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domenica 28 febbraio 2021

FEBBRAIO

Febbraio è stato un mese lunghissimo. Lo so, ho detto lo stesso anche di gennaio, che dalla sua ha almeno la scusante di avere trentun giorni, eppure anche questo mese, che sulla carta è il più corto dell'anno, sembrava non voler finire più. Credo sia uno dei tanti effetti della pandemia, quello di dilatare il tempo a dismisura e farne perdere un po' la cognizione. È stato un mese faticoso, come lo sembrano essere un po' tutti da un anno a questa parte, che ha raggiunto il suo culmine proprio questa settimana, quando ho finalmente potuto ricevere la prima dose di vaccino antiCovid: un momento emozionante, che spero possano vivere presto tutti quanti, per poter finalmente tornare il più possibile alla normalità.

Nonostante la stanchezza fisica e mentale perenne, questo mese però ho anche letto più di quello scorso: ben quattro libri, tre di autori che già conoscevo e una nuova scoperta.


Ho iniziato il mese con SWING LOW di Miriam Toews, romanzo del 2000 ma pubblicato all'inizio di quest'anno da marcos y marcos con la traduzione di Maurizia Balmelli. Avevo un certo timore ad affrontare questa lettura, perché racconta la storia di Mel, il padre di Miriam, dall'adolescenza fino al momento del suicidio. Temevo che mi avrebbe fatto star male, che avrei sofferto insieme a Miriam e alla sua famiglia, e invece, pur trasmettendo tutta la tragicità dell'evento, quel che viene fuori è un ritratto amorevole, delicato, quasi poetico, di un uomo che ha lottato per anni contro se stesso e la sua psicosi maniaco-depressiva, sconfiggendo finché ha potuto un destino che tutti davano per scontato.

Be', disse mio padre dopo che ebbero viaggiato in silenzio per un po', l'ho fatto.
Hai fatto molte cose, Mel, disse mia mamma. A cosa ti riferisci?
Ho fatto quello che dicevano che non avrei mai fatto, rispose mio padre.

E invece Mel è riuscito a diventare insegnante, è riuscito a sposarsi e a crescere due figlie, trasmettendo loro tutto l'amore di cui era capace. E Miriam Toews si conferma una delle mie scrittrici preferite in assoluto, proprio per questa delicatezza, per questa poesia con cui riesce a raccontare anche la storia più triste, riuscendo, in qualche modo e per un momento, a mostrare anche il bello di tutto quello che c'è stato.

Lasciata Miriam Toews, è stato il turno di ESERCIZI DI FIDUCIA di Susan Choi, tradotto da Isabella Zani per Edizioni Sur, e vincitore del National Book Award del 2019. Un romanzo che mi incuriosiva molto, forse anche perché dal momento dell'uscita ne ho sentito parlare moltissimo e molto bene.
È la storia di due ragazzi, David e Sarah, che frequentano insieme ad altri coetanei una scuola di drammaturgia in una non ben precisata cittadina americana. Ma la loro storia è in realtà solo un pretesto, da cui partono poi altre storie intrecciate, che coinvolgono quasi tutti i ragazzi dell'istituto, che in parte scopriamo sul momento in parte scopriamo tanti anni dopo, quando vediamo che cosa questi ragazzi sono diventati. 
Esercizi di fiducia è un romanzo molto complesso, difficile da riassumere e, per me, anche molto difficile da leggere. Temo di non averlo compreso appieno, di essermi persa qualche passaggio in questo intrico di trame, sottotrame, detti e non detti, verità e illusioni che l'autrice fa vivere ai suoi personaggi. Mi aspettavo qualcosa di diverso, sicuramente, e in parte forse è stato questo a impedirmi di vivere appieno il romanzo e lasciarmici immergere. Ne sono stata invece una sorta di spettatrice esterna, una di quelle che ogni tanto si deve girare verso il suo vicino per chiedere qualche spiegazione. Insomma, non un libro per me.

