Al telefono con Virginia.
- Papà, sai che oggi nel bosco col nonno abbiamo visto un serpente?
- E che serpente era, Virginia?
- Il nonno ha detto che si chiama orbettina.
- Orbettino. Allora va bene, non è pericoloso. Adesso ti mando un bacio e mi passi tua sorella, okay?
- Va bene papà, ciao!
Si passano il telefono.
-Ciao papà! Sai che oggicolnonnonelboscoabbiamovistounserpente enorme!
- Ah, ma pensa. E che serpente era Ginevra?
- Si chiama Gianni.
- Papà, sai che oggi nel bosco col nonno abbiamo visto un serpente?
- E che serpente era, Virginia?
- Il nonno ha detto che si chiama orbettina.
- Orbettino. Allora va bene, non è pericoloso. Adesso ti mando un bacio e mi passi tua sorella, okay?
- Va bene papà, ciao!
Si passano il telefono.
-Ciao papà! Sai che oggicolnonnonelboscoabbiamovistounserpente enorme!
- Ah, ma pensa. E che serpente era Ginevra?
- Si chiama Gianni.
A volte mi capita di arrivare alla fine di un libro, chiuderlo e immediatamente pensare “Questo è un libro furbo”. Un aggettivo che non è necessariamente legato al mio effettivo gradimento del libro: mi può succedere sia con i libri che mi sono piaciuti, sia con quelli che invece mi hanno lasciato più perplessa. Fai bei sogni di Massimo Gramellini, per esempio, è un libro furbo. Uno di quei libri di cui non puoi dire che la storia sia brutta, perché saresti un mostro a farlo. Anche L’invenzione della madre di Marco Peano (sì, lo so, questa affermazione farà storcere il naso a molti) per me è un libro furbo: la storia che racconta, che poi è la sua storia personale, è talmente tanto triste e toccante che allo stile con cui è scritta effettivamente non ci pensa praticamente mai nessuno.
I libri furbi sono libri che non possono non piacere, almeno alla stragrande maggioranza delle persone. Ma anche libri che, se ci rifletti un po’ su, sai perfettamente che era ben consci di essere furbi.
Notti in bianco, baci a colazione di Matteo Bussola, pubblicato da Einaudi, è un libro furbo. Lo sapevo già prima di farmelo regalare, in realtà, e ne ho avuto la conferma appena ho iniziato a leggerlo.
Il libro raccoglie i dialoghi tra Matteo e le sue tre figlie, Virginia, Ginevra e Melania, e affronta tramite la quotidianità di questa famiglia il tema della paternità. Sono dialoghi che raccontano appunto i momenti più belli dell’essere padre, la dolcezza di certe situazioni, l’incredibile innocenza dei bambini e il loro buffo modo di vedere il mondo e di affrontare i problemi della vita.
Qua e là, l’autore ci piazza anche alcune sue riflessioni personali su altri temi: il lavoro suo e quello della compagna, la difficoltà di essere entrambi freelance, le sue avventure anche senza le sue figlie e il suo modo di affrontare la vita e il mondo.
Tutto bello, tutto dolcissimo, ma anche tutto, appunto, un po’ furbo. Perché non puoi leggere i buffi dialoghi delle figlie e non sorridere, perché non puoi leggere delle sue paure come genitore e non provare empatia e comprensione, perché non puoi non commuoverti di fronte all’amore per la sua compagna o condividere le sue angosce lavorative, finanziarie, etc etc (soprattutto se sei un freelance).
Il fatto è che questo libro lo avrebbe potuto scrivere più o meno chiunque. O almeno, chiunque (e, quindi, mi auguro la maggior parte delle persone) ami così tanto i suoi figli, ami così tanto il suo compagno o la sua compagna, chiunque abbia un minimo di curiosità per il mondo e stia riuscendo a trasmetterla anche agli altri e non sia così incosciente da non porsi domande su come fare a garantire una vita stabile per la prole.
Certo che ho sorriso, e un paio di volte anche riso proprio di gusto, leggendo Notti in bianco, baci a colazione. Certo che mi sono commossa, ché a me la tenerezza commuove sempre un sacco (e il rapporto tra padri e figli ancora di più).
Però, ecco, in parte mi sono anche sentita un po’ presa in giro. Forse perché sono sempre stata una persona che la curiosità per le piccole cose del mondo l’ha sempre avuta e spera, un giorno, di poterla trasmettere anche ai suoi figli, senza doverla cercare per forza in un libro che mi racconta la curiosità di un altro. Forse perché mi capitano spesso situazioni surreali come quelle raccontate (e di solito le scrivo su Facebook, proprio come faceva Matteo Bussola prima che Einaudi raccogliesse le sue storie in un libro), proprio come capitano a tutti, anche se effettivamente non tutti riescono sempre a notarle.
Però, ecco, in parte mi sono anche sentita un po’ presa in giro. Forse perché sono sempre stata una persona che la curiosità per le piccole cose del mondo l’ha sempre avuta e spera, un giorno, di poterla trasmettere anche ai suoi figli, senza doverla cercare per forza in un libro che mi racconta la curiosità di un altro. Forse perché mi capitano spesso situazioni surreali come quelle raccontate (e di solito le scrivo su Facebook, proprio come faceva Matteo Bussola prima che Einaudi raccogliesse le sue storie in un libro), proprio come capitano a tutti, anche se effettivamente non tutti riescono sempre a notarle.
Insomma, questo libro è un’operazione commerciale. Ben riuscita e molto più intelligente di altre, ma pur sempre un'operazione commerciale.
Ci sono tanti libri così, e ne siamo tutti più che consapevoli. Almeno noi che nel mondo dei libri ci siamo un pochino più dentro chiamiamola con il suo nome e diciamolo senza problemi.
Ci sono tanti libri così, e ne siamo tutti più che consapevoli. Almeno noi che nel mondo dei libri ci siamo un pochino più dentro chiamiamola con il suo nome e diciamolo senza problemi.
E a cascarci, ogni tanto, non c’è proprio nulla di male. E quindi Notti in bianco, baci a colazione si può anche leggere, ci può anche far divertire e possiamo ammetterlo senza vergogna.
(PS per Einaudi: se mi leggi, io non ho figli, ma succedono un sacco di cose buffe anche a me, se per caso volessi pubblicarmi...)
Titolo: Notti in bianco, baci a colazione
Autore: Matteo Bussola
Pagine: 175
Anno di pubblicazione: 2016
Editore: Einaudi
Prezzo di copertina: 17
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formato brossura: Notti in bianco, baci a colazione