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lunedì 5 giugno 2017

LE SORELLE MISERICORDIA - Marco Ciriello

Laura Cammarata aveva talento, stile e intelligenza tennistica. Poi c'ha rinunciato, per uno sbalzo di amore, e religiosità. Non l'ha detto a nessuno, e qui per la prima volta lo diremo - lasciando comunque all'oscuro gli altri protagonisti di questa storia -, ma quando era uscita inspiegabilmente dalla Rod Laver Arena e di fatto dall'Australian Open, interrompendo un match contro Serena Williams che stava vincendo, lo aveva fatto per l'improvvisa apparizione della madre di Cristo, sì, aveva visto la Madonna, dietro la sua avversaria.


Immaginate di essere su un campo da tennis australiano, nel bel mezzo della finale del torneo Open che state giocando (e, incredibilmente, vincendo) contro Serena Williams e, a un certo punto, vi appare l’immagine della Madonna.
È quello che succede a Laura Cammarata, famosissima tennista italiana che proprio contro Serena Williams sta per vincere il suo ennesimo torneo. Laura, però, è anche estremamente religiosa e vede questa apparizione come un segno: quello di dover lasciare tutto e tornare a prendersi cura di Cristiana, sua sorella affetta da SLA.

È così che inizia Le sorelle misericordia, questo breve romanzo di Marco Ciriello che uscirà il 15 giugno per edizioni spartaco.
Cristiana, che nonostante il nome di fede in Dio non ne ha più da tanto tempo, forse da ancor prima che le venisse diagnosticata la SLA e che sopravvive grazie a un inevitabile cinismo che in qualche modo la mantiene in vita, considera la scelta della sorella una grande idiozia: ma come, lei che può giocare, lei che può vivere senza impedimenti, lei che ha tutto il corpo funzionante e un destino non segnato, per una strana apparizione divina decide di mollare tutto per farle da badante? Va bene credere in Dio, va bene il martirio, ma un po’ di rispetto per chi queste cose non le può fare non c’è?
Nonostante queste diverse idee di vedute, che generano continui battibecchi le due sorelle si vogliono molto bene e cercano in ogni modo di capirsi l’un l’altra, non sempre riuscendoci ma senza mai smettere di provarci.

«Senti non ce la faccio più a tenermi 'sta cosa dentro. Devo dirtela».
«Sputa».
«Ho visto la Madonna».
«Quando, ora? Stanotte? È ancora qui? Avrei da farle un discorsetto».
«Cristiana, l'ho vista alla Rod Laver Arena».
«Cazzo, la prima apparizione postmoderna e per giunta a una tennista, ma non appariva solo alle pastorelle?».
«Non sto scherzando. Per questo ho lasciato tutto e sono venuta via».
«Ma te l'ha chiesto lei?».
«No».
«E allora perché sei venuta via?».
«Mi è sembrato tutto superfluo, inutile, ti pare che dopo una apparizione uno gioca a tennis?».
«Be', scusa era la Madonna fuori posto non tu,  una volta apparivano nelle grotte, chessò nelle campagne, insomma c'erano sfondi indefiniti, uno andava sul sicuro, capisco il tuo sconcerto di trovartela alla finale dell'Australian Open».
«Che devo fare, mettermi a piangere per farti capire che è vero?».
«Ti credo, va bene, e quindi?».

Insieme  le due sorelle faranno poi un viaggio a Barcellona, che le avvicinerà ancora di più, permettendo a entrambe di scoprire qualcosa di se stesse e dell'altra che ignoravano, ma che avrà dei risvolti imprevedibili.

L’idea alla base di Le sorelle misericordia è davvero molto bella: questo scontro di vedute tra chi crede e chi non crede; tra chi sta bene, può fare tutto e ci rinuncia e chi invece vorrebbe fare e non può e sa che non potrà mai più; questo rapporto tra due sorelle caratterialmente così lontane eppure così legate; nonché tutte le implicazioni etiche ed emotive che inevitabilmente nascono quando si parla di Dio, di fede, di malattia e di vita che finisce.

«[...] Vuoi che ti dica che Dio esiste, ok, anche se c'è, non mi piace, non mi è mai piaciuto, non mi interessa. Sei contenta ora?».
«Ma perché? Perché? Sembra che Dio sia una condanna per te».
«Non lo è: una religione la puoi disertare. Una malattia come la mia: no».

Ma per quanto il libro sia divertente in alcuni punti e molto profondo in altri, l’impressione finale è che sia mancato qualcosa. Almeno a me. Avrei voluto un po’ più di approfondimento, sia nello spiegare le motivazioni e la vita di entrambe, sia, e soprattutto, nel rapporto tra le due sorelle. È un romanzo breve, o forse un racconto lungo, che, se avesse osato un pochino di più, per la storia e per lo stile dell’autore avrebbe potuto diventare qualcosa di indimenticabile.

Così com'è, Le sorelle misericordia è sicuramente una lettura piacevole, in grado di far sorridere e di lasciare qualche bello spunto di riflessione, ma che avrebbe potuto essere qualcosa di più.

Titolo: Le sorelle misericordia
Autore: Marco Ciriello
Pagine: 85
Anno di pubblicazione: 15 giugno 2017
Editore: Edizioni Spartaco
Prezzo di copertina: 8€
Acquista su Amazon:
formato cartaceo: Le sorelle Misericordia

mercoledì 4 gennaio 2017

IL MUGGITO DI SARAJEVO - Lorenzo Mazzoni

«[...] Mi piaceva l'idea della mucca perché, a volte, la senti che muggisce da qualche parte. Non è spaziale un bovino che sopravvive nella Sarajevo assediata?»

Non avevo nemmeno dieci anni quando è scoppiata la guerra in Bosnia ed Erzegovina e non mi ricordo quasi nulla. Troppo piccola io per interessarmene allora e troppo recente come storia per essere poi studiata a scuola. Ho solo qualche ricordo molto vago, che si concentra soprattutto su quando la Jugoslavia è poi diventata ex- Jugoslavia.

Per questo sono stata molto attratta da Il muggito di Sarajevo di Lorenzo Mazzoni, pubblicato da Edizioni Spartaco. Volevo provare a colmare una mia lacuna e, come quasi sempre mi capita in questi casi, volevo farlo tramite un romanzo. Di Lorenzo Mazzoni, poi, avevo già letto e amato molto l’opera precedente, Quando le chitarre facevano l’amore, uscito per lo stesso editore, quindi avevo nei suoi confronti una certa fiducia sul fatto che si sarebbe trattato di un bel libro.

E quindi eccomi nella Sarajevo del 1993, dilaniata dalle continue rappresaglie tra serbi e bosniaci, in compagnia della giovane Amira, della sua cigar box guitar e del suo sogno di diventare una rockstar. Ma anche insieme a Carlo e Oscar, due fotoreporter italiani che arrivano in una città assediata inseguendo una leggenda all'apparenza un po' folle. Sono andata con Mozambik l’irlandese a rubare i generi di prima necessità, per essere sicuri che arrivasse davvero a chi ne avesse bisogno. Sono finita poi in mezzo a cecchini dei servizi segreti serbi con la passione per Barbra Streisand e nel cortile di Ivan, un negoziante di tabacchi che ha convertito il suo negozio in una fumeria d’oppio. E in questo mio viaggio per Sarajevo, sono stata sempre accompagnata da un muggito, a volte lontano, a volte talmente vicino da sembrare che ci fosse davvero una mucca accanto a me.

Attraverso questi personaggi, a volte crudeli e spietati, altre un po’ ingenui, altre semplicemente desiderosi di non arrendersi mai, di combattere e di non piegarsi al destino, Lorenzo Mazzoni crea un ritratto fedele di una città assediata, riuscendo a trasmetterne ogni sfumatura e ogni contraddizione. La paura e il terrore. La violenza e le ingiustizie. Ma anche i sogni, gli amori e la voglia di non arrendersi mai. Il tutto a tempo di musica, quella che Amira suona e compone con il suo strano strumento musicale, e di muggiti.
Prima di andare a recuperare la sua Golf crivellata ripensò un'altra volta alla questione della mucca. Sorrise. Sarajevo era il posto più pazzesco del mondo.
Il muggito di Sarajevo è un gran bel romanzo. Bello per il modo in cui è nato, che Lorenzo Mazzoni racconta nella nota finale. Bello per il modo in cui viene raccontata la storia di una città e delle tante vite che la popolano. 
Bello per quella piccola speranza che ti lascia alla fine, nonostante tutto.


Titolo: Il muggito di Sarajevo
Autore: Lorenzo Mazzoni
Pagine: 252
Editore: edizioni spartaco
Anno: 2016
Acquista su Amazon:
formato cartaceo: Il muggito di Sarajevo

lunedì 11 luglio 2016

FRATELLO JOHN, SORELLA MARY - Marco Ehlardo

Migrante. Parola politically correct (finché non ne troveranno uno più correct) che non mi piace.
Viaggi per migliaia di chilometri in condizioni al limite, e spesso oltre il limite, della sopravvivenza. Alla fine approdi in un nuovo paese e magari speri di ricostruirti una vita lì. Ossia fermarti. Invece no, resti sempre un migrante. Participio presente. Colui che migra. Condannato sull’altare del politically correct a farlo per sempre.
Quando arrivano qui, e intendono restarci, preferisco il termine immigrato. Sarà meno fico ma rende meglio l’idea e soprattutto il progetto di vita di queste persone.