Dopo un romanzo così, avevo bisogno di qualcosa di leggero e mi sono buttata su MAGARI DOMANI RESTO di Lorenzo Marone (acquistato proprio a inizio mese per prendere la nuova coperta del lettore Feltrinelli).
Ho scoperto Lorenzo Marone quasi per caso l'anno scorso, comprando (sempre per prendere la coperta del lettore) e innamorandomi di Un ragazzo normale. Ero curiosa di leggere altro di suo e, seguendo anche i vari consigli che mi sono stati dati, sono approdata a casa di Luce nei Quartieri Spagnoli. Giovane avvocato, con un rapporto conflittuale con la madre e una strada nella vita ancora da trovare, Luce si arrabatta come può nella sua quotidianità, grazie anche a un anziano vicino che a modo suo le sta facendo scoprire il vero senso della famiglia, a un Cane Superiore che non la lascia mai sola e a Carmen e Kevin, mamma e figlio, su cui teoricamente starebbe lavorando ma che in realtà quasi senza che se ne renda conto si trasformano in una ragione di vita.
È un romanzo leggero, con un lieto fine sicuramente prevedibile e qualche frasetta a effetto, ma che è proprio ciò di cui un lettore ha bisogno quando legge un libro come  questo. Non è bello come Un ragazzo normale, questo no, ma è stata comunque una piacevolissima lettura.

E non smettete mai di essere curiosi, perché 'a curiosità è 'na forma 'e coraggio.

Febbraio si è concluso con CASA È DOVE FA MALE, il nuovo romanzo di Massimo Cuomo, fresco di stampa per Edizioni E/O.
Chi mi segue da un po' sa cosa significa per me Piccola osteria senza parole, il secondo romanzo di Massimo Cuomo. E quindi credo non sia difficile immaginare con quanta attesa mista ad ansia io aspetti ogni volta l'uscita di un suo nuovo libro.
Casa è dove fa male è la storia di un condominio e delle persone che ne occupano i suoi sette appartamenti. Persone con vizi, manie, strane fissazioni, debolezze, segreti e fragilità che celano nella sicurezza delle mura che li circondano. Pareti che sono però molto sottili e che a poco a poco rivelano tutto quello che succede all'interno.
È un romanzo particolare, spiazzante, con delle note un po' surreali e weird, con qualche nota quasi splatter, completamente diverso dai romanzi precedenti di Massimo Cuomo eppure al tempo stesso simili, nella bravura che dimostra nel rappresentare le debolezze e le fragilità umane. E che ora mi farà guardare gli altri abitanti del mio condominio con occhio sicuramente diverso.

Per quanto riguarda i libri che mi sono regalata questo mese, due sono anche tra le letture: Magari domani resto di Lorenzo Marone e Casa è dove fa male di Massimo Cuomo. A questi si aggiunge poi Io e Mr Wilder, il nuovo romanzo di Jonathan Coe uscito il 18 febbraio per Feltrinelli con la traduzione di Mariagiulia Castagnone, che sarà quasi sicuramente la mia prossima lettura.


Bene, direi che è tutt... Ah no, fermi! Stavo quasi per dimenticarmene... tra i nuovi arrivi in casa di questo mese c'è anche Fuga dalla rete. Letteratura americana e tecnodipendenza di Luca Pantarotto, uscito sempre il 18 febbraio per Milieu.

È un viaggio nella letteratura americana degli ultimi anni alla scoperta dei modi in cui alcuni dei più grandi scrittori statunitensi si sono confrontati con la rivoluzione digitale... e, tra le altre cose, l'ha scritto mio marito!

Direi che adesso per febbraio è tutto davvero. Ci leggiamo tra un mese!

lunedì 4 gennaio 2021

Buoni propositi per un 2021 di libri

I buoni propositi non sono mai stati il mio forte. Ci penso sempre, all'inizio dell'anno, a cosa vorrei cambiare della mia vita, a cosa vorrei iniziare a fare o smettere di fare rispetto all'anno precedente, ma è un pensiero fugace, che raramente trova voce. A volte porto avanti i miei buoni propositi senza nemmeno rendermene conto, altre li faccio naufragare miseramente dopo qualche debole tentativo di rispettarli (come nel 2020, quando ho iniziato a mettere da parte ogni giorno qualche moneta per comprarmi l'aspirapolvere Dyson, "perché così dà più soddisfazione", e poi durante il lockdown ho usato quelle stesse monete per pagare la consegna a domicilio del cinese, "perché sono gli unici contanti che abbiamo in casa, l'aspirapolvere capirà"). 

