l'argento
Autore: Paolo Giordano
Pagine: 118
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Einaudi
ISBN: 978-8806221614
Prezzo di copertina: 15 €
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formato brossura: Il nero e l'argento

lunedì 14 luglio 2014

MI RICORDO - Joe Brainard

Io non amo molto sottolineare i libri. Mi piace scoprire le frasi, leggerle magari più volte e poi segnarmele su un piccolo quaderno che tengo sempre a portata di mano. Non mi piace sottolineare perché, quando poi mi capita di prestarli a qualcuno, vorrei che chi legge si stupisse quanto mi sono stupita io, senza che una sottolineatura o una frase lo mettano in qualche modo all'erta. 
Leggendo Mi ricordo di Joe Brainard però, a un certo punto, ho sentito la necessità di prendere in mano una matita e sottolineare. Forse perché in questa marea di suoi ricordi che l'autore presenta, volevo che mi saltassero subito agli occhi, nel caso in cui lo rileggessi in futuro, quello che ho trovato più belli. O forse no, non tanto più belli, quanto più affini a me. 

Un libro fatto di ricordi, quindi. Pagine e pagine di frasi più o meno lunghe in cui Joe Brainard ci presenta qualcosa che ha vissuto. Momenti importanti della sua vita, certo, ma anche quelle piccole, piccolissime cose che si vivevano (e a volte si vivono ancora) ogni giorno. Mi ricordo i panini con burro e zucchero (anche io, anche io!). Mi ricordo il nastro da regalo, che se ci facevi scorrere la lama delle forbici si arricciava tutto (e anche tutte le volte che lo tiravi troppo poco, e i riccioli non venivano). Mi ricordo che rimanevo nella vasca da bagno così a lungo che mi venivano mani e piedi tutti rugosi (lo faccio ancora adesso, quelle poche volte in cui riesco a fare un bagno e non la banalissima doccia). Mi ricordo quando cerchi qualcosa che sai che è lì, eppure non c'è (sempre).Mi ricordo che non capivo perché Cenerentola non mollasse tutto e se ne andasse, se le cose andavano così male. E ancora, ancora e ancora. Potrei andare avanti per ore e riempire la pagina di ricordi così (ma non lo faccio, per non togliervi tutto il gusto di leggerlo).

Lo so cosa state pensando adesso, che si tratta di un libro che tutti potrebbero scrivere (e che molti effettivamente hanno già scritto). E ce lo dice anche Paul Auster, nella sua prefazione al libro: "Molti hanno scritto la loro versione di Mi ricordo". E credo che che farebbe davvero bene a tutti, scrivere un libro così, su cui appuntarsi tutto ciò di piccolo e grande che capita nella propria vita per far sì che non venga mai dimenticato. Però, come continua Paul Auster, nessuno è riuscito minimamente a uguagliare la genialità dell'originale di Brainard, a trascendere ciò che è puramente privato e personale in un'opera che parla di tutti. Ed è vero, perché sono sicura che ogni lettore sottolineerebbe ricordi diversi, rispetto a quelli che ho sottolineato io. Sono ricordi di Joe Brainard, filtrati dal suo sguardo, dalle sue esperienze, certo, ma sono anche ricordi di tutti.

Sicuramente la lettura da un americano viene apprezzata ancora di più, visti quanti riferimenti culturali sono presenti nei ricordi di Brainard. Un lettore che non li conosce fatica un po' a leggerli e capirli, soprattutto se non ha tempo o voglia di documentarsi. Ma può sempre saltarli a piè pari (come in alcuni casi, lo ammetto, ho fatto io) e di sicuro non si farà certo scoraggiare da quei pochi ricordi che non coglie. Semplicemente perché ci si perde in tutti gli altri, semplici e bellissimi. 

Mi ricordo (spaventoso) quando di colpo una persona che conosci benissimo diventa per un attimo un perfetto estraneo

Quindi, armatevi di matita e di voglia di rituffarvi nel passato (ma anche di scoprire cose nuove), e poi venite qui e ditemi se non è stato bello tutto questo ricordare.
(Io intanto mi guardo su youtube tutti i corti di Blondie e Dagwood, un fumetto che adoro e di cui ho scoperto grazie a questo libro l'esistenza del cartone).