Vorrei davvero riuscire a scrivere qualcosa di sensato su Fratello John, sorella Mary di Marco Ehlardo, da poco pubblicato da edizioni Spartaco, e soprattutto sul tema dell’immigrazione, ma credo di non esserne in grado. E mi rendo conto che non sia un grande incipit per una recensione, soprattutto considerando quanto questo libro mi sia piaciuto.
È che lo stavo leggendo proprio quando si è sentita per la prima volta la notizia di Emmanuel, quel ragazzo di colore rimasto ucciso dopo un alterco iniziato per difendere la sua compagna dagli insulti razzisti di un italiano. A cui poi sono seguite altre notizie: la reazione di Salvini, il tentativo degli avvocati di dire che si è trattata di legittima difesa (e magari lo è anche stata, ma certo è che se tu non avessi chiamato una persona “scimmia” non avresti dovuto difenderti da niente), il dolore della comunità che lo aveva accolto e lo stava seguendo in questi giorni e quello della compagna che, nonostante tutto, ha accettato di donare gli organi.  

È quindi il mio pensiero va lì, a questo episodio che è solo uno dei tanti, e all'ennesimo barcone di disperati che è approdato sulle nostre coste in questi giorni (non mi riferisco a uno specifico, perché ne approdano ogni giorno), e mi rende difficile parlare del libro.


Marco Ehlardo con Fratello John, Sorella Mary, da poco uscito per edizioni spartaco, ci parla di accoglienza, proprio quella che Emmanuel e sua moglie avevano ricevuto da un’associazione di Fermo. Ci parla di quanto è difficile essere un operatore sociale, soprattutto se a Napoli come nel suo caso, e avere a che fare con le situazioni più complesse e disperate. 
A raccontare è Mauro, l’operatore sociale precario alter ego dell’autore che avevamo già conosciuto in Terzo settore in fondo. Lavora sempre per il terzo settore e si occupa sempre di immigrati: della loro accoglienza e del tentativo di inserirli nel mondo del lavoro.

Mauro cerca di aiutare tutti, anche quelli con le situazioni più difficili. Come John e Mary, per esempio, lei con un permesso di soggiorno umanitario che sta per scadere, lui senza nemmeno quello, ed entrambi con un figlio in arrivo. O come Flower, una giovane nigeriana fuggita da una situazione disperata con una figlia e che proprio non capisce perché deve sottostare a quelle ridicole regole che gli operatori sociali le hanno imposto per poter conservare un tetto sulla testa.


Ma, oltre che contro la diffidenza e la testardaggine delle persone che cerca di aiutare, Mauro spesso si ritrova a combattere anche contro la sua stessa associazione e alcuni dei personaggi che ci lavorano, contro altre associazioni simili alla sua e contro uno stato che una mano, almeno lì a Napoli, non la sta dando. Contro chi, come lui, dovrebbe aiutare gli altri e invece fa cose senza alcun senso, più per mostrarsi che per effettivamente aiutare. (Beh, un bel corso di tarantella secondo me è molto utile per un immigrato che cerca lavoro). 

Come già era successo con Terzo settore in fondo, in Fratello John, Sorella Mary Marco Ehlardo mescola saggio e romanzo, con una narrazione piena di ironia ma che non fa sconti a nessuno e che mette in luce tutte le problematiche, ma anche la profonda ignoranza, che esistono a livello di accoglienza e gestione degli immigrati. 
E, di nuovo proprio come già era successo con Terzo settore in fondo, questo libro mi è piaciuto molto. Per lo stile dell’autore, per la scelta di raccontare con ironia una situazione che sarebbe in realtà tragica e, soprattutto, per l’incredibile umanità che Mauro/Marco, e penso anche tante altre persone come loro, ci mettono per cercare di aiutare gli altri. 
E poi mi ha permesso di scoprire cose che ignoravo e che spesso sui giornali e in tv ci vengono raccontate in modo completamente distorto.

Facciamo il caso che arrivi sulle coste italiane un barcone con trecento somali ed eritrei, come succede spesso. Somalia ed Eritrea sono riconosciuti, persino dal nostro governo, come Paesi altamente insicuri. Dunque scontata la richiesta di asilo e scontata la concessione di una protezione.
I titoli che leggeremo?
«Trecento clandestini sbarcati a Lampedusa».
«Ennesimo sbarco di clandestini».
«Invasione di clandestini grazie alla sinistra».

Un libro da leggere assolutamente, per aprire un po’ gli occhi e piantarla di farsi abbindolare da semplici slogan politici e scoprire davvero come funziona quel mondo, dalle parole di chi lo vive tutti i giorni.


Titolo: Fratello John, sorella Mary
Autore: Marco Ehlardo
Pagine: 180
Editore: Edizioni Spartaco
Anno: 2016
Acquista su Amazon:

mercoledì 1 giugno 2016

"Era il maggio odoroso e tu solevi così menare il giorno"... tra eventi letterari e tante letture

Come già avevo previsto, e come più o meno succede quasi ogni anno, questo maggio appena conclusosi è stato un mese molto pieno, di eventi ed emozioni. E anche di letture, tante letture, ovviamente.

Andiamo con ordine e partiamo dagli incontri e dagli eventi. Il 9 maggio sono andata in casa NN Editore, all'incontro di presentazione in anteprima di Crepuscolo, ultimo romanzo della Trilogia della Pianura di Kent Haruf. A raccontarcelo c'era Fabio Cremonesi, traduttore italiano di tutti e tre i libri, e credo sia inutile dire che è stato proprio bello.

Il 12, invece, è iniziato il Salone internazionale del libro. Io sono andata il 13 e il 14. Come edizione l'ho trovata un po' più smorta rispetto agli altri anni (si percepiva una strana aria di transizione e cambiamento), ma devo dire che, sebbene abbia partecipato a pochissimi eventi rispetto agli anni passati, stare là dentro mi è piaciuto comunque, grazie a tutte le persone che ho incontrato (e la valanga di libri che ho acquistato).

Il 22 maggio c'è stato il penultimo incontro di Una valigia di libri. Siamo andate in Nord America e Canada, questa volta. Come sempre è stato un bel pomeriggio, ricco di chiacchiere e di tanti bei consigli. Il prossimo appuntamento, il 18 giugno, sarà, ahimè, l'ultimo... e ci porterà in Africa e Oceania.

Il 25 maggio, invece, ho realizzato un piccolo sogno: ho conosciuto dal vivo Elizabeth Strout, una delle mie scrittrici preferite in assoluto. L'incontro si è tenuto al Circolo dei lettori di Torino. C'era tantissima gente e abbiamo dovuto assistere alla conferenza in collegamento video. Però poi al momento degli autografi l'ho vista, le ho parlato e le ho stretto anche la mano. Credo che sia stato uno dei momenti letterari più emozionanti della mia vita.

Poi, è uscita una mia nuova traduzione (Il piccolo ma indispensabile libro sull'arte di chiudere gli affari di Jeffrey Gitomer, edito sempre da Anteprima) e mi sono arrivate un paio di email interessate per progetti futuri di cui però vi parlerò solo se effettivamente andranno in porto. Oh sì, e domani inizia anche La Grande Invasione!

Ora passiamo ai libri. Questo mese ne ho letti otto, più un fumetto (il meraviglioso Kobane Calling di Zerocalcare, che però ancora non ho recensito). Per fortuna, nessuna grossa delusione, anche se con uno ho una piccola rimostranza.



NON ADESSO, PER FAVORE - Annalisa De Simone, edito da Marsilio editore: un libro un po' particolare, che parla del terremoto in Abruzzo e di come questo abbia condizionato la vita della protagonista.

MI CHIAMO LUCY BARTON - Elizabeth Strout, edito da Einaudi: la trama del nuovo romanzo della Strout è molto bella, ma per me c'è qualcosa che non va a livello di revisione, che rovina un po' il tutto. Però ecco, la Strout è tornata.

BLITZ - David Trueba, pubblicato in Italia da Feltrinelli: amo questo scrittore spagnolo, per il suo mix tra comicità e ironia. E poi so cosa ha passato il protagonista e si è creata una notevole empatia.

MANUALE DI SOPRAVVIVENZA AMAZZONICA PER RAGAZZE DI CITTA' - Sara Porro: nuovo volume della collana Allacarta di EDT, che manda scrittori italiani in giro per il mondo a scrivere guide culinarie. Divertentissimo.

LE COSE CHE RESTANO - Jenny Offill, edito da NN editore: il primo romanzo di questa scrittrice americana, anche se il secondo a essere pubblicato in Italia (l'anno scorso era uscito Sembrava una felicità). Due libri completamente diversi, ma entrambi molto, molto belli.

TORINGRAD - Darien Levani, edito da Edizioni Spartaco: per scoprire come funziona il mondo dello spaccio e, soprattutto, quanto sia difficile uscirne.

IL PROFESSORE VA AL CONGRESSO - David Lodge, edito da Bompiani: un'immagine dissacrante (e molto divertente) degli accademici e dei professori che partecipano ai congressi e delle loro reali motivazioni.