E allora perché sono qui a scrivere un post, nei primi giorni di gennaio di un nuovo anno, sui buoni propositi? Perché ci voglio provare, ancora una volta. Il 2020 è stato un anno difficile per tutti: per alcuni tragico e doloroso, per altri "solo" psicologicamente complicato. Io sto iniziando ad accusare l'impossibilità di muoversi, di uscire, di andare in giro, di vivere la mia quotidianità normalmente e serenamente solo dagli ultimi mesi. Sarà la DaD, sarà l'incertezza di quando tutto questo finirà, ma in queste ultime settimane mi sembra di non avere prospettive e obiettivi concreti da raggiungere. Ho il lavoro, certo, con la scuola e con le traduzioni. Ho un marito, con cui sono riuscita ad andare d'accordo anche stando insieme 24 ore su 24 (e no, non era una cosa così scontata, né per lui, né per me, né per nessuno). Ho la salute, ho i libri, ho Netflix e un sacco di ricette di dolci da provare ogni giorno. Insomma, sono fortunata, ma questo clima di incertezza perenne inizia a farsi sentire, ecco. 

Tra le tante idee che mi sono venute in mente, quelle che riguardano il mondo dei libri sono tre e ho deciso che, oltre ad annunciarle sui social, dovevano essere scritte anche qui, nero su bianco su sfondo a pois, per dare loro una maggiore "ufficialità".


©Toscano

E quindi, in questo 2021 voglio assolutamente:

- Segnare su un quadernino le mie letture. Voglio molto bene ad aNobii e non ho alcuna intenzione di abbandonarlo, ma ho voglia di scrivere a mano, di annotare ciò che leggo in modo un po' più artigianale, senza dover aspettare di accendere il pc o una app per farlo. Ho già iniziato, in realtà, con la mia prima lettura dell'anno, ma ancora devo trovare la forma che più mi convinca (segno solo titolo e autore? Segno la data di inizio e di fine? Segno il numero di pagine? Le mie impressioni? Qualche citazione?). In ogni caso vedere il primo titolo lì in alto sulla prima riga del quadernino di mi ha dato una certa soddisfazione. 


- Scrivere almeno un post al mese sul blog, per raccontare ciò che ho letto e le mie impressioni a riguardo. Non saranno vere e proprie recensioni, perché dubito che troverei il tempo e la forza per scriverle, ma una sorta di riepilogo dei libri che mi hanno tenuto compagnia in quel determinato periodo. È una cosa che sento di dovere al blog, per quello che ha rappresentato e ancora rappresenta nella mia vita, ai libri che leggo e a chi ancora adesso, sebbene non abbia praticamente più scritto né aggiornato i vari social, mi dice che aspetta il mio parere e i miei consigli. E poi anche un po' per me, per tentare di ritrovare il gusto di scrivere che negli ultimi anni si è perso un po' per strada.

- Regalarmi almeno un libro al mese. Questo buon proposito sembra facilissimo da rispettare, ma mi sono resa conto che nel 2020 non mi sono comprata un libro ogni mese (certo, poi ci sono stati mesi in cui ne ho comprati anche quattro, quindi la media è comunque rispettata) e spesso ho rimandato acquisti di romanzi che volevo leggere senza alcun motivo preciso. Quindi per quest'anno, almeno un libro nuovo al mese deve arrivare (quello di gennaio sarà sicuramente Swing Low di Miriam Toews, in uscita il 20 gennaio per marcosymarcos... ma non escludo ne possano arrivare anche altri).


Sono tre buoni propositi molto piccoli, quasi banali e, per questo, spero semplici da portare avanti. A questi se ne sommano poi altri che non riguardano i libri (imparare a cucinare la carne non solo ai ferri o scaloppina; ridurre ulteriormente l'uso della plastica in casa; etc...) e sicuramente ce ne saranno altri ancora, che si formeranno nella mia testa con il passare dei mesi. Tutti insieme spero mi aiutino a sopportare un po' meglio questo periodo privo di certezze.