Titolo: Mi ricordo
Autore: Joe Brainard
Traduttore: Thais Siciliano
Pagine: 170
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Lindau
ISBN: 978-8867082704
Prezzo di copertina: 14 €
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formato brossura: Mi ricordo

venerdì 11 luglio 2014

UNA MUTEVOLE VERITA' - Gianrico Carofiglio

Come si fa a recensire un romanzo giallo-poliziesco di 120 pagine senza fare spoiler?  
E' semplice! E' sufficiente che nel libro in questione non ci sia niente da spoilerare! Inizi a leggerlo e, dopo le prime trenta pagine,  anche se sei un lettore completamente privo di intuito, riuscirai già a capire cosa succederà. Lo so cosa state pensando, che non esistono libri così, che non avrebbe senso pubblicarli e men che meno leggerli. Io anche lo credevo. Finché non mi è arrivato tra le mani questo nuovo romanzo (o racconto lungo, o quel che è) di Gianrico Carofiglio. 
Una delusione dietro l'altra, mi sta dando questo autore. E pensare, caro Gianrico, che io ancora vado in giro a consigliare i tuoi romanzi della serie con l'avvocato Guido Guerrieri, quel grande personaggio, che ti ha dato fama e meriti, e che mi ha convinta a leggere qualsiasi cosa tu pubblicassi.
Certo, non ho tenuto conto che ti facessero pubblicare qualunque cosa, basta che sia scritta un po' bene (e che Carofiglio sappia scrivere non lo metterò mai in dubbio).

E quindi sì, devo davvero recensire un romanzo giallo-poliziesco di 120 pagine senza fare spoiler. Impresa ardua. Perché anche se vi dicessi che non succede assolutamente niente, che non c'è nulla da scoprire e che nessun intuito è richiesto, farei spoiler.
Probabilmente Gianrico Carofiglio non aveva voglia di far fare ai suoi lettori alcuno sforzo, quando ha scritto Una mutevole verità. E nemmeno ai suoi investigatori, il maresciallo Fenoglio, annunciato come un grande nuovo personaggio all'altezza di Guerrieri e che invece risulta essere un po' una macchietta di investigatori più celebri (i siparietti con la moglie mi han fatto pensare al tenente Colombo... ), e la sua allegra combriccola di poliziotti più o meno violenti, che si ritrovano a indagare sul caso di Sabino Freddosio, trovato morto con un taglio alla gola nel suo appartamento. 
Fenoglio indaga, Fenoglio riflette, cita scrittori e suoi maestri di vita, battibecca con la moglie, mangia da solo panini al bar per pensare meglio e annusa odori di signore per la strada. E intanto l'indagine va avanti praticamente da sola e da sola arriva a una conclusione.

Non so davvero cosa pensare. Certo, si legge molto bene, è scorrevolissimo e ho apprezzato molto il cameo di un giovane avvocato Guerrieri alle prime armi. Forse è il momento più bello di tutto il libro. Però ecco, l'impressione che si ha, ancora una volta, proprio come era successo con La casa nel bosco, è che Carofiglio abbia dovuto scrivere un libro per contratto e abbia buttato giù la prima cosa che gli sia venuta in mente, senza pensarci troppo e confidando che il suo stile impeccabile (ma per chi ha letto tutti i suoi romanzi, come me, un pochino troppo prevedibile ormai) compensasse le carenze a livello di trama. Secondo me non ci è riuscito, però.

Ma perché continuo a leggere i suoi romanzi, considerando quante delusioni mi hanno provato ultimamente, vi starete domandando voi (e io stessa me lo domando, eh). Forse perché sono ancora follemente innamorata di Guido Guerrieri, delle sue storie e dell'entusiasmo che ogni romanzo che lo vede come protagonista mi ha fatto provare da sperare di ritrovarle ogni volta. E infatti già lo so che leggerò anche il prossimo, e quello dopo, e quello dopo ancora. 
Però ecco, credo che Carofiglio ai suoi lettori debba qualcosa di più rispetto a questi ultimi libretti che manda in stampa. Di molto, molto di più.

