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mercoledì 12 aprile 2023

CIRCE - Madeline Miller

 (Queste considerazioni sono state pubblicate sulla pagina Facebook del blog, ma ho deciso di riportare piano piano tutte le recensione fatte di là anche qui, così da non perderle e ritrovarle più facilmente nel tempo)

Sono finalmente riuscita a terminare la lettura di Circe di Madeline Miller (tradotto da Marinella Magrì per Marsilio).
Dico finalmente perché da un certo punto in poi ho davvero arrancato con la lettura, complici anche due settimane lavorative piuttosto pesanti che non mi hanno permesso di dedicargli l'attenzione che si meritava. E credo che con un romanzo come questo sia fondamentale avere il tempo e la testa per mettersi lì e leggere e basta.

Il romanzo racconta la vita della maga Circe, dall'infanzia con il padre Elios, la madre ninfa Perseide e fratelli e sorelle divine, fino all'esilio sull'isola di Eea e poi all'arrivo di Odisseo che cambierà per sempre la sua vita.

La mia conoscenza della mitologia greca è molto limitata e deriva perlopiù dal cartone animato Pollon, uno dei miei preferiti quando ero bambina, e allo studio dell'Eneide alle superiori. Sapevo poco o nulla di Circe, a parte che è stata l'amante di Odisseo: non sapevo della sua vendetta verso Scilla, del suo ruolo nella nascita del Minotauro né del suo rapporto con Dedalo, del fatto che avesse avuto un figlio né dell'incontro con Penelope e Telemaco.

Madeline Miller è sicuramente molto brava nel narrare il tutto, nel tendere un filo immaginario che consente al lettore di non perdersi tra i vari racconti della mitologia classica. Ed è brava anche nel descrivere Circe non solo come la maga ma anche come la donna, così appassionata e così attratta dagli esseri umani.

Eppure qualcosa, almeno per me, non ha funzionato del tutto e ho faticato molto ad arrivare alla fine. Forse per la stanchezza mentale di queste settimane, forse perché se non ho mai approfondito la mitologia classica dopo aver visto Pollon c'è un motivo, arrivavo alla sera con la prospettiva di leggere Circe e venivo colta da un po' di sconforto. Riconosco che sia un problema mio e che di tratta di un buon romanzo, ma per me non è riuscito a esserlo come mi sarei aspettata.

venerdì 31 dicembre 2021

IL 2021 IN UN POST

E così, in qualche modo, siamo arrivati anche alla fine di questo 2021. Il secondo anno pandemico che, sebbene io sia rimasta sempre in salute, con un tetto sulla testa e un lavoro che non ha mai subito alcuna interruzione (e per questo sono molto grata e so di essere anche molto, molto fortunata), ho trovato molto più faticoso rispetto al 2020.

Non saprei spiegare davvero il perché di tutta questa fatica nell'affrontare quest'anno: è come se ci avessi arrancato dentro, senza mai vivermi appieno i giorni e le cose, belle e meno belle, che sono successe. Credo si tratti di un risvolto emotivo di quest'epoca di incertezze, di ansie e paure che accomuna chissà quante altre persone e soprattutto che chissà per quanto tempo ci porteremo dietro, anche a pandemia finita. Pandemic Fatigue, viene chiamata. Un senso di sospensione, di giorni che si susseguono uno dietro l'altro senza svolte né cambiamenti, di ansia e di noia perenne e di incapacità di trovare un modo per contrastarla, pur sapendo che i modi ci sono eccome. 

Questa mia apatia costante ha ovviamente avuto ripercussioni anche sul mio rapporto con i libri e la lettura. Da rifugio e oasi felice che sono sempre stati, quest'anno si sono trasformati in un'ulteriore fonte di ansia e fatica. Ho letto poco, solo una quarantina di libri (che per qualcuno non sono pochi, lo so, ma per i miei standard decisamente sì), perché ho sempre faticato a trovare qualcosa che mi ispirasse, che andasse bene per il mio stato d'animo del momento. E per leggere male e leggere a caso, preferisco non leggere (in compenso ho fatto tantissime partite a Candy Crush).

Avevo iniziato il 2021 con tre buoni propositi: annotare le mie letture su un quadernino apposito, aggiornare almeno una volta al mese il blog e regalarmi almeno un libro al mese. Sono riuscita a rispettare solo il primo e il terzo: ho un quadernino bellissimo che aggiorno non appena termino un libro e almeno un regalo al mese sono riuscita a farmelo. 



Per il blog invece no, non c'è stato niente da fare. Non sono riuscita a trovare la costanza di aggiornarlo con continuità e, come dicevo prima per la lettura, per scrivere poco e male e a caso, preferisco non scrivere affatto.

Ma ora basta lagnarsi! Anche perché so di essere stata fortunata e che qualche cosa bella, riguardo ai libri ma soprattutto alla vita di ogni giorno, ovviamente c'è stata. E quindi iniziamo con l'autocompiacimento, ovvero le mie traduzioni uscite quest'anno:


Ho poi lavorato su un quarto libro per ragazzi, divertentissimo, che uscirà nei primi mesi del 2022 per HarperCollins, ma di cui mi riservo di parlare nel post dell'anno prossimo.

E ora passiamo al bilancio delle mie letture. Come già accennato, non ho letto moltissimi libri per puro piacere personale. Ce ne sono stati tanti per lavoro, ma l'approccio alla lettura in quel caso è diverso, quindi non riesco a considerarli nel conteggio totale annuale. Mi sono fermata a quaranta libri che, per i miei standard, non sono tantissimi.
Questo però ha fatto sì che prendessi pochissime cantonate e che il mio elenco di libri brutti del 2021 sia composto solo da un titolo e mezzo: Questa non è una canzone d'amore, che è stato il mio primo approccio molto fallimentare con Alessandro Robecchi a cui non so nemmeno se in futuro darò una seconda possibilità, e Qualcuno che ti ami in tutta la tua gloria devastata di Raphael Bob-Waksberg, che ho acquistato con enorme aspettativa grazie soprattutto al titolo meraviglioso e in cui mi sono incagliata dopo i primi due racconti, tanto da decidere di abbandonarlo: magari era il momento sbagliato, e sicuramente un altro tentativo lo farò, magari non è semplicemente il libro per me.

Per quanto riguarda i libri belli, ci sono state alcune scoperte (come L'Arminuta di Donatella Di Pietrantonio, che non mi capacito di non aver letto prima; Nomadland di Jessica Bruder, un'inchiesta appassionante sulla vita dei nomadi d'America; e L'acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito, che non ho trovato perfetto, ma sicuramente con una voce che ha qualcosa da dire) e diverse conferme (Swing Low di Miriam Toews, Di luce propria di Raffaella Romagnolo, il buon Lorenzo Marone in cui ormai mi rifugio sempre ogni volta che ho bisogno di qualcosa di leggero e intelligente da leggere, Carmen Korn con la sua nuova saga tedesca, Quando il mondo era giovane, Desy Icardi nella sua Biblioteca dei sussurri, per non dimenticare Tre di Valerie Perrin).