L'INONDAZIONE - Adrian N. Bravi, edito da Nottetempo: una fiaba semplicissima e molto poetica, ambientata in un paesino completamente sommerso dall'acqua.

Bene, direi che questo maggio è stato davvero un gran bel mese. E anche se la vedo un po' dura, speriamo che giugno sia altrettanto ricco.
Voi che cosa avete letto di bello?

mercoledì 25 maggio 2016

TORINGRAD - Darien Levani

Come fai a riconoscere la felicità mentre la stai vivendo? e sussurrare a te stesso: ora fermati, sei felice. Cristallizza questa frazione e osservati meglio: hai parte di quello che volevi, sei in un posto caldo, e sparsi per questa città ci sono degli amici che farebbero tutto per te. Rifletti su questo momento, cerca di fissarlo nella tua memoria per sfogliarlo più tardi come si sfogliano delle fotografie in cerca di conforto.
Non lo sai. Lo capisci dopo, solo dopo.

Quando mi è stato regalato, direttamente dalle mani degli editori qualche giorno prima dell'uscita, Toringrad di Darien Levani, mi è stato anche detto che questo mi sarebbe piaciuto sicuramente. Non solo per la copertina rosa shocking e la Mole Antonelliana che ci svetta sopra, ma per la storia e lo stile dell’autore. Quando mi dicono così, cerco di anticipare la lettura al prima possibile, perché sono sempre incredibilmente curiosa di sapere se chi me l’ha consigliato ha indovinato oppure no.
Devo anche ammettere che i romanzi pubblicati da Edizioni Spartaco sono per me una garanzia. Di tutti quelli che ho letto, e sono tanti, non ne ho trovato uno che mi abbia delusa. Posso piacere di più o di meno, ma si sa quasi per certo che si leggerà una bella storia. Ed è stato così anche nel caso di Toringrad

Il romanzo ha come protagonista Drini, un albanese, ex studente di storia, che dopo aver partecipato per anni a traffici di droga per accumulare un po’ di soldi, ora ha messo la testa a posto e realizzato un suo piccolo sogno: quello di aprire un bar, a Torino, il Toringrad appunto, e farlo diventare nel suo piccolo un luogo frequentato e famoso. I legami con il passato ci sono ancora, perché sono legami troppo difficili da spezzare, però la vita di Drini sembra aver finalmente preso una piega diversa. Finché non viene contattato dal cognato Petrìt che, tradito da qualcuno dei suoi e arrestato, ha bisogno di qualcuno di cui si fida per portare a termine un’importante consegna di cocaina. Drini si ritrova quindi nuovamente catapultato in quella vita. Sa ancora come muoversi, perché certe cose non si dimenticano, ma più si ritrova invischiato in rivalità tra bande, tradimenti e spiate alla polizia, più si rende conto che il suo bar, la sua vita nuova sono qualcosa a cui non può più rinunciare. 

Dal bellissimo incipit che ho citato all’inizio di questa recensione, devo ammettere che mi aspettavo qualcosa di diverso. Non so bene perché, visto che la trama nei risvolti di copertina è racconta e anche bene. Forse perché non avevo pensato a come la ricerca della felicità riguardi un po’ tutti, così come la consapevolezza di accorgersi di averla persa arriva sempre, per tutti, troppo tardi. E quindi sì, riguarda anche ex spacciatori che sognano un futuro migliore. 
E Drini ne è un esempio lampante, con la sua storia, dall’arrivo in Italia alla voglia di laurearsi, dalla quasi inevitabile carriera nello spaccio fino alla ricerca di stabilità, con l’apertura di un bar. Una felicità, magari non perfetta, che riesce a raggiungere ma che poi il suo passato cerca in ogni modo di portar via.

Non avevo la benché minima idea di come funzionasse il mondo dello spaccio e, soprattutto, di quanto influenti siano i legami di sangue e d’onore, in queste situazioni. Ho imparato qualcosa, su un mondo che esiste e che fa parte della nostra società. E già solo per questo direi che Toringrad è un bel libro.
Se poi ci aggiungiamo lo stile di Darien Levani, che si affida alla prima persona per far sembrare ancor più reale il protagonista Drini, siamo di fronte a qualcosa di più, che vale decisamente la pena di leggere.

Titolo: Toringrad
Autore: Darien Levani
Pagine: 175
Editore: Edizioni Spartaco
Anno: 2016
Acquista su Amazon:
formato brossura: Toringrad

giovedì 31 marzo 2016

I bookblog di marzo si vestono di nuovi colori... e di tanti libri!

E siamo arrivati anche alla fine di marzo. Finalmente c'è l'ora legale, le piante sono piene di fiori, il sole quando c'è è già bello caldo e permette le prime letture sul balcone, e questo fine settimana c'è il Book Pride a Milano, l'evento che dà un po' il via alla mia stagione di fiere del libro.

Ma pensiamo al mese che sta finendo. Un mese di letture, come sempre, e anche di qualche incontro. E partiamo subito da quello che da gennaio è diventato un appuntamento mensile fisso e che lo sarà fino a giugno, ovvero Una valigia di libri. Nell'incontro di questo mese, che si è tenuto il 19 marzo, protagonista era la letteratura centro e sud americana. È stato proprio un bell'incontro, ricco di suggerimenti (tantissimi suggerimenti, virtuali e dal vivo) e di spunti di riflessione, ma anche di chiacchiere. Non vedo davvero l'ora che arrivi il 16 aprile per il nuovo appuntamento (destinazione: Asia).

Pochi giorni dopo, il 22, sono invece andata con la mia amica Barbara alla presentazione del nuovo romanzo di Jonathan Coe, Numero undici, alla Scuola Holden di Torino. Avevo già assistito in passato a un incontro con questo autore, ad Alba durante la sagra del tartufo, e avevo proprio voglia di risentirlo. Che dire? Un bellissimo incontro e, soprattutto, una bellissima persona lui. Ci ho anche chiacchierato un po' durante il firmacopie ed è stato proprio emozionante.

Segnalo poi anche la puntata di questo mese di Casa Rampante, Tamponamenti, e il fatto che in questi giorni esce terzo libro tradotto da me, La guerra del marketing (non so se mi abituerò mai all'emozione che si prova vedendo il proprio nome all'interno di un libro).

E ora passiamo ai libri. Un mese di letture e riletture, otto in tutto, con qualche grande scoperta e qualche piccola delusione.
Le letture del mese meno La parte divertente, che ho restituito prima di fare la foto

BENEDIZIONE - Kent Haruf: la prima lettura del mese è stata una grande, grandissima lettura. Pubblicato in Italia da NN editore, con la traduzione di Fabio Cremonesi, Benedizione di Kent Haruf è un libro semplicissimo e dolorosissimo. Assolutamente da leggere.

LA PARTE DIVERTENTE - Sam Lipsyte: una raccolta di racconti, per amanti del genere, che più che divertenti definirei grotteschi... come la società che criticano. Pubblicato da minimum fax con la traduzione di Anna Mioni.

SANGUE NEGLI OCCHI - Lina Meruane: edito da laNuovafrontiera, con la traduzione di Luca Mariotti, questo libro è stata una grande rivelazione di questo mese. La storia è quella di una donna che diventa cieca e fatica ad abituarsi a questa condizione. Incredibile soprattutto lo stile dell'autrice.

L'ERA DI CUPIDIX - Paolo Pasi: le edizioni Spartaco, e Paolo Pasi in particolare, sono per me garanzia di editoria italiana indipendente di qualità. E L'era di Cupidix, che racconta di un mondo dove i sentimenti vengono regolati da pastiglie, ne è l'ennesimo esempio.

SCENDE LA NOTTE TROPICALE di Manuel  Puig: la mia prima rilettura dopo anni che non lo facevo. Pubblicato da Sellerio, con la traduzione di Angelo Morino, Scende la notte tropicale di Manuel Puig è un libro bellissimo che ha segnato i miei anni universitari. La storia di due anziane sorelle, raccontata solo tramite dialoghi e lettere.

CAFÉ JULIEN - Dawn Powell: eccola qua, la delusione del mese. Da questo libro, edito da Fazi e tradotto da Silvia Castoldi, mi aspettavo davvero tantissimo. Forse troppo, al punto da aver un po' condizionato la lettura, che si è rivelata lunga e faticosa. Peccato.

NUMERO UNDICI - Jonathan Coe: eh niente, il Jonathan Coe che tutti i suoi fan stavano (ok, stavamo!) aspettando è davvero tornato. Pubblicato sempre da Feltrinelli, con la traduzione di Mariagiulia Castagnone.

GIRL RUNNER - Carrie Snyder: pubblicato da Sonzogno con la traduzione di Gioia Guerzoni, questo libro è stata la seconda grande rivelazione di questo mese. Per fortuna non mi sono fermata al titolo e alla copertina, ma ho letto anche i commenti della critica e ho letto il libro. Che si è rivelato molto intenso e coinvolgente. Anche se non amate correre.

Il vostro marzo come è stato? Quali libri avete letto?

lunedì 14 marzo 2016

L'ERA DI CUPIDIX - Paolo Pasi

Ci vuole poco a capire se una storia ha senso o meno, molto di più a uscirne. Quando ti innamori della persona sbagliata, puoi restarci dentro anni. E io non ho la vocazione al martirio.