Titolo: Una mutevole verità
Autore: Gianrico Carofiglio
Pagine: 118
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Einaudi
ISBN: 978-8806220525
Prezzo di copertina: 12 €
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formato brossura: Una mutevole verità

giovedì 10 luglio 2014

VOLI ACROBATICI E PATTINI A ROTELLE - Fannie Flagg

Quanto mi era mancata Fannie Flagg. E' una scrittrice che adoro, di cui ho letto tutti i romanzi e che non mi stancherei mai di leggere, rileggere e consigliare. 
Mi era mancata tanto, vi dicevo, sebbene il suo ultimo romanzo, Miss Alabama e la casa dei sogni, sia solo di tre anni fa. Non mi era piaciuto molto, se devo essere onesta, non perché fosse particolarmente brutto ma perché nei confronti di questa scrittrice ho aspettative alte, altissime che non me l'hanno fatto apprezzare come avrei voluto.
All'inizio non mi ero nemmeno accorta fosse uscito questo nuovo romanzo, Voli acrobatici e pattini a rotelle. Ma tempo una settimana da quando l'ho scoperto è finito nella mia libreria e poi in lettura. Mi ha tenuto compagnia in ogni ritaglio di tempo che ho avuto a disposizione negli ultimi tre giorni. E ho cercato di averne tanti, perché è uno di quei romanzi che non riesci mai a smettere di leggere.

La storia si divide in due momenti distinti ma, ovviamente, collegati tra loro. Nel presente seguiamo la vita di Sookie Poole di Point Clear,  che vive in Alabama, ha un marito adorabile, quattro figli, di cui tre sposatesi di recente, una passione per gli uccellini che popolano il suo prato, e, soprattutto, un'anziana madre, Lenore esibizionista, sicura di sé e molto, molto invadente. Una madre che l'ha cresciuta sottolineando ogni giorno l'importanza di essere all'altezza del cognome che porta: i Simmons sono sempre state persone importanti e nessuno in famiglia può essere da meno. Un giorno però Sookie riceve una lettera dalla figlia della ex governante di sua madre, morta di recente, a cui erano stati affidati dei documenti importanti. Sconvolgenti, per la vita di Sookie, che la riporteranno, e riporteranno il lettore indietro nel tempo, negli anni '40, a conoscere e incontrare la fenomenale Fritzi e tutta la sua famiglia di origine polacca, che ha aperto una pompa di benzina, la Wink's Phillips 66, in California, nel Midwest. Fritzi è una ragazza forte, che impara a pilotare aerei e insegna anche alle sue sorelle a farlo. Finché non scoppia la guerra e si ritroveranno prima a gestire la pompa di benzina, che ben presto diventerà la più famosa della zona, e poi ad arruolarsi nelle WASP (le Women Airforce Service Pilots) per dare il loro contributo al secondo conflitto mondiale.

Voli acrobatici e pattini a rotelle, nonostante il titolo un po' farlocco, è un libro bellissimo. Forse il migliore di Fannie Flagg dopo il celebre Pomodori Verdi Fritti al Caffè di Whistle Stop (che, credo che anche Fannie lo sappia, è inarrivabile). L'ho letto con entusiasmo, con passione, affezionandomi a tutte le protagoniste che popolano queste pagine. Protagoniste femminili, come succede quasi sempre nei romanzi di questa autrice, di una forza e un carattere incredibili. Adoro il modo in cui l'autrice le caratterizza, non nascondendo mai nulla, lasciando bene in vista ogni loro stranezza, ogni loro particolarità, senza mai giudicare nessuno (e devo ammettere che Lenore, per quanto alla lunga fastidiosa, è davvero fortissima!).
E adoro anche lo stile, di questa per me grandissima scrittrice, che riesce a raccontare anche le situazioni più complesse e difficili con la giusta dose di ironia e, soprattutto, di speranza.
Sono contenta di aver scoperto delle WASP, di cui non avevo mai nemmeno sentito parlare, e di averlo fatto tramite un romanzo che dà loro tutto il merito che spetta loro.

Insomma, credo che si sia capito che questo libro mi è piaciuto molto, che Fannie Flagg mi piace molto e che dovreste davvero leggere  questo ma anche tutti gli altri romanzi di questa bravissimi autrice.