I romanzi più belli in assoluto che ho letto quest'anno, però, sono questi:


Il Selvaggio di Guillermo Arriaga (tradotto da Bruno Arpaia per Bompiani) è stato una delle prime letture del 2021, dopo tre anni di attesa nella mia libreria, e me ne sono completamente innamorata. Ambientato in Messico, segue la vita Juan Guillermo, sopravvissuto alla nascita a suo fratello gemello, che lotta costantemente per non soccombere alle brutture che il mondo sembra mettergli costantemente di fronte. Un libro coinvolgente come pochi, che una volta iniziato si fatica a mettere giù.

Il mondo invisibile di Liz Moore (tradotto da Ada Arduini per NN Editore) ha confermato il mio grande amore per questa scrittrice americana. Amore nato con Il peso tanti anni fa, continuato con I cieli di Philadelphia e ora questo: la storia della piccola Ada che cresce senza madre ma con un padre geniale, che fin dall'infanzia la porta nel suo laboratorio di Boston dove, insieme ad alcuni colleghi, sta lavorando a una macchina per replicare il linguaggio umano. Ma poi la mente del padre inizia a cedere, a dimenticare quelle parole su cui tanto ha lavorato, e Ada deve fare i conti con una nuova realtà, diversa da quella in cui ha sempre vissuto. Un libro semplicemente commovente.

La notte delle farfalle di Aimee Bender (tradotto da Damiano Abeni e Moira Egan per minimum fax) è la storia di Francie e dei suoi ricordi della vita con la madre che, quando lei aveva solo otto anni, è stata ricoverata in un ospedale psichiatrico. Francie va a vivere con degli zii in un'altra città e cresce in un mondo in cui sua madre fisicamente non c'è, ma le dà segnali per aiutarla a ricordare, a non dimenticare la sua vita di prima. Un libro un po' strano, come lo sono sempre quelli di Aimee Bender, che però colpisce per la sua delicatezza, per il modo in cui gli oggetti del quotidiano da semplici oggetti diventano qualcosa di più, che ci aiuta ad andare avanti.

Anno bisestile di Peter Cameron (tradotto da Giuseppina Oneto per Adelphi) è l'ultimo libro che ho letto quest'anno (e questo mi fa molto sorridere, perché anche il 2020 lo avevo concluso con un libro di questo scrittore americano) e mi sono divertita tantissimo a leggerlo. Il testo era uscito a puntate nella seconda metà degli anni '80 sulla rivista 7days e poi raccolto in un libro giunto in Italia solo ora. Racconta la storia di una serie di personaggi newyorchesi, David e Lauren, Amanda e Heath, Judith e Lilian, le cui vite, colme di insoddisfazioni e di questioni irrisolte, si intrecciano tra loro in situazioni volutamente al limite dell'assurdo che mettono in luce tutte le loro debolezze. È un romanzo molto coinvolgente, che non può non appassionare e divertire il lettore, dandogli però anche molto su cui riflettere (nonostante siano passati più di trent'anni da quando è stato scritto).


E ora è tempo di affrontare il 2022. Mi auguro la salute, ovviamente, per me e per tutte le persone a cui voglio bene, ma anche per voi e tutti i vostri cari.
Mi auguro di continuare a scrivere le mie letture sul mio quadernino e di regalarmi almeno un libro al mese (sull'aggiornare il blog con più costanza ormai ci ho rinunciato).
Mi auguro di continuare a tradurre e a fare (o ritornare a fare) tutto ciò che mi piace.
Mi auguro anche che questo senso di sospensione e di incertezza trovi il modo per diradarsi e che la capacità di godersi ogni piccola cosa bella che ci succede prenda il sopravvento su tutto.
E mi e vi auguro tutto ciò che più desiderate o di cui più avete bisogno.

lunedì 4 gennaio 2021

Buoni propositi per un 2021 di libri

I buoni propositi non sono mai stati il mio forte. Ci penso sempre, all'inizio dell'anno, a cosa vorrei cambiare della mia vita, a cosa vorrei iniziare a fare o smettere di fare rispetto all'anno precedente, ma è un pensiero fugace, che raramente trova voce. A volte porto avanti i miei buoni propositi senza nemmeno rendermene conto, altre li faccio naufragare miseramente dopo qualche debole tentativo di rispettarli (come nel 2020, quando ho iniziato a mettere da parte ogni giorno qualche moneta per comprarmi l'aspirapolvere Dyson, "perché così dà più soddisfazione", e poi durante il lockdown ho usato quelle stesse monete per pagare la consegna a domicilio del cinese, "perché sono gli unici contanti che abbiamo in casa, l'aspirapolvere capirà"). 

E allora perché sono qui a scrivere un post, nei primi giorni di gennaio di un nuovo anno, sui buoni propositi? Perché ci voglio provare, ancora una volta. Il 2020 è stato un anno difficile per tutti: per alcuni tragico e doloroso, per altri "solo" psicologicamente complicato. Io sto iniziando ad accusare l'impossibilità di muoversi, di uscire, di andare in giro, di vivere la mia quotidianità normalmente e serenamente solo dagli ultimi mesi. Sarà la DaD, sarà l'incertezza di quando tutto questo finirà, ma in queste ultime settimane mi sembra di non avere prospettive e obiettivi concreti da raggiungere. Ho il lavoro, certo, con la scuola e con le traduzioni. Ho un marito, con cui sono riuscita ad andare d'accordo anche stando insieme 24 ore su 24 (e no, non era una cosa così scontata, né per lui, né per me, né per nessuno). Ho la salute, ho i libri, ho Netflix e un sacco di ricette di dolci da provare ogni giorno. Insomma, sono fortunata, ma questo clima di incertezza perenne inizia a farsi sentire, ecco. 

Tra le tante idee che mi sono venute in mente, quelle che riguardano il mondo dei libri sono tre e ho deciso che, oltre ad annunciarle sui social, dovevano essere scritte anche qui, nero su bianco su sfondo a pois, per dare loro una maggiore "ufficialità".


©Toscano

E quindi, in questo 2021 voglio assolutamente:

- Segnare su un quadernino le mie letture. Voglio molto bene ad aNobii e non ho alcuna intenzione di abbandonarlo, ma ho voglia di scrivere a mano, di annotare ciò che leggo in modo un po' più artigianale, senza dover aspettare di accendere il pc o una app per farlo. Ho già iniziato, in realtà, con la mia prima lettura dell'anno, ma ancora devo trovare la forma che più mi convinca (segno solo titolo e autore? Segno la data di inizio e di fine? Segno il numero di pagine? Le mie impressioni? Qualche citazione?). In ogni caso vedere il primo titolo lì in alto sulla prima riga del quadernino di mi ha dato una certa soddisfazione. 


- Scrivere almeno un post al mese sul blog, per raccontare ciò che ho letto e le mie impressioni a riguardo. Non saranno vere e proprie recensioni, perché dubito che troverei il tempo e la forza per scriverle, ma una sorta di riepilogo dei libri che mi hanno tenuto compagnia in quel determinato periodo. È una cosa che sento di dovere al blog, per quello che ha rappresentato e ancora rappresenta nella mia vita, ai libri che leggo e a chi ancora adesso, sebbene non abbia praticamente più scritto né aggiornato i vari social, mi dice che aspetta il mio parere e i miei consigli. E poi anche un po' per me, per tentare di ritrovare il gusto di scrivere che negli ultimi anni si è perso un po' per strada.

- Regalarmi almeno un libro al mese. Questo buon proposito sembra facilissimo da rispettare, ma mi sono resa conto che nel 2020 non mi sono comprata un libro ogni mese (certo, poi ci sono stati mesi in cui ne ho comprati anche quattro, quindi la media è comunque rispettata) e spesso ho rimandato acquisti di romanzi che volevo leggere senza alcun motivo preciso. Quindi per quest'anno, almeno un libro nuovo al mese deve arrivare (quello di gennaio sarà sicuramente Swing Low di Miriam Toews, in uscita il 20 gennaio per marcosymarcos... ma non escludo ne possano arrivare anche altri).


Sono tre buoni propositi molto piccoli, quasi banali e, per questo, spero semplici da portare avanti. A questi se ne sommano poi altri che non riguardano i libri (imparare a cucinare la carne non solo ai ferri o scaloppina; ridurre ulteriormente l'uso della plastica in casa; etc...) e sicuramente ce ne saranno altri ancora, che si formeranno nella mia testa con il passare dei mesi. Tutti insieme spero mi aiutino a sopportare un po' meglio questo periodo privo di certezze.


E voi avete qualche buon proposito per questo 2021?

giovedì 31 marzo 2016

I bookblog di marzo si vestono di nuovi colori... e di tanti libri!

E siamo arrivati anche alla fine di marzo. Finalmente c'è l'ora legale, le piante sono piene di fiori, il sole quando c'è è già bello caldo e permette le prime letture sul balcone, e questo fine settimana c'è il Book Pride a Milano, l'evento che dà un po' il via alla mia stagione di fiere del libro.

Ma pensiamo al mese che sta finendo. Un mese di letture, come sempre, e anche di qualche incontro. E partiamo subito da quello che da gennaio è diventato un appuntamento mensile fisso e che lo sarà fino a giugno, ovvero Una valigia di libri. Nell'incontro di questo mese, che si è tenuto il 19 marzo, protagonista era la letteratura centro e sud americana. È stato proprio un bell'incontro, ricco di suggerimenti (tantissimi suggerimenti, virtuali e dal vivo) e di spunti di riflessione, ma anche di chiacchiere. Non vedo davvero l'ora che arrivi il 16 aprile per il nuovo appuntamento (destinazione: Asia).

Pochi giorni dopo, il 22, sono invece andata con la mia amica Barbara alla presentazione del nuovo romanzo di Jonathan Coe, Numero undici, alla Scuola Holden di Torino. Avevo già assistito in passato a un incontro con questo autore, ad Alba durante la sagra del tartufo, e avevo proprio voglia di risentirlo. Che dire? Un bellissimo incontro e, soprattutto, una bellissima persona lui. Ci ho anche chiacchierato un po' durante il firmacopie ed è stato proprio emozionante.

Segnalo poi anche la puntata di questo mese di Casa Rampante, Tamponamenti, e il fatto che in questi giorni esce terzo libro tradotto da me, La guerra del marketing (non so se mi abituerò mai all'emozione che si prova vedendo il proprio nome all'interno di un libro).

E ora passiamo ai libri. Un mese di letture e riletture, otto in tutto, con qualche grande scoperta e qualche piccola delusione.
Le letture del mese meno La parte divertente, che ho restituito prima di fare la foto

BENEDIZIONE - Kent Haruf: la prima lettura del mese è stata una grande, grandissima lettura. Pubblicato in Italia da NN editore, con la traduzione di Fabio Cremonesi, Benedizione di Kent Haruf è un libro semplicissimo e dolorosissimo. Assolutamente da leggere.

LA PARTE DIVERTENTE - Sam Lipsyte: una raccolta di racconti, per amanti del genere, che più che divertenti definirei grotteschi... come la società che criticano. Pubblicato da minimum fax con la traduzione di Anna Mioni.

SANGUE NEGLI OCCHI - Lina Meruane: edito da laNuovafrontiera, con la traduzione di Luca Mariotti, questo libro è stata una grande rivelazione di questo mese. La storia è quella di una donna che diventa cieca e fatica ad abituarsi a questa condizione. Incredibile soprattutto lo stile dell'autrice.

L'ERA DI CUPIDIX - Paolo Pasi: le edizioni Spartaco, e Paolo Pasi in particolare, sono per me garanzia di editoria italiana indipendente di qualità. E L'era di Cupidix, che racconta di un mondo dove i sentimenti vengono regolati da pastiglie, ne è l'ennesimo esempio.

SCENDE LA NOTTE TROPICALE di Manuel  Puig: la mia prima rilettura dopo anni che non lo facevo. Pubblicato da Sellerio, con la traduzione di Angelo Morino, Scende la notte tropicale di Manuel Puig è un libro bellissimo che ha segnato i miei anni universitari. La storia di due anziane sorelle, raccontata solo tramite dialoghi e lettere.

CAFÉ JULIEN - Dawn Powell: eccola qua, la delusione del mese. Da questo libro, edito da Fazi e tradotto da Silvia Castoldi, mi aspettavo davvero tantissimo. Forse troppo, al punto da aver un po' condizionato la lettura, che si è rivelata lunga e faticosa. Peccato.

NUMERO UNDICI - Jonathan Coe: eh niente, il Jonathan Coe che tutti i suoi fan stavano (ok, stavamo!) aspettando è davvero tornato. Pubblicato sempre da Feltrinelli, con la traduzione di Mariagiulia Castagnone.

GIRL RUNNER - Carrie Snyder: pubblicato da Sonzogno con la traduzione di Gioia Guerzoni, questo libro è stata la seconda grande rivelazione di questo mese. Per fortuna non mi sono fermata al titolo e alla copertina, ma ho letto anche i commenti della critica e ho letto il libro. Che si è rivelato molto intenso e coinvolgente. Anche se non amate correre.

Il vostro marzo come è stato? Quali libri avete letto?

venerdì 29 gennaio 2016

CARO LETTORE IN ERBA... - Gianluca Mercadante

Si mangia ogni giorno. Si beve ogni giorno. Si va in bagno ogni giorno. Si ama, si odia, si litiga e si fa pace ogni giorno. E bisognerebbe leggere ogni giorno, perché chi ama i libri pensa che sia una cosa naturale. Tanto naturale che diventa pian piano un modo per potersi raccontare.

In Italia, stando alle statistiche, più del 50% (mi pare sia il 57%) della popolazione non legge nemmeno un libro all’anno. La percentuale di chi ne leggere almeno uno al mese, ed è considerato lettore forte, è di circa il 9%. Il 9% tra quel 43% che legge, ovviamente.
Non so bene da cosa derivi questa crisi di lettura. Se sia davvero una questione di tempo. Se sia colpa della tv, dei social network, del costo dei libri, delle scuole che ti imponevano di leggere o semplicemente, come in buona parte dei casi credo, sia una questione di pigrizia e scarso interesse. 
Ammetto che un tempo, da blogger e lettrice superforte, questi dati mi lasciavano allibita e mi facevano anche un po’ alterare. Per me, che è normale avere sempre un libro in lettura e leggere in ogni posto e momento possibile, è una cosa inconcepibile che la gente non legga. Eppure. 

Gianluca Mercadante in Caro lettore in erba…, un piccolo saggio pubblicato nella collana I Jolly di Las Vegas editore che ha una splendida copertina ad opera di Alessio Furfaro, parte proprio da questi dati, da questi non lettori e cerca di condurli nel fantastico mondo dei libri.
In realtà si rivolge a un lettore ben preciso, il lettore in erba, quello che forse vorrebbe leggere ma non sa da dove iniziare: ha solo i ricordi delle letture obbligatorie delle scuole e non sa come scegliere il libro giusto, qualcosa che lo spinga a ricominciare. Tra gite in libreria e dialoghi un po’ surreali tra i personaggi dei romanzi, tra analisi scanzonate dei vari generi letterari, offre uno spaccato del mondo dei libri e dell’editoria moderna.

Il risultato è un libro sì divertente e piacevole da leggere, ma anche una critica abbastanza netta a certe abitudini di oggi, tra librai (con un grande riscatto di una libreria di catena!) e, soprattutto, tra gli editori.
Cari editori, stavolta mi rivolgo a voi direttamente: venite un po’ a vedere dove si muovono i lettori. Cercateli i lettori, uno a uno, invece di lamentarvi in continuazione, invece di nascondere le vostre problematiche reali dietro lo spauracchio di una crisi editoriale cui rispondete con prodotti identici a quelli che la crisi l’hanno generata. Guardate in quali mucchi di libri la gente butta le mani e abbiate un minimo di dignità, per cortesia, piantatela di affermare che i classici non si leggono più. Pensateci bene quando si tratta di scegliere se coltivare un talento di casa nostra o prenderne uno già bell’è servito da tradurre e dare in pasto a un target consolidato altrove – e perciò ripetibile qui. Cercate d’incontrare la gente che legge.

Caro lettore in erba… è un libro scritto da una persona che ama i libri e che mette questo amore in ogni pagina, riuscendo però a non perdersi nella retorica (a volte un po’ fastidiosa, diciamolo) dei grandi amanti dei libri e dei grandi lettori, e soprattutto senza risparmiare critiche.
Certo, forse è dedicato più a chi lettore lo è già, a chi già conosce un po’ certe dinamiche dell’editoria, anche solo da semplice appassionato, che non a un potenziale lettore (che temo ne abbia un po’ le balle piene di sentirsi dire cosa dovrebbe fare per iniziare a leggere…).
In ogni caso, Caro lettore in erba…  di Gianluca Mercadante è proprio un bel librettino, che offre spunti interessanti e, al tempo stesso, diverte. Da leggere.


Titolo: Caro lettore in erba...
Autore: Gianluca Mercadante
Pagine: 158
Anno di pubblicazione: 2015
Editore: Las Vegas edizioni
Acquista su Amazon:
formato brossura: Caro lettore in erba...

venerdì 21 agosto 2015

Leggere in vacanza, in Corsica

Riprendere in mano il blog dopo il rientro dalle ferie è sempre difficile. Per quanto la pausa sia stata solo di due settimane, mi riavvicino a questa pagina bianca con un po’ di timore. Non è che non sappia cosa scrivere, anzi, ho letto ben cinque libri e di cose da dire ne ho eccome. 
Semplicemente non mi va di esordire con una recensione, così, come se non avessi interrotto momentaneamente le pubblicazioni.

E quindi ho deciso di ripartire con un post con alcune considerazioni nate in queste due settimane di vacanza. Tranquilli, non ho intenzione di raccontarvi per filo e per segno quello che abbiamo fatto, non parlerò dei bellissimi posti che ho visitato né delle strade impervie per raggiungerli (la Corsica è stupenda, ma nella parte nord occidentale e sul dito le strade sono molto, come dire, “pittoresche”… in alcune ci sono persino delle carcasse di auto nei burroni, così, per farvi stare tranquilli), e tanto meno di tutte le cose buone che ho mangiato e del vino bevuto (in Corsica si mangia e si beve davvero, davvero bene). Sono un blog di libri, io, mica di viaggi!
No, le mie considerazioni riguardano la lettura in vacanza.

Murales su una libreria a Ilé-Rousse
Quando si va in vacanza all'estero una delle primissime cose che si notano rispetto all’Italia è la quantità di persone che leggono. Sulle spiagge soprattutto, leggono praticamente tutti (quelli che non sono italiani…). Ed è una cosa bella, un po’ perché qui da noi non ci siamo tanto abituati (lettori ce ne sono anche in Italia eh, non è che voglio sempre criticare o fare di tutta l’erba un fascio), un po’ perché vedere intere famiglie di lettori è una cosa che, a noi sensibili e romantici nei confronti dei libri e della lettura, riempie sempre un po’ il cuore.
Abituati all'Italia, è strano ritrovarsi in spiaggia circondati da altri lettori (ok, una mattina molti di questi erano nudi, sebbene non fosse una spiaggia per nudisti la nostra, ma sono dettagli), vedere altre persone, di tutte le età, alternare chiacchiere, castelli di sabbia, bagni in mare e momenti di lettura sotto l’ombrellone.

Non credo sia meramente una questione di prezzo, perché come abbiamo già detto più e più volte i libri sono accessibili anche a chi non può spendere soldi (biblioteche, prestiti, book crossing, mercatini, etc etc), ma di "cultura" ed educazione alla lettura.
In Francia comunque, i prezzi dei libri come da noi. Con la differenza, enorme, che lì lo sconto fisso ai supermercati non è del 15% ma del 5%. Una cosa risaputa, così come lo è tutta la politica di difesa dei libri e delle librerie attuata negli anni dal governo francese, che però fa sì che la scelta tra comprare al supermercato e comprare in una libreria non sia una questione di prezzo. (E io sono più che convinta che una cosa del genere andrebbe imposta anche qui da noi, al posto della legge Levi e di quegli sconti casuali che soprattutto i grandi editori aggirano in continuazione).

La cosa più sorprendente, almeno inizialmente, è stata però vedere quante persone leggessero sul traghetto del ritorno. E lì molti erano italiani. Riflettendoci però con calma la motivazione è semplice, oltre che un pochino triste: sui traghetti gli smartphone non sono connessi a internet e anche se hai delle app installate, non è che puoi giocare per sei ore di fila a Candy Crush. Quindi si riscoprono i libri. Ed è stato bello vedere che non c’erano solo i best seller ma anche molti libri di editori minori: nei miei giri di ricognizione (perché sì, quando c’è gente che legge io sbircio sempre che cosa sta leggendo) ho beccato diversi e/o, qualche 66thand2nd, un po’ di minimumfax  (che sul traghetto dell’andata c’era Paolo Cognetti ve lo racconterò poi un’altra volta va), di Fazi e di Beat, oltre ovviamente agli Einaudi, ai Feltrinelli e, non posso negarlo,  a qualche sfumatura.
Insegna di una biblioteca a Calvi, chiusa purtroppo
Quindi le cose sono due: da un lato, c’è una buona fetta di lettori che legge sempre e a prescindere e non si lascia convincere solo dal libro acclamato (a meno che non ci fosse una convention di lettori forti sul mio traghetto, ma dubito), dall’altro c’è gente che legge davvero solo quando non ha nient’altro da fare. Ok, sì, si poteva guardare un po’ di tv, fissa però su italia 1 e repliche vecchissime dei Simpson, o giocare a qualche videogioco del primo dopoguerra sul ponte sei.
In generale, l’impressione è che leggere sia visto da alcuni come l’ultima spiaggia per fronteggiare la noia. “Vabbè, leggo va, finché lo smartphone non prende la rete”

La cosa bella sarebbe riuscire a far capire a queste persone che, quando sono a terra, possono fare convivere entrambe le cose, leggere e usare lo smartphone.


Bene, il primo post di rientro dalle ferie è finito. Forse ho detto qualche ovvietà, e me ne scuso, ma il mio cervello ci mette sempre un po’ a carburare dopo essere stato spento per quasi due settimane. In ogni caso, se ancora siete in vacanza, provate a dare un'occhiata anche voi a quanti lettori ci sono oltre a voi, così, anche solo per curiosità, per scoprire se le statistiche sono davvero così terribili come ahimè sembrano e se all'estero, forse, c'è qualche speranza in più.

Da lunedì ritornano le recensioni!

mercoledì 24 giugno 2015

Di libri e di mode: una piccola riflessione sconclusionata

Oggi parliamo di moda. No, non mi sto convertendo davvero da book blogger a fashion blogger (sebbene mi abbiano fatto presente che se fossi una fashion blogger probabilmente potrei vivere facendo questo). Semplicemente, vorrei provare a parlare del concetto di moda nella lettura.
E’ da un po’ che ci penso in realtà. Quanta gente c’è che legge un libro perché lo stanno leggendo tutti? Quanta gente c’è che sceglie un libro da leggere in base a quante copie abbia venduto o da quanto se ne sia parlato in giro? E quanto bene fa a un libro tutto questo?
Illustrazione di Nerina Canzi
L’altro giorno una ragazza mi ha scritto chiedendomi di consigliare un libro che va di moda in questo periodo. La mia primissima reazione, devo ammettere, è stata di snobismo. Io non leggo libri perché vanno di moda e non mi preoccupo minimamente se il libro che sto leggendo lo hanno letto in due milioni o la mia è la prima copia che vendono. Non mi interessa, onestamente. Io leggo un libro perché mi ispira la trama, perché mi piace il suo autore, perché ne ho sentito parlare bene, o per mille altri motivi che non saprei nemmeno spiegare. Tendo anzi a star ben lontana da quei libri che leggono tutti (per dirvi, probabilmente se non avessi scoperto la Ferrante prima che ne scoppiasse la mania difficilmente l’avrei letta ora).
Poi però ho cercato di mettere a tacere il mio animo snob e riflettere sul perché di questa richiesta. Che mi è arrivata da una persona sola (che tra l'altro ringrazio perché mi ha dato modo di riflettere su una cosa su cui non avevo mai riflettuto poi tanto a fondo), ma che sono sicura sia un pensiero abbastanza diffuso, soprattutto visto che siamo un popolo di lettori scarsi e, a volte, anche un po’ troppo omologati.
Che cos’è esattamente un libro di moda? Le Cinquanta Sfumature sicuramente lo sono state e non appena uscirà lo sarà anche Grey, lo stesso libro ma visto dal punto di vista maschile. Ma in passato lo è stato anche Gomorra di Roberto Saviano (che, per quanto antipatico possa stare Saviano a molti, non credo che possa essere paragonato alla celebre trilogia pornosoft) o il Codice da Vinci di Dan Brown, ma anche I love shopping della Kinsella e tutto ciò che è ambientato da Tiffany o che ha Tiffany in copertina, passando per Il cacciatore di aquiloni di Hosseini e Fabio Volo… giusto per citarne qualcuno.

Quindi, mi chiedo di nuovo, che cos’è un libro di moda? E come fa a diventarlo?
Alcuni fenomeni pare partano direttamente dai lettori e da quel fantomatico passaparola che viene sempre tanto osannato su alcune fascette. Un libro piace a una persona e questa lo consiglia a un altro, che lo consiglia a un altro, che lo consiglia a un altro… et voilà, tutti in spiaggia  a leggere  porno.
Altri vengono spinti tantissimo dagli uffici stampa, che tramite radio, tv, giornali e una pubblicità massiva, riescono a generare quello strano effetto per cui se tutti ne parlano allora deve essere qualcosa che merita e, soprattutto, devo poterne parlare anche io.
Un effetto strano, almeno per quanto mi riguarda, che sono sempre stata ben lontana dalle omologazioni e da questa necessità di parlare a tutti costi anche di cose che non si sanno.
Da un libro di moda, e chi frequenta assiduamente le librerie lo sa bene, ne partono poi mille altri, che tentano in qualche modo di emularlo, seguendone il filone, copiandone magari anche un po’ la copertina e inserendo piccole variazioni di trama, così da non sembrare esattamente lo stesso libro. E’ successo con i vampiri di Twilight, se vi ricordate, con Dan Brown e tutti i codici di qualcosa o di qualcuno che sono spuntati dopo, con Hosseini e tutti i romanzi ambientati in medio oriente con titoli e copertine simili, per non parlare ovviamente di ciò che hanno generato le Cinquanta Sfumature.

Ora, io non voglio certo sostenere che il fatto che un libro sia di moda e diventi un best seller implichi necessariamente che sia un brutto libro. Io stesso quando l’ho letto mi sono appassionata a Langdon e alle sue avventure parigine.
Però, da lettrice fortissima, riesco a cogliere le differenze che ci sono tra un libro scritto apposta per diventare un best seller e un libro che invece non nasce con questo obiettivo (dando per scontato ovviamente che ogni editore sarebbe ben contento che un suo libro diventasse un best seller inaspettato, così da rimpolpare un po’ le sue casse sempre troppo vuote in questi tempi di magra di lettori). E credo che chiunque legga anche altro, almeno una volta, se ne renda conto.
Ma al di là di questo, quello che più di tutto mi risulta difficile comprendere è come faccia un libro a essere una moda. Non è un vestito, non sono un paio di scarpe o una borsa, che quest’anno sono in e l’anno prossimo out, ma conservateli che poi tra qualche anno ritorneranno.
Un libro racconta una storia e dovremmo scegliere una storia che ci piace e ci appassiona, e non leggere qualcosa perché lo fanno gli altri o perché l’autore ha venduto sei milioni di copie in tutto il mondo o è stato il caso editoriale in Uzbekistan (massimo rispetto per i casi editoriali dell’Uzbekistan, sia chiaro… ma è per sottolineare come dati francamente inutili di certi libri vengano utilizzati per vendere).
Soprattutto considerando quanti libri vengono pubblicati ogni anno, quanta scelta c’è, se solo non ci si fermasse di fronte a una gigantografia o a una pubblicità sentita in radio o in tv (tra l’altro io le pubblicità dei libri che fanno in tv, tra un detersivo e la carta igienica, le trovo allucinanti. Del libro non dicono mai niente, parlano solo ed esclusivamente dell’autore e del numero di copie che ha venduto).

Ok, forse il mio animo snob ha di nuovo preso il sopravvento. Ognuno deve essere libero di leggere quello che vuole, per la motivazione che vuole, e non sta certo a me o ad altri book blogger (che poi anche noi, quando vogliamo, con sta cosa dell’omologazione siamo abbastanza bravi eh… tipo che escono dieci recensioni dello stesso libro in due giorni su dieci blog diversi. La differenza è in alcuni casi si tratta di libri che altrimenti non arriverebbero in nessun modo) dire che cosa uno debba o non debba leggere.

Mi spiace solo che per star dietro a delle mode, un po’ per omologazione, un po’ forse semplicemente per pigrizia e poca voglia di informarsi, libri che meriterebbero di essere conosciuti e letti da tutti, passano un po’ in secondo o in terzo piano.

In ogni caso, vi prego, non chiedetemi mai più di consigliarvi un libro di moda. Chiedetemi di consigliarvi un libro che a me è piaciuto un sacco, un libro che tratta una tematica che vi sta a cuore o che abbia dei protagonisti con caratteristiche precise, che sia ambientato al mare o in montagna, nel passato o nel futuro. Qualunque cosa, anche la più assurda. Ma che sia di moda, ecco, no.

martedì 14 aprile 2015

#ioleggoperché... ecco cosa non mi convince

Ci ho dovuto pensare un po’ prima di decidermi a dedicare un post all'iniziativa #ioleggoperché. Immagino sappiate tutti di che cosa si tratta: il 23 aprile, giornata mondiale del libro, i messaggeri regaleranno a degli sconosciuti non lettori una delle 240.000 copie di libri,  scelti dalle case editrici aderenti e stampati per l’occasione in un’edizione apposita, con lo scopo di invogliarli a leggerli.

L’evento, organizzato dall’AIE e patrocinato da diversi enti (per informazioni più approfondite vi rimando direttamente al loro sito), ha messo in campo molte forze, tra testimonial importanti ed eventi correlati, che da un lato sanno un po’ di ultima spiaggia e dall'altro fanno chiedere perché spendere tutti questi soldi in un botto solo anziché diluire nel tempo (e negli anni, che la crisi dei lettori non è mica una cosa nata ieri)le iniziative e gli interventi a favore dei libri e della lettura.

Mi sono decisa, oggi, perché in questi giorni ho visto il banner di #ioleggoperché sulla testata di molti giornali, in un supermercato e, domenica, pure sulle magliette degli arbitri durante alcune partite di calcio. E il primo pensiero è stato “qui ora forse si sta un po’ esagerando”.
Premesso che da lettrice e da book blogger è ovvio che mi piacerebbe che l’amore per la lettura si diffondesse e riprendesse quel vigore che aveva in passato, così come è ovvio che ogni iniziativa, dalla più piccola alla più grande, volta a cercare di raggiungere questo scopo è un tentativo lodevole, io credo che in questa #ioleggoperché ci siano troppe cose che non funzionano del tutto, per renderla davvero credibile ed efficace.
Ve ne parlerò per punti e vi chiedo già scusa fin da ora se alcune delle mie obiezioni le avete già lette o sentite da altri in altri luoghi (segno che le perplessità non sono solo mie).

LA SCELTA DEI LIBRI: sappiamo tutti che un libro sbagliato al momento sbagliato può creare problemi persino al lettore più accanito, causando blocchi e remore non sempre facili da superare. Figuriamoci dare un libro scelto arbitrariamente da un editore a uno sconosciuto, per giunta non lettore. Innanzitutto, perché dovrebbe leggerlo? Perché è un regalo? Perché gliel'ha regalato quella ragazza così carina sul bus o quel signore tanto cortese in coda alle poste, che però non hanno idea di cosa/come/quanto/se legge e perché lo fa o non lo fa? E poi, come si fa a sapere se, una volta regalato, questo libro verrà davvero letto?
Inoltre, tra i titoli scelti (ancora una volta vi rimando alla pagina ufficiale, con l’elenco completo) secondo me ce ne sono alcuni che effettivamente possono essere adatti anche a chi non legge abitualmente (penso a De Silva, ad esempio), ma ce ne sono molti che, per quanto sicuramente bei libri, più che invogliare la lettura in un non lettore, potrebbero dargli la mazzata finale.
 E poi ci sono dei titoli che chi voleva avrebbe già letto: Il cacciatore di aquiloni, ad esempio, è stato in classifica per mesi e mesi (forse addirittura anni) ed è uscito in mille versioni diverse. Lo trovavi in libreria, ma anche all’autogrill e al supermercato. Possibile che, chi era davvero intenzionato a leggerlo, debba aspettare che glielo regali uno sconosciuto?
 I libri sono stati scelti dai vari editori, e ci può anche stare ovviamente, ma in base a quale parametro?  In base a cosa si pensa che Come un romanzo di Pennac, che parla di libri e di lettura, sia il libro ideale per persone a cui dei libri non importa niente?



I MESSAGGERI: al di là del termine da setta religiosa, che trovo davvero mal pensato, a queste persone viene data, a mio avviso, troppa responsabilità per una cosa che non dovrebbe nemmeno competere a loro. Escludendo subito chi lo fa solo per i crediti universitari (nulla di criticabile, anzi, probabilmente fossi ancora studentessa avrei aderito anche io) e anche chi ha aderito per potersi intascare o scambiare qualche libro che prima non aveva (e c’è sicuramente chi lo fa),  questi messaggeri altro non sono che appassionati lettori a cui viene affidato il compito di contagiare gli altri con la loro passione  e salvare così le sorti dei libri e dell’editoria in crisi. Cosa che facciamo già, da anni e anni. Perché se l’editoria ancora non è collassata del tutto in parte è anche merito di quello zoccolo duro di lettori medi e lettori forti, che amano leggere e acquistare libri. Ora, devono anche convincere gli altri a fare altrettanto. Perché questo deve spettare a loro?
Ma soprattutto, possibile che l’AIE e gli editori non sappiano che i lettori questo lo fanno già? Lo faccio io e mille altri blog letterari che parlano di libri e di editoria, con passione e impegno. Lo fa ogni singolo lettore, quando legge sulla metro o sul bus o sul treno o in coda o in qualunque altro posto vi venga in mente, circondato da altre persone che almeno un secondo, se ne hanno la curiosità, possono scoprire un libro nuovo. Lo fa quando pubblica una citazione su un social e quando si ferma davanti a una vetrina o a una targa che dice “pinco pallino è stato qui”. Certo, così facendo non regala fisicamente niente a nessuno e quindi è un lettore forse fine a se stesso. Ma se uno per convincersi a leggere deve aspettare che uno sconosciuto gli regali un libro a caso, beh, non credo che servirà poi tanto a cambiare le statistiche.
E poi, una volta finita la campagna, una volta riusciti (non so come) a quantificare se ha funzionato, il merito o la colpa a chi verranno dati? Ai messaggeri che non sono stati abbastanza bravi a diffondere? All’AIE che invece ha avuto proprio un’idea geniale?

I TESTIMONIAL: ammetto che questa è la parte che capisco meno, ma in generale in realtà, non solo con i libri. Non capisco perché io debba mettermi a leggere così all’improvviso perché Linus, Saturnino o Carlo Cracco mi dicono di farlo (così come non compro un profumo perché lo porta un tizio famoso) o perché gli arbitri hanno messo una maglietta durante una partita di calcio (che poi, un conto Telethon che tutti sanno che cos’è e quindi la maglietta ha un senso… ma se io dalla curva vedo sta maglia con su scritto #ioleggoperché, cosa capisco?). Ma qui forse sono io che di marketing non capisco niente.

GLI EVENTI: L’iniziativa sembra essersi diffusa molto, molti sono stati i messaggeri che hanno aderito e le iniziative create per promuovere l’evento. Così come molti saranno gli eventi in programma per la giornata mondiale del libro. Il fatto è che questi eventi c’erano già prima, anche gli anni passati, solo che venivano pubblicizzati meno. Molto meno. E lo sbaglio grosso, secondo me, sta proprio qui. Facciamo questa cosa gigantesca, che fico, senza tenere conto di tutto quel che è già stato fatto in passato e forse passato in secondo piano perché a organizzarlo erano piccole librerie, biblioteche o piccoli editori.  Reading, presentazioni, piccoli festival, incontri con gli autori ci sono da sempre, tutti gli anni e tutto l’anno. Ma l’AIE lo sa?

I RISULTATI: ne ho già parlato prima, ma voglio ritornarci. Come si quantificherà il successo o il fallimento dell’iniziativa? Che dati si aspettano dall’AIE per decidere se ha funzionato o meno? E su che periodo? Dopo un mese, due, tre, due anni? E come si farà a capire se è valso il dispendio di tempo e di denaro (ok, ci sono dei grandi sponsor che stampano i libri e a cui probabilmente a livello economico cambia poco, ma un libro che un messaggero regala dopo che gli è stato dato gratis è un libro in meno che viene comprato in una libreria)? E, ripeto, di chi saranno i meriti e le colpe?
Ora, non voglio sembrare sempre negativa. E qualche cosa di positivo sicuramente c’è anche in questa campagna. La canzone di Bersani e Pacifico, per dirne una:




Però ecco, guardando il video, bellissimo, e ascoltando le parole, mi sono immaginata la reazione di uno a cui di queste cose non frega niente e non è mai fregato niente. Non credo cambierà idea.

Il problema grosso di queste iniziative, secondo me, è che entusiasmano sempre  tantissimo i lettori, che ci mettono un sacco di passione e di impegno, ma che raramente trova riscontro in persone a cui, semplicemente, non interessa. E pensandoci è anche logico che sia così.

Non lo so, onestamente, che cosa si possa fare per ampliare il raggio del lettori. Da un lato mi piacerebbe saperlo, mi piacerebbe che tutti leggessero almeno un libro al mese, perché sono davvero convinta che la loro vita un poco cambierebbe e migliorerebbe. Dall'altro però mi chiedo anche come reagirei io se qualcuno (soprattutto uno sconosciuto) volesse obbligarmi a fare qualcosa che non mi interessa. Magari una possibilità gliela darei, che preferisco provare tutto almeno una volta prima di dire no (nei limiti, ovviamente). Ma poi? 

giovedì 9 gennaio 2014

"Leggete, porcaccia la miseria" (cit.) : riflessioni sul crollo dei lettori in Italia

Oggi vorrei parlare della crisi dei lettori in Italia. Sì, lo so che lo stanno facendo un po' tutti, che stanno uscendo articoli su molti blog e quotidiani nazionali e che, alla fine della fiera, una vera soluzione non sembra esserci. Ma vorrei parlarvene lo stesso, dire come la penso io e cosa, secondo me, si potrebbe fare per migliorare un po' la situazione.

Il tutto è nato dalla pubblicazione delle più recenti stime dell'ISTAT riguardo alle percentuali di lettori in Italia, che potete trovare qui. 
La percentuale di lettori, che hanno letto almeno un libro all'anno (ma sono lettori, questi?) rispetto al 2012 è scesa dal 46% al 43%. Permane la disparità tra i sessi, con le donne che leggono molto di più degli uomini (49,3% della popolazione femminile rispetto al 36,4% di quella maschile), così come quella territoriale (al Nord, per qualche strano motivo, si legge più che al Sud).

©Diana Toledano
Il dato più allarmante è sicuramente quello della percentuale di lettori: vuol dire che più del 50% della popolazione non legge nemmeno un libro all'anno. Nemmeno d'estate, in spiaggia. Nemmeno sul treno, in sala d'aspetto, alla fermata del bus o sotto una coperta d'inverno. Non so voi, ma io trovo questa cosa tristissima.
Sorge quindi spontaneo chiedermi: ma perché la gente non legge? 
Una domanda a cui in tanti, tantissimi, molto più esperti di me, stanno cercando disperatamente di trovare risposta, senza però riuscire in realtà a fare nulla di concreto per migliorare questa situazione. Belle proposte, come quelle lanciate da diversi editori sull'ultimo numero di Tuttilibri, l'inserto letterario de La Stampa (e che a poco a poco stanno comparendo anche online: potete già leggere le idee di Claudia Tarolo, della Marcos y Marcos, e di Ernesto Ferrero, il patron del Salone del Libro di Torino),  o pesanti critiche al sistema editoriale (Antonio Scurati, sempre su Tuttolibri, e Luca Formenton su Il fatto quotidiano), che pubblica troppi libri in troppo poco tempo, troppi bestseller, puntando più sulla quantità che sulla qualità.

E partiamo un attimo da questo, un argomento non poi troppo difficile da trattare, basta entrare in una qualunque libreria, soprattutto quelle di catena, per capire che effettivamente si pubblica davvero troppo (più di 50.000 libri nuovi ogni anno) e soprattutto si pubblicano libri destinati a rimanere sugli scaffali per pochi, pochissimi mesi. Un ricambio continuo, in cui la quantità prende decisamente il sopravvento sulla qualità, e che porta a mio avviso più confusione che voglia di leggere. Non sai dove guardare, non hai tempo di scoprire un libro (non è sempre amore immediato, a volte ci va anche un po' prima di decidere se leggere o meno un determinato volume), che subito vieni bombardato da un altro libro. Come è possibile che diminuiscano i lettori, diminuiscano le stime delle vendite, eppure aumentino le pubblicazioni? Mi sembra assurdo pensare che sia l'offerta a mancare e che quindi sia necessario produrre sempre di più. Eppure a volte l'impressione è proprio quella.

Un altro argomento su cui si spinge tanto è poi l'importanza delle scuole e delle famiglie, per avvicinare i più giovani al mondo dei libri, della lettura e della cultura. Una cosa non semplice da attuare, soprattutto se alle spalle di questi ragazzi che si vuol trasformare in lettori ci sono genitori che lettori non sono. Gli stessi genitori che si lamentano se i figli hanno troppi compiti, troppe cose da leggere e da fare per la scuola. Eppure, se guardiamo ai dati ISTAT la fascia d'età in cui si legge di più è quella tra gli 11 e i 14 anni. Quindi non è del tutto vero, che i ragazzini non leggono.
Sia chiaro, non tutti i genitori sono così, ci sono quelli che hanno sempre letto ai propri figli, che ci provano ogni giorno, senza successo. I figli, soprattutto se adolescenti, non sono sempre facili da convincere.
Non so come funzioni oggi, ma quando andavo a scuola io, alle elementari avevamo istituito una piccola biblioteca di classe: ognuno portava uno o più libri da scambiare con i compagni. Alle medie, complice una professoressa d'Italiano eccezionale, leggevamo tanto, tantissimo. E idem al liceo (anche se devo ammettere che lì è stato più grazie a quella di Letteratura inglese, che non a quella di lettere). Ora non funziona più così? Davvero non ci sono più insegnanti che, con le loro parole e la loro passione, riescono a coinvolgere i propri alunni? Non ci credo. Non ci posso e non ci voglio credere.(E non è nemmeno una questione di mancanza di fondi, di tagli, che sicuramente hanno colpito le scuole, martoriandole, ma che non hanno alcuna influenza sulla scelta o meno di far leggere libri o di creare biblioteche di classe).

Altro argomento molto sentito è quello del costo dei libri, che viene visto come un deterrente per l'acquisto e la lettura. Premesso che io stessa, come ho già detto più volte, credo che in alcuni casi il prezzo del libro sia esagerato, soprattutto in relazione a quanto viene effettivamente offerto (cartonato da dodici kg, scritto in carattere diciotto, per aumentare il volume e quindi giustificare, in qualche modo, i 18-20€, se non anche 25€, del prezzo di copertina), questa mi sembra, francamente, una delle scuse più insensate mai sentite. Esistono le biblioteche. Esiste il bookcrossing. Esistono le offerte, le promozioni, i libri usati, gli scambi. Modi per leggere senza spendere un euro, o spendendone proprio pochi, ce ne sono eccome. Se solo si vogliono sfruttare.
E poi adesso arrivano le detrazioni fiscali: 1000 € per la scolastica, 1000€ per tutti gli altri libri saranno detraibili del 19% a partire, forse, da quest'anno (dichiarazione del 2014). Un ulteriore incentivo, stimolo, all'acquisto che però, onestamente, più che portare in libreria lettori nuovi darà una mano a quelli già attivi. Che è meglio di niente, sicuramente (e io sto gongolando da quanto è uscita la notizia, sia chiaro), ma che non so quanto possa risolvere il problema e incentivare la lettura di chi di libri proprio non vuol sentire parlare.

Non credo neanche che il problema sia l'avvento della tecnologia, degli smartphone, di internet e dei videogiochi. Io ho uno smartphone, lavoro al pc tutto il giorno, sempre connessa a internet e leggo comunque tantissimo. E come me molti, moltissimi altri. Anzi, internet è stato più e più volte un ulteriore stimolo, uno strumento efficace per portarmi a conoscere nuovi libri che altrimenti non avrei mai conosciuto. Quando ero più giovane e avevo più tempo, giocavo anche ai videogame (con delle sessioni di The Sims e di Age of Empire che duravano ore). Eppure leggevo e leggo. E come me, sono sicura molti, moltissimi altri.

E poi c'è lei. La tv, che forse forse un po' di responsabilità per l'abbassamento del livello culturale in Italia ce l'ha. Programmi idioti, spesso volgari, con conduttrici e conduttori che fanno del trash e dell'eccessivamente tragico il loro cavallo di battaglia, portando in qualche modo al loro livello le menti con un po' meno senso critico di altre di chi li guarda. (E il problema è che poi questi stessi conduttori scrivono libri, altrettanto idioti, che vendono).

©Virginia Mori
Secondo me, il problema principale è la pigrizia che ha colpito un po' tutti. Il "non riesco a fare tutto" e quindi non leggo. Il "perché devo sforzarmi di leggere un libro quando posso vedere il film?" o "la biblioteca è lontana". Da dove arrivi questa idea che leggere sia un'attività faticosa, onestamente, non lo capisco. Capisco la problematica del tempo, quella sì, ma non può valere sempre.
E l'altro grosso, grossissimo problema è che la lettura viene spesso vista come un'alternativa a qualcos'altro. Se spendo i soldi per lo smartphone non li posso spendere per i libri. Se spendo i soldi per una pizza non li posso spendere per i libri. Se compro i piatti di carta (che poi questa "notizia", riportata su Officine Masterpiece, mi ha fatto un po' ridere, perché è come dire che si spende più di detersivi o di assorbenti che non di libri... i paragoni vanno fatti tra oggetti di uguale o simile portata), non posso comprare i libri. Finché persino dall'alto verranno fatti questi paragoni, finché si contrapporrà la lettura a tutto il resto, secondo me, non si andrà da nessuna parte. Si può fare tutto: avere lo smartphone ma anche un libro in borsa, mangiare una pizza fuori (o in casa, o dove vi pare) e nel mentre parlare di libri con i vostri compagni di cena, e idem comprare i piatti di carta, i videogiochi, etc etc etc. Se si vuole, si può fare tutto.

Cosa fare quindi per invogliare i non lettori a diventare lettori? Come si fa a far capire loro cosa si stanno perdendo, a causa della loro pigrizia? Onestamente, non lo so. Regalare o prestare loro dei libri, trascinarli a presentazioni, a fiere o anche solo il libreria e in biblioteca, per dieci minuti, tutte le settimane. Raccontare loro dei propri viaggi di carta o dei propri amici d'inchiostro. Sbattergli qualcosa sulla testa finché non rinsaviscono (ok, questo rimedio è un po' violento, non fatelo magari).
Non so quali di queste cose potranno effettivamente funzionare. Ma tentare non ci costa nulla, no?


*Per il titolo del post ringrazio Lisa, una fan della pagina facebook del blog, che ha scritto questa frase qualche tempo fa... frase che è diventata il mio motto.