Credo che sia capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di pensare «Quanto sarebbe bello poter prendere una pillola per potermi innamorare» (o far innamorare qualcuno di me). O forse, ancor più spesso, «Quanto sarebbe bello se esistesse una pillola che mi facesse smettere di soffrire per un amore passato, che mi facesse dimenticare i ricordi e mi permettesse di innamorarmi di nuovo». Poi magari se esistessero davvero non le prenderemmo, questo no, però il pensiero, almeno una volta, ha sfiorato tutti.

In L’era di Cupidix di Paolo Pasi, edito da Edizioni Spartaco, queste pillole esistono eccome. E, una volta lanciate sul mercato, hanno un successo strepitoso. Si parte con il Cupidix, la pastiglia che fa innamorare.

"Cupidix, la pillola per essere sempre innamorati.
[...] Cupidix era il sogni di una passionalità prolungata, e avrebbe risolto tanti problemi. Coppie scoppiate, eterni adolescenti, persone dall'animo sensibile ma dall'aspetto terrificante, romantici caratteriali, meteoropatici, depressi di tutte le generazioni, delinquenti abituali e maniaci occasionali. Un mercato senza confini. Bastava solo raggiungere in clienti."

Subito dopo arriva la pillola Disamor, per cercare di raggiungere quelli che il Cupidix non lo vogliono prendere perché troppo feriti dalla vita amorosa passata. 
Le due pillole si diffondono capillarmente nella società. Nessuno litiga più, vivono tutti d’amore e d’accordo. E se si è sofferto per amore, via, un bicchiere d’acqua e un Disamor e si è pronti per una nuova relazione. A poco a poco, però, qualcosa sembra incrinarsi, le due pillole stanno sviluppando degli effetti collaterali non tanto sulle persone quanto sulla società, che le rendono pericolose e difficili da gestire, tra movimenti di donne cornificate e una sorta di piattume affettivo, in cui tutti si amano e tutti si accoppiano, non necessariamente con il proprio partner. Finché non si pensa a una terza pillola, che dovrebbe riuscire a mettere d’accordo tutti.

Le vicende vengono raccontate attraverso tre storie: quella di Carlo, infermieri precario amante della musica, che a causa della sua tendenza a lasciarsi trascinare dalla passione non riesce a tenere in piedi una relazione stabile nel tempo; quella di Ada, che vorrebbe innamorarsi di nuovo ma proprio non riesce a dimenticare il suo ex che tanto l’ha fatta soffrire, e quella di Giovanni, che fa il pubblicitario proprio nell’azienda che produce le pillole miracolose, senza però averle mai provate.

L’era di Cupidix è un libro intelligente e molto originale, che da un lato mostra quanto difficile sia per le persone lasciarsi andare ai sentimenti e all'amore, superando ricordi dolorosi e difficoltà, e dall'altro che cosa succederebbe se davvero questo sentimenti si potessero stabilizzare con delle pillole. Un effetto devastante, come è facilmente immaginabile.

Di Paolo Pasi avevo già letto e apprezzato molto sia Memorie di un sognatore abusivo sia, soprattutto, Il sabotatore di campane, entrambi pubblicati da Edizioni Spartaco. Mi piace il modo in cui scrive, mi piace il suo modo di immaginare un futuro un po' distorto ma, pensandoci bene, possibile visto come si stanno evolvendo le cose oggi, e gli effetti devastanti che avrebbe sul mondo se si avverasse. E L'era di Cupidix forse mi è piaciuto ancora di più. Sarà che parla d'amore...
Insomma, consigliatissimo!


Titolo: L'era di Cupidix
Autore: Paolo Pasi
Pagine: 108
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: Edizioni Spartaco
Prezzo di copertina: 10,00€
Acquista su Amazon:
formato brossura:

martedì 1 marzo 2016

Se febbraio non febbreggia, marzo campeggia... che non so cosa voglia dire, quindi, nel dubbio, leggo!

Ed ecco che siamo già arrivati al 1° marzo. Non so per voi, ma questi primi mesi dell'anno stanno passando velocissimi e, devo dire, ne sono molto contenta. L'autunno e l'inverno non mi piacciono molto, soprattutto quest'anno che non si è visto nemmeno un fiocco di neve. Preferisco vedere i fiori che sbocciano e sentire arrivare il caldo. E poi, con l'arrivo della primavera arrivano anche le fiere del libro (Bookpride, Salone del Libro, La grande invasione...). Insomma, per fortuna siamo già al 1° marzo!

Febbraio è stato un mese molto ricco. Non tanto di letture, in quanto mi sono fermata a quota sette libri letti (che sono tante, sicuramente, ma meno del mio solito), ma di molte altre cose. E partiamo proprio da quelle.

Il mese è iniziato con il confronto tra un libro originale e la sua versione distillata. Un lavorone di due giorni e molte imprecazioni, che ho riassunto nel post: "Di quella volta in cui ho comprato un libro distillato (e poi l'ho confrontato con l'originale)"
Querele per fortuna ancora non me ne sono arrivate e sono davvero contenta di essermi tolta la curiosità di sapere quanto triste poteva essere quest'operazione.

Poi, io e il lettore rampante siamo andati in gita a Verona per San Valentino. Non ho scritto nessun post a proposito, ma di cose letterarie ne abbiamo fatte un sacco anche lì. (Come potete immaginare, c'erano Romeo e Giulietta ovunque). Tra l'altro, proprio a Verona ho finalmente incontrato dal vivo alcune persone che ho sempre e solo conosciuto in rete: Cristina del blog Athenae Noctua e Elisa e Alessandro di Di questo libro e degli altri. Che bello scoprire i nostri visi al di là dello schermo!

Io e il buon vecchio William a Verona
Parlando sempre di lettore rampante, ho cercato di rubargli il bancomat in una nuova puntata di Casa Rampante.

Il 20 febbraio si è tenuto il secondo incontro di Una valigia di libri, questa volta dedicato agli scrittori e ai romanzi europei. Come credo di aver già detto e scritto in ogni occasione possibile, è stato davvero bellissimo. Tanta gente, un clima perfetto (grazie all'ospitalità della Libreria Sulla parola, che è un piccolo angolo di paradiso libresco) e tantissimi consigli arrivati. Non vedo davvero l'ora che sia il 19 marzo per il terzo incontro.

Il mese si è concluso con la bella intervista sul blog Impression chosen from another time, in cui racconto come è nata La lettrice rampante e altre amenità. Grazie ancora per l'ospitalità! (E voi, se ancora non la conoscete, cosa state aspettando?)

E ora veniamo ai libri. Sette sono state le mie letture questo mese. Tante, rispetto alla media nazionale, ma in leggero calo per i miei standard. Una scelta voluta, in realtà, perché mi sono resa conto che stavo diventando un po' una macchinetta e questo mi portava a godermi un po' meno quello che stavo leggendo. Quindi la parole d'ordine da questo mese è «lentezza» (per quanto mi sia possibile, ovviamente).

I libri letti questo mese, meno uno.
Sette letture, dicevamo, e tutte davvero molto belle:

I VENERDI' DA ENRICO'S  di Don Carpenter: pubblicato in Italia da Frassinelli con la traduzione di Stefano Bortolussi, è un libro che parla di libri, certo, ma soprattutto di scrittori e di quanto sia difficile soddisfare le aspettative, soprattutto se autoimposte.

LA PROPRIETA' TRANSITIVA di Nelson Martinico e Federico Ligotti : pubblicato da edizioni Spartaco, è un romanzo utopico in cui il nostro paese, schiacciato da anni di corruzione e raccomandazioni, finalmente vede un po' di luce quando viene eletto come presidente del consiglio un ex trans, grande idealista e sognatore.

UN COMPLICATO ATTO D'AMORE di Miriam Toews: l'unico libro della Toews pubblicato non da marcos y marcos ma da Adelphi, con la traduzione di Monica Pareschi. Eh niente, io amo questa autrice e non c'è molto altro da aggiungere.

I GATTI NON HANNO NOME di Rita Indiana: pubblicato in Italia da NN Editore con la traduzione di Vittoria Martinetto, il libro è un viaggio in Sudamerica, ma soprattutto nella testa di un'adolescente alle prese con la scoperta di se stessa e della vita.

IL PORTO DEI SOGNI INCROCIATI di Björn Larsson: un libro di sogni e di mare, pubblicato da Iperborea con la traduzione di Katia de Marco.

LA TRAMA DEL MATRIMONIO di Jeffrey Eugenides: un romanzo che parla d'amore e di quanto a volte possa essere difficile. Pubblicato da Mondadori con la traduzione di Katia Bagnoli e, per me, più bello di Middlesex.

COME ACCADDE CHE THOMAS LECLERC 10 ANNI 3 MESI E 4 GIORNI DIVENNE FULMINE TOM E SALVO' IL MONDO di Paul Vacca: un libro sull'autismo con un protagonista che è un piccolo supereroe.  Edito da Edizioni Clichy con la traduzione di Tania Spagnoli e Federico Zaniboni.