Titolo: Voli acrobatici e pattini a rotelle
Autore: Fannie Flagg
Traduttore: R. Zuppet
Pagine: 393
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Rizzoli
ISBN: 978-8817075510
Prezzo di copertina: 18,50 €
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lunedì 7 luglio 2014

IL WEEKEND - Peter Cameron

La maggior parte dei lettori che ha letto almeno un romanzo di Peter Cameron, ha letto quasi sicuramente Un giorno questo dolore ti sarà utile. Merito in parte del omonimo film che ne è stato tratto, diretto da Roberto Faenza. Quel romanzo è molto bello, anche se forse risente un po' dell'età in cui si legge. Man mano che si va avanti negli anni, il distacco con il protagonista diventa molto forte e, quindi, più difficile da apprezzare.
E' un vero peccato che molti si siano poi fermati lì, senza leggere nient'altro di questo autore. E' un peccato perché così facendo si stanno perdendo dei romanzi bellissimi, intensi, vicini alla perfezione.
Avevo già avuto questa sensazione con Quella sera dorata, che ho letto l'anno scorso, innamorandomi perdutamente della storia e dello stile di Cameron. E ne ho avuto la conferma questo weekend, leggendo nei ritagli di tempo, proprio il suo Il weekend (che in realtà è del 1994, ma uscito in Italia solo dopo il successo di Un giorno questo dolore ti sarà utile). Un libricino sottile, centosettanta pagine che a prima vista potrebbero sembrare di una semplicità e banalità estrema, ma che raccolgono tanta di quella intensità e di quei sentimenti che verrebbe quasi da chiedersi come fanno a stare in queste pagine.

Lyle ha perso il suo compagno Tony un anno fa, morto di Aids a casa dei loro migliori amici, Marian e John, che di Tony era anche il fratellastro. Forse per cercare di dimenticare, forse per provare a ricominciare, Lyle inizia a frequentare Robert, un giovane artista squattrinato, a cui propone di passare insieme a lui un weekend proprio a casa di Marian e John. La coppia però sta già vivendo un suo piccolo dramma, sempre sull'orlo della depressione lei, sempre nell'orto lui e in mezzo un bambino che temono possa avere qualche problema, e si trova un po' spaesata all'arrivo di Lyle con un altro uomo.

La vicenda si svolge tutta in quei due giorni, tra bagni nel fiume, parole origliate dietro la porta, un'imbarazzante cena e litigate in mezzo al bosco. Due giorni in cui, come vi dicevo, emozioni, ricordi, disagi e frasi dette o non dette vengono fuori a poco a poco, trasmettendo al lettore la sensazione di essere proprio lì, in mezzo a loro.
La forza del libro sta soprattutto nei personaggi, davvero ben caratterizzati (al punto che a un certo punto avrei voluto entrare nel libro e prendere Marian a schiaffi, talmente l'ho trovata odiosa) e nel modo in cui interagiscono tra loro.
Come vi dicevo all'inizio, ho trovato questo romanzo di Cameron vicino alla perfezione, forse ancor di più rispetto a Una sera dorata (soprattutto se si considera che questo è il suo secondo romanzo). Alla fine però ho avuto la sensazione che mancasse qualcosa, che qualcosa di importante non fosse stato detto. Ci ho rimuginato su un po', da quando l'ho chiuso, ieri pomeriggio, fino ad adesso, e mi rendo conto che quel qualcosa che manca, manca volutamente, volutamente non viene detto. Ed è cosa succede dopo. Avrei voluto sapere se erano rimasti amici, se si erano telefonati, parlati, rivisti, risentiti e amati di nuovo. Ma penso che Peter Cameron abbia voluto concentrarsi su altro e lasciare volutamente questa incertezza nel lettore, perché possa immaginare da solo la giusta conclusione.

Quindi, se avete letto solo Un giorno questo dolore ti sarà utile, vi consiglio davvero di proseguire la conoscenza di questo grandissimo autore con gli altri romanzi. E se invece non avete mai letto nulla... beh, cosa aspettate a cominciare?

Titolo: Il weekend
Autore: Peter Cameron
Traduttore: G. Oneto
Pagine: 177
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Adelphi
ISBN: 9788845927768
Prezzo di copertina: 16,00 €
Acquista su amazon:
formato brossura: Il weekend

sabato 5 luglio 2014

CENTO STRAPPI - Liesl Jobson

Forse sarebbe ora che la smettessi di leggere certi libri a prescindere solo perché adoro la casa editrice che li pubblica. Dovrei forse iniziare a informarmi sulla trama e sull'autore. A cercare magari qualche commento qua e là e non affidarmi sempre al "se lo pubblica quella casa editrice non può che essere un libro bello". 
E' solo che non ce la faccio proprio, i libri della marcos y marcos li leggerei tutti a prescindere, talmente mi piace averli tra le mani, guardare le loro bellissime copertine e sfogliarli. E devo ammettere che non sono mai rimasta delusa da un'opera da loro pubblicato.