E voi avete qualche buon proposito per questo 2021?

mercoledì 10 luglio 2019

LA MIA ESTATE FORTUNATA - Miriam Toews

Ve lo dico subito come sono arrivata al punto in cui sono: ragazza madre con il sussidio, case popolari e via dicendo. Non era il mio scopo nella vita, ovvio. Non è che da bambina sognassi "Da grande voglio fare la madre povera". Avevo deciso di fare la guardia forestale. Ora mi rendo conto che è un settore un po' carente di rapporti umani, per i miei gusti. Sì, ma guarda dove mi hanno portato, i rapporti umani. Dicevano non avevo elaborato il lutto per la morte di mia madre. Per questo andavo a letto con tutti, dicevano. Dicevano che sgusciavo fuori dalla finestra della mia camera da letto ogni notte perché avevo bisogno di dimenticare. Avevo bisogno di dimenticare, dicevano, perché non riuscivo a reggere la tristezza di ricordare. È questo che intendevano, per elaborare il lutto: ricordare. Ricordare tutto, reagire e lasciare andare. C'era anche dell'altro ma chi se lo ricorda, ah ah. Non è che ne vado fiera, no, ma è andata così.


La mia estate fortunata di Miriam Toews, da poco pubblicato da marcos y marcos con la traduzione di Claudia Tarolo, è il primo romanzo di questa scrittrice canadese. Il primo, sì, anche se da noi, come spesso succede, arriva per ultimo, dopo che l’autrice è riuscita a farsi conoscere e amare, arrivando ad avere un suo zoccolo duro di lettori disposti ad accettare anche qualcosa forse di un po’ più acerbo. 
Dopo aver letto piccole perle come Un complicato atto d’amore e In fuga con la zia, aver pianto con I miei piccoli dispiaceri e aver tifato per quelle Donne che parlano, passando per Un tipo a posto e Mi chiamo Irma Voth, il pubblico italiano è finalmente pronto per conoscere Lucy, Lish e tutte le ragazze madri che vivono all’Half-a-Life.

La mia estate fortunata è una storia di donne, che abitano in case popolari fatiscenti, vivono di sussidi del welfare e crescono un numero imprecisato di figli, avuti spesso da un numero altrettanti imprecisato di uomini, su cui non hanno mai potuto contare. Lucy ha sfogato il suo dolore per la perdita della madre cambiando un ragazzo a sera: è così che, a diciott'anni, ha avuto Dill. Non sa quale delle sue tante avventure di una notte il piccolo sia figlio, né si è mai preoccupata di saperlo. Dopo che il suo, di padre, non ha mostrato alcun interesse per la sua situazione, ancora chiuso nel dolore di aver perso la moglie, Lucy ha ottenuto un alloggio all’Half-a-Life, una casa popolare che si allaga ogni volta che piove,  Qui conosce Lish, che di figlie ne ha quattro, due avute con lo stesso uomo e altre due, gemelle, con un artista di strada spensierato che si era innamorato delle sue mani, e che dopo una notte di sesso l’ha lasciata senza salutarla, portandole via il portafoglio e lasciandole il sogno di un amore perduto, oltre che due figlie in grembo. L’unico ricordo che ha dell’uomo, oltre alle due piccole ovviamente, è un cucchiaino d’argento rubato in hotel quella mattina.
Lucy e Lish diventano subito amiche, per quel cameratismo che inevitabilmente si crea vivendo in luoghi e situazioni come quelle. Insieme a loro, nel caseggiato ci sono molte altre donne sole: alcune inseguono ancora il loro sogno d’amore, altre cercano di sopravvivere come possono senza farsi portare via figli e vita.

Anche se alcune donne si separavano dai loro figli per il fine settimana, non perdevano l'abitudine della carne a buon mercato o della pasta. Tra il momento in cui salutavano i loro figli e salivano di sopra nei loro appartamenti silenziosi, dovevano trovare qualcosa di buono, magari l'aspetto del cielo o il sorriso sul volto dei loro figli mentre andavano via o una zaffata di qualcosa che gli ricordasse un tempo ormai passato o un tagliando per un paghi uno compri due al supermercato o un invitio a un torneo di Scarabeo con tequila nel palazzo quella sera. Qualcosa di buono, altrimenti immagino che il silenzio di una casa vuota possa ucciderti.

Un giorno, Lucy va da Lish e la trova chiusa in camera, in lacrime. Sul tavolo di cucina c’è una rivista, aperta su una pagina che parla di uno spettacolo in Colorado e di un misterioso mangiafuoco che scalda le folle. È l’amore rimpianto di Lish e Lucy decide di voler alleviare le sofferenze dell’amica. Certo non pensava che, così facendo, si sarebbe ritrovata su un furgone sgangherato, in viaggio con lei e con i rispettivi figli, verso un sogno d’amore impossibile e una felicità che invece è a portata di tutti.