E il vostro febbraio come è andato?

lunedì 8 febbraio 2016

LA PROPRIETÀ TRANSITIVA - Nelson Martinico Federico Ligotti

Gli uomini sorridono, stanno imparando a conoscere il pregio della lentezza; fra poco torneranno ad amare la poesia.


Ve l'immaginate un'Italia che elegge, quasi con un plebiscito, un trans come Presidente del Consiglio? Un'Italia in cui c'è ancora la Città del Vaticano, ovviamente.
E ve l'immaginate un'Italia che ha come Presidente della Repubblica una donna, in cui sono state abolite le auto diesel e a benzina e la gente viaggia in bus, che ha introdotto una patente per poter votare, perché sì, il voto è un diritto ma anche un dovere e bisogna farlo con cognizione, un'Italia in cui c'è un ministro dell'istruzione che sa cosa sta facendo e la Chiesa non si immischia negli affari di stato?
Oggi sembra non solo impensabile, ma anche inimmaginabile, visto che nemmeno ci si riesce a mettere d'accordo su una cosa tanto semplice e tanto naturale come dare a tutti gli stessi diritti.

Nelson Martinico e Federico Ligotti nel loro La proprietà transitiva, pubblicato da Edizioni Spartaco, immaginano un'Italia così. Un'utopia, certo, ma che nel loro libro prende forma, anche se ci ha messo anni per potersi realizzare, ma che potrebbe davvero funzionare e cambiare le sorti del paese.
Il libro parte più o meno ai giorni, nel 2010, in un piccolo paese del sud Italia, dove c'è una fabbrica che all'apparenza da lavoro a tutto il paese ma in cui avvengono inspiegabilmente molte morti bianche, rigorosamente assicurate, e dove basta avere le conoscenze giuste nei posti giusti, per prendere una laurea. E qui che vive Alessandro Giacobbe, giovane idealista, abbandonato dal padre quando era bambino, e trans dal nome bellissimo, Princesa. Un uomo che crede che il paese si possa ancora salvare, se si riuscirà a dare il potere alle persone giuste. Lo stesso Alessandro Giacobbe, nel 2045 diventa Presidente del Consiglio, grazie anche all'appoggio della Chiesa, e inizia davvero a cambiare il paese, a disfare tutti quei meccanismi che lo hanno portato alla distruzione.
Ma anche quando le utopie sembrano diventare realtà, il passato è davvero troppo difficile da cancellare.

La proprietà transitiva è un affresco fedelissimo della società di oggi quando parla del 2010 e una visione perfetta di quello che invece sarebbe bello diventasse quando si sposta nel 2040. Nelson Martinico e Federico Ligotti non fanno sconti a nessuno quando parlano del mondo di oggi, mettendo in luce, in modo ironico, provocatorio e forse per questo ancor più drammatico, tutte le problematiche e le porcherie che vengono fatte oggi da chi ha il potere e i mezzi per farlo.
È bello sognare insieme ad Alessandro Giacobbe un mondo migliore, è bello immaginare un luogo dove la corruzione, la raccomandazione e gli imbrogli non siano più all'ordine del giorno, un mondo in cui si voti con cognizione di causa e in cui si torni ad amare la poesia.

La proprietà transitiva è un libro amaro. Un libro che fa capire ancora di più in che stato si trova il nostro paese (perché, per quanto forse in alcuni punti la situazione venga un po' esasperata, non è poi così lontana dalla realtà) e che fa riflettere a lungo su cosa bisognerebbe cambiare. Sperando che un giorno arrivi una Princesa e ci riesca davvero.


Titolo: La proprietà transitiva
Autore: Nelson Martinico - Federico Ligotti
Pagine: 232
Editore: Edizioni Spartaco
Anno: 2015
Acquista su Amazon:
formato brossura: La proprietà transitiva

venerdì 4 settembre 2015

L'ODORE DELLA POLVERE DA SPARO - Attilio Coco

“Che fai, li porti sempre con te questi libri?”
“Sì, non ne posso fare a meno. Ormai mi seguono dappertutto. Sono una parte di me. Nell’ultimo anno li ho letti e riletti fino a ricavarne l’anima. Li ho divorati. Li conosco pagina per pagina, parola per parola, sillaba per sillaba. Non c’è niente che mi sia estraneo di questi due libri. E non c’è niente di me che sia estraneo a questi due libri”.


Devo ammettere, anche se sicuramente non mi fa molto onore, di non essere poi così ferrata sulla storia italiana a partire dal secondo dopoguerra. Sarà forse che nelle scuole viene trattata sì, ma molto frettolosamente. Sarà che alcune cose non vengono nemmeno ricordate. Fatto sta che conosco solo alcuni degli episodi più salienti, ma altri li ignoro completamente. 
Le cose le sto imparando adesso, piano piano, dai romanzi che sto leggendo. No, non saggi. Proprio i romanzi. Per me sono la fonte migliore per conoscere storie, fittizie ma anche e soprattutto reali, che non conoscevo.

L’odore della polvere da sparo di Attilio Coco, edito dalle edizioni Spartaco, è uno di quei libri che insegna qualcosa a chi li legge. 
Il romanzo inizia il 29 aprile del 1947, a Potenza, quando il protagonista, Gianni, è solo un ragazzo. Una mattina c’è un temporale, il professor Marotta tenta di spiegare un passo dell’Eneide ma è visibilmente distratto e sconvolto. Poi, quando la campanella suona e Gianni si accorge che il professore ha dimenticato la cartella e l’ombrello in aula. Li prende e li porta con sé. Nell'aria si sente uno strano odore, quello della polvere da sparo. C’è stato uno scontro in piazza tra i contadini venuti a protestare contro la fame che stanno patendo nelle loro campagne e i poliziotti, che non hanno esitato a sparare. Gianni viene scortato  a casa da un suo amico, Camillo, chiamato però da tutti Diavolo rosso, che la sera stessa poi lo porta in una libreria, dove si riunisco, oltre al professore Marotta, un gruppo di altri uomini e altre donne. Rivoluzionari, anarchici, li si potrebbe definire.
La storia inizia qui e poi prosegue negli anni. Le proteste di piazza in Italia continuano, anche dopo la firma della Costituzione. Episodi sempre più gravi e in qualche modo infossati, come lo strano suicidio dell’anarchico Pinelli dopo l’arresto, che lasciando intendere che le cose forse stanno sfuggendo un po' di mano. Gianni intanto segue il suo cammino, il suo sogno di andarsene e diventare attore. Approda a Roma e si scontra anche con le proteste e le barbarie di altri paesi, come l’Argentina, ad esempio, attraverso quella strana ragazza, che si fa chiamare Alejandra, che porta con sé sempre due libri e sa già quale sarà il suo destino. 
Gianni si allontana di nuovo, prosegue il suo cammino, senza mai dimenticare quello che è stato, a Potenza, a Roma, in Argentina. Mai. E lascia che si racconti la sua storia.

L’odore della polvere da sparo è, innanzitutto, un gran bel romanzo, per la trama e per lo stile, molto elegante se si può definire così uno stile, di Attilio Coco. Il libro, attraverso la storia di Gianni e di Pietro Mattei, lo scrittore che la sta scrivendo, offre uno spaccato d’Italia al tempo della guerra e del dopo guerra, da un punto di vista diverso, più umano forse, senza andare direttamente al centro delle battaglie, delle proteste, delle rivendicazioni, ma facendo vedere com'era il clima e, soprattutto, come lo viveva la gente. Racconta anche del passato, della guerra e del fascismo, solo sulla carta finito, che ancora si sente nell'aria e miete vittime.  
Ed poi è un libro che parla di sogni, alla fin fine. Di sogni collettivi di libertà e di uguaglianza, ma anche di quelli personali del protagonista che sta riuscendo a realizzarli, e di quelli destinati a infrangersi di alcuni degli altri protagonisti.
Le pagine che ho amato di più in assoluto sono quelle con Alejandra e quelle, tantissime, dedicate ai libri e alla letteratura, che possono davvero cambiare la vita.

Di cose da imparare sulla storia italiana ne ho ancora tantissime, ma Attilio Coco con L’odore della polvere da sparo ha aggiunto per me un tassello importante, e lo ha fatto con un romanzo davvero molto intenso, ricco di personaggi che difficilmente potrò dimenticare.
Molto consigliato!

Titolo: L'odore della polvere da sparo
Autore: Attilio Coco
Pagine: 272
Editore: Edizioni Spartaco
Anno: 2015
Acquista su Amazon:

martedì 5 maggio 2015

QUANDO LE CHITARRE FACEVANO L'AMORE - Lorenzo Mazzoni

La primissima cosa che devo dire di questo libro di Lorenzo Mazzoni, Quando le chitarre facevano l’amore, da poco pubblicato dalle edizioni Spartaco, è che mi fanno letteralmente impazzire il titolo e, soprattutto, la copertina. Quel verde psichedelico, quella mano scheletrica che regge un fiore mi avevano colpito già ben prima che avessi il libro tra le mie mani.
Poi ho letto la quarta e la bandella e ho provato un mix di curiosità e terrore. Curiosità perché da quelle poche parole usate per raccontarla ne emerge una storia folle, fatta di bizzarri personaggi e bizzarre situazioni che sembra impossibile possano essere tutte collegate. E io amo i libri all'apparenza senza senso. Terrore perché temevo che seguire questi bizzarri personaggi e queste bizzarre situazioni sarebbe stato complesso e dal risultato finale un po’ pesante e confuso. 

Invece, mi sono divertita un sacco.

Riassumere la trama non è semplice. Si potrebbe semplicemente dire che, tra gli anni sessanta e gli anni settanta, una serie di personaggi, chi per un motivo chi per un altro, si ritrova a dare la caccia al presunto ex ufficiale nazista Martin Bornmann, che ora si fa chiamare Martin Weisberg e vive in una comune ad Anita,  un paesino sperduto nell’ovest degli Stati Uniti, fondato da un italiano follemente innamorato della moglie di Garibaldi. Martin ora è un pacifista e predicatore del rock, che produce una limonata speciale e finanzia senza alcun secondo fine l’allucinata rock band The Love’s White Rabbits.
Ma il passato non si può né cancellare, né dimenticare, per quanti sforzi si facciano. E anche se Martin volesse farlo, l’arrivo di un cacciatore di nazisti italiano con problemi coniugali, di una coppia di killer omosessuali messicani che non parlano spagnolo, ingaggiati da un Vecchio che non è poi neanche così vecchio, dell’FBI, della CIA, di un presidente cieco, di un reduce di guerra innamorato  e di una donna dall'alito pestilenziale (e aggiungiamoci anche una tartaruga suo malgrado al centro degli eventi e un gruppo di strumenti musicali stufi di stare nelle loro custodie) faranno di tutto per fargli ricordare quello che ha fatto.

Mi sono divertita un sacco, vi dicevo. Eh sì, mi rendo conto che non stia tanto bene dire di essersi divertiti leggendo un libro che tratta temi importanti, come la fuga degli ufficiali nazisti e la caccia che è stata loro data negli successivi,  ma anche come la guerra in Vietnam e la sua influenza sulle menti di chi l’ha vissuta sulla propria pelle o  le rivolte studentesche e la questione razziale, con le conseguenti repressioni da parte della polizia. Che, sì insomma, non sta poi tanto bene divertirsi con tutti questi morti. 

Ma leggendo Quando le chitarre facevano l'amore, ti ritrovi dentro a questo vortice di situazioni bislacche e di umorismo nero, di personaggi un picareschi e di inseguimenti rocamboleschi e quasi senza senso, che ti travolgono e coinvolgono, e non puoi fare a meno di tifare per l’uno o per l’altro, di ridere di fronte ai loro imprevisti e provare un po’ di pena di fronte alle loro delusioni e ai loro turbamenti, senza stare troppo a preoccuparti di chi siano i buoni e chi i cattivi.
Non conoscevo Lorenzo Mazzoni prima di questo libro. Non conoscevo il suo stile duro e ironico al tempo stesso. E sono contenta, davvero, di aver finalmente rimediato. Secondo me, dovreste farlo anche voi.

(E poi, l’autore nella pagina dei ringraziamenti ringrazia anche i romanzi che hanno ispirato il suo e, soprattutto, gli autori della sua vita. E trovo questa una cosa bellissima).

Titolo: Quando le chitarre facevano l'amore
Autore: Lorenzo Mazzoni
Pagine: 348
Editore: edizioni spartaco
Anno: 2015
Acquista su Amazon:
formato brossura: Quando le chitarre facevano l'amore

venerdì 13 febbraio 2015

TERZO SETTORE IN FONDO - Marco Ehlardo

È raro, estremamente raro, che io legga un saggio. È sicuramente un mio limite tenermi lontana da questo genere di lettura. Ma un limite che non riesco mai a convincermi di superare. Sarà che ne ho letti tanti all’Università, sarà che le cose, se mi vengono raccontate in forma di romanzo, mi rimangono più a mente.

Quando la casa editrice Spartaco (che, se seguite questo blog, ormai dovreste sapere quanto gli sono affezionata, per i bei libri che mi ha sempre fatto scoprire) mi ha inviato  Terzo settore in fondo di Marco Ehlardo,  ultimo titolo della loro collana di saggistica, il primo pensiero è stato “E adesso?”. Faccio finta di nulla e lo nascondo in uno scaffale della libreria o provo a superare questa mia riluttanza per i saggi. Ne ho parlato direttamente con loro, (e questo è un altro dei motivi per cui mi trovo così bene con i libri di questa casa editrice, la possibilità che si ha di confrontarsi con loro) che mi hanno detto di fidarmi, di leggerlo, di dargli una possibilità. Ammetto che il sottotitolo Cronistoria seminseria di un operatore sociale precario già in parte mi aveva convinto, ma di fronte a questa richiesta di fiducia alla fine mi sono decisa del tutto.

Terzo settore in fondo di Marco Ehlardo è un saggio che è anche un romanzo. Racconta una storia vera, come il sottotitolo lascia intendere la cronistoria di un operatore sociale, Mauro Eliah che è poi è lo stesso Marco Ehlardo sotto mentite spoglie, che lavora a Napoli e che ha il compito di aiutare i rifugiati a fare domanda di asilo politico. Non di clandestini, quindi, ma di quelle persone che sono fuggite non “solo” dalla miseria e in cerca di un futuro migliore (quel solo non può che andare tra virgolette) ma perché perseguitati, in pericolo, nel loro paese. Il protagonista ci racconta i giochi di potere, le incongruenze e le assurdità delle istituzioni coinvolte, l’ignoranza di chi le rappresenta, le pecche e i vuoti legislativi che regolamentano queste procedure. E in più, ci racconta di Thomas Compaoré, uno di questi richiedenti asilo, un giornalista fuggito dal Burkina  Faso che sta aspettando ancora il permesso di soggiorno e che si ritrova a combattere anche qui, nel nostro Belpaese, contro le ingiustizie che persone come lui subiscono.

Devo ammettere che non sapevo assolutamente nulla di rifugiati politici e della prassi per ottenere il permesso di soggiorno. Di questi argomenti so quello che viene detto ogni al tg, in forma sicuramente edulcorata e manipolata in base alle esigenze. Non sapevo che l’emergenza è continua, non sapevo quali strani giochi di soldi, di potere, di facciate, di rapporti da non incrinare e di burocrazia ci fossero dietro (certo, in parte sono immaginabili, che la burocrazia italiana è lunga per qualunque cosa).

Marco Ehlardo ce lo racconta in modo tragicomico, sottolineando tutti gli aspetti assurdi del suo lavoro di operatore del terzo settore a Napoli (ma sono convinta che l’ambientazione geografica conti davvero poco). Ci racconta la passione che ci mette lui e che ci mettono anche alcune altre persone che lavorano nello settore, che lavorano onestamente, che aiutano più che possono e che non riescono a lasciar perdere. Ci racconta anche di chi invece se ne frega, di chi non sa quali possano essere i problemi di un rifugiato politico, che se ne frega da che cosa sia fuggito, ma pensa solo ad apparire, a mettere d’accordo tutti, a fare bella figura. E ci racconta anche di come questi rifugiati vivono e affrontano la loro condizione, di come vengono spesso fregati e di come, purtroppo, a volte loro si stessi si fregano non collaborando come dovrebbero.

È libro breve, questo Terzo settore in fondo, che scorre veloce e si legge in poche ore. Ma è anche un libro importante, che riesce a trasmettere nel lettore un po’ di consapevolezza, che lo spinge, oltre che ad arrabbiarsi, a informarsi, a provare una maggiore empatia. E da’  voce a una situazione che spesso viene messa a tacere, o affrontata semplicemente con urla (da parte di chi è contrario ad aiutare chi ha bisogno) o con proclami che lasciano il tempo che trovano.
Insomma, un libro da leggere.

(Ok, se tutti i saggi sono così, forse qualcuno in più lo potrei anche leggere).

Titolo: Terzo settore in fondo
Autore: Marco Ehlardo
Pagine: 117
Editore: Edizioni Spartaco
Anno: 2014
Acquista su Amazon:


giovedì 29 gennaio 2015

MAGELLANO E IL MAGIZETE - Guido Trombetti

C'è una citazione di Emilio Salgari, che viene spesso storpiata a seconda delle esigenze di chi la usa, al punto che non ho ancora capito quale sia l'originale, che dice che "leggere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli".
Eh già, noi lettori apriamo un libro e la nostra mente si ritrova di colpo catapultata in mondi lontani, in ambienti diversi, in situazioni che mai affronteremmo nella nostra vita, il tutto comodamente sdraiati sul divano. E' una delle cose più belle delle lettura.

Ma vi siete mai chiesti se i grandi esploratori, Colombo, Magellano, Marco Polo, Neil Armstrong, che hanno compiuto grandi imprese "dal vivo", direttamente sulla loro pelle, siano d'accordo con questa idea di viaggiare con la fantasia? Cioè, loro hanno rischiato la vita per scoprire l'America, circumnavigare l'Asia o andare sulla Luna e qualcuno sostiene di viaggiare semplicemente con le parole e la fantasia?