Immagino che vi aspettiate che ora scriva un "fino ad oggi". E ammetto che la tentazione di farlo è abbastanza alta. Però mi rendo conto che non sarebbe del tutto giusto. E' vero, questo Cento strappi non mi ha entusiasmata e so già che sarà un libro che sparirà dalla mia mente tra poco tempo, come sempre mi succede con i libri che non sono riusciti a colpirmi. Eppure so che in parte è anche colpa mia, perché mi aspettavo qualcosa di completamente diverso, di più leggero, qualcosa di veloce da leggere "in bagno" (colpa della cartaigienica in copertina, probabilmente), senza troppe pretese e senza troppa profondità. Cosa che invece non è stata, e io probabilmente non ne ero pronta.

Il libro è una raccolta di racconti, cento per la precisione, come il titolo, che è anche il titolo del racconto posto in chiusura, lascia in tendere. Cento racconti, di non più di tre o quattro pagine nei casi più lunghi, ambientati in Sudafrica di cui ne raccontano in qualche modo la vita, attraverso svariati tipi di personaggi e situazioni. Si parla di famiglia, di malattia, di Aids, di sesso, di sogni e sogni infranti, di morte e di musica.

C'è tanta roba, in questi cento racconti. Addirittura troppa, direi, al punto che dopo un centinaio di pagine si va avanti quasi per inerzia, senza che alla fine rimanga poi nulla. Al di là della profondità che non mi aspettavo, non sono riuscita a entrare in sintonia con lo stile dell'autrice, che a volte ho trovato confuso, quasi come se non riuscissi a capire quale fosse il vero significato di quello che mi stava raccontando. 

Insomma, qualcosa con questo libro non ha funzionato. Non saprei come altro dirlo, se in una raccolta di cento racconti di belli ne ho trovati al massimo cinque. Forse le storie raccontate acquisiscono un maggiore significato, riescono a trasmettere qualcosa in più se si conosce un po' la storia e le condizioni di vita del SudAfrica (su cui ammetto di essere completamente ignorante).
Però ecco, non è un libro che mi verrebbe mai da consigliare, se non per cercare qualche parere con cui confrontarmi.
Peccato!

Titolo: Cento strappi
Autore: Liesl Jobson
Traduttore: a cura di Isabella Zani
Pagine: 256
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Marcos y marcos
ISBN: 9788871686738
Prezzo di copertina: 15,00 €
Acquista su amazon:
formato brossura: Cento strappi

giovedì 3 luglio 2014

L'OCEANO IN FONDO AL SENTIERO - Neil Gaiman

Vi giuro che ci ho provato con tutta me stessa, a farmi piacere questo libro. Ho cercato di non partire prevenuta, pur sapendo che i romanzi e i racconti di Gaiman non sono molto il mio genere. Non per snobismo, sia chiaro, ma proprio perché faccio fatica a leggere i fantasy. 
Però ci volevo provare, volevo dare una chance a un autore di cui ho sempre e solo sentito parlare bene. Quindi mi sono fatta prestare uno dei suoi romanzi, L'oceano in fondo al sentiero, e ho sfidato il mio sesto senso che mi diceva "lascia perdere", perché anche il sesto senso più affinato a volte sbaglia.

Non questa volta, però. E ci aggiungo anche un purtroppo, perché mi rendo perfettamente conto di quanto bella, dolce e poetica possa essere questa storia, il racconto dell'amicizia tra il protagonista e la giovane Lettie, la ragazzina che vive in fondo alla strada, insieme a sua madre a sua nonna, e che è convinta di avere un oceano in giardino e non un semplice laghetto. Di quanto forte è il legame che si crea tra i due e di quanto avvincente sia il loro combattimento contro la Ursula, questa terribile zecca, arrivata sulla terra  a stravolgere la vita di tutti, a combinare disastri, e tanto difficile da mandare via, se non con un grande estremo sacrificio.