Oltretutto le altre all'Half-a-Life pensavano che Lish si illudesse che la vita fosse più semplice di quanto in realtà non fosse. Non credo che Lish pensasse che la vita in sé fosse semplice, per niente: era solo il suo modo di prenderla che lei aveva ammorbidito sempre di più, scolpito e lasciato, finché non era diventato semplice. Fai quel che ti rende felice perché non c'è nulla di certo.

La mia estate fortunata è il romanzo d’esordio di Miriam Toews, si diceva. Eppure, leggendolo, non sembra assolutamente, perché c’è già tutto quello che ho amato dei romanzi successivi e più maturi di questa autrice. Ci sono le donne, fragili e forti al tempo stesso. C’è la voglia di non arrendersi, che se scema viene alimentata da chi ci sta accanto. C’è un passato che preme sul presente e lo condiziona, ma anche la voglia e la possibilità di riscatto, anche nelle condizioni più disagiate e disperate. C’è l’amicizia, la passione e la felicità per le piccole cose. E poi è un racconto ironico, tragico e poetico al tempo stesso... tutto questo, in poco più di trecento bellissime pagine.
Certo, qua e là ci sono anche alcune incertezze, alcune ripetizioni nel racconto che si potevano evitare (e, piccola nota pedante, anche qualche nota del traduttore del tutto inutile e un po’ irritante).

Insomma, La mia estate fortunata è un grande romanzo d’esordio, che ancora oggi non sente minimamente i ventitré anni che ha, e che, almeno per quanto mi riguarda, consacra Miriam Toews tra le mie scrittrici preferite di sempre.


Titolo: La mia estate fortunata
Autore: Miriam Toews
Traduttore: ClaudiaTarolo
Pagine: 302
Editore: marcos y marcos
Anno: 2019
Prezzo: 18,00€
Acquista su Amazon:
formato cartaceo: La mia estate fortunata
formato ebook: La mia estate fortunata (Gli alianti)

venerdì 28 settembre 2018

DONNE CHE PARLANO - Miriam Toews

Siamo donne senza voce, afferma Ona, pacata. Siamo donne fuori dal tempo e dallo spazio, non parliamo nemmeno la lingua del paese in cui viviamo. Siamo mennonite senza una patria. Non abbiamo niente a cui tornare, a Molotschna perfino le bestie sono più tutelate di noi. Tutto quello che abbiamo sono i nostri sogni - per forza che siamo sognatrici.


Tra il 2005 e il 2008 in una colonia mennonita in Bolivia, a molte ragazze e donne della comunità capitava di svegliarsi coperte di lividi e contuse per via di misteriose violenze subite nella notte. Gli uomini della comunità per lungo tempo hanno attribuito queste violenze a demoni e fantasmi, oppure, a Dio o Satana che infliggevano le giuste punizioni per i loro peccati. In realtà poi si è scoperto che erano gli uomini stessi della comunità a violentare le donne: le narcotizzavano con un anestetico per animali e poi le stupravano. 

Donne che parlano, nuovo splendido romanzo di Miriam Toews, uscito il 27 settembre per marcos y marcos con la traduzione di Maurizia Balmelli, prende spunto proprio da questo reale fatto di cronaca. 
Donne, ragazze e, a volte, anche bambine violentate dai propri padri, mariti, cugini, fratelli e che ora si trovano a dover decidere cosa fare della loro vita. Non hanno molto tempo per decidere cosa fare, le donne di Molotschana: gli uomini della comunità che non sono stati arrestati per le violenze inflitte stanno infatti pagando le cauzioni di quelli in prigione e, quando saranno di ritorno, le donne dovranno decidere se perdonarli e quindi rimanere nella comunità, oppure andarsene definitivamente. È questo che ha imposto loro il pastore Peters, ribadendo così ancora una volta la loro sottomissione. O perdoni o te ne vai, mentre i colpevoli saranno comunque liberi.
Le donne di Molotschana si riuniscono di nascosto per decidere cosa fare. A seguire i loro incontri, l’unico uomo rimasto: August Pepp, ritornano nella comunità dopo anni di esilio, ma che con gli uomini mennoniti sembra davvero avere poco a che fare. A lui spetta il compito di scrivere i verbali delle loro riunioni, perché nessuna delle donne sa scrivere... e in realtà nemmeno leggere, ma è importante che rimanga una traccia scritta di quello che si dicono.