La loro reazione ce la racconta Guido Trombetti in questo Magellano e il magizete, un libricino piccino piccino, ma davvero geniale. Proprio questo è l'argomento è infatti all'ordine del giorno della riunione del circolo «Esploratori e navigatori di ieri e di oggi». Certo, tutti vogliono dire la loro,Noè fatica a stare sveglio e Armstrong è il solito sbruffone americano. Ma a una soluzione bisogna arrivare. Perché Verne, Asimov, Conrad e Swift (accompagnato dai suoi lillipuziani) stanno iniziando a diventare un po' insistenti. Anche loro vogliono far parte di questo club esclusivo. 
In parallelo, in una scuola elementare di un paesello, una maestra ha a che fare con degli alunni un po' particolari: Italo, Giuseppe e Giulio, con le loro passioni e le loro mille domande, capeggiati da una fantastica Alice, che sogna sempre ad occhi aperti di conigli bianchi e pone a tutti indovinelli irrisolvibili.
E ancora, in un altro paesello, c'è un altro Giuseppe, che si rifugia nei romanzi d'avventura per fuggire da una realtà omologata che vuole cancellare ogni slancio della fantasia.

Il libro è bello perché lo si può leggere in modo diversi. Una favola divertente, con la giusta dose di nonsense, che sottolinea tutto quello che la fantasia può fare. Una critica velata alla società che spesso cerca di insabbiare questa fantasia e che con la sua eccessiva pragmaticità riuscirebbe (anzi no, riesce) a smontare anche le imprese più difficili, ma anche al mondo di Hollywood che forse un pochino esagera con i suoi kolossal.  E poi c'è il grande, grandissimo omaggio che Guido Trombetti fa ai più celebri romanzi d'avventura. 
Ho adorato soprattutto le pagine ambientate nel circolo degli esploratori: la caratterizzazione di Colombo e di Armstrong, il business messo in piedi da Noè grazie alla sua arca e l'arrivo Kubrick per trarne un film. E poi, beh, c'è una fantastica Alice, che vorrebbe a tutti costi essere normale pur essendolo già nelle sue stranezze.

Una citazione meritano anche le bellissime illustrazioni di Giancarlo Covino dei veri personaggi della storia.

Insomma, Magellano e il magizete un libro piccolino ma molto divertente da leggere e ricco di spunti di riflessione, soprattutto per gli amanti della lettura e dei romanzi d'avventura (e anche per gli amanti delle esplorazioni, ovviamente!). Una piccola perla.

Titolo: Magellano e il magizete
Autore: Guido Trombetti
Pagine: 128
Editore: Edizioni Spartaco
Anno: 2014
Acquista su Amazon:
formato brossura: Magellano e il magizete

lunedì 3 novembre 2014

IL TERRORISTA E IL PROFESSORE - Vito Faenza

Ho sempre preferito i romanzi ai saggi, anche quando devo imparare qualcosa di nuovo. Sarà che mi trovo molto più a mio agio nelle storie romanzate, quelle che non ti forniscono solo nozioni ma collocano queste nozioni nella vita reale, tenendo conto anche degli aspetti umani e quotidiani. Sono anche convinta che ci siano degli argomenti che trattati in forma di romanzo possano arrivare a più persone in modo più diretto e deciso, rispetto a quando vengono presentati in forma di saggio.
La Camorra per me è uno di questi. Certo, ho letto e apprezzato Gomorra di Roberto Saviano, uno dei pochi saggi che, complice un po' la moda e la potenza della casa editrice che l'ha pubblicato, è diventato un best seller. Da lì ho scoperto alcune cose che ignoravo e mi sono indignata ancor di più per altre che già conoscevo. Però ecco, se qualcuno mi chiedesse di che cosa parla Gomorra risponderei semplicemente di camorra.

Se invece mi chiedeste di cosa parla Il terrorista e il professore di Vito Faenza, vi risponderei che parla di camorra e di Brigate Rosse, di affiliazioni e di politici corrotti, ma anche di legami d'amicizia e d'amore. Parla del Professore, Don Vittorio, che dal carcere in cui è rinchiuso riesce comunque a portare avanti la sua attività, grazie ad agganci politici, a poliziotti facilmente corrompibili e al silenzio di chi sta attorno. E parla del terrorista, il Sindacalista, o più semplicemente Aldo, che ha un legame con le Brigate Rosse pur non essendo mai stato attivo in prima linea, che è stato arrestato a causa di una distrazione dei suoi compagni. Aldo e Don Vittorio in qualche modo diventano amici e tra i due si crea un legame di reciproci favori e di confidenze, sebbene entrambi sappiano bene che ruolo hanno nella vita l'uno dell'altro. Finché qualcosa poi non si incrina, nel sistema politico che proteggeva  Don Vittorio, con inevitabili conseguenze.

Dopo L'isola dei fiori di cappero, quindi, Vito Faenza torna a parlare di camorra e lo fa ancora una volta ispirandosi a una storia vera. Quella del sequestro di Ciro Cirillo da parte delle Brigate Rosse all'inizio degli anni '80 e del ruolo avuto da un clan nella sua liberazione. Faenza però sceglie altri nomi, altri personaggi e racconta il modo in cui questi hanno vissuto quel periodo e il ruolo che questi hanno avuto, ma anche la loro quotidianità, la vita in carcere, le fughe d'amore e le speranze di uscirne vivi, gli affronti subiti e la paura.
Il terrorista e il professore è un romanzo che si legge d'un fiato, un po' perché scritto molto bene e appassionante, un po' perché forse leggermente troppo corto. È un libro che ti fa aprire gli occhi sulla potenza della camorra e su come questa in qualche modo, soprattutto in passato, è stata resa possibile da uno Stato corrotto. Ti fa conoscere un episodio del passato che forse oggi è stato anche un po' dimenticato (io sono nata qualche anno dopo e del rapimento di Ciro Cirillo non avevo mai sentito parlare). E poi ti fa entrare nella mente dei suoi protagonisti, che oltre a terroristi e camorristi sono, anche se spesso è difficile da credere, anche persone.

Insomma, se volete scoprire qualcosa in più di camorra ma allo stesso tempo avete voglia di leggere un bel romanzo, Il terrorista e il professore di Vito Faenza è sicuramente il libro ideale. 

Titolo: Il terrorista e il professore
Autore: Vito Faenza
Pagine: 117
Anno di pubblicazione: 2014
Editore: Edizioni Spartaco
ISBN: 978-8896350423
Prezzo di copertina: 10 €
Acquista su Amazon:
formato brossura:Il terrorista e il professore

domenica 2 novembre 2014

Un libro per tè: Il terrorista, il professore e il tè alla violetta


La mia lettura di questi giorni è Il terrorista e il professore di Vito Faenza, da poco edito dalla casa editrice Spartaco. Il libro racconta in forma romanzata una storia vera, che mette in evidenza il forte legame che esisteva tra la camorra, le BR e lo Stato negli anni '80.  Mi mancano pochissime pagine per arrivare alla fine e quindi ve ne parlerò in modo più approfondito tra non molto, nella recensione. Per ora vi basti sapere che mi sta piacendo molto.

Per quanto riguarda il tè di oggi, invece, vi presento uno dei miei preferiti del momento: il tè alla violetta. Tutto ciò che è alla violetta, in realtà, mi piace molto: dalle caramelle al gelato, dai petali zuccherati allo sciroppo. Trovare il tè a questo gusto è stato l'apice di questa mia passione. Questo nello specifico l'abbiamo comprato in una tisaneria di Bologna, StregaTe, un paio di anni fa (non chiedetemi di preciso dove sia, che l'abbiamo trovata per caso durante un girovagare massacrante a piedi per la città... siamo andati dalla stazione a San Luca e ritorno, così, per dire) . L'abbiamo visto in vetrina e ci siamo precipitata dentro al negozio, per acquistarlo e da allora, almeno una volta a settimana, ne devo bere una tazza.
Qui nella mia zona non l'ho trovato fino a quest'estate, solo che era in versione fredda. Versione che però mi è piaciuta meno, perché non sono solita mettere lo zucchero né nel tè, né nel caffè, né nelle tisane e questo té freddo, senza zucchero, era quasi imbevibile. Ma se siete grandi amanti dello zucchero, e lo mettete a palate ovunque, anche con quello freddo non avrete alcun problema!
Spero davvero quando finirà il mio sacchettino da 100 gr, di riuscire a recuperarne dell'altro da qualche parte... se no ci toccherà ritornare a Bologna!

domenica 11 maggio 2014

Salone del Libro di Torino e Salone OFF 2014: un resoconto rampante

E finalmente trovo il tempo per scrivere un post e raccontarvi i miei due giorni tra Salone del Libro e Salone OFF. Due giorni belli, intensi, un pochino anche angosciosi, ricchi di incontri, libri ed emozioni.
Come vi avevo anticipato, quest'anno sarei stata parte attiva, nel mio piccolo, del Salone e del Salone Off: un sogno che si avvera, quello di entrare con il pass di relatore e vedere il mio nome comparire nel programma.

Ma andiamo con ordine, che oltre alle mie presentazioni, ci sono altre cose che meritano di essere raccontate.
Innanzitutto credevo che andare al Salone di venerdì garantisse una certa tranquillità al suo interno. Tranquillità che c'era sicuramente all'ingresso (il lettore rampante ed io siamo arrivati verso le 11.30 e di coda per il biglietto lui non ne ha dovuta fare... mai vista una cosa del genere!), ma che poi un po' si perdeva una volta varcata la soglia dei padiglioni. Perché il venerdì è il giorno delle scolaresche. Tante scolaresche. E di conseguenza altrettanti ragazzi e ragazzini delle più svariate età che girano per il salone. Se da un lato trovo che sia davvero una bella cosa portare le scuole in mezzo a tutti quei libri, dall'altro, essendo una che odia il caos, ho avuto seriamente paura di sbroccare.

Dopo essere passati a salutare i ragazzi delle Edizioni Spartaco (visto quanto li ho torturati i giorni prima con le mie ansie, mi sembrava giusto fargli sapere che almeno il primo scoglio, ovvero l'ingresso, era stato superato) e aver fatto i primi acquisti alle edizioni e/o (dove se acquistavi due libri te ne regalavano un terzo), siamo andati all'incontro TRADURRE I CLASSICI, in Sala Azzurra. A parlare dei classici e della loro traduzione (argomento che mi sta molto a cuore, in quanto sono fermamente convinta che i classici vadano ritradotti dopo un po' di anni affinché siano più fruibili e leggibili) c'erano Luciano Canfora, Renata Colorni, Ernesto Franco, Nuccio Ordine e Elena Loewenthal. Tutti esperti di classici per le più importanti case editrici, da Einaudi a Bompiani, anche se non tutti traduttori. 

La sala era gremita, per lo più da ragazzi delle scuole superiori, verosimilmente trascinati lì dai loro professori.  E infatti quelli davanti a me giocavano all'impiccato, quelli dietro erano su facebook o su twitter e sono abbastanza sicura di aver sentito qualcuno russare. Per quanto lo trovi deprecabile e poco rispettoso, lo posso anche capire. Parlare di classici non è per niente facile. Bisogna avere un sacco di conoscenze e una grandissima passione. La stessa che ci va per tradurli. Il problema è che se si vogliono mantenere in vita i classici, invogliare i giovani a leggerli, bisogna parlar loro in modo diverso. Meno accademico e più dinamico. Ho faticato davvero anche io a seguire senza distrazioni tutta la conferenza, pur trattandosi di un argomento che mi interessava molto. Ho preso qualche appunto, certo. Qualche spunto per la mia rubrica di traduzione (mi sa che in una delle prossime puntate si parlerà di Thomas Mann), ma devo ammettere che quando è finito ho tirato un sospiro di sollievo. 
Appena usciti abbiamo fatto un giro tra i vari stand: minimumfax, marcos y marcos, iperborea (sconto con la tessera ikea) e poi multiplayer edizioni... dove c'era un angolo interamente dedicato a Star Wars (e diamo un contentino al povero lettore rampante, su!).

Dopo le foto di rito con Chewbacca e R2D2, siamo andati allo Stand del Paese Ospite, la Città del Vaticano, per l'incontro con le altre blogger. Un incontro rapido, ma molto piacevole. Anche se sono convinta che il Salone non sia il posto migliore per conoscersi un po' meglio, visto che ci sono conferenze da seguire, autori da stalkerare e libri, libri, ovunque. 
Da lì siamo poi andati all'incontro in Sala 500 con ANDREA VITALI. Era da tempo che volevo assistere dal vivo a una sua presentazione, per cercare di capire che persona è e, soprattutto, come fa a scrivere così tanto. 
L'incontro è stato davvero molto divertente, anche se non ho ancora letto nessuno dei due libri che venivano presentati (sì, due). La relatrice gli ha anche posto proprio la domanda che da tempo vorrei porgli io, ovvero: come fai? Lui ha detto di aver tanti libri nel cassetto, tante storie che gli frullano in testa e tanta voglia di raccontare. Non necessariamente i libri che escono oggi sono libri che ha scritto oggi. Sebbene rimanga dell'idea che un libro all'anno, massimo due, siano più che sufficienti, la sua spiegazione in qualche modo mi ha convinta. Poi beh, sentirlo parlare dal vivo di Bellano e dei suoi compaesani è stato davvero emozionante! (E ricordate che "Chi piscia spesso e chiaro il medico vede raro").

Finito l'incontro con Vitali, ci siamo avvicinati allo stand della Spartaco. Alla mia prima presentazione mancava poco meno di un'ora e volevo arrivare per tempo e magari chiacchierare anche un po' con l'autrice (ok, e il lettore rampante voleva essere sicura che non scappassi). Abbiamo scambiato due parole (riguardo soprattutto all'affluenza al salone) e poi, finalmente, è giunta l'ora di recarsi all'Indipendent's corner, per presentare LE GIOCATRICI di Marilena Lucente, insieme all'autrice e a Giusi Marchetta.


Molto bella la sala (con i mobili di cartone!) e direi anche parecchia gente a sentirci. Come sia andata, onestamente, non lo so dire. Nel senso che ero un po' terrorizzata e non sono ancora del tutto convinta che le mie domande non fossero sceme. Devo ammettere di essere scesa da lì, una volta finita la presentazione, pensando di chiudere tutto e non presentarmi il giorno successivo (sì, lo so, lo so, le mie reazioni sono sempre un po' spropositate... soprattutto considerando che invece tutti mi hanno detto che era andata molto bene!).

Dopo la presentazione abbiamo fatto ancora due passi per il Salone (con degli amici speciali a farmi da supporto) e incontrato Francesco Piccolo che passeggiava amabilmente tra gli stand ("Ma come cavolo è possibile che ci sia Francesco Piccolo che passeggia così, tranquillo, senza che nessuno lo fermi?" cit.), per poi avvicinarci alla Sala 500 per l'incontro con i fratelli Carofiglio. Incontro a cui però non abbiamo assistito, in quanto erano molto in ritardo sul programma, ma che mi ha dato modo di parlare un po' con Francesca di La contorsionista di parole, una blogger che adoro e che dal vivo non avevo mai incontrato (e che vi suggerisco di seguire, se ancora non conoscete). E' stato davvero bello!

Siamo finalmente usciti dal Lingotto che erano quasi le 21 di sera e, dopo una scorpacciata di sushi, siamo tornati a casa, stracarichi di libri. Alla fine sì, ho comprato tantissimo, approfittando anche degli sconti fiera. Sconti che le grandi case editrici non fanno ma che invece, in una forma o nell'altra, le piccole sì.
Questo è il bottino finale (sì, c'è anche un flipback... ma me l'hanno regalato):


Sabato nel pomeriggio invece ho partecipato alla mia seconda presentazione. Fuori dal Salone, questa volta, a San Salvario al Camaleonte Piola, in occasione appunto del Salone OFF. Dopo aver fatto due passi per il centro di Torino in mezzo a un'afa pazzesca, il corteo dei No Tav e dei buffi corridori tutti colorati (c'è stata la Color run, una figata pazzesca!), siamo arrivati al locale con un po' di anticipo e scambiato quattro chiacchiere con Andrea Vismara, autore di Iddu, il romanzo che di lì a poco avrei presentato insieme a lui e accompagnati dalle letture di Alessandra De Fortis. 



Sicuramente il fatto che il locale fosse un po' più piccolo e più intimo, e soprattutto di aver già esordito come "presentatrice" (Allegria!) il giorno precedente mi hanno aiutato. La presentazione è stata molto bella, divertente, e Andrea Vismara è stato davvero bravo a raccontare la storia della nascita del romanzo e a trasmettere la sua passione per Stromboli (oltre, ovviamente,a rispondere anche alle mie domande imbecilli). 
Alla presentazione è poi seguito un aperitivo a base di specialità strombolane: (due ore prima "Oh, lettore rampante, speriamo  non ci siano pesci o melanzane tra le specialità strombolane, che figura ci faccio se no visto che non li mangio"): ovvero acciughe, caponatina e focaccia ripiena. Tutto buonissimo (mi assicura chi ha mangiato)!


Insomma, sono stati due giorni molto belli e molto intensi, come da qualche anno a questa parte sempre lo sono quelli del Salone. E devo ringraziare tanto, tantissimo tutte le persone che hanno contribuito a renderli così belli: Tiziana, Ugo e Francesco delle edizioni Spartaco, per avermi offerto questa grande opportunità. Marilena Lucente e Andrea Vismara, per essersi fidati a farmi presentare i loro libri pur sapendo che era la prima volta.  Laura e Thais, grandi amiche, sempre presenti nel momento del bisogno, e che, insieme a Fabio, hanno sopportato il mio calo di tensione post presentazione. Tutte le blogger che ho incontrato, anche se per poco. Tutti quegli editori con cui ho scambiato battute e tutti quei fantastici libri che sono venuti poi a casa con me.
Vabbè sì, poi ovviamente anche il lettore rampante, per il sostegno, la pazienza e le spalle robuste  con cui ha portato tutti i miei acquisti. Non riesco a immaginare di andare a un Salone del Libro senza di lui (da nessuna parte senza di lui riesco più a immaginare di andare, in realtà).
Bom, detto questo, da domani riprenderà la normale programmazione sia qui sul blog sia sulla pagina facebook, che immagino che per chi non è potuto andare al Salone sia una vera tortura vedere foto e leggere questi resoconti.