Eppure, no, non posso dire che questo libro mi sia piaciuto. Forse se fossi un po' più giovane e un po' meno disincantata, se non fossi così predisposta alla realtà da non riuscire ad abbandonarmi a tutto quel che di magico e inspiegabile c'è in queste pagine, in Lettie e nella sua famiglia, ma anche in questo bambino all'apparenza indifeso ma disposto a combattere e a sacrificarsi, avrei adorato questo libro, senza se e senza ma. Però sono dei forse troppo difficili da dissipare.
 Non importa quanto io abbia adorato il piccolo protagonista, questo bambino un po' triste e un po' solo che riesce ad essere davvero felice solo tra le pagine dei libri. Non importa quanto scorrevole sia lo stile di Gaiman, davvero bravo a tenere il lettore ancorato alle sue pagine e a trasportati nella storia. Sono arrivata alla fine con la sensazione di aver letto una storiella carina, ma niente di più. Se leggendo un romanzo come questo passi il tempo a domandarti perché, a cercare spiegazioni o conferme, è evidente che qualcosa non ha funzionato.
E' probabilmente un limite mio, che, per quanto mi sforzi, proprio non riesco a superare. Però ecco, adesso non potete dire che non ci abbia provato!

Titolo: L'oceano in fondo al sentiero
Autore: Neil Gaiman
Traduttore: C. Prosperi
Pagine: 191
Anno di pubblicazione: 2013
Editore: Mondadori
ISBN: 978-8804632177
Prezzo di copertina: 17,50 €
Acquista su amazon:
formato brossura: L'oceano in fondo al sentiero

mercoledì 2 luglio 2014

Due titoli, un solo libro: ma perché? #85

Protagonista della puntata di questa settimana della rubrica di confronto tra titolo originale e sua traduzione è un libro fresco fresco di stampa.
Ancora una volta, mi è bastato vedere il titolo e la copertina per rendermi conto che quasi sicuramente si era di fronte all'ennesimo cambiamento arbitrario a fini puramente commerciali.

Il romanzo in questione è UNA PICCOLA LIBRERIA A PARIGI di Nina George, da poco pubblicato dalla casa editrice Sperling&Kupfer con la traduzione di V. Rancati

Protagonista è un librario, proprietario di una libreria galleggiante sulla Senna,  una sorta di Farmacia letteraria in cui vende i libri per curare qualunque sofferenza. Qualunque, tranne quella che ha causato a lui la scomparsa della sua fidanzata, che l'ha lasciato una mattina mentre lui dormiva con una semplice lettera che non ha mai avuto il coraggio di leggere. Quando l'aprirà, partirà per un viaggio in Provenza, in cerca di ricordi.

Il titolo originale del libro è però ben diverso. Il romanzo è infatti uscito in Germania nel 2013 come DAS LAVENDELZIMMER


Il titolo si può tradurre letteralmente come "La stanza color lavanda" (in realtà la mia personalissima traduttrice rampante dal tedesco, che ho consultato prima di scrivere qualche cavolata, dice che potrebbe tradursi anche come "La stanza della lavanda"). 

Vediamo quindi che nel titolo originale non compare Parigi, città che per questo genere di romanzi sta diventando inflazionata tanto quanto Tiffany. E non compare nemmeno il riferimento a una "libreria",   luogo magico per i lettori che nei titoli italiani viene spesso sfruttato, anche a sproposito, perché si sa  che è molto evocativo. 
La Sperling & Kupfer ha probabilmente pensato che non ci potesse essere nulla di meglio per attirare il lettore di piazzare Una libreria a Parigi? E mettiamole anche un aggettivo, già che ci siamo, così da non perdere il contatto con i titoli standardizzati che hanno invaso i nostri scaffali ultimamente.

Il titolo originale pone l'attenzione su un altro punto della trama, ovvero la ricerca dell'amata da parte del protagonista, ricerca che lo spinge fino in Provenza. Sicuramente nel romanzo la libreria c'è e svolge un ruolo non del tutto secondario, quindi il titolo italiano non è del tutto privo di senso. Però, ecco, dall'originale pare che il fulcro della storia non sia quello.

E poi sta donna di spalle circondata da pagine svolazzanti di libri in mezzo a un parco onestamente è inguardabile.