Sul piatto ci sono tante cose. Da un lato, il desiderio delle donne di andarsene per lanciare un segnale ma anche per difendersi, per non accettare passivamente le violenze e le umiliazioni subite perché, nonostante siano cresciute in una società patriarcale in cui loro valgono meno delle bestie, sentono che non è giusto. Non è giusto per loro, che sono adulte, e lo è ancor meno per le bambine che hanno subito le stesse violenze. Dall'altro lato c’è la voglia di restare, per rispondere alla violenza con la violenza, o perché la sottomissione alle regole della comunità e agli uomini è troppo radicata in loro, o più semplicemente per paura, perché non hanno idea di come sia il mondo là fuori perché nessuno glielo ha mai insegnato. C’è la voglia di rivendicare il proprio diritto a essere trattate come persone e non come, o peggio, delle bestie, ma anche il desiderio di proteggere i propri figli.

Se il pastore e gli anziani di Molotschna hanno deciso che dopo queste violenze noi donne non necessitiamo di assistenza psicologica perché quando si sono verificate non eravamo coscienti, allora che cosa dovremmo, o addirittura potremmo, perdonare? Qualcosa che non è accaduto? Qualcosa che non siamo in grado di capire? E più in generale, ciò cosa significa? Che se non conosciamo "il mondo" non ne saremo corrotte? Che se non sappiamo di essere prigioniere allora siamo libere?

Agata, Ona, Salomé, Neitje, Greta, Mariche, Mejal e Autje, sono loro le Donne che parlano. Che cercano di decidere che cosa fare, che cosa sia meglio fare per i loro figli, per la loro comunità e soprattutto per loro stesse. Sono donne forti che non sanno di esserlo, e Miriam Toews è incredibilmente brava nel tratteggiarle, nel non tralasciare nulla dei loro stati d’animo, dei loro dubbi, delle loro contraddizioni, senza mai giudicarle.

Noi amiamo i nostri figli, e con qualche legittima riserva amiamo anche i nostri mariti, non fosse perché così ci hanno insegnato
Tu confondi l’amore con l’obbedienza, dice Mariche.
Questo può valere per te, Mariche, ma non necessariamente per le altre donne della colonia, dice Agata. Comunque sia, dobbiamo amare o dimostrare amore per le tutte le persone. È l’insegnamento più importante di Dio (secondo l’interpretazione degli uomini presumibilmente), amarci l’un l’altro come Dio ci ama, e amare il nostro prossimo come vorremmo che lui amasse noi.

Donne che parlano è un libro di una bellezza e un’intensità a tratti molto dolorose, che ti costringe ad aprire gli occhi sulla condizione delle donne in certe comunità religiose (stando a wikipedia, nel mondo ci sono più di un milione e mezzo di mennoniti, cinquecento anche in Italia. E la Toews stessa, fino ai diciott'anni ha vissuto in una rigida comunità canadese). Ma al tempo stesso è un libro pieno di forza, di coraggio, d’amore che dimostra come anche le persone all'apparenza più deboli, più fragili, meno considerate e stimate, possono ribellarsi e fare una loro piccola rivoluzione.

Una volta finita la lettura, pur sapendo che si tratta di personaggi inventati, non ho potuto fare a meno di chiedermi dove siano adesso Agata, Ona, Salomé, Neitje, Greta, Mariche, Mejal e Autje e tutte le altre donne, che parlano o che agiscono in silenzio. Se hanno incontrato nel loro cammino verso il mondo reale uomini come August Pepp, pronti a tutto per aiutarle. Se hanno ritrovato la pace e loro stesse. Per loro e per tutte le altre donne che invece ancora non hanno potuto parlare, ma a cui Miriam Toews con questo libro ha prestato un po’ di voce, mi auguro davvero di sì.


Titolo: Donne che parlano
Autore: Miriam Toews
Traduttore: Maurizia Balmelli
Pagine: 253
Editore: marcos y marcos
Prezzo di copertina: 18,00€
Acquista su Amazon:
formato cartaceo: Donne che